L’apposizione di cancellature sugli elaborati dei concorsi pubblici: è segno di riconoscimento?

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Con la sentenza n. 1740 del 26 marzo 2012 la V Sezione del Consiglio di Stato si è nuovamente pronunciata sulla questione dell’apposizione di segni di riconoscimento sugli elaborati nei concorsi pubblici.

In particolare, il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa è stato chiamato a decidere se fosse da considerare come segno di riconoscimento l’apposizione di cancellature su un elaborato di un concorso.

Il Consiglio di Stato, ai fini di tale valutazione, ha medio tempore sospeso l’esecuzione della sentenza dinanzi ad esso impugnata (la n. 2451 del 4.5.2011 del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V), disponendo in via istruttoria l’acquisizione dell’originale della prova scritta in contestazione.

Il Collegio – dopo aver preso atto della sussistenza di una pluralità di cancellature nel corpo dell’elaborato de quo, e accertato che queste erano tali da rendere invisibili le parole sottostanti, e che in particolare non era visibile il nominativo del candidato – si è posto il problema di accertare se la presenza di cancellature costituisca segno di riconoscimento tale da rendere riconoscibile l’identità dell’autore.

La problematica affrontata dalla decisione in commento si inserisce nell’ambito del vasto scenario della disciplina dell’accesso all’impiego nelle Pubbliche Amministrazioni che, secondo il precetto stabilito dall’art. 97 della Costituzione, deve avvenire mediante concorso.

Ogni fase della procedura concorsuale deve essere espletata dall’Amministrazione in modo da garantirne la più completa e assoluta trasparenza, allo scopo di soddisfare l’interesse pubblico all’individuazione del candidato più meritevole.

L’Amministrazione, durante le fasi concorsuali, deve dunque garantire il rispetto del principio dell’anonimato, anche al fine di soddisfare il criterio generale di imparzialità che deve sottendere l’azione amministrativa, a salvaguardia della “par condicio” tra i partecipanti.

È regola generale che, al fine di garantire la trasparente e imparziale valutazione nelle procedure di concorso pubblico, la prova scritta non deve riportare la sottoscrizione dei candidati, né altri segni di riconoscimento idonei a rivelarne l’identità.

Sono considerati tali quegli elementi che assumono carattere anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, da cui si desume la volontà e l’intenzionalità di rendere riconoscibile l’elaborato1

Secondo l’orientamento consolidato e risalente della giurisprudenza amministrativa, a cui si conforma anche la decisione in commento, ai fini della riconducibilità di segni presenti sui compiti ai relativi autori, deve escludersi che le commissioni giudicatrici possano legittimamente ispirarsi a concezioni rigorosamente formalistiche per le quali la semplice apposizione di un segno o la presenza di una cancellatura negli elaborati comporterebbe l’esclusione del candidato dal concorso2.

Ed invero, nelle procedure concorsuali la regola dell’anonimato degli elaborati scritti, anche se essenziale, non può essere intesa in modo assoluto e tassativo tale da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sia ipotizzabile il riconoscimento dell’autore del compito3.

Se infatti tutte le prove dovessero venire annullate ogniqualvolta sia ipotizzabile il riconoscimento dei candidati, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi con esami scritti, giacché non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura di un candidato, benché il relativo elaborato sia formalmente anonimo4.

A partire da tali considerazioni la giurisprudenza ha affermato che la regola dell’anonimato deve essere intesa nel senso che non deve essere presente nell’elaborato alcun segno che sia “in astratto” ed “oggettivamente” suscettibile di riconoscibilità5.

Aderendo a tale orientamento, la sentenza annotata ha correttamente evidenziato che «ciò che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore dell’elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione. Ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati, o meno, in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato scritto»6.

Sulla base di tali considerazioni la sentenza ha condivisibilmente concluso che la presenza di cancellature negli elaborati di un concorso pubblico non è configurabile come segno di riconoscimento.

1 La giurisprudenza ha evidenziato che viola il principio dell’anonimato e pertanto può essere annullata la prova scritta caratterizzata dalla presenza di «elementi atti a comprovare in modo inequivoco l’intenzione del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato» (Cons. Stato, Sez. V, 26.09.2000, n. 5098, in Foro amm. TAR, 2000, 9).

2 Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, 5.4.1982, n. 105 in T.A.R. 1982, I, p. 1698, che in particolare ha evidenziato che nell’ambito di tale valutazione, concezioni rigorosamente formalistiche «avulse da ogni considerazione delle circostanze obiettive e soggettive, se offrono (in teoria) maggiori garanzie d’imparzialità, comportano notevoli risvolti negativi nella misura in cui producono indiscriminatamente, e quindi ingiustamente, effetti gravemente sanzionatori (l’esclusione, appunto) nei confronti di candidati che, derogando inavvertitamente – come spesso accade – a tale criterio, non abbiano avuto alcun intento di rendere individuabile il proprio elaborato» (Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, 05.04.1982, n. 105 in T.A.R. 1982, I, p. 1698).

3 Sul punto, v. Cons. Stato, Sez. V, 20.10.2008, n. 5114, in Foro amm. CDS, 2008, 10, 2729.

4 Cfr. Cons. Stato V Sez. 23.9.1997 n. 1003.

5 Sul punto v. l’orientamento consolidato della giurisprudenza, ex multis: T.A.R. Basilicata, Potenza, 11.07.2007, n. 489, in Foro amm. TAR, 2007, 7-8, 2654; in terminis T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 11.12.2008, n. 2158; in Foro amm. TAR, 2008, 12, 3496); Cons. Stato, Sez. IV, 310.1990 n. 742.

6 Si vedano le pronunce richiamate nella sentenza annotata: Cons. Stato, Sez. IV, 25.6.2010, n. 4119; Sez. V, 16.2.2010, n. 877 ; Sez. VI, 8.2.2006 n. 5220; Sez. V, 29.9.1999, n. 1208).

Avv. Vincenza Lioniello

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