Con l’ordinanza n. 6031/2025, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema ricorrente e di notevole rilievo pratico: se l’indennizzo erogato dall’INPS a favore degli invalidi civili possa essere detratto dall’importo riconosciuto a titolo di risarcimento del danno biologico nell’ambito di una causa civile per sinistro stradale. Per approfondimenti consigliamo Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti
Indice
1. La nozione di compensatio lucri cum damno
Al centro della controversia si colloca il principio della compensatio lucri cum damno, istituto giuridico volto a evitare che il danneggiato, a seguito di un fatto illecito, ottenga un vantaggio economico superiore al danno effettivamente subito. Fondato sull’art. 1223 c.c., richiamato anche dall’art. 2056 c.c., tale principio impone che il risarcimento comprenda esclusivamente le perdite e i mancati guadagni che rappresentano una conseguenza immediata e diretta dell’illecito, impedendo qualsiasi forma di arricchimento.
La Cassazione ha più volte ribadito che la responsabilità civile ha carattere ripristinatorio: essa mira a riportare il patrimonio del danneggiato allo stato in cui si trovava prima del danno. Da ciò consegue che eventuali vantaggi ricevuti dal danneggiato, in quanto collegati causalmente al medesimo fatto lesivo, devono essere detratte in sede di liquidazione del risarcimento. Per approfondimenti consigliamo Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti
Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti
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2. Il caso concreto: il danno biologico
Nel giudizio da cui scaturisce l’ordinanza, l’attore aveva richiesto il risarcimento dei danni subiti in seguito a un sinistro stradale, citando in giudizio conducente, proprietario del veicolo e compagnia assicurativa. Il Tribunale, in primo grado, aveva accolto parzialmente la domanda, attribuendo una responsabilità paritaria del 50% ai due conducenti.
In appello, la sentenza veniva riformata: la responsabilità dell’incidente veniva ridistribuita, con il 70% a carico dell’attore e il 30% al convenuto. Contestualmente, la Corte d’Appello riduceva l’entità del risarcimento e, invocando la compensatio lucri cum damno, detraeva dall’importo riconosciuto l’indennizzo erogato dall’INPS a favore del danneggiato.
3. Le doglianze del ricorrente
Il danneggiato, opponendosi alla decisione d’appello, proponeva ricorso in Cassazione. Contestava in particolare la sottrazione delle prestazioni erogate dall’INPS (pensione di invalidità civile e assegno ordinario ex art. 1 legge 222/1984) dall’importo liquidato a titolo di danno biologico. Secondo il ricorrente, tali prestazioni non sono affatto sovrapponibili al risarcimento per danno alla salute, in quanto volte esclusivamente a compensare un pregiudizio patrimoniale derivante dalla perdita o riduzione della capacità lavorativa.
Egli sottolineava come, in assenza di sovrapposizione tra il pregiudizio risarcito e quello coperto dalle prestazioni INPS, non sussista alcuna duplicazione risarcitoria che giustifichi la decurtazione.
4. La posizione della Suprema Corte
La Cassazione ha accolto il ricorso, ribadendo un principio fondamentale: l’indennizzo riconosciuto dall’INPS agli invalidi civili non può essere detratto dal risarcimento riconosciuto per danno biologico, poiché le due poste compensano pregiudizi di natura diversa.
In particolare, la Corte ha ricordato come le prestazioni previdenziali e assistenziali dell’INPS si fondino sul presupposto dell’esistenza di un danno patrimoniale, legato alla perdita della capacità di lavoro e dunque di reddito. Al contrario, il danno biologico è una voce non patrimoniale, riconducibile alla compromissione dell’integrità psico-fisica della persona, tutelata in sé e per sé, indipendentemente da ricadute sul piano economico.
La pronuncia si inserisce in un solco già tracciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12565/2018, in cui si è stabilito che un’eventuale decurtazione è possibile solo se la prestazione percepita mira a ristorare il medesimo pregiudizio causato dal fatto illecito. Ma nel caso degli invalidi civili, l’INPS non ha titolo per indennizzare un danno alla salute, bensì esclusivamente il pregiudizio patrimoniale derivante dall’inabilità lavorativa.
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5. Assenza di surroga dell’INPS
La Corte ha inoltre precisato che, in una simile fattispecie, l’INPS non può neppure esercitare il diritto di surroga nei confronti del responsabile civile. Il diritto di surroga, infatti, presuppone che l’ente previdenziale abbia ristorato un danno identico a quello oggetto del risarcimento, condizione che nel caso in esame non ricorre. Le somme versate dall’INPS non erano infatti dirette a risarcire il danno biologico, ma un pregiudizio di diversa natura.
6. Considerazioni conclusive
L’ordinanza n. 6031/2025 rappresenta un ulteriore tassello interpretativo in materia di danno biologico e prestazioni assistenziali, offrendo un riferimento utile sia per i professionisti del diritto sia per i danneggiati coinvolti in procedimenti risarcitori. In essa si conferma che non vi è alcun automatismo nella detrazione delle prestazioni INPS dai risarcimenti liquidati in ambito civile: solo laddove vi sia coincidenza tra i pregiudizi ristorati, potrà configurarsi un’applicazione del principio della compensatio lucri cum damno.
In definitiva, la prestazione previdenziale per invalidità civile, erogata dall’INPS, non potrà mai essere considerata un’indennità alternativa al danno biologico, e non potrà quindi essere sottratta al risarcimento riconosciuto per lesioni all’integrità psicofisica.
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