Inquadramento del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea

Fabio Cacurri 24/01/23
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Nel sistema comunitario, il rinvio pregiudiziale, disciplinato dall’art. 19 comma 3° lett. b), del Trattato dell’Unione Europea[1] e dall’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, costituisce uno degli strumenti più efficaci per  garantire una continua e progressiva integrazione degli ordinamenti e del controllo di compatibilità tra le disposizioni di diritto nazionale e gli atti dell’Unione europea, in modo da assicurare un’applicazione uniforme del diritto comunitario in tutti gli Stati membri.

Indice

1. La disciplina in merito

L’istituto è stato introdotto dal Trattato istitutivo della Comunità economica del carbone e dell’acciaio (cosiddetto “Trattato CECA”), firmato a Parigi il 18.4.1951 ed entrato  in vigore il 23.7.1952, il cui art. 41 prevedeva: “Solo la Corte è competente a giudicare, a titolo pregiudiziale, della validità delle deliberazioni dell’Alta Autorità e del Consiglio, qualora una controversia proposta avanti un tribunale nazionale ponga in causa tale validità”: si tratta del rinvio pregiudiziale di validità con riferimento alle deliberazioni dell’Alta Autorità e del Consiglio[2].
Con  il Trattato di Roma del 25.3.1957 istitutivo della Comunità Economica Europea (“Trattato CEE”), entrato in vigore il 1.1.1958, il rinvio pregiudiziale ha assunto i connotati anticipatori di  quelli attuali, consistenti, in sostanza, nella funzione interpretativa nonché nella funzione relativa al giudizio di validità degli atti, come previsto, dapprima dall’art. 234 TCE e, quindi, dal vigente art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”) [3], che attribuisce espressamente alla Corte di Giustizia Europea due distinte competenze: a) quella di interpretare i Trattati; b) quella di pronunciarsi sulla validità e sull’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione.
L’art. 267 TFUE (corrispondente all’art.  234 del Trattato della Comunità Europea) attribuisce alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la competenza a pronunciarsi, in seguito a richiesta di un organo giurisdizionale di uno stato membro, sulla “interpretazione dei trattati” nonché  “sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.”
La “ratio” della suddetta disposizione comunitaria è, all’evidenza,  intesa ad assicurare l’omogeneità dell’applicazione del diritto europeo su tutto il territorio comunitario, anche mediante una modalità di “diaologo” tra i giudici nazionali e quelli europei, al fine di enucleare il significato, la portata e la validità delle disposizioni normative indicate, la cui applicazione, nei sensi evidenziati dal giudice a quo,sia indispensabile per la risoluzione della controversia pendente davanti gli organi interni.
L’art. 263 TFUE (ex art. 230 TCE) prevede un ulteriore specifico strumento di controllo della legittimità degli atti dell’Unione, consistente nell’azione di annullamento che può essere attivata in via diretta, mediante il ricorso alla Corte di giustizia avverso l’atto che si ritiene illegittimo, entro due mesi dalla pubblicazione o dalla notificazione o dalla data in cui l’interessato ne abbia avuto conoscenza.
Si tratta, quindi, di due modalità parallele ed autonome per adire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Si deve, comunque, tenere conto che la possibilità di sollevare una questione pregiudiziale di validità di un atto consente di mantenere uno strumento di controllo anche oltre il ristretto termine in cui è possibile attivare il ricorso diretto all’annullamento di un atto: ciò significa che, in sostanza, viene indirettamente accordata una ulteriore  garanzia in favore del cittadino europeo.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in linea di principio, non è tenuta ad interpretare o giudicare la validità di disposizioni dell’ordinamento nazionale.
Tuttavia, in concreto, talora accade che il rinvio pregiudiziale di interpretazione venga a configurare indirettamente un giudizio di compatibilità tra la normativa interna e la normativa eurounitaria, nella misura in cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea rileva che una determinata interpretazione del diritto europeo non permette l’esistenza di disposizioni di diritto interno palesemente contrarie.
Il giudice nazionale rimettente può prendere in considerazione il conflitto rilevato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e procedere alla eventuale disapplicazione delle disposizioni interne al momento del giudizio.

