Intervento volontario dell’assicuratore del danneggiato ed altre questioni in tema di indennizzo assicurativo per danni da circolazione di veicoli – notazioni critiche a tribunale di milano, sentenza 28 ottobre 2011 n. 13052.

Silvis Claudio 19/01/12
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1. Cenni introduttivi sulla procedura del risarcimento diretto introdotta dall’art. 149 del Codice delle Assicurazioni Private.
2. L’intervento interpretativo svolto dalla Corte costituzionale con la sentenza n.180/2009.
3. Le questioni esaminate dalla sentenza del Tribunale di Milano.
A)Le ragioni della ravvisata ammissibilità dell’intervento volontario litisconsortile da parte dell’assicuratore del danneggiato.
B)Le ragioni della ravvisata possibilità del danneggiato di chiedere l’indennizzo all’assicuratore del responsabile civile anche nella fase stragiudiziale della trattativa per la liquidazione dell’indennizzo.
4. Conclusioni in chiave critica in ordine alle soluzioni date dalla sentenza alle problematiche affrontate.
A)Sull’ammissibilità dell’intervento litisconsortile da parte dell’assicurazione del danneggiato
B)Sulla possibilità del danneggiato di chiedere l’indennizzo all’assicurazione del responsabile civile anziché alla propria.
     1. Cenni introduttivi sulla procedura del risarcimento diretto introdotta dall’art. 149 del Codice delle Assicurazioni Private.
In tema di assicurazione obbligatoria contro i danni provocati dalla circolazione di veicoli, il danneggiato, di regola, chiede l’indennizzo alla compagnia assicuratrice del veicolo responsabile del danno, chiamandola in causa ove non soddisfi la richiesta. Tuttavia, in alcuni casi, l’art. 149 del D.L.gs. 29/2005 (Codice delle Assicurazioni Private), prevede che  << i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all’impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato>> (comma 1, art. cit.).  
Quando trova applicazione la speciale procedura indennitaria prevista dall’art. 149 C.A.P. (c.d. del “risarcimento diretto”), l’indennizzo grava economicamente sulla compagnia del responsabile civile, ma è liquidato e corrisposto dalla compagnia del danneggiato (che ha diritto al corrispondente rimborso da parte di quella del responsabile).
Per regolare i reciproci rapporti organizzativi ed economici originati dal sistema del risarcimento diretto, le imprese assicurative, in attuazione di quanto disposto dall’art. 150 C.A.P., hanno stipulato una “Convenzione tra Assicuratori per il Risarcimento Diretto” (CARD). La CARD comporta, da parte delle imprese sottoscrittrici, l’assunzione della “veste […] di Gestionaria, quando il risarcimento viene effettuato, in tutto o in parte, per conto dell’impresa assicuratrice del veicolo civilmente responsabile del sinistro” ovvero “di Debitrice, quando i danni provocati dal proprio assicurato responsabile vengono risarciti per suo conto da un’altra impresa che avrà diritto ad essere rimborsata secondo la quota di responsabilità attribuibile al proprio assicurato”.
Se la richiesta d’indennizzo non va a buon fine, il comma 6 dell’art. 149 C.A.P. stabilisce che <<il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione>>,  ma l’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile, <<può chiedere di intervenire in giudizio e può estromettere l’altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato>>.
Fino al 2009, la disposizione appena richiamata è stata intesa nel senso che l’eventuale causa promossa dal danneggiato per conseguire l’indennizzo negato dal proprio assicuratore dovesse essere intentata sempre e solo contro quest’ultimo, essendo preclusa al danneggiato la possibilità di citare l’impresa assicuratrice del responsabile civile del sinistro (ferma restando la facoltà di questa di intervenire nel processo e chiedere l’estromissione dell’altra compagnia).
     2. L’intervento interpretativo svolto dalla Corte costituzionale con la sentenza n.180/2009
Con la sentenza n.180/2009, la Corte costituzionale ha operato una sorta di parziale rivoluzione copernicana nell’ambito del sistema delineato dall’art.149 C.A.P., escludendo che il comma 6 di detto articolo (quello che individua il soggetto assicurativo contro cui deve essere promossa l’azione giudiziale) possa essere interpretato – pena la relativa incostituzionalità –  nel senso di precludere al danneggiato la possibilità di agire contro l’assicuratore del responsabile civile, dovendo la norma essere necessariamente intesa nel senso, costituzionalmente compatibile,  che il danneggiato può scegliere se agire contro il proprio assicuratore oppure contro quello del responsabile civile (oltre che contro la persona stessa del responsabile civile) al fine di vedere l’uno o l’altro condannati a corrispondergli quanto gli spetta a titolo di ristoro del danno subito.
La pronuncia interpretativa del Giudice delle leggi ha infranto la simmetria che l’art. 149 C.A.P. sembrava istituire, fra la fase della trattativa fra danneggiato e soggetto assicurativo per la liquidazione dell’indennizzo e la successiva fase giudiziale, sotto il profilo della unicità del soggetto assicurativo al quale il danneggiato doveva indirizzare la richiesta indennitaria e contro cui avrebbe dovuto agire in caso di mancato riscontro da parte dell’assicuratore interpellato.
