L’amministratore di sostegno tra interdizione ed inabilitazione: ambiti di applicazione e prospettive future.

Tato Emanuela 29/12/05
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Il problema della tutela giuridica dell’uomo come soggetto del mondo
giuridico e nello specifico dei soggetti pi? deboli, da sempre, ? oggetto
dell’attenzione del nostro legislatore che riconosce nell’individuo il
centro dei diritti e dei doveri previsti e riconosciuti oltre che dal nostro
ordinamento giuridico anche dalla Carta Costituzionale (art. 2 Cost.).

Va evidenziato, in proposito, che l’uomo come soggetto di diritto assume un
diverso rilievo giuridico a seconda delle varie fasi del suo sviluppo.
Infatti, il dettato normativo statuisce che la posizione giuridica dei
singoli individui passa attraverso due diversi tipi di? capacit?: quella
giuridica e quella d’agire.

La capacit? giuridica viene acquisita dal soggetto al momento della nascita,
mentre la capacit? d’agire si concretizza e viene in essere col compimento
della maggiore et? in quanto vige una "generale presunzione" secondo la
quale con il compimento della maggiore et? il soggetto raggiunge quella
maturit? che lo rende idoneo? a curare consapevolmente i propri
interessi..La capacit? giuridica va dunque distinta dalla capacit? d’agire;
queste spesso non coincidono.

La capacit? giuridica ? l’attitudine "ad essere titolare di situazioni
giuridiche soggettive (diritti, obblighi o interessi legittimi)"? e cessa
solo a seguito dell’evento naturale della morte del soggetto. Pertanto, per
nessun motivo un individuo pu? essere privato della capacit? giuridica, in
tal senso l’art. 22 della Costituzione dispone che "nessuno pu? essere
privato, per motivi politici, della propria capacit? giuridica". La capacit?
d’agire, invece, si snoda nella titolarit? di tali situazioni giuridiche e
nel potere del loro effettivo esercizio ovvero pu? consistere? nella
idoneit? del soggetto a creare, modificare o estinguere, mediante
manifestazioni di volont?, uno o pi? rapporti giuridici.

Tuttavia, nonostante quanto disposto dal dettato di legge: non sempre questo
? vero.

Se infatti la capacit? giuridica cessa con la vita dell’individuo, per
quanto attiene, invece, la capacit? d’agire non sempre un soggetto pu?
possederla e disporne fino al momento della propria? morte; pu? accadere ad
esempio che un soggetto seppur maggiorenne, sia privo, in tutto o in parte,
di tale capacit?, perch? sono subentrate della malattie che hanno impedito
un completo sviluppo della sua maturit? psichica o fisica, o ancora perch?
lo stesso abbia subito particolari condanne penali.

Per anni, il nostro legislatore ? venuto in soccorso a tali situazioni di
svantaggio (cercando di adoperare strumenti di tutela che garantissero il
singolo e la collettivit?) attraverso due diversi istituti di protezione:
l’interdizione l’inabilitazione.

Queste misure di protezione seppur finalisticamente indirizzate a tutelare i
soggetti? incapaci consentendo loro in via diretta o mediata di porre in
essere l’attivit? giuridica, con gli anni e con il mutare della coscienza
sociale si sono? dimostrate incomplete e penalizzanti.

Paradossalmente l’interdizione e l’inabilitazione: tutelando non tutelavano.

La dottrina e la giurisprudenza prevalenti hanno evidenziato al riguardo
come tramite queste due misure di protezione spesso si giungeva ad escludere
totalmente dalla comunit? sociale i soggetti incapaci? privandoli quasi
completamente della capacit? d’agire.

Nella prassi anche se? gli interdetti e gli inabilitati, il pi? delle volte,
sono affiancati da tutori o curatori, nominati con lo scopo di tutelare e
proteggere la sfera patrimoniale di codesti soggetti, non c’? chi non veda
come conseguenzialmente resti privo di tutela l’ambito non prettamente
patrimoniale dei soggetti incapaci sottoposti ad interdizione o
inabilitazione.

Veniva cos? a formarsi un vuoto normativo di rilevante portata per le
conseguenze giuridiche e pratiche che ne scaturivano.

Tale vuoto normativo ? stato acutamente colto dal nostro legislatore che nel
tentativo di? potenziare la tutela dei soggetti incapaci (mediante la legge
9 gennaio 2004, n.6) l’ ha estesa anche alla sfera "non prettamente
patrimoniale"creando cos? un un terzo istituto di protezione:
l’Amministratore di sostegno.

Oggi, non vi ? chi non veda come in seguito alla legge 9 gennaio 2004, n.6
abbiamo un ulteriore strumento di tutela che ? sicuramente da preferirsi
all’interdizione e all’inabilitazione e che ha riformato profondamente il
nostro Codice Civile.

Va rilevato, in merito, che il nostro dettato normativo (in ambito di
incapacit? legale) distingue tra incapacit? relativa e incapacit? assoluta.