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2. Organo giurisdizionale remittente

L’art. 267 del TFUE, nel fissare i presupposti per la proposizione del rinvio pregiudiziale, richiede la attuale pendenza di un giudizio davanti ad un “organo giurisdizionale nazionale” e, inoltre, che la questione sollevata “abbia rilevanza”, ai fini della decisione della controversia.
Occorre, quindi, definire la nozione di “organo giurisdizionale”.
La giurisprudenza comunitaria ( ex multis : Corte di Giust., sent. 17.11.1997, C-54/96; Corte di Giust., 19.10.1995, causa C-111/94, Job Centre) ha enucleato, in sintesi, i seguenti indici, alla sussistenza dei quali è possibile individuare un “organo giurisdizionale”:
a) che la competenza dell’organo in questione sia stabilita con legge;
b)che tale organo sia permanente;
c) che tale organo definisca una controversia con effetti obbligatori per le parti e sulla base dell’applicazione di norme giuridiche;
d) che tale organo sia terzo ed indipendente e che eserciti la propria funzione applicando “il principio del contraddittorio”.
Al riguardo, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, si desume una tendenza, anche in chiave evolutiva, ad interpretare la nozione di “giurisdizione” secondo un criterio che può essere definito di natura “teleologico-funzionale”: infatti ha ritenuto riconducibile nel concetto di “organo giurisdizionale” anche la sede consultiva del Consiglio di Stato, allorquando sia chiamata a pronunciarsi con parere obbligatorio e vincolante, ai fini della decisione di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica [4] ed ha considerato ammissibili i rinvii pregiudiziali proposti da commissioni di ricorso in materia di appalti pubblici (Corte di giust., sent. 17.9.1997, Dorsch Consult, C-54/96) e dall’Autorità spagnola per la concorrenza (Corte di giust., sent. 16.7. 1992, Asociacion Espanola de Banca Privada e a., C-67/91).
La Corte di Giustizia Europea ha dichiarato irricevibili i rinvii proposti dall’Autorità per la concorrenza greca (Corte di Giust., sent. 31.5.2005, Syfait, C-53/03) e dalla Commissione austriaca di controllo in materia di telecomunicazioni (Corte di giust., 6.10.2005, Telekom Austria, C-256/05), per carenza degli “indici rivelatori” indicati.
Quanto alla posizione degli organi giurisdizionali nazionali italiani, va evidenziato che la Corte Costituzionale, con l’Ordinanza 15.4.2008 n.103, pronunciata nell’ambito di un giudizio di legittimità  costituzionale in via principale, ha ritenuto di dover sospendere il giudizio sul presupposto che essa, “pur nella sua peculiare posizione di supremo organo di garanzia costituzionale nell’ordinamento interno, costituisce una giurisdizione nazionale ai sensi dell’art. 234, terzo paragrafo del Trattato CE e, in particolare, una giurisdizione di unica istanza (in quanto contro le sue decisioni – per il disposto dell’art. 137 terzo comma Cost. – non è ammessa alcuna impugnazione): essa, pertanto, nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale è legittimata a proporre questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia CE”, con la conseguenza che “in tali giudizi di legittimità costituzionale, a differenza di quelli promossi in via incidentale, questa Corte è l’unico giudice chiamato a pronunciarsi sulla controversia”.
Successivamente, la Corte Costituzionale, superando un orientamento tradizionale  (es.: Ord. n. 536 del 1994 che richiama la sentenza n. 13 del 1960 che riteneva il rinvio pregiudiziale proponibile solo nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale in via principale), con l’Ordinanza 18.7. 2013 n. 207, ha ritenuto ammissibile il rinvio pregiudiziale anche nell’ambito dei propri giudizi in via incidentale, affermando la propria natura di giurisdizione nazionale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, anche in tali giudizi.  