Il sentenziato venire meno dell’omogeneità fra le due fasi della vicenda sul predetto versante soggettivo ha fatto sì che l’interposizione ope legis dell’assicuratore del danneggiato fra il proprio cliente e l’assicuratore del responsabile civile operi solo nella fase della trattativa stragiudiziale; fallita tale fase, ove la vicenda debba proseguire in sede giudiziaria, non è più la legge ad imporre al danneggiato come unico contraddittore processuale il proprio assicuratore, ma è lo stesso danneggiato a scegliere se citare quel soggetto in luogo della compagnia assicuratrice del responsabile civile o viceversa.
     3. Le questioni esaminate dal Tribunale di Milano
L’asimmetria creatasi per effetto della pronuncia della Consulta è stata ed è fonte di varie problematiche di ordine sostanziale e processuale.
La sentenza del Tribunale di Milano n. 13052/2011, riportata in calce, merita di essere segnalata in quanto affronta talune delle suddette problematiche, giungendo a soluzioni dissonanti rispetto al prevalente indirizzo seguito dal resto dei giudici di merito.
Nel caso deciso, il danneggiato in un sinistro automobilistico aveva diretto la richiesta di  indennizzo non alla propria assicurazione, ma a quella del responsabile civile. Quest’ultima, opposta la propria incompetenza a provvedere a mente del comma 1 dell’art. 149 C.A.P., non aveva dato seguito alla richiesta, invitando l’interessato a rivolgersi alla propria assicurazione. Il danneggiato, tuttavia, non interpellava la propria compagnia, ma conveniva direttamente in giudizio quella del responsabile in quanto inadempiente all’obbligo indennitario, affinché fosse condannata ad adempiere. Rimasta contumace l’impresa convenuta, interveniva nel processo quella del danneggiato, la quale, chiedendo al giudice di considerare ammissibile il proprio intervento,  lo sollecitava a respingere la domanda del danneggiato per avere lo stesso rivolto la richiesta indennitaria ad impresa assicuratrice non competente ad esaudirla secondo l’art. 149, comma 1,  C.A.P.
Il Tribunale adìto: 1) giudicava ammissibile l’intervento litisconsortile spiegato della compagnia del danneggiato; 2) respingeva l’eccezione di merito con cui la compagnia intervenuta chiedeva la reiezione della domanda attorea per l’adempimento dell’obbligo indennitario,  sul presupposto che il danneggiato, contrariamente a quanto sostenuto dall’impresa intervenuta, non aveva l’obbligo di chiedere ad essa impresa l’indennizzo, potendo egli interpellare in proposito anche l’assicuratore del responsabile civile, vuoi congiuntamente vuoi in alternativa alla propria compagnia assicuratrice.
      A) Le ragioni della ravvisata ammissibilità dell’intervento volontario litisconsortile da parte dell’assicuratore de danneggiato.
Con riferimento alla divisata ammissibilità dell’intervento litisconsortile dell’assicurazione del danneggiato, la sentenza rinviene la condizione legittimante di tale iniziativa processuale nel fatto che l’assicuratore del danneggiato sarebbe debitore in solido, con quello del responsabile civile, della somma costituente il petitum sostanziale della domanda.
Secondo giurisprudenza consolidata, infatti, la posizione di obbligato in solido di un soggetto giustifica, sul piano dell’interesse e della legittimazione, l’intervento volontario litisconsortile di quel soggetto nel giudizio promosso contro il condebitore solidale.
Nel caso di specie, la posizione della compagnia del danneggiato di obbligato in solido verso il relativo cliente rinverrebbe la propria fonte nella “Convenzione fra Assicuratori per il Risarcimento Diretto” (CARD), della quale si è già detto al par. 1.  Tale convenzione – secondo l’estensore della sentenza –   assumerebbe la fisionomia di un atto negoziale concluso fra imprese assicurative, con cui le imprese che di volta in volta assumono la veste di assicuratore del responsabile civile delegano ad indennizzare, in modo preventivo e permanente, le imprese che di volta in volta assumono la veste di assicuratore del soggetto creditore dell’indennizzo.
Per il Tribunale ambrosiano, il rapporto tra le due compagnie assicuratrici, così come regolato dalla CARD, configurerebbe una fattispecie di delegazione (passiva) cumulativa di cui all’art. 1268 c.c.: all’assicurazione del danneggiante (debitore delegante) si aggiungerebbe quella del danneggiato (terzo delegato), quale ulteriore debitrice per l’indennizzo dello stesso danneggiato (creditore delegatario); nell’assunto del giudice lombardo, l’assicurazione del danneggiato diviene, proprio in quanto delegata a provvedere alla liquidazione dell’indennizzo dall’altra compagnia in forza della C.A.R.D., obbligata in solido verso il proprio cliente  di quanto il giudice dovesse riconoscergli a titolo indennitario.

Più precisamente, poiché il terzo delegato assume la qualità di obbligato in solido col debitore delegante solo dopo che esso delegato abbia reso noto al creditore delegatario di voler adempiere l’obbligo del delegante in sua vece,  nella fattispecie l’assunzione della qualità di obbligato in solido all’indennizzo da dell’assicuratore del danneggiato avverrebbe nel momento stesso in cui quegli formalizza la domanda di interventovolontario; è, infatti, con questo stesso atto processuale che l’assicuratore del danneggiato renderebbe noto all’attore-creditore delegatario (il danneggiato) l’impegno di soddisfare, in luogo del debitore principale convenuto (assicuratore del responsabile civile), il credito che  sarà eventualmente riconosciuto dal giudice allo stesso attore–creditore delegatario.