Al primo tipo di incapacit?, fino all’introduzione dell’amministratore di
sostegno, era possibile porre rimedio mediante l’inabilitazione del
soggetto. Questa forma di tutela ? certamente meno grave rispetto
all’interdizione ma? ?, comunque, una tutela invasiva perch? produce una
limitazione della capacit? di agire dell’inabilitato.

L’inabilitato, infatti, pu? compiere solo gli atti di ordinaria
amministrazione, rendendosi necessaria per quelli eccedenti l’ordinaria
amministrazione la nomina di un curatore; l’inabilitato conserva, quindi, un
margine di capacit? di agire nota come "capacit? legale limitata".

Al secondo tipo di incapacit?, (ovvero quella assoluta) si pone rimedio
mediante l’istituto dell’interdizione giudiziale (art. 414 c.c.) dichiarata
con sentenza in tutti i casi in cui vi sia una"abituale infermit? di mente "
.

La giurisprudenza, in un? primo momento, ha stabilito che per aversi
l’interdizione di un soggetto debba riscontrarsi un " vitium et non un
morbum" ovvero che ? sufficiente che l’infermit? produca una incapacit? a
provvedere ai propri interessi.

Successivamente per? ? stato precisato che per la dichiarazione di
interdizione non basta una incapacit? a provvedere ai propri interessi, ma
occorre imprescindibilmente una vera e propria alterazione delle facolt?
mentali.

Tra dispute e diatribe giurisprudenziali e dottrinarie si ? giunti a
considerare l’interdizione un? mezzo di tutela invasivo della personalit?
del soggetto che, seppur gravemente affetto da disturbi, vede scomparire la
sua capacit? d’agire al punto che la giurisprudenza prevalente non gli
riconosce n? il diritto a contrarre matrimonio, n? quello di riconoscere
eventualmente un figlio naturale.

La? sentenza di interdizione produce sic et simpliciter un’incapacit? totale
di porre in essere qualsiasi negozio sia? esso patrimoniale o? personale o
familiare; questo principio ? rimasto inderogabile per un tempo troppo
lungo, ovvero fino all’emanazione della L .9-1-2004, n.6.

Inoltre, nonostante l’art. 427, co. 1? c.c., in materia di interdizione,
distingua i casi in cui il soggetto ? sostituito in tutto e per tutto dal
tutore, da quelli in cui, invece, pu? compiere alcuni atti di ordinaria
amministrazione, ? chiaro a tutti come la normativa antecedente fosse per
vari aspetti penalizzante ed incompleta, e tale ? rimasta fino all’entrata
in vigore della legge 9 gennaio 2004, n.6 che ha introdotto la figura
dell’amministratore di sostegno.

Il nuovo istituto introdotto dalla legge n.6/2004 ? stato accolto con grande
entusiasmo poich? gli ? riconosciuta, senza dubbio, una grande rilevanza
sociale; il legislatore con la legge de quo ha saldato un debito di circa
vent’anni? partorito dalla legge Bassaglia.

Nelle norme della legge 6/2004 vi ? una precisa volizione di riformare
profondamente la materia della tutela degli incapaci di agire;
l’interdizione e l’inabilitazione sono state cos? relegate ad un ruolo di
mera residualit? id est di estrema ratio.

Tuttavia, poich? siamo ancora agli inizi, questo nuovo istituto si presta ad
una difficile interpretazione e rende spesso necessaria una analitica
esamina delle sue principali caratteristiche e degli eventuali risvolti
giuridici.

Preliminarmente occorre comprendere in cosa consisti questa rilevanza
sociale che connota tutta la figura dell’amministratore di sostegno.

La rilevanza sociale dell’istituto in questione si concreta non solo nel
recepimento nelle nostre norme? di quegli interessi di natura non
strettamente patrimoniale ma anche in un ammodernamento continuo di queste.

I soggetti che possono beneficiare di questa normativa sono le persone prive
in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita
quotidiana a causa di una infermit?, anche temporanea o transitoria ovvero
di una menomazione fisica o psichica.

Pi? in particolare, riguardo poi la reale funzione di questa misura di
tutela, ? opportuno precisare che nonostante la locuzione letterale
"amministratore di sostegno" non si tratta concretamente di un comune
amministratore in senso tecnico, ma bens? di un soggetto fiduciario del
beneficiario; una sorta di assistente o rappresentante.

In questa visuale prospettica, ? agevole? dedurre che la natura delle norme
della legge n.6/2004???? possa, a buon ragione, identificarsi anche nel
positivismo sociale; questo positivismo sociale trova la propria ratio in
una serie di diritti posti a fondamento della suddetta legge come ad esempio
la tutela della persona, il suo diritto alla salute e alla integrit? fisica.

Si? tende, dunque, a privilegiare la tutela di quei " valori essenziali",
ex.art. 2 della Cost., che fanno parte della vita sociale non solo del
singolo ma anche della collettivit?.

