Come affermato da Opilio & Portelli (2008)[1], “il particolare stato soggettivo in cui versa il soggetto tossicodipendente che abbia perpetrato un reato ha indotto il Legislatore a prevedere molteplici soluzioni normative volte a contemperare le finalità di rieducazione del reo di cui all’Art. 27 Cost con quelle, diverse ma altrettanto preminenti, preordinate a garantire la sua completa disintossicazione dalle sostanze stupefacenti attraverso la sottoposizione ad un programma di recupero”. Dunque, come si può notare, la legislazione italiana ha rigettato un approccio meramente neo-retribuzionista nei confronti dell’infrattività ad eziologia tossicomanica. La ratio della “cura” va di pari passo con quella della “rieducazione” ex comma 3 Art. 27 Cost. . All’opposto, nel Diritto Penitenziario statunitense, il condannato tossicofilo è ridotto ad un individuo indesiderabile da neutralizzare sotto il profilo sociale. Per approfondire ulteriormente il tema della legislazione in materia di stupefacenti, consigliamo il volume Stupefacenti – Manuale pratico operativo, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
- 1. Profili generali del trattamento del tossicodipendente
- 2. I presupposti della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per il reo tossicodipendente
- 3. I limiti della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per il reo tossicodipendente
- 4. Gli effetti della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per il reo tossicodipendente
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- Note
1. Profili generali del trattamento del tossicodipendente
Tali alternative trattamentali riservate al tossicodipendente si sostanziano:
- nella sospensione dell’esecuzione della pena detentiva (Artt. dal 90 al 93 TU 309/90)
- nell’affidamento in prova in casi particolari (affidamento terapeutico) (Art. 94 TU 309/90)
Entrambi tali istituti costituiscono una novità riduzionistica tipica del TU 309/90 ed erano assenti nella disciplina della L. 354/75 prima della riforma del 1990.
Di nuovo, in Dottrina, viene sottolineata la connessione, in tema di detenzione del tossicomane, tra cura e rieducatività della pena; ovverosia, come messo in rilievo da Opilio & Portelli (ibidem)[2] “tali soluzioni normative (Artt. 90-93 TU 309/90 ed Art. 94 TU 309/90) sono volte, da un lato, a garantire il recupero dei tossicodipendenti e, quindi, la tutela, da parte dello Stato, della salute dei cittadini [ex comma 1 Art. 32 Cost., ndr]; dall’altro a consentire, sia pure in via indiretta, la riduzione delle condotte devianti e penalmente rilevanti di coloro che, a causa o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, commettono reati di varia natura e non di rado di notevole allarme sociale”. Come si vede, di nuovo, domina una ratio filo-riduzionista mutuata dall’abolizionismo scandinavo della seconda metà del Novecento.
È pur vero che la L. 49/2006 ha inciso notevolmente sugli strumenti alternativi in tema di trattamento penitenziario dei tossicomani. Commentando i Lavori Preparatori, ad esempio, Bassi (2010)[3] nota che “nei Lavori Preparatori della L. 49/2006, il Legislatore ha chiarito che la consumazione di reati unitamente all’uso di stupefacenti costituisce un indice di rilevante pericolosità sociale, di talché si è ritenuto di riservare l’istituto della sospensione della pena detentiva (Artt. 90-93 TU 309/90) soltanto a chi si sia già sottoposto con esito positivo al programma, preferendo, per coloro che ancora abbiano problemi di tossicodipendenza, il diverso istituto dell’affidamento in prova (ex Art. 94 TU 309/90), il quale, attraverso le relative prescrizioni, appare meglio contemperare le esigenze di tutela della collettività, da una parte, e della salute dell’interessato dall’altra”.
La L. 49/2006 ha istituito un c.d. “doppio binario”. Da un lato, i condannati con sentenza passata in giudicato sono valutati preliminarmente ai fini della concessione della sospensione della pena, se sufficientemente disintossicati, oppure dell’affidamento terapeutico se ancora uncinati. Dall’altro lato, il PM e il Tribunale di sorveglianza può adottare provvedimenti “provvisori” per evitare il malsano contatto del reo tossicofilo con il carcere intramurario.
Con maggiore precisione, gli Artt. 90-93 e 94 TU 309/90 sono stati ben analizzati e distinti in Cass., sez. pen. I, 30 aprile 2000, n. 6965, ove si evidenzia che “i due istituti (Artt. 90-93/94 TU 309/90) si differenziano sul piano della pericolosità sociale e del livello di affidabilità del condannato. In specie, si opterà per l’affidamento terapeutico (Art. 94 TU 309/90) allorquando, persistendo il pericolo di reiterazione del reato, risulti probabile che il soggetto tossicodipendente non sia in grado di sottostare al programma riabilitativo se non affidato ad una struttura che eserciti uno stringente controllo. Diversamente, verrà in rilievo la sospensione dell’esecuzione (Artt. 90-93 TU 309/90) ove si tratti di un soggetto che, in considerazione dei suoi trascorsi, appaia dotato di capacità di autocontrollo tali da consentirgli la gestione autonoma del programma di recupero [e della terapia farmacologica, ndr]”.