3. Rilevanza

L’art. 267 TFUEha inteso attribuire al giudice nazionale rimettente la valutazione in ordine alla “rilevanza” della questione pregiudiziale comunitaria, in relazione alla fattispecie dedotta in giudizio ed alla normativa nazionale da applicare nonché ai fini della connessa valutazione circa le conseguenze giuridiche -anche in termini di responsabilità dello Stato-  per la violazione del diritto dell’Unione Europea.
La Corte di Giustizia Europea, con le sentenze 29.11.1978, C-83/78, Pigs Marketing Board;  28.11.1991, C-186/90, Durighello; 16.7.1992, C-343/90, Lourenco Dias, ha ribadito che il giudice nazionale, essendo l’unico ad avere conoscenza dei fatti di causa, è nella situazione più idonea per valutare, tenuto conto delle peculiarità di questa, la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere posto in grado di emettere una sentenza .
Ovviamente, anche la Corte di Giustizia Europea può pronunciarsi in punto di “rilevanza”, come si può desumere indirettamente dall’art. 99 del  Regolamento di Procedura, che individua le ipotesi in cui la Corte di Giustizia può pronunciarsi mediante ordinanza motivata (sentito l’Avvocato Generale) anziché con sentenza, in ragione di una situazione di manifesta non utilità della pronuncia, nei casi in cui una questione pregiudiziale sia identica ad una questione su cui la Corte di Giustizia si sia già pronunciata, nei casi in cui la risposta alla questione pregiudiziale sollevata possa essere desunta agevolmente dalla disamina della giurisprudenza e nei casi in cui la risposta alla questione pregiudiziale non dia adito ad alcun ragionevole dubbio.
Con l’ultima modifica al Regolamento di Procedura della  Corte di Giustizia Europea, pubblicato sulla G.U.  6.12.2019  L 316/103 ed entrato in vigore il 7.1.2020, è stato introdotto l’art. 159 bis, il quale recita: “Quando una domanda o un ricorso previsto nel presente capo sono in tutto o in parte manifestamente irricevibili o manifestamente infondati, la Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere in qualsiasi momento di respingerli, in tutto o in parte, con ordinanza motivata”.
La nuova disposizione procedurale introduce nuove ipotesi che consentono di chiudere rapidamente il procedimento davanti alla Corte di Giustizia Europea, in aggiunta a quelle già previste dall’art. 99 del Regolamento.
La Corte di Giustizia Europea ha emanato provvedimenti di irricevibilità:
– pertotale assenza di connessione con l’oggetto della causa (Ord. 26.1.1990, C- 286/88, Falciola, con cui la Corte di Giustizia si è dichiarata non competente a decidere, ai sensi dell’art. 92 del Regolamento in ordine ad un  rinvio pregiudiziale,  sollevato  dal Tar Lombardia in ordine alla responsabilità amministrativa dei giudici italiani):
– per già avvenuta conclusione del giudizio (sent. 21.4.1988 -C-338/85, Pardini- con cui la Corte di Giustizia si è dichiarata incompetente a pronunciarsi sul rinvio pregiudiziale promosso dal pretore di Lucca nell’ambito di un procedimento d’urgenza, al cui esito il giudice, contestualmente al rinvio, aveva concesso il provvedimento cautelare, così concludendo il giudizio nazionale);
– per inapplicabilità, nel caso esaminato, del diritto europeo (Corte di Giustizia: sentenze 29.5.1997 (C-299/95, Kremzow); 10.1.2006 -C302/04, Ynos, per carenza di motivazione dell’ordinanza di rinvio; 19.4.2007 C-295/05, Asemfo, per carattere ipotetico della questione sottoposta; 16.7.1992 C-343/90, Lourenço Dias, che precisa che la funzione della Corte non è quella “di esprimere pareri su questioni generali o ipotetiche”, etc..).
La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza 16.12.1981 (C-104/79 e C-244/80), Foglia c. Novello, pur dichiarando irricevibile il rinvio, ha  ritenuto di doversi comunque pronunciare per l’utilità che i principi resi avrebbe potuto rivestire per la disciplina di casi simili, ai fini del rafforzamento del diritto e dell’ordinamento europeo.
 Recentemente, la Corte di Giustizia UE, Sez. IX, con Ordinanza 30.6.2020 C-723/19, Airbnb Ireland UC harichiamato i giudici nazionali alla scrupolosa osservanza dell’ art. 53, par. 2, del Regolamento di Procedura della Corte di Giustizia Europea, a pena di declaratoria di irricevibilità del rinvio pregiudiziale, evidenziando, in  particolare, che il giudice nazionale è tenuto a chiarire, nella decisione di rinvio, il contesto di fatto e di diritto nel quale si inserisce la controversia principale, a fornire un minimo di spiegazioni in merito alle ragioni della scelta delle disposizioni di diritto dell’Unione di cui si chiede l’interpretazione nonché in merito al collegamento tra le disposizioni comunitarie di cui si chiede l’interpretazione e la normativa nazionale applicabile alla controversia.
In conclusione, ha dichiarato manifestamente irricevibile – ai sensi dell’art. 53, par. 2, del Regolamento di Procedura della Corte di Giustizia- la domanda pregiudiziale promossa con Ordinanza del Cons. Stato, sez. IV, 18.9.2019 n. 6219, al fine di dirimere i dubbi sulla compatibilità comunitaria della normativa interna (contenuta nel d.l. n. 50 del 2017) che prevede – a carico degli intermediari immobiliari nel campo delle “locazioni brevi” (“home sharing”), che si occupano altresì della fase del pagamento del relativo canone- taluni obblighi come la ritenuta della tassazione sulle locazioni nonché la nomina di un rappresentante fiscale (nell’ipotesi in cui la società non abbia sede in Italia).
Con Ordinanza del 10.12.2020 -causa C‑220/20- la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato “manifestamente irricevibile” una questione pregiudiziale sottopostale dal Giudice di Pace di Lanciano (Ch) con Ordinanza del 18.5.2020, resa nell’ambito di una controversia relativa a risarcimento dei danni per incidente stradale, con cui -in estrema sintesi- lamentava l’inattuabilità delle misure predisposte dallo Stato italiano, relativamente alla celebrazione dei processi durante il periodo di emergenza derivato dalla crisi pandemica, mediante il ricorso al cosiddetto “lavoro agile” (“smart working”).
In particolare, con la suddetta Ordinanza nella causa C-220/20 del 10 dicembre 2020, la Corte di Giustizia Europea ha affermato, in sostanza, che la “ratio” del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia.
Secondo la Corte di Giustizia Europea, dall’ordinanza di rinvio non risultava che, tra le disposizioni del Trattato UE o del Trattato FUE e la controversia di cui al procedimento principale presso il giudice nazionale, esistesse un collegamento tale da rendere necessaria l’interpretazione richiesta, ai fini della decisione.
Ulteriore motivo di irricevibilità è stato individuato nel fatto che l’ordinanza di rinvio non contenesse alcuna spiegazione né con riferimento alla scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione delle quali era stata richiesta l’interpretazione né con riferimento ai dubbi nutriti dal giudice del rinvio in proposito, che aveva espresso solo considerazioni di ordine generale.