Secondo poi un diverso orientamento giurisprudenziale, la natura della
normativa in esame non racchiude in s?? unicamente un positivismo sociale,
ma ben pu? essere, anche e soprattutto, una prima ed in fieri esaltazione
del principio di autodeterminazione in quanto la legge consente allo stesso
beneficiario di nominare e designare la persona che dovr? badare ai suoi
interessi rappresentandolo e assistendolo; questa possibilit? ?
completamente assente sia nel procedimento di interdizione che in quello di
inabilitazione dove non ? possibile disporre personalmente e anticipatamente
la propria interdizione o inabilitazione a mezzo di atto pubblico o
scrittura privata autenticata.

Tuttavia, non si deve omettere di precisare che l’amministratore di sostegno
non ?? sempre nominato? dal soggetto incapace poich? tale facolt? di nomina
? riconosciuta anche ai familiari del soggetto bisognoso.

I familiari della persona? che non possa provvedere a s? stessa o
all’amministrazione del proprio patrimonio? possono chiedere, al giudice
tutelare del tribunale del luogo di residenza o domicilio, la nomina
dell’amministratore di sostegno che rappresenter? il soggetto impedito,
firmando in suo nome ovvero assistendolo semplicemente.

La legge n.6/2004 ? altamente innovativa rispetto alla normativa
antecedente, relativa alla interdizione ed inabilitazione, anche in
riferimento ai soggetti legittimati a proporre il ricorso idoneo alla nomina
dell’amministratore.

Infatti, la nuova normativa introduce alcune rilevanti novit? disponendo
testualmente all’art 417 c.c. che "L’interdizione o l’inabilitazione possono
essere promosse dalle persone indicate negli artt. 414 e 415 , dal coniuge ,
dalla persona stabilmente convivente, dal tutore o curatore ovvero dal
pubblico ministero. Se l’interdicendo o l’inabilitando si trova sotto la
patria potest? o ha per curatore uno dei genitori, l’interdizione o
l’inabilitazione non pu? essere promossa che su istanza del genitore
medesimo o del Pubblico Ministero".

Non vi ? chi non veda la profonda differenza tra la normativa de quo e
quella antecedente dove gli unici soggetti legittimati erano : il coniuge, i
parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado e il tutore
o il curatore.

Dunque, entrano nel dettato legislativo, a pieno titolo, non solo la persona
convivente e lo stesso soggetto debole o anche sano che in virt? di una
futura malattia potrebbe disporre in tal senso ma anche il Pubblico
Ministero in qualit? di titolare di una autonoma azione.

Inoltre, dal testo testo normativo si deduce come il beneficiario non perda
in toto le sue capacit?; queste non vengono menomate, ma soltanto limitate
al compimento di singoli affari o per un determinato lasso temporale.

Al contrario, nell’interdizione ex art. 417 c.c., e nell’inabilitazione ex
art. 418 c.c., le capacit? del soggetto vengono compresse e nei casi pi?
gravi? annullate.

Da queste prime argomentazioni ? possibile dedurre quale sia, in realt?,
l’aspetto o lo scopo pi? importante di questa nuova legge; l’amministratore
di sostegno attua una vera e propria umanizzazione del rapporto economico e
fiduciario riuscendo ad inglobare nei casi che ne abbisognano anche quelle
attivit? di carattere meramente personale.

Tuttavia, vi sono ancora dei vuoti normativi all’interno di questa legge
perch? il legislatore non ha disciplinato, all’interno di questo nuovo
istituto, la figura del trust o gli aspetti legali dell’assicurazione sulla
vita.

Altres?, sempre nel tentativo di delineare la natura giuridica di questa
normativa, parte della dottrina prevalente ha affermato che la designazione
dell’amministratore di sostegno potrebbe configurare un negozio unilaterale,
integrativo ed accessorio del provvedimento del giudice ovvero qualcosa che
contribuisce alla formazione dello stesso provvedimento; tutto ci? anche in
virt? della molteplicit? dei soggetti? beneficiari.

Infatti, possono usufruire dell’amministratore di sostegno moltissimi
soggetti nelle pi? svariate condizioni in quanto questo istituto ricomprende
anche casi come quelli dei malati lungodegenti che prima di questa legge
erano sprovvisti di una tutela? appropiata; si pensi ad esempio ad un
anziano colpito da ictus o affetto da morbo di Alzheimer, o ancora a un
soggetto portatore di un handicap sensoriale o in stato di coma ovvero ad un
tossicodipendente.

In passato, questi soggetti, come anche i disabili paralizzi e i dealizzati,
non potevano usufruire di mezzi di tutela specifici neanche per far fronte
alle pi? elementari o pressanti esigenze di vita.

L’ordinamento giuridico non prevedeva alcuno strumento adeguato, e sia
l’interdizione che l’inabilitazione, rappresentando l’estrema ratio, erano
poco adattabili a tali condizioni di disagio.