      B) Le ragioni della ravvisata possibilità del danneggiato di chiedere l’indennizzo all’assicuratore del responsabile civile anche nella fase stragiudiziale della trattativa per la liquidazione dell’indennizzo.
Relativamente all’altra questione, ossia la richiesta reiezione della domanda del danneggiato  formulata dalla compagnia intervenuta per avere lo stesso indirizzato la richiesto d’indennizzo all’altra compagnia, non competente ad evaderla ai sensi dell’art. 149, co.1, C.A.P., il Tribunale motiva la decisione di non respingere la domanda del danneggiato, assumendo che la sentenza interpretativa della Corte costituzionale n. 180/2009 ,  benché si riferisca alla sola fase giudiziale della vicenda indennitaria presa in considerazione dal comma 6 dell’art. 149 C.A.P.,  non può non riguardare anche l’anteriore fase stragiudiziale, disciplinata dal comma 1 di quell’articolo; con la giuridica conseguenza – tratta dal Tribunale in parola –  che il danneggiato, così come non può ritenersi costretto ad agire in giudizio unicamente contro il proprio assicuratore inadempiente alla  richiesta d’indennizzo, non può neppure ritenersi costretto, durante l’anteriore fase della trattativa, ad avere quale unico interlocutore il proprio assicuratore per la liquidazione dell’indennizzo, essendo invece necessario attribuire anche al comma 1 dell’art. 149 C.A.P. il significato per cui al danneggiato è data facoltà di chiedere l’indennizzo anche all’assicuratore del responsabile civile
    4. Conclusioni in chiave critica sulle soluzioni date dalla sentenza alle questioni affrontate.
La decisione del giudice territoriale attenzionata è certamente degna di apprezzamento per lo sforzo compiuto nella direzione di superare le notevoli problematiche d’ordine ermeneutico ed applicativo generatesi nel sistema del risarcimento diretto all’indomani della sentenza della Corte costituzionale n. 180/2009.
Tuttavia, le soluzioni individuate appaiono discutibili.
     A) Sull’ammissibilità dell’intervento litisconsortile da parte dell’assicurazione del danneggiato
Ciò che ha condotto il Tribunale ambrosiano a ritenere ammissibile l’intervento volontario litisconsortile spiegato dall’assicuratore del danneggiato è l’esistenza di un atto negoziale intervenuto fra l’assicurazione del danneggiato e quella del danneggiante (la C.A.R.D.). Con tale accordo le imprese assicuratrici avrebbero regolato i reciproci rapporti secondo lo schema della  delegatio promittenti: l’assicuratore del danneggiato avrebbe assunto, in via preventiva e permanente, la qualità di delegato della compagnia del responsabile civile ad assumere su di sè,  pro futuro,  la generalità dei debiti indennitari gravanti su questa.

In disparte ogni considerazione sulla ravvisata idoneità della C.A.R.D. a generare una fattispecie di delegazione di debito anziché di accollo cumulativo , appare difficile non obiettare che, in realtà, quando il danneggiato agisce contro l’assicuratore del responsabile civile, non vi sono margini per riconoscere rilevanza sul piano processuale ad ipotetici accordi fra le compagnie dei responsabili civili e quelle dei danneggiati in base ai quali le seconde sono impegnate nei confronti delle prime ad accollarsi i relativi debiti indennitari.
Quando il danneggiato opta di convenire in giudizio l’assicurazione del responsabile civile anziché la propria, ritenere che un siffatto accordo fra imprese assicuratrici possa determinare una modificazione del contraddittore processuale prescelto dal danneggiato significa porre nel nulla la facoltà del danneggiato di scegliere il proprio contraddittore processuale, facoltà a lui riservata dal comma 6 dell’art. 149 C.P.A. come interpretato dalla più volte ricordata sentenza della Corte costituzionale.
Oltretutto, se è vero (com’è vero) che il comma 6 dell’articolo appena citato non consente al danneggiato di convenire in giudizio entrambe le compagnie assicuratrici, imponendogli di agire nei confronti o dell’una o dell’altra, non si comprende per quale ragione dovrebbe invece permettersi alle stesse compagnie di stabilire, di comune accordo, una compartecipazione spontanea di quella del danneggiato nel giudizio promosso contro quella del responsabile civile.
Per altro verso, appare fortemente dubbio che la ******** possa offrire all’interesse ed alla legittimazione ad intervenire della compagnia del danneggiato la base giustificatrice individuata nella sentenza in disamina, ossia l’acquisto, da parte della medesima compagnia, della qualità di debitore in solido con l’altro assicuratore.
La C.A.R.D., invero, non riflette la mutua volontà delle imprese aderenti di dare vita ad un assetto dei rispettivi rapporti in cui all’adempimento dei debiti indennitari gravanti sulla compagnia del responsabile civile deve provvedere quella del danneggiato. La C.A.R.D. si limita a definire la disciplina integrativa di una sistemazione di interessi predeterminata dalla legge in modo inderogabile.  E’ l’art. 149 C.A.D. e non la C.A.R.D. ad assegnare alla compagnia del danneggiato il ruolo di sostituto della compagnia del responsabile civile nell’adempimento dell’obbligo di liquidare l’indennizzo al danneggiato.  La convenzione interassicurativa non crea meccanismi di surrogazione soggettiva come quello prefigurato dal Tribunale di Milano,  ma, per così dire, subisce una statuizione in tal senso imposta della legge, limitandosi a definire il modus in cui la statuizione deve operare nell’ambito dei rapporti fra le imprese chiamate ad attuarla.