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  1. [1]

    Art.19 del Trattato dell’Unione Europa:
    1. La Corte di giustizia dell’Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati.
    Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.
    2. La Corte di giustizia è composta da un giudice per Stato membro. È assistita da avvocati
    generali.
    Il Tribunale è composto da almeno un giudice per Stato membro.
    I giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia e i giudici del Tribunale sono scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che soddisfino le condizioni richieste agli articoli 253 e 254 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per sei anni. I giudici e gli avvocati generali uscenti possono essere nuovamente nominati.
    3. La Corte di giustizia dell’Unione europea si pronuncia conformemente ai trattati:
    a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un’istituzione o da una persona fisica o giuridica;
    b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull’interpretazione del diritto dell’Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni;
    c) negli altri casi previsti dai trattati.

  2. [2]

    Il “mercato comune” previsto dal Trattato CECA di Parigi venne inaugurato il 10 febbraio 1953 per il carbone e il ferro e il 1º maggio seguente per l’acciaio. Il Trattato aveva una durata di 50 anni ed ha avuto termine il 23 luglio del 2002. La CECA successivamente divenne parte dell’Unione Europea.

  3. [3]

    Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”), da ultimo modificato dall’articolo 2 del trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008, n. 130, su G.U. n. 185 dell’8-8-2008 – Suppl. ordinario n. 188, è, accanto al trattato sull’Unione europea (TUE), uno dei trattati fondamentali dell’Unione Europea (UE). Assieme costituiscono le basi fondamentali del diritto primario nel sistema politico dell’UE: secondo l’articolo 1 del TFUE, i due trattati hanno pari valore giuridico e vengono definiti nel loro insieme come “i trattati”. Talora vengono indicati anche come “diritto costituzionale europeo”, sebbene, formalmente, siano trattati internazionali tra gli Stati membri dell’UE.

  4. [4]

    M.T. D’ALESSIO – N. PECCHIOLI, Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e rinvio pregiudiziale: la logica fuzzy della Corte di Giustizia, in Riv. It. Dir. Pubbl. com., 1998, p. 699.

Fabio Cacurri

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