L’approvazione e la revisione delle tabelle millesimali a seguito dell’intervento risolutore delle sezioni unite del 2010

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Sino a pochi mesi fa uno dei più frequenti motivi di discordia tra i condòmini tale da originare un considerevole numero di controversie era dato dalla spinosa questione afferente alle modalità di approvazione e, soprattutto, di revisione delle tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio.

In effetti, la stessa giurisprudenza non ha per lunghi decenni offerto sul punto risposte univoche del tutto convincenti limitandosi, sul finire degli anni ’90, a considerare inefficace nei confronti dei condòmini assenti o dissenzienti la formazione/modifica delle tabelle millesimali ove operata con delibera assembleare non munita dell’unanimità dei consensi.

Di contro, a partire dai primi anni duemila, la Corte di Cassazione [Cass. Civ., sent. 11690/04] ha inteso inaugurare un orientamento, condiviso dalla successiva giurisprudenza di merito, secondo il quale occorre distinguere, in sede di revisione, tra tabelle millesimali allegate al regolamento e tabelle da quest’ultimo separate con la precisazione che, mentre nel primo caso sarebbe necessario il consenso unanime di tutti i condòmini o, altrimenti, una pronuncia emessa dal giudice competente, nel secondo, invece, sarebbe sufficiente una deliberazione assembleare presa con le maggioranze di cui all’art. 1136, co. 2^ c.c. [maggioranza degli intervenuti rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio].Nel solco tracciato dalla S.C. si colloca, tra le tante, una pronuncia del Tribunale Civile di Genova avente ad oggettola declaratoria di nullità della delibera assunta dall’assemblea di un Condominio nell’anno 1998 in base alla quale erano state approvate a maggioranza degli intervenuti e non già con il consenso unanime di tutti i membri della comunione le nuove tabelle millesimali di proprietà dell’edificio condominiale. Nella fattispecie, il giudice monocratico, nel ribadire l’insegnamento della S.C. [Cass. Civ., sent. 17276/05 conf. a cit. Cass. Civ. 11690/04], ha sancito che le tabelle millesimali allegate a regolamento condominiale contrattuale non possono essere modificate se non con il consenso unanime di tutti i condomini (il quale, sotto il profilo dell’impegno e del vincolo, equivale all’accordo iniziale) ovvero per atto dell’autorità giudiziaria ex art. 69 disp. att. cod. civ., laddove, al contrario, è ammesso e sufficiente procedere alla revisione dei millesimali con la maggioranza di cui all’art. 1136, co. 2^ c.c. allorchè si verta in ipotesi di regolamento non convenzionale, ossia frutto di apposita deliberazione assembleare contenente i criteri di ripartizione delle spese conformi a quelli legali [Trib. Civ. Genova, Sez. III°, sent.08.06.2007; Trib. Civ. Bologna, Sez. II°, sent. 16.03.2010].

In buona sostanza, le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza prima dell’intervento delle Sezioni Unite di cui a breve si dirà prendevano le mosse dall’assunto secondo il quale le tabelle millesimali fossero da considerare negozi giuridici plurilaterali [v. Trib. Civ. Milano, Sez. XIII°, sent. 1812/07: si precisa che per la modifica delle tabelle dei millesimali occorre l’unanimità solo quando esse abbiano natura negoziale, siano cioè predisposte dall’originario – proprietario costruttore o derivino da un accordo unanime extra-assembleare di tutti i condomini, mentre le tabelle approvate dall’assemblea possono essere modificate con le maggioranze di cui all’art. 1136, co. 2^ c.c.].

Ciò premesso, le Sezioni Unite della S.C. hanno di recente operato un profondo reviremènt sconfessando l’orientamento sopra descritto per il quale era prevista l’obbligatorietà del consenso unanime dei condòmini ai fini dell’approvazione/revisione delle tabelle millesimali.

La soluzione innovativa propugnata dal Giudice di Legittimità con sentenza 09.08.2010 n.18477 trae spunto dal caso di un privato il quale aveva convenuto in giudizio il Condominio di appartenenza affinchè il Giudice adito dichiarasse la nullità o disponesse l’annullamento della delibera assembleare con la quale era stata approvata a maggioranza (e non all’unanimità) la nuova tabella dei millesimali per le spese di riscaldamento.

Da un attento esame dell’iter logico giuridico espresso in motivazione, è possibile cogliere con estrema chiarezza le ragioni tramite le quali la S.C. ha disatteso la tesi del c.d.“consenso unanime”.

Primo argomento posto dalla S.C. a confutazione della tesi dell’unanimità ruota attorno all’affermazione secondo cui l’art.68 Disp. Att. Cod. Civ. stabilisce soltanto che i millesimi sono mera espressione del valore di ciascun piano (o porzione di piano), ma nulla recita a proposito della loro determinazione o revisione. L’interpretazione letterale della citata norma contribuisce quindi ad escludere la possibilità di ritenere la legge (nella specie l’art. 68 Disp. Att. C.C. e non anche la delibera assembleare) l’unica ed idonea fonte atta a determinare i valori della proprietà di ogni condòmino e della sua espressione in millesimi. Diversamente ragionando, pur ad ammettersi il criterio dell’unanimità, non si comprenderebbe per quale motivo le tabelle millesimali dovrebbero essere necessariamente approvate all’unanimità o formate in giudizio ex art. 69 Disp. Att. Cod. Civ.

Da tale considerazione discende la piena legittimazione dell’assemblea dei condòmini a pronunciarsi mediante delibera sull’approvazione/modificazione dei millesimi.