In tali situazioni, ai mille problemi assistenziali si aggiungevano quelli
della impossibilit? di riscuotere la pensione o i risparmi depositati in
banca e persino di firmare una domanda per ricevere assistenza dalla ASL.

Teoricamente, nei casi pi? gravi, si poteva richiedere l’interdizione, ma le
conseguenze erano tali da scoraggiare chiunque dal fare ricorso a tale
istituto che si presentava e si presenta tuttora come

un’ etichetta mortificante che decreta la morte civile della persona,
impedendole di sposarsi, di fare testamento, di riconoscere un figlio
naturale o di ottenere un pubblico impiego pur quando l’infermit? non ? tale
da giustificare simili limitazioni.

In un’ottica di ampio riconoscimento delle esigenze dei singoli e della
collettivit? era sempre pi? sentita, nel mondo giuridico e in quello
sociale, l’esigenza di una legge che potesse ricomprendere anche tali
situazioni di disagio e di turbativa familiare per le quali erano poco
appropiate l’interdizione e l’inabilitazione.

La legge 9 gennaio 2004 n.6 ha, dunque, inglobato nella disciplina della
tutela dei "soggetti deboli" anche tutti quei casi in cui un determinato
soggetto versi in gravi situazioni fisiche o psichiche che lo riducano in
stato di infermit? in via transitoria o durevole rispetto ad una persona o
ad una situazione.

In questa prospettiva, la ratio ispiratrice della legge sull’amministratore
di sostegno sembra rinvenibile anche e soprattutto? nella Carta
Costituzionale.

I principi espressi dalla normativa istitutrice dell’amministratore di
sostegno si devono considerare come una proiezione dei principi sanciti
dagli artt. 2 e 3 della Cost. che riconoscono i diritti inviolabili dell’
uomo e il diritto di egualianza.

L’art. 3 della Cost., infatti, sancisce che"tutti i cittadini sono eguali
davanti alla legge", introducendo un concetto di egualianza in senso
assoluto che si riferisce a tutti gli individui.

Se, allora, si interpreta l’art. 3 Cost., nel giusto senso di ugualianza
sostanziale? ne consegue che

ugualianza non significa solo trattare in modo uguale situazioni uguali, ma
anche e soprattutto trattare in modo diverso situazioni diverse ed ? quindi
socialmente e giuridicamente giusto che? ai? malati quali quelli in stato
comatoso o colpiti da paralisi o dal morbo di Alzheimer venga riconosciuta
una differente tutela rispetto ai soggetti che abbisognano di interdizione
(al contrario di quanto accadeva in passato).

Oggi, finalmente, niente pi? misure totalizzati che determinano la generale
privazione della capacit? giuridica di agire anche per quei soggetti in cui
tale procedimento non ? appropiato e necessario; la forma di tutela pi?
idonea a tutelare il soggetto debole o incapace diventa "un vestito da
cucire" addosso all’individuo, a discrezione del giudice tutelare, partendo
dall’analisi di una molteplicit? di aspetti e circostanze; in questa
prospettiva, quindi, il problema ermeneutico viene sostanzialmente lasciato
alla discrezionalit? del giudice chiamato a decodificare la normativa in
esame in relazione ai singoli casi.

Ci si chiede se anche gli stranieri possano rientrare o meno in questo ampio
programma di protezione rectius se possano usufruire dell’amministratore di
sostegno.

Il problema interpretativo, invero, ? di notevole rilievo giuridico perch?
se si opta per la tesi negativa, lo straniero, residente in Italia, non
potr? usufruire della nomina di un amministratore di sostegno. Prima facie,
nonostante la permanenza di molteplici dubbi interpretativi, ? stata
ipotizzata la validit?? della tesi negativa sostanziandola sulla base del
nostro diritto internazionale privato che all’art. 43 della legge 218/95 di
riforma del diritto internazionale privato italiano non prevede questa
estensione anche per gli stranieri; viceversa, se si opta per la tesi
positiva gli stranieri potrebbero usufruirne di tale misura di protezione
laddove si applicasse la Convenzione dell’Aja del 2000 in base alla quale
tutti i cittadini che risiedono in uno Stato sono sottoposti alla tutela ed
alla regolamentazione delle autorit? amministrative e giudiziarie di quello
Stato e di conseguenza gli stranieri residenti in Italia ben potrebbero
adoperare a loro tutela, in caso di bisogno, questo nuovo istituto.

Quasi sicuramente, il problema posto dovrebbe trovare una soluzione positiva
e quindi gli stranieri vedono riconosciuto, in toto, il loro diritto alla
nomina dell’amministratore di sostegno proprio in virt? della ratio delle
nuove norme che tendono, in ogni circostanza, a tutelare " con la minore
limitazione possibile della capacit? d’agire" .

Inoltre, tale interpretazione positiva sembra ulteriormente confermata non
solo dal? dato di fatto che l’amministratore di sostegno risulta essere
presente gi? da lungo tempo in diverse legislazioni europee ma anche dagli
obiettivi giuridici e sociali che la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 si prefigge.

