L’articolo 2645 ter c.c., gli effetti del vincolo di destinazione, i dubbi interpretativi

Genchi Simona 02/12/10
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La recente introduzione nel Codice Civile dell’articolo 2645-ter “ Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche” dispone che “gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo

In altri termini, il vincolo ex art. 2645 ter c.c. “isola” i beni, oggetto dell’atto di destinazione, dal patrimonio “generale” del soggetto, che ne è il titolare, in modo da destinarli al “perseguimento del fine”, per il quale l’atto di destinazione è stato istituito, sottraendoli, quindi, alle più svariate vicende che possono verificarsi.

La nuova norma in questione rappresenta una rilevante eccezione all’articolo 2740 cc, per effetto della quale ciascun soggetto risponde delle proprie obbligazioni “con tutti i propri beni presenti e futuri”. Infatti, secondo quanto prescrive testualmente l’articolo 2645-ter c.c., per effetto della trascrizione dell’atto istitutivo di un vincolo di destinazione, quest’ultimo diviene opponibile ai terzi e i beni “vincolati” e i loro frutti sono sottratti a qualsiasi azione esecutiva.

Ragion per cui, il vincolo, una volta trascritto, consente di aggredire il patrimonio del soggetto-debitore, secondo i principi generali, ma non i beni oggetto del vincolo, che restano così “isolati” dal patrimonio del debitore-aggredito.

Altri strumenti di tutela del patrimonio, previsti dal Legislatore, perseguono applicazioni pratiche molto simili agli effetti del novellato art.2645 ter c.c..

Tuttavia, è doveroso evidenziarne la differenza con le altre fattispecie, perlomeno nelle sue connotazioni più rilevanti. Infatti, il vincolo di destinazione, recentemente introdotto, presuppone un’area applicativa estremamente più ampia, priva di rigidi confini, in quanto, non pone limiti sulla natura del beneficiario, che, seppure ben individuato nella norma, in realtà, può essere sostanzialmente “chiunque”; i beni, che possono formarne l’oggetto, devono essere “immobili o mobili registrati”; infine, non vi sono indicazioni particolari sui “vincoli di scopo”, poiché questi devono solo coincidere con la realizzazione di “interessi meritevoli di tutela”, ai sensi dell’articolo 1322 c.c..

In sintesi, l’unico limite di applicazione del “vincolo di destinazione” sarà dunque l’interpretazione dell’interesse meritevole di tutela. Va rilevato, tuttavia, che non vi è un’univoca interpretazione sul requisito della “meritevolezza”, che è stato diversamente valutato in dottrina. Parte di essa, alquanto restrittiva, ritiene che il vincolo si giustifica solo se viene perseguito “un fine di utilità sociale”, a carattere superindividuale e socialmente utile.

Secondo tale tesi, se non viene perseguito un fine di pubblica utilità, l’atto è nullo e non può essere “salvato” dalla trascrizione, i cui effetti si producono solo se il titolo è valido.

Altra parte della dottrina, quella maggioritaria, ritiene che il requisito della meritevolezza è soddisfatto ogniqualvolta lo scopo perseguito sia “lecito”, ovvero non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.

Tali sostenitori ritengono, pertanto, che “ la meritevolezza di tutela” verrebbe meno, quindi, solo laddove sarebbero valicati i limiti della liceità, dell’ordine pubblico e del buon costume.

La formulazione della norma, nella sua indeterminatezza, lascia irrisolta anche la questione della sua natura di “ nuova fattispecie” o solo di particolare “effetto”, quello di destinazione, realizzabile con una pluralità di negozi, tipici o atipici.

Orbene, anche in questo caso, non vi è un’univoca interpretazione : infatti, parte della dottrina ritiene che trattasi di una disciplina sugli “ effetti”, riferibili ad una pluralità di negozi, e ciò in virtù dei suoi indefiniti contorni e per la sua collocazione tra le norme sulla pubblicità e, quindi, sugli effetti degli atti.

Altra parte ritiene, invece, che debba essere considerata come un’autonoma fattispecie strutturata sulla mera funzionalizzazione del bene allo scopo, che, secondo alcuni, presenta un profilo statico e passivo della destinazione.

Tale orientamento rileva che il vincolo di destinazione, così delineato, si presta solo a poche applicazioni pratiche, in cui non vi sia un programma destinatorio attivo e dinamico da realizzare. Può, invece, essere di sostegno, in virtù della “forza” della trascrizione, agli istituti già esistenti.

L’art. 2645 ter c.c. introduce, nel nostro ordinamento, una norma che, nel suo dubbio atteggiarsi, lascia aperta la strada ad un’interpretazione, secondo alcuni, di “importante innovazione legislativa”, per altri, semplicemente di una “particolare fenomenologia di effetto”.

Vi è, pertanto, la necessità di attendere il doveroso trascorrere del tempo per meglio definire e comprendere la sua portata normativa.

 

Dott.ssa Simona Genchi

Genchi Simona

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