Ne segue che, quando il danneggiato conviene in giudizio l’assicuratore del responsabile civile, un intervento litisconsortile dell’impresa assicuratrice del danneggiato non sembra trovare giustificazione in ragione della C.A.R.D., dato che questa non conferisce all’impresa del danneggiato la veste di soggetto delegato dell’assicuratore del responsabile civile (o meglio, di accollante in favore di questi).  E’ l’art. 149 CAP a disporre che la compagnia del danneggiato liquidi l’indennizzo in luogo dell’assicuratore del responsabile civile ed a definire i modi ed i limiti entro cui quella surrogazione soggettiva opera.
Ergo,  se il comma 6 dell’art. 149 C.A.P.  dispone (conformemente all’interpretazione datane dalla Consulta)  che spetta al danneggiato scegliere la compagnia contro cui agire in caso di esito negativo della procedura stragiudiziale prevista dal comma 1, la compagnia del danneggiato, ove  non sia stata convenuta, non può entrare spontaneamente nel giudizio accanto all’assicuratore del responsabile civile, giacchè l’art. 149 C.A.P., conclusasi con esito negativo la fase stragiudiziale,  dispone che il ruolo di interposto al debitore, assegnato alla compagnia del danneggiato nella fase stragiudiziale,  viene meno nella fase giudiziale, salvo che il danneggiato (e solo lui) non decida di mantenerlo in vita citando la propria  impresa assicuratrice anziché quella del responsabile civile.
      B) Sulla possibilità del danneggiato di chiedere l’indennizzo all’assicurazione del responsabile civile anziché alla propria.
Problematica appare anche la possibilità di concordare con la soluzione data dal giudice de quo alla questione relativa alla possibilità del danneggiato, durante la fase stragiudiziale,  di rivolgere la richiesta d’indennizzo non alla propria assicurazione ma a quella del responsabile civile.
Il giudice milanese ha definito la questione in senso affermativo attraverso un percorso argomentativo che si snoda dalla premessa fondante che la sentenza interpretativa della Corte costituzionale, benché si riferisca alla sola fase giudiziale della vicenda indennitaria, disciplinata dal comma 6 dell’art. 149 C.A.P., debba valere anche per l’anteriore fase stragiudiziale: il danneggiato, così come non può ritenersi costretto ad agire solo contro il proprio assicuratore, non può neppure ritenersi costretto, nel pregresso stadio della procedura stragiudiziale, a rivolgere la richiesta d’indennizzo unicamente a quel medesimo soggetto, dovendosi interpretare il comma 1 dell’art. 149 CA.P. in modo analogo al comma 6 , ossia nel senso che al danneggiato è consentito dirigere la richiesta d’indennizzo anche oppure unicamente all’assicuratore del responsabile civile.
Dunque, nell’assunto del Tribunale di che trattasi, la sostituzione dell’assicuratore del danneggiato a quello del responsabile civile nel ruolo di soggetto tenuto a soddisfare la pretesa intennitaria del danneggiato non avrebbe in alcun caso portata cogente ed inderogabile per la vittima del sinistro: a questa occorre riconoscere, sempre e comunque, la facoltà di rivolgere, non solo nella fase giudiziale ma anche in quella stragiudiziale, la relativa pretesa d’indennizzo anche o solo all’impresa assicuratrice del responsabile civile.
Ma a questo proposito, va osservato che la Corte costituzionale, nello scrutinare la conformità alla Legge fondamentale del comma 6 dell’art. 149 C.A.P., ha potuto statuire che la norma va interpretata nel senso di attribuire al danneggiato la facoltà e non l’obbligo di agire in giudizio contro la propria assicurazione solo grazie al fatto che il dato testuale della disposizione legislativa si presta  – sia pure con una certa forzatura –  ad essere inteso secondo più significati, uno solo dei quali appare conforme a Costituzione  (quello che, per l’appunto, consente di affermare che la norma non obbliga il danneggiato ad agire contro la propria assicurazione).
Invero, secondo tale previsione legislativa, << il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione>>: la proposizione, invero, può essere intesa in due modi, ossia nel significato che il danneggiato “può” proporre l’azione solo nei confronti della propria assicurazione oppure che “può” proporla anche solo nei confronti della propria assicurazione, essendo in sua facoltà proporla contro l’assicurazione del responsabile civile (ad onor del vero, questa seconda lettura, ritenuta costituzionalmente compatibile dalla Corte costituzionale, non è esente da profili di criticità, dato che nel testo della disposizione manca la congiunzione “anche”, la cui presenza sarebbe indispensabile per attribuire alla previsione normativa il diverso significato che la legittima sul piano costituzionale).
Il primo comma dell’art. 149 C.A.P., nel disporre che << i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all’impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato>>, non si presta ad una analoga opzione interpretativa, essendo la norma  inequivocabile nello stabilire che, nella fase stragiudiziale della trattativa per la liquidazione dell’indennizzo,  il danneggiato non ha altri interlocutori se non la propria compagnia assicurativa . Manca, nel primo comma, un dato testuale polisenso che autorizzi ad interpretarne il disposto diversamente dal suo unico ed inequivocabile significato preclusivo di ogni facoltà del danneggiato di rivolgersi ad altri che al proprio assicuratore.