Lo stesso art. 1 della legge n. 6 /2004 ci prospetta questo nuovo istituto
come un istituto a geometria variabile in quanto toglie capacit?
all’individuo solo nella maniera in cui questo ? necessario.

Inoltre, l’art. 409 c.c., al riguardo, dispone che " il beneficiario
conserva la capacit? di agire per tutti quegli atti che non richiedono la
rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di
sostegno e che, inoltre, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno
pu? in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della
propria vita quotidiana"; su quanto disposto dall’art. 409 c.c.,? nulla
questio.

Altri dubbi interpretativi sorgono poi in riferimento all’aspetto
procedurale ovvero riguardo alla necessit? o meno del ricorrente di
avvalersi di un difensore abilitato al patrocino.

Quest’ultimo problema appare, invece, di difficile soluzione perch? da un
lato si sostiene che? l’obbligo per il ricorrente di munirsi di un avvocato
risulterebbe da una serie di disposizione normative, prima tra tutte l’art.
82 c.p.c., che poi ? esplicazione del corollario applicativo del diritto
irrinunciabile alla difesa (ex art. 24 della nostra Costituzione), mentre
dall’altro lato ? stato sostenuto un orientamento negativo che non riconosce
la sussistenza di un obbligo assoluto a munirsi del patrocinio di un
avvocato in tale procedimento; tuttavia, questo orientamento negativo ? del
tutto minoritario.

Secondo la dottrina prevalente, il problema posto dovrebbe trovare una
soluzione positiva, ritenendo necessaria, per la proposizione per la nomina
dell’amministratore di sostegno, l’assistenza di un avvocato iscritto
all’Albo Professionale (ex. art. 82 c.p.c.).

Questo filone dottrinario ha trovato riscontro in una serie di decisioni
giurisprudenziali tra le quali spicca quella del 21 maggio 2004 ad opera del
Tribunale di Padova che ha affermato che la legge n.6 del 2004? non contiene
alcuna disposizione che escluda la necessit? della difesa tecnica per il
procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno; dunque, a codesto
procedimento, che coinvolge in primis i diritti della personalit?, si
applica la regola generale di cui al comma 3, dell’art. 84 del c.p.c.

Il Tribunale di Padova, Sez. I, 21 maggio 2004, al riguardo, ha cosi
statuito? "Nel procedimento di apertura dell’amministratore di sostegno le
parti debbono stare in giudizio con il ministero di un difensore trattandosi
di un giudizio davanti al tribunale in funzione di giudice tutelare che
attiene allo status e ai diritti delle persone".

Nello stesso senso, poi, deporrebbe anche il novellato art. 720 bis c.p.c.
che precisa che ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno,
si applicano" in quanto compatibili" le disposizioni vigenti per i
procedimenti di interdizione e inabilitazione di cui agli artt. 712, 713,
716, 719 e 720 c.p.c.

A sostegno di tale assunto, vi sarebbe una ragione di ordine sostanziale che
si rinviene nell’analogia che intercorre con la disciplina in tema di
interdizione e di inabilitazione.

Tuttavia, da ulteriore angolo prospettico va evidenziato come l’applicazione
delle suddette norme sia subordinata al requisito della compatibilit? poich?
la disciplina dell’amministratore di sostegno si prefigge fini differenti e
ingloba oggetti diversi rispetto a quelli dell’inabilitazione e ancor pi?
dell’interdizione.

D’altronde, ? palese come sia differente anche il provvedimento cui questi
tre procedimenti tendono; tale ultimo rilievo sarebbe desumibile dal fatto
che il legislatore ha voluto dedicare all’amministratore di sostegno un capo
autonomo e distinto collocando la normativa della legge 6/2004 all’interno
del Capo I? e mantenendo la previgente disciplina in tema di infermit? di
mente, interdizione e inabilitazione nell’alveo del Capo II? del nostro
Codice Civile; laddove il legislatore avesse voluto riprodurre anche per il
procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno quello applicabile
all’interdizione e all’inabilitazione , non solo avrebbe dovuto farlo
espressamente ma avrebbe dovuto scegliere anche una collocazione sistematica
ben diversa e, cio?, inserirli nello stesso Capo del Codice Civile.

A questo orientamento positivo si ? contrapposto poi un secondo
orientamento, totalmente, differente.

L’orientamento negativo mette in rilievo come il procedimento per la nomina
dell’amministratore di sostegno non abbia, in realt?, le caratteristiche
tipiche di un giudizio contenzioso, e come , inoltre, non richieda
l’accertamento di una situazione giuridica, ma unicamente la nomina di un
amministratore.

