Invalidi civili e congedo per cure: chiarimenti dal Ministero del Lavoro

Redazione 12/03/13
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Biancamaria Consales

Con interpello n. 10/2013 dell’8 marzo 2013, il Ministero del lavoro ha fornito dei chiarimenti, richiesti dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in merito alla corretta  interpretazione dell’art. 7, D.Lgs.  119/2011, concernente la disciplina del congedo per cure riconosciuto in favore dei lavoratori mutilati ed invalidi civili.

In particolare, l’istante chiede se l’indennità contemplata in caso di fruizione dei congedi in questione debba essere posta a carico del datore di lavoro ovvero dell’INPS, in quanto computata secondo il regime economico delle assenze per malattia.

L’interpellante chiede, altresì, se sia possibile considerare, per la fruizione frazionata dei permessi di cui sopra, le giornate di assenza dal lavoro come unico episodio morboso di carattere continuativo ai fini della corretta determinazione del trattamento economico corrispondente.

Al riguardo, il Ministero ha precisato i lavoratori mutilati ed invalidi civili ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% possono fruire, nel corso di ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a 30 giorni.

Il suddetto congedo non rientra nel periodo di comporto ed è concesso dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata da idonea documentazione comprovante la necessità delle cure connesse alla specifica infermità invalidante.

Al riguardo, l’art. 7 del D.Lgs. 119/2011 ha stabilito che durante la fruizione del congedo “il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia”. Tale ultima previsione costituisce, dunque, una novità rispetto alla disciplina dettata dalla normativa previgente (cfr. art. 26, L. 118/1971; art. 10, D.Lgs. 509/1988).

Si ricorda peraltro che, già antecedentemente alla entrata in vigore del D.Lgs.  119/2011, la Corte di Cassazione aveva riconosciuto la sussistenza di un nesso eziologico tra l’assenza del lavoratore e la presenza di uno stato patologico in atto, quest’ultimo subordinato al relativo accertamento da parte di un medico della struttura sanitaria pubblica ritenendo, pertanto, che l’assenza per la fruizione del congedo fosse riconducibile all’ipotesi di malattia ex art. 2110 c.c., con conseguente diritto al corrispondente trattamento economico (Cass. civ., sez. lav., nn. 3500/1984 e 827/1991).

Alla luce di tali osservazioni, si ritiene che il recepimento normativo del suddetto orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale l’indennità per congedo per cure va calcolata secondo il regime economico delle assenze per malattia, afferisce esclusivamente al meccanismo del computo dell’indennità, la quale comunque continua ad essere sostenuta dal datore di lavoro e non dall’Istituto previdenziale.

A supporto di tale risposta, il Ministero ha, poi, fatto presente che l’art. 23 della L. 183/2010, che ha delegato il Governo alla emanazione di quello che sarebbe stato il D.Lgs. 119/2011, aveva peraltro espresso l’esigenza di non gravare di ulteriori oneri il bilancio pubblico.

Per quanto concerne il secondo quesito, invece, appare possibile intendere la fruizione frazionata dei permessi come un solo episodio morboso di carattere continuativo, ai fini della corretta determinazione del trattamento economico corrispondente, in quanto connesso alla medesima infermità invalidante riconosciuta.

 

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