Dunque, a differenza del sesto comma, il primo non offre il benché minimo appiglio ad una interpretazione alternativa come quella data dal Tribunale di Milano, con la ineludibile conseguenza che al danneggiato, diversamente da quanto ha statuito quel giudice, non è consentito rivolgere richieste di indennizzo all’assicurazione del responsabile civile nella fase della trattativa stragiudiziale.
Pertanto, qualora il danneggiato formuli la richiesta d’indennizzo all’assicurazione del responsabile civile e sia da questa invitato a rivolgersi alla propria impresa assicuratrice, la richiesta è da considerare tamquam non esset ai fini qualificare in termini di inadempimento la mancata liquidazione dell’indennizzo da parte della compagnia del responsabile civile;  analogamente,  non è responsabile di inadempimento l’assicuratore del danneggiato al quale questi non abbia chiesto l’indennizzo nonostante sia stato invitato a farlo dalla compagnia del responsabile civile.
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    Tribunale di Milano
      Sentenza 28 ottobre 2011, n. 13052

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto ritualmente notificato in data 31.03.2011 D. L. esponeva:
– che il giorno 4.04.2010 in Novate Milanese si verificava un sinistro tra la propria autovettura, Audi A3 tg ***, assicurata per la RCA dalla società Alfa S.p.A. e l’autovettura Ford Mondeo tg *** di proprietà del sig. L. G., condotta dalla sig.ra L. R. ed assicurata per RCA dalla società Beta Ass.ni Spa;
– che il 7.04.2010 l’attore D.L. azionava la procedura di indennizzo diretto ex D. Lgs. 209/2005 nei confronti della Alfa Spa, ma in data 5.05,.2010 quest’ultima negava ogni risarcimento;
– che, in data 24.05.2010, l’attore richiedeva quindi il risarcimento alla società Beta Ass.ni Spa, la quale invitava a rivolgere le proprie richieste alla Alfa Spa, opponendo l’applicabilità della procedura di indennizzo diretto;
– che in data 23.07.2010, l’attore riceveva da parte della Alfa Spa, la somma di euro 10.000,00, dallo stesso trattenuta in acconto del maggior danno subito.
Conveniva quindi in giudizio la Beta Ass. ni Spa e L. G. e, concludeva affinché questo Tribunale:
– dichiarasse la civile ed esclusiva responsabilità di R. L. in ordine alla cessazione del sinistro di cui è causa, in conseguenza del mancato rispetto, da parte della stessa, del segnale di precedenza;
– condannasse, in solido, ex artt. 2043, 2054, 2057 e 2059 c.c. e D. Lgs 209/2005, L. G. e la società Beta Ass. ni Spa al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dal sinistro nella misura di euro 21.279,04.
Nell’udienza di prima comparizione delle parti ex art. 183 c.p.c., veniva dichiarata la contumacia dei convenuti. Interveniva volontariamente la ******à Alfa Spa, la quale sosteneva di agire per conto di Beta Ass. ni SpA e concludeva chiedendo di:
I. respingere le domande proposte dall’attore D.L., poiché infondate per violazione della procedura di Risarcimento Diretto;
II. dichiarare legittimo ed ammissibile il proprio intervento:
In subordine:
III. dichiarare la colpa concorrente del L. nella causazione del sinistro e la conseguente riduzione del risarcimento ex art. 1227 c.c., detraendo la somma già versata all’attore;
IV. disporre che l’eventuale ulteriore indennizzo dovuto all’attore venisse posto a proprio carico, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le due imprese coinvolte.
Il giudice nella stessa udienza rilevava d’ufficio la questione circa l’ammissibilità dell’intervento volontario della ******à Alfa Spa e, sentite le parti, riservava la decisione.
Sciogliendo la riserva, il giudice invitava le parti a precisare le conclusioni ed alla contestuale discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c…
Nella successiva udienza del 28.10.2011 le parti precisavano le conclusioni come da verbale e, nella stessa udienza dava lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
La procedura di Risarcimento Diretto
Al fine di decidere la questione pregiudiziale di legittimità ed ammissibilità dell’intervento, appare opportuno premettere quanto segue circa la procedura del Risarcimento Diretto (ex art. 149 D. Lgs 209/2005, Codice delle Assicurazioni Private, d’ora in avanti Codice).
Ai sensi dell’art. 149, in caso di sinistro tra due veicoli assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, “i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all’impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato”; inoltre, qualora l’offerta di liquidazione effettuata dall’assicurazione sia ritenuta insufficiente o non venga comunicata nei termini oppure sia negato il risarcimento diretto, “il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’art. 145, c.2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione”.
La questione di legittimità costituzionale
Sul tenore letterale dell’art. 149 è stata già sollevata la questione di incostituzionalità in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 111 Cost., sul presupposto che la norma configurerebbe in capo al danneggiato un obbligo di agire, nelle fattispecie indicate, secondo le modalità della nuova procedura, obbligatoriamente, nei confronti della propria compagnia assicurativa.
La Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità, precisando che la norma stabilisce una facultas agendi in favore del danneggiato, il quale può, non deve, agire contro la propria assicurazione: “il nuovo sistema di risarcimento diretto non consente di ritenere escluse le azioni già previste dall’ordinamento in favore del danneggiato”, precisando che “l’azione diretta contro il proprio assicuratore è configurabile come una facoltà, e quindi un’alternativa all’azione tradizionale per far valere la responsabilità dell’autore del danno” (Corte Costituzionale, Sent. 19/06/2009, n.180).
Tuttavia il decisum della Corte non ha risolto tutti i dubbi posti dalla dottrina.
Le censure relative alla facoltatività della procedura di indennizzo diretto
Sono state mosse infatti alla sentenza di cui sopra le seguenti censure:
1. Secondo la tesi della facoltatività limitata all’ambito giudiziale, bisognerebbe distinguere la facoltà di rivolgere la richiesta di risarcimento all’una e all’altra assicurazione, rispetto alla possibilità di agire in giudizio nei loro confronti; la facultas riconosciuta dalla Corte riguarderebbe soltanto la fase giudiziale e non anche quella stragiudiziale, che dovrebbe sempre avere corso tra le parti del rapporto assicurativo; solo in caso di esito negativo della procedura di liquidazione stragiudiziale gestita dalla propria compagnia, rimarrebbe salva per il danneggiato la possibilità di esperire azione diretta nei confronti dell’assicurazione del responsabile civile.
2. Una seconda tesi, fondata sulla lettera degli artt. 149 e 150 del Codice e dell’art. 9 DPR n. 254/2006, Regolamento del Codice delle Assicurazioni, torna a proporre un regime di obbligatorietà (non solo per la fase stragiudiziale, ma anche per quella giudiziale) dell’azione diretta per garantire il rispetto dei valori costituzionali, anche ai fini di una migliore efficienza del mercato assicurativo.
La tesi della facoltatività limitata all’ambito giudiziale (tesi sub 1) non può essere accolta in quanto si prospetterebbe una mancata corrispondenza tra diritto sostanziale e potere di agire in giudizio, in contrasto con il principio della strumentalità del processo per la tutela dei diritti: secondo questa tesi, infatti, la citazione in giudizio del responsabile e della sua compagnia assicurativa sarebbe ammissibile solo in caso di esito negativo della fase stragiudiziale (cogente) tra le parti del rapporto assicurativo.
Per altro verso, al precipuo fine di evitare il contenzioso, non appare razionale che vi sia un’assoluta libertà in fase giudiziale non preceduta da pari facoltà di agire in fase stragiudiziale.
Anche la tesi c.d. dell’obbligatorietà (tesi sub 2) non ha pregio, in quanto l’assicurazione del danneggiato non è titolare di una propria posizione debitoria nei confronti dell’assicurato, ma agisce per conto dell’impresa assicurativa del responsabile civile.
La scelta di impedire al danneggiato di rivolgersi al proprio debitore si pone in contrasto palese sia con le argomentazioni della Corte Costituzionale che con la Direttiva 2005/14/CE.
…e la censura relativa all’alternatività
Altra dottrina ha infine mosso censura alla citata pronuncia della Corte Costituzionale anche riguardo al concetto di alternatività, perché non definirebbe adeguatamente l’ampiezza e la portata del rapporto tra la procedura di risarcimento diretto e la comune azione diretta ex art. 144 del Codice. In particolare il rapporto di alternatività si potrebbe configurare come:
A) esclusione unilaterale dell’azione del danneggiato nei confronti del responsabile per effetto dell’anteriore azione ex art. 149 del Codice;
B) esclusione eventuale: alternatività come mera facoltà di promuovere l’una, l’altra o entrambe le azioni;
C) esclusione reciproca tra l’azione ex art. 149 del Codice e l’azione nei confronti del responsabile.
L’interpretazione sub A) non appare condivisibile in quanto comporterebbe l’abrogazione per via interpretativa dell’art. 2043 c.c..
Risultato nella stessa misura inaccettabile consegue anche dalla seconda interpretazione, che condurrebbe alla moltiplicazione delle procedure e delle controversie, senza possibilità di invocare il giudicato.
Ritiene questo giudice, pertanto, preferibile la soluzione sub C).
La Corte, nel dichiarare la facultas, ha lasciato la possibilità al danneggiato di agire sia con azione diretta ex art. 144 del codice sia con l’azione ordinaria ex artt. 2043 e ss. c.c.,concedendo di scegliere, a suo insindacabile giudizio, la procedura risarcitoria che egli ritenga più conveniente.
Ciò non comporta,tuttavia, che queste diverse azioni siano cumulabili né che possano essere proposte in fasi successive.
La corretta interpretazione della facoltatività del risarcimento diretto e della sua alternatività rispetto alle altre procedure deve essere ricercata nel principio electa una via, non datur recursus ad alteram, in base al quale il danneggiato che agisca in giudizio nei confronti della propria impresa di assicurazione, o di quella del responsabile civile, consuma così, in ogni caso, il suo potere di scelta esercitandolo.
Non si ritiene opportuno, invece, applicare tale principio anche alla richiesta effettuata in via stragiudiziale: ammettere che la richiesta di liquidazione in via stragiudiziale, rivolta a una delle due imprese di assicurazione, precluda la possibilità di esperire la procedura stragiudiziale e la successiva azione in giudizio nei confronti dell’altra, sarebbe ancora una volta in contrasto con il principio della facoltatività espresso dalla Corte e limiterebbe il diritto di difesa dei danneggiati.