Secondo aspetto affrontato e risolto dalle SS.UU. concerne l’impostazione giurisprudenziale per la quale la delibera di approvazione/revisione delle tabelle millesimali costituirebbe un negozio di accertamento del diritto di proprietà sulle single unità immobiliari e sulle parti comuni dell’edificio condominiale. A tal proposito, il supremo consesso ha sancito che allorquando i condòmini approvano la tabella che espone il valore dei piani secondo i criteri stabiliti dalla legge si limitano a riconoscere l’esattezza delle operazioni di calcolo della proporzione tra valore della quota e quello del fabbricato.

In pratica, la tabella millesimale non ha la funzione di accertare i “confini” del diritto di proprietà dei condòmini, bensì esprime un valore aritmetico preesistente tra i diritti dei singoli condòmini. Si tratta, a ben vedere, dell’approvazione (e non di negozio di accertamento il quale richiederebbe, in quanto munito di valore negoziale l’adozione di un atto scritto) di un’operazione tecnica tesa a fornire i criteri di ripartizione delle spese e dei quorum costitutivi e deliberativi. Del resto, ove anche si riconoscesse alla tabella valore negoziale (di accertamento) con conseguente vincolatività della stessa per i condòmini espressamente o tacitamente consenzienti, ciò determinerebbe l’inefficacia della tabella stessa nei confronti di eventuali aventi causa a titolo particolare dai condòmini ai sensi e per l’effetto dell’art.1372 c.c. giacchè ad ogni trasferimento della titolarità dell’unità immobiliare dovrebbe seguire un nuovo atto di approvazione od un nuovo giudizio avente ad oggetto la formazione dei valori millesimali.

Un terzo profilo critico sollevato dalla S.C. riguarda l’intima contraddittorietà insita nella tesi negoziale la quale, con specifico riferimento ai regolamenti di natura contrattuale (cioè predisposti dall’originario proprietario – costruttore o previo accordo di tutti i condòmini al di fuori dell’assemblea), escludendo dapprima la legittimazione dell’assemblea condominiale a deliberare sull’approvazione/revisione delle tabelle millesimali, finisce tuttavia per distinguere tra clausole del regolamento “convenzionali” (come tali, modificabili con l’unanimità dei consensi) e quelle tipicamente regolamentari (soggette alle regole di maggioranza ex art. 1136, co. 2^ c.c.). La circostanza in base alla quale i fautori della teoria negoziale dapprima negano la legittimazione dell’assemblea condominiale salvo poi ammetterla implicitamente nell’ipotesi di clausole regolamentari annesse a regolamenti di origine contrattuale lascia intendere come, nella realtà, non sia sufficiente riconoscere natura contrattuale alle clausole per il solo fatto che siano allegate ad un regolamento contrattuale occorrendo, piuttosto, comprendere sul piano sostanziale se le clausole del regolamento limitino o comunque incidenti sui diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni attributive ad alcuni condòmini di maggiori diritti rispetto ad altri (solo in tali circostanze, la clausola potrà dirsi contrattuale con conseguente assoggettamento alla regola dell’unanimità).

Medesimo ragionamento deve essere effettuato anche per quanto concerne le tabelle millesimali, le quali, pur annesse ex art. 68 Disp. Att. Cod. Civ. al regolamento condominiale “convenzionale” (ad esempio perché predisposto dall’originario proprietario – costruttore), ben potrebbero non avere natura contrattuale ove non risultasse espressamente che i condòmini abbiano inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese mediante l’approvazione di una “diversa convenzione” ai sensi dell’art.1123 c.c. [in termini Cass. Civ., sent. 02.06.1999 n.5399: nell’ipotesi in cui i condòmini impieghino valori millesimali allegati ad un regolamento c.d. contrattuale derogando espressamente ai principi legali di ripartizione delle spese comuni ex art. 68 disp. att. c.c., le tabelle contenenti detti valori numerici ben possono essere considerarsi “contrattuali” e, quindi, essere modificate con il consenso unanime dei condòmini: di contro, in mancanza di espressa deroga in tal senso, non sussisterà il carattere contrattuale della tabella].

Con la pronuncia richiamata le SS.UU. hanno inteso rinnegare quell’indirizzo giurisprudenziale favorevole ad un’applicazione stereotipata e superficiale dei principi della teoria negoziale delle tabelle millesimali. Tuttavia, a dispetto di quanto si possa a prima vista desumere, la S.C. non ha inteso smantellare l’impostazione teoretica sviluppata dalle Sezioni Semplici nel corso degli ultimi anni (distinzione tra regolamento assembleare e regolamento contrattuale di condominio), ma, riesaminando il concetto di contrattualità con riferimento ai millesimali allegati al regolamento c.d. convenzionale, lo ha limitato alle sole ipotesi in cui i “consorziati” si siano avvalsi di deroghe espresse al regime normativo vigente in tema di ripartizione delle spese.

La novità apportata dalla pronuncia si basa, quindi, sul fatto che solo in mancanza di espresso accordo dei condòmini in deroga a quanto previsto dalla legge, le tabelle millesimali annesse al regolamento contrattuale non potranno dirsi per ciò stesso convenzionali e, pertanto, saranno modificabili non all’unanimità bensì con la maggioranza prevista dall’art. 1136, co. 2^ c.c. (come peraltro accade in presenza di tabelle millesimali allegate ai regolamenti condominiali cc.dd. “assembleari”).

Asprone Maurizio

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