In secondo luogo, a sostegno dell’orientamento che nega valore all’art. 82
del c.p.c., verrebbe in soccorso il 3 comma dello stesso art. 82 c.p.c.,
laddove si precisa che l’obbligo, per la parte di essere assistita da un
procuratore legalmente esercente, sussiste unicamente nei giudizi innanzi al
Tribunale ed alla Corte d’Appello, e non, dunque, in un procedimento davanti
al Giudice Tutelare qual’? appunto quello per la nomina dell’amministratore
di sostegno.

Al riguardo, l’art. 405 del c.c., dispone che competente ad emanare il
provvedimento di nomina ? appunto il Giudice Tutelare, al quale va, dunque,
proposta la domanda con la conseguenza logico-giuridica che non dovrebbe
trovare applicazione l’art. 712 del c.p.c. poich? la domanda non pu? essere
proposta innanzi al Tribunale.

Dunque, da una lettura combinata? degli att. 405 c.c. e 712 c.p.c. verrebbe
a cadere il primo argomento addotto dal Tribunale di Padova, in quanto il
giudice tutelare non ? identificabile come organo giurisdizionale, ma bens?
? qualificabile come organo di volontaria giurisdizione.

Ad ulteriore conferma che il suddetto procedimento presenta i requisiti
della volontaria giurisdizione rileva poi la regola generale per cui qualora
sussistano i requisiti per l’accoglimento della domanda, il procedimento si
esaurisce con un decreto di nomina e non con una sentenza come avviene
nell’interdizione e nell’inabilitazione.

La ratio di detto decreto ? tutta rinvenibile nella volont? di dare? alla
nomina dell’amministratore di sostegno un carattere di " non definitivit?".

E’ pacifico, quindi, che il provvedimento sar? sempre modificabile sia dal
giudice che lo ha pronunciato, sia, eventualmente, dal giudice superiore
adito.

In ogni caso, il giudice dovr?, in concreto, procedere ad esaminare la
persona da amministrare e decidere caso per caso, e se ne rinviene la
necessit? e l’opportunit? soddisfare la relativa esigenza di sostegno,
protezione o assistenza.

Prima facie, prendendo in considerazione quest’altro aspetto si potrebbe
affermare che la struttura del procedimento richiami quella dei procedimenti
di interdizione ed inabilitazione poich? anche per? questi ? necessario
effettuare un esame del soggetto da tutelare.

In realt? non ? propriamente cos? perch? nel procedimento di nomina
dell’amministratore di sostegno non ?, espressamente, prevista a pena di
nullit? la partecipazione del P.M.

Anzi, si ? stabilita la prassi per cui il P.M, normalmente, non interviene
all’udienza di esame dell’amministrando al contrario di quanto, invece,
avviene durante l’esame dell’inabilitando e dell’interdicendo.

In ogni caso, tuttavia, sar? obbligatorio assumere informazioni nel
parentado, dai servizi sociali o da altri soggetti che abbiano in cura il
soggetto, i quali, oltretutto, sono tenuti a proporre il ricorso, ove siano
a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento;
viene cos? disattesa , anche nei casi pi? gravi, l’ipotesi di nomina "
inaudita altera parte" (ex. art. 111 Cost.).

Allo scopo di evitare conflitti di interessi interni ovvero onde evitare che
uno stesso soggetto svolga il ruolo di controllore-controllato, gli
operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il
soggetto beneficiario non potranno essere nominati amministratori di
sostegno.

Analizzando questo complesso di norme, la dottrina prevalente ha dedotto e
sostenuto che la natura del procedimento di nomina non abbia natura
contenziosa anche se? non si pu? totalmente escludere che alle volte tale
procedimento possa assumere le caratteristiche proprie del contenzioso.

Si potrebbe verificare l’ipotesi in cui chi deve essere amministrato resista
o addirittura l’ipotesi di un tentativo di sfruttamento da parte dei
parenti; in tutte queste ipotesi sono ravvisabili gli estremi e le
caratteristiche di un procedimento contenzioso, ma? anche in queste ipotesi
la nomina dovr? avvenire? mediante un decreto.

In ogni caso, la ratio procedimentale ? quella di preservare il pi?
possibile la libert? del Giudice Tutelare che dovr? graduare il
provvedimento a seconda delle esigenze del caso concreto.

Alla luce di tali profili, pertanto, tralasciando il fatto che sicuramente
l’assistenza tecnica di un avvocato possa garantire una maggiore tutela, si
ritiene tuttavia che il suddetto ricorso possa svolgersi legittimamente
anche senza l’assistenza di un avvocato.

Pi? in particolare, la necessit? di avvalersi di un difensore resterebbe
eventualmente circoscritta alla fase introduttiva del ricorso ma non
sussisterebbe anche nelle successive fasi che portano a compimento la
nomina; quanto detto pu? essere desunto anche dal dettato legislativo
laddove all’art. 411 c.c. dispone che lo stesso soggetto debole pu?
personalmente e direttamente? proporre ricorso al giudice per ottenere la
nomina di un’ a.d.s.