La Corte ha affermato che la disposizione di cui all’art. 149, c.6, del Codice, utilizzando il verbo “potere” intende esprimere che il danneggiato può, non deve esperire questo tipo di azione, vale a dire che egli è libero di esercitare o non esercitare lo strumento giudiziale.
In conclusione, ritiene questo giudice, in aderenza alla lettura costituzionalmente orientata, preferibile la tesi:
a. dell’assoluta libertà di scelta da parte del danneggiato, in fase stragiudiziale, in termini di concorrenza, di rivolgere le proprie pretese risarcitorie nei confronti di entrambe le compagnie assicuratrici;
b. della facoltà di scelta in fase giudiziale, in termini di alternatività, nei confronti dell’una o dell’altra (ovviamente nel rispetto dell’iter procedimentale stragiudiziale prescritto per ciascuna di tali azioni ex artt. 144 e ss. ed ex art. 149 del Codice).
Questa tesi ha, in primo luogo, il pregio di rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato tramite la legittimazione ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza sottrargli la possibilità di far valere la responsabilità dell’autore del danno (nel rispetto tra l’altro della citata direttiva CE).
Inoltre, sebbene la sentenza della Corte Costituzionale si limiti ad affermare la possibilità in capo al danneggiato di scegliere il soggetto passivamente legittimato, non si può comunque ritenere che tale facoltà di scelta sia negata in fase stragiudiziale, essendo in tale fase ammissibile la cumulabilità.
Ciò premesso, nella fattispecie concreta, devesi rigettare l’eccezione pregiudiziale proposta dall’intervenuta, secondo cui sarebbe inammissibile la domanda dell’attore per mancato rispetto della procedura di risarcimento diretto.
L’attore infatti aveva espletato la procedura stragiudiziale (con le modalità richieste dalla legge) nei confronti di entrambe le compagnie di assicurazione, avendone (alla luce di quanto esposto) la facoltà.
Successivamente ha evocato in giudizio solamente il responsabile e la compagnia assicuratrice dello stesso, consumando così la propria facultas agendi.
Sull’ammissibilità dell’intervento volontario
Ai fini dell’ammissibilità dell’intervento bisogna invece valutare la disciplina processuale allorché, nello stesso processo, siano chiamate in causa contemporaneamente le due compagnie assicuratrici ovvero le stesse vi partecipino in fasi successive.
Certamente è inammissibile la chiamata in causa di entrambe le compagnie proprio perché in contrasto con il principio di alternatività nell’accezione acquisita.
A maggior ragione è esclusa qualsivoglia ipotesi di litisconsorzio necessario tra le stesse e si deve ora valutare se vi siano ammissibili ipotesi (come quelle in esame) di litisconsorzio facoltativo, successivo all’instaurazione del giudizio.
L’art. 149 del Codice (sia pure con tecnica giuridica non raffinata) risolve al sesto comma solamente la problematica relativa all’intervento dell’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile, nel senso che la stessa “può chiedere di intervenire in giudizio e può estromettere l’altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”.
Il Codice nulla dispone, invece, circa l’intervento in esame dell’impresa assicuratrice nel giudizio proposto nei confronti del responsabile civile.
La società Alfa SpA, interventore volontario, sostiene di agire per conto di ***************, in qualità di gestore del risarcimento del danno subito dall’attore in occasione del sinistro stradale in regime derivante dalla sottoscrizione della CARD (Convenzione tra Assicuratori per il Risarcimento Diretto), che comporta l’assunzione della “veste […] di Gestionaria, quando il risarcimento viene effettuato, in tutto o in parte, per conto dell’impresa assicuratrice del veicolo civilmente responsabile del sinistro” ovvero “di Debitrice quando, i danni provocati dal proprio assicurato responsabile vengono risarciti per suo conto da un’altra impresa che avrà diritto ad essere rimborsata secondo la quota di responsabilità attribuibile al proprio assicurato”. Tale convenzione è stata stipulata in esecuzione dell’art. 13 DPR n. 254/2006, secondo cui “le imprese di assicurazioni stipulano tra loro una convenzione ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi ed economici per la gestione del risarcimento diretto”.
Pertanto, premessa indefettibile della decisione sull’ammissione dell’intervento è l’esatta individuazione della natura giuridica dei rapporti sostanziali sottostanti.
Sulla natura giuridica del rapporto tra le due compagnie assicuratrici
Ritiene il Tribunale che il rapporto tra le due compagnie assicuratrici integri la fattispecie della delegazione cumulatoria non liberatoria (art. 1268 c.c.).
La norma disciplina un’ipotesi di modificazione del soggetto passivo del rapporto obbligatorio che può comportare la successione di un nuovo debitore al debitore originario (nel caso di delegazione liberatoria) ovvero l’affiancarsi ad esso di un nuovo debitore con un conseguente rafforzamento della garanzia patrimoniale del creditore, come appunto del caso in esame.
Nell’ambito del rapporto di provvista (rapporto tra delegante e delegato) diverse sono le ragioni che possono indurre il terzo delegato ad assumere il debito del delegante, ovvero a provvedere (nel caso di delegatio solvendi) al pagamento del debito originariamente assunto dal delegante; nel caso in esame tale assunzione avviene, come sopra esposto, in ragione della sottoscrizione della CARD e per le motivazioni nella stessa indicate.