In questo contesto, un altro aspetto procedurale che assume particolare
importanza ? quello della pubblicit?; la comunicazione del decreto di
apertura all’ufficiale dello stato civile dovr? avvenire entro 10 giorni.

L’importanza della pubblicit? risponde alla logica esigenza di tutelare i
terzi id est alla necessit? di consentire ai terzi di essere a conoscenza
della situazione giuridica della persona con cui devono eventualmente
contrattare. Inoltre sia il decreto di apertura cos? come quello di chiusura
devono essere annotati nell’apposito registro delle amministrazioni di
sostegno ubicato presso le cancellerie dei Giudici Tutelari.

Un altro aspetto importante della disciplina di questo nuovo istituto ?
quello che disciplina i casi e le modalit? di annullabilit? degli atti
compiuti, usufruendo dell’amministratore di sostegno, dal soggetto
beneficiario o dall’amministratore stesso.

Il dettato normativo, infatti, all’art. 412 del c.c., dispone che gli atti
compiuti dall’amministratore possono essere annullati su istanza del
beneficiario, dei suoi eredi o aventi causa o del P.M..

Inoltre, se possono essere annullati gli atti compiuti dall’amministratore
di sostegno ? logico che possano essere annullati anche gli atti compiuti
personalmente dal beneficiario della misura di protezione in esame.

La condizione essenziale per annullare gli atti posti in essere dal
beneficiario ? la violazione di disposizioni di legge o del decreto che
istituisce l’amministratore di sostegno.

Inoltre occorrer? sempre una istanza da parte dell’amministratore stesso o
degli eredi del soggetto debole.

Uno dei problemi giuridico-applicativi, pi? interessanti e dibattuti tanto
in dottrina che in giurisprudenza, di questa nuova legge ? se nell’alveo di
queste nuove disposizioni normative possano rientrarvi anche questioni
riguardo alle quali non esiste una disciplina specifica all’interno delle
norme della legge de quo.

Prendiamo, ad esempio, in esame il caso in cui Tizio usufruisce di un
amministratore di sostegno e voglia contrarre matrimonio o riconoscere un
figlio naturale; al riguardo vi ? un vuoto normativo in quanto in nessuna
delle norme della legge vi ? una disciplina specifica.

Se ci soffermiamo sul significato dell’incapacit? si deve dedurre che
incapacit? non vuol dire incapacit? di amare o di procreare e quindi come
conseguenza logico-giuridica del silenzio normativo, al riguardo, si
potrebbe anche pensare di dare a questi soggetti incapaci la possibilit? di
contrarre matrimonio oppure di riconoscere un figlio naturale; fermo
restando il vicolo della impugnabilit? in caso di violenza o di mancanza di
veridicit?.

Un altro aspetto sul quale non vi ? all’interno della nuova disciplina una
esplicita normativa ? quello che attiene l’estensione di questo nuovo
istituto agli anziani o meno.

Nelle norme della legge 9 gennaio del 2004 n.6, non ? possibile riscontrare
alcun esplicito riferimento agli anziani; l’anziano, dunque, non ?
menzionato ma tuttavia pu? rientrarvi.

Si ? cercato di capire come e perch? l’amministratore di sostegno possa
essere usufruibile anche dagli anziani.

Inizialmente, non vi ? stata univocit? di vedute e questa problematica ?
stata oggetto di diatribe tanto in dottrina che in giurisprudenza.

La prima considerazione che occorre fare al riguardo ? che l’anziano in
quanto tale non rappresenta una categoria particolare ma ? unicamente un
soggetto che ha un’et? particolarmente avanzata.

Possono, dunque, verificarsi situazioni diversificabili, e il Giudice
Tutelare dovr? sempre effettuare un intervento graduato in relazione alla
situazione sottoposta al suo esame

Se prendiamo in esame il novellato art. 405 c.c.,? notiamo che dal dettato
normativo ? stata espunta la persona in et? avanzata, e quindi basandosi su
questo presupposto una parte della dottrina ha sostenuto che l’et? avanzata
non possa? costituire causa di privazione di quella autonomia necessaria a
giustificare l’istituzione di una misura protettiva id est? "senectus ipsa
morbus".

Tuttavia, al contrario, la formula utilizzata dall’art. 404 c.c.,
nell’indicare i presupposti soggettivi necessari per l’istituzione della
misura protettiva, sembra avere una ampiezza ed una elasticit? tale che a
date condizioni potrebbe ricomprendere anche le persone anziane.

In sostanza, secondo un primo orientamento pi? rigido e restrittivo l’et?
avanzata non pu? essere, di per s? stessa, presupposto fondante un
provvedimento di amministrazione di sostegno; tuttavia, tale orientamento
non ? pienamente condivisibile perch? contrasta in toto con la ratio della
legge in questione, con la sua struttura a geometria variabile e con
l’umanizzazione del rapporto tra rappresentante e rappresentato e la
conseguente depatrimonializzazione del rapporto.

Quindi, senza dubbio, occorre seguire un secondo orientamento in base al
quale qualora la vecchiaia possa determinare una limitazione apprezzabile
delle funzioni della vita quotidiana sar? possibile, nonostante il vulnus
legislativo, ricomprendere anche gli anziani tra i soggetti beneficiari
dell’amministratore di sostegno.

Anzi, la giurisprudenza prevalente ha affermato che, proprio, in tal casi,
la finalit? dichiarata dalla nuova legge risulta esaltata, essendo possibile
tutelare, "con la minor limitazione possibile della capacit? di agire" (ex.
art. 1 c.c.), la beneficiaria persona anziana che risulti priva di autonomia
nell’espletamento di talune funzioni della vita quotidiana; inoltre, anche
se in taluni casi ben si potrebbero applicare gli istituti dell’interdizione
o inabilitazione, sembra preferibile la scelta del nuovo istituto di
protezione civilistica in quanto duttile e pi? elastico nella nuova ottica
di protezione delle persona umana.

Infatti, l’amministratore di sostegno svolgerebbe un ruolo di assistenza
senza pregiudicare la persona dell’anziano che cos? non sarebbe escluso dal
consorzio civile; sicch? le sue residue energie psico fisiche non vengono
modificate bens? sviluppate e salvaguardate.

D’altronde, tale impostazione interpretativa di ampio respiro, sembra
coerente con i fatti giuridici che in concreto si possono verificare nella
vita di tutti i giorni soprattutto prendendo in considerazione la
molteplicit? delle vicende umane.

E’ chiaro, dunque, come ci si trovi difronte ad un nuovo modo di intendere
il diritto; un diritto pi? vivo, pi? umano, pi? sensibile al sentire di ogni
singolo individuo e delle esigenze di questo.

Un diritto che tramite il nuovo istituto sembra, anche, in un futuro vicino,
poter travalicare la rigidit? normativa anche in ambito di disciplina del
diritto familiare poich? menzionando"i conviventi del beneficiario" apre uno
spiraglio ad un futuro riconoscimento della famiglia di fatto; si ? aperta
dunque una finestra sul futuro che molto difficilmente sar? chiusa.

E proprio in prospettiva di un futuro pi? attento nel dare risposte (per
troppo tempo taciute) alle richieste socioculturali dei soggetti deboli e
dei loro familiari potrebbe trovare attuazione la proposta-progetto del
Prof. P.Cendon che ha acutamente e sensibilmente individuato nell’istituto
dell’amministratore di sostegno la possibilit? di vedere abrogate
l’interdizione e l’inabilitazione, ormai, relitti di un diritto
tecnicistico, poco orientato costituzionalmente e in questo campo spesso
antieuropeo.

Del resto ancora oggi, il criterio di valutazione della graduazione della
infermit? non ? esplicato in maniera chiara nella nostra legislazione e
quindi ? comprensibile optare per una forma di? protezione flessibile e
rapida della persona e dei suoi interessi familiari e patrimoniali tanto pi?
che le tre misure di tutela presenti nel nostro c.c. sono circolari e? non
possono coesistere in nessuna circostanza.

Se infatti accada che per un interdetto o un inabilitato si renda,
successivamente, necessaria la nomina di un amministratore di sostegno ?
consentito proporre l’istanza di nomina ma solo congiuntamente a quella di
revoca della interdizione e dell’inabilitazione; si creano cos? iter
processuali lunghi e costosi sia per il malato che per i suoi cari. Se il
processo di interdizione comporta elevati costi al contrario l’
amministrazione di sostegno ? una misura gratuita seppure in determinati
casi a discrezione del giudice tutelare potr? essere stabilito un compenso
per l’amministratore.

Dunque, inglobare le tre misure in una sola misura, nell’ottica della
proposta del Prof. Cendon, rafforzerebbe la prospettiva di ampio orizzonte
gi? abbozzata nella legge 6/2004 ovvero costituirebbe una prosecuzione o
meglio un completamento della stessa tanto pi? che non verrebbe neppure
violato il principio di ugualianza sostanziale (ex.art.3 Cost.); infatti
sar? sempre il giudice con la sua discrezionalit? a modulare diversi tipi di
amministrazione di sostegno in relazione? ai diversi casi di incapacit?.

Non si tratterebbe, dunque, di mettere in atto una misura monolitica ma
piuttosto di creare "un contenitore"; varie species di amministratori
appartenenti ad un unico genus e con un unico scopo quello di tutelare i
vari soggetti sulla base delle esigenze di ciascuno.

Con la legge 6/2004 il diritto si ? aperto al futuro, spetter? ora agli
organi parlamentari cogliere il senso di questo nuovo sentire attraverso una
operazione non di smantellamento ma di snellimento e ringiovanimento e
soprattutto di
massimizzazione tra gli effetti e le? le misure di protezione dei soggetti
pi? deboli.

Dott.ssa Emanuela Tat?

Tato Emanuela

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