Non costituisce un ostacolo all’inquadramento della fattispecie nella delegazione la circostanza che nella CARD siano regolati debiti futuri. La delegazione può infatti avere a fondamento sia preesistenti rapporti obbligatori, sia rapporti che sono fonte di crediti non ancora liquidi ed esigibili, ovvero altresì crediti futuri (Corte di Cassazione, sent. Del 19 maggio 2004, n.9470).
Il regime delle eccezioni opponibili dal delegato con riferimento a vizi relativi ai rapporti sostanziali è diverso a seconda che le parti nessun riferimento facciano ai rapporti sottostanti di provvista e di valuta (c.d. delegazione astratta) ovvero vi facciano riferimento (c.d. delegazione titolata).
Nella fattispecie concreta gli accordi tra le due compagnie assicuratrici hanno per oggetto la delegazione di debiti futuri, non ancora esistenti, ma geneticamente collegati alle obbligazioni nascenti dal futuro svolgimento di rapporti tra delegante e delegatario (rapporto di valuta).
Nel caso di specie, quindi, a seguito della sottoscrizione della Convenzione CARD e del fatto illecito in esame, si individuano:
a. il rapporto di valuta tra Beta Ass.ni SpA (in qualità di delegante) ed il danneggiato, D.L. (in qualità di delegatario);
b. il rapporto di provvista tra la stessa Beta Ass.ni SpA (delegante) e la ******à Alfa SpA (delegata).
Di regola, nelle ipotesi di delegazione cumulativa, segue il regime della solidarietà tra le obbligazioni assunte dal debitore principale (delegante) e il nuovo debitore (delegato). Del resto l’atto con cui il delegatario può liberare il delegante è del tutto eventuale e la volontà di liberare il creditore principale deve essere espressa in modo non equivoco (Cassazione, sent. n. 848/2002).
Ebbene ritiene il Tribunale che, nella fattispecie concreta, l’atto processuale di intervento volontario produca anche effetti giuridici sostanziali, integrando la manifestazione di volontà della società Alfa SpA (delegata) di obbligarsi verso il creditore L. D. (delegatario) ai sensi dell’art. 1268 c.c..
La Convenzione CARD e la dichiarazione contenuta nell’atto di intervento rendono opponibile all’attore (creditore delegatario) tutte le eccezioni relative al rapporto tra quest’ultimo e la società Beta Ass.ni SpA (art. 1271, ult.cpv., c.c.).
Natura litisconsortile dell’intervento
Ai fini dell’ammissibilità dell’intervento in esame deve essere da ultimo chiarita la natura giuridica dello stesso.
L’intervento volontario (ex art. 105 c.p.c.), come è noto, può essere:
a. principale (ad excludendum o ad infrigendum jura utriusque litigatoris), quando l’interveniente afferma un diritto proprio incompatibile sia con il diritto preteso dall’attore che con quello preteso dal convenuto,
b. adesivo autonomo (o litisconsortile), quando l’interveniente, facendo valere un diritto autonomo soltanto nei confronti di una o di alcune delle parti, assume comunque posizione uguale o parallela a quella di una delle altre parti originarie pur rimanendo in posizione diversa; sicché la sua difesa rimarrà distinta da quella della parte originaria;
c. adesivo dipendente, quando il terzo che vi ha un proprio interesse (non subire eventuali effetti sfavorevoli della sentenza) partecipa al giudizio per sostenere le ragioni di una delle parti, configurandosi una posizione di dipendenza processuale dell’interventore solamente ad adiuvandum.
E’ di tutta evidenza che la posizione processuale assunta dalla Alfa SpA sia inquadrabile nella figura di intervento litisconsortile, atteso che l’interveniente assume solidalmente le obbligazioni risarcitorie (asseritamente) già in capo a Beta Ass. ni SpA.
Giova a tal riguardo rilevare che, anche in assenza di una specifica domanda dell’attore, le domande proposte in giudizio con l’atto di citazione si estendono automaticamente alla compagnia intervenuta. Infatti la Cassazione (sentenza n.17954 del 01.07.2008) ha statuito che “Qualora il terzo spieghi volontariamente intervento litisconsortile assumendo esser lui –e non il convenuto- il soggetto nei cui confronti si rivolge la pretesa dell’attore, la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza,  si intende automaticamente estesa al terzo, nei confronti del quale il giudice può, pertanto, assumere le consequenziali statuizioni”.
Anche per questo verso, quindi, si giustifica la legittimazione passiva della Alfa SpA intervenuta volontariamente nel presente giudizio.
La causa viene rimessa sul ruolo istruttorio con separata ordinanza per le statuizioni sulle altre domande proposte dalle parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, non definitivamente pronunciando, così provvede:
– dichiara ammissibile la domanda proposta in giudizio dall’attore;
– dichiara ammissibile l’intervento volontario proposto dalla società Alfa SpA;
– riserva le statuizioni sulle spese processuali alla sentenza definitiva;
– dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva;
– la presente sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte di questo giudice ed è immediatamente depositata in cancelleria.
Milano, 28.10.2011.
Il Giudice Istruttore
In funzione di giudice unico
Dr. *************

Silvis Claudio

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