Anzi, anche molti, in Dottrina, sottolineano che l’affidamento terapeutico è riservato ai detenuti tossicomani meno “maturi”, mentre la sospensione dell’esecuzione è riservata a tossicofili già guariti o in via di guarigione, dunque non socialmente pericolosi. P.e., Di Gennaro & La Greca (1992)[4] rimarcano che “mentre l’affidamento in prova costituisce una modalità alternativa di esecuzione della pena e presuppone l’attualità dello stato di tossicodipendenza – oltre alla volontà del reo di sottoporsi ad un programma terapeutico -, la sospensione dell’esecuzione della pena [di cui agli Artt. 90-93 TU 309/90] ha carattere premiale e profondamente dissuasivo rispetto all’uso di stupefacenti, garantendo la totale sospensione della pena detentiva”. Sempre Di Gennaro & La Greca (ibidem)[5] hanno affermato che la sospensione dell’esecuzione ex Artt. 90-93 TU 309/90 è una specie di “sospensione condizionale atipica” assai vicina all’istituto common lawyer della probation. Invece, Bassi (ibidem)[6] nega che gli Artt. 90-93 TU 309/90 configurino una probation, poiché “una siffatta qualificazione è oggi superata, posto che la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva, nella disciplina attualmente vigente, ha perso il contenuto di programma riabilitativo, dal momento che non tende più ad esercitare un effetto dissuasivo rispetto all’uso di sostanze stupefacenti, presupponendo, invece, l’avvenuta risoluzione della condizione di tossicodipendenza. L’istituto de quo assolve, quindi, essenzialmente, ad una funzione disincentivante rispetto alla commissione di nuovi reati, obiettivo che è proprio della tradizionale sospensione condizionale della pena”. Dunque, come si può notare, la sospensione della pena presuppone l’assenza totale o quasi totale del problema pregresso della tossicomania, mentre l’affidamento terapeutico è destinato ad infrattori ancora uncinati e non meritevoli di forme espiative completamente extra-murarie. Molti, sempre in Dottrina, asseriscono che l’infrattore beneficiario della sospensione manifesta un già avvenuto “raggiungimento” del fine della disintossicazione, mentre l’affidato manifesta ancora problemi di dipendenza.
Interessante è pure il parere di Grillo (2012)[7], secondo cui “la sospensione dell’esecuzione della pena presenta una diversa indole rispetto all’affidamento in prova in casi particolari. Ovvero, ai fini dell’applicazione dell’affidamento terapeutico, è necessario che, nell’ordine, la condizione di tossicodipendenza sia attuale, il provvedimento abbia un contenuto necessariamente prescrittivo ed il soggetto tossicodipendente sia effettivamente affidato al servizio sociale ed alla sua opera di sostegno e controllo”.
Tuttavia, non mancano i punti strutturali in comune tra la sospensione della pena e l’affidamento terapeutico. P.e., è pur vero che tanto la sospensione della pena quanto l’affidamento terapeutico sono riservati ai tossicodipendenti “cronici” e non a quelli “occasionali”. A tal proposito, Consulta 133/1992 ha precisato che “l’aver riservato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena a quei tossicodipendenti che si sottopongono ad un programma terapeutico, risponde alla finalità dell’istituto, volta al recupero di tossicodipendenti che abbiano dimostrato di volersi sottrarre al giogo della droga – e non è censurabile, sotto il profilo della disparità di trattamento, né in ragione del tipo di sostanza stupefacente che ha indotto lo stato di tossicodipendenza, dal momento che l’Art. 90 TU 309/90 non contiene, in proposito, alcuna limitazione, né in ragione del fatto che tale beneficio non sarebbe usufruibile dal consumatore occasionale (che non avrebbe ragione di sottoporsi ad alcun programma terapeutico, non essendo esso necessario) poiché le due categorie di assuntori di stupefacenti messe a raffronto presentano evidenti elementi di diversità, che giustificano la differente disciplina prevista. Pur non confliggendo la disciplina differenziata con il canone costituzionale dell’uguaglianza di trattamento, nel quadro della globale verifica degli effetti della L. 162/1990, è rimessa alla discrezionalità del Legislatore l’eventuale verificazione dell’opportunità di introdurre una parallela misura in favore del mero tossicofilo [occasionale]”. Per approfondire ulteriormente il tema della legislazione in materia di stupefacenti, consigliamo il volume Stupefacenti – Manuale pratico operativo, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
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2. I presupposti della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per il reo tossicodipendente
Come statuito dal comma 1 Art. 90 TU 309/90, la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva è riservata “a persona che debba espiare una pena detentiva inflitta per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendente”. Entro tale cpv. 1 comma 1 Art. 90 TU 309/90 il lemma “tossicodipendente” è interpretato in senso molto restrittivo, giacché, come chiarito da Cass., sez. pen. I, 3 maggio 2016, n. 29331, “si tratta di una disciplina avente carattere eccezionale, che può essere applicata ai soli soggetti tossicodipendenti o alcoldipendenti, e non già a quelli affetti da patologie a queste assimilabili, quali, ad esempio, la ludopatia”.
Ex comma 1 cpv. 2 Art. 90 TU 309/90, “[…] il Tribunale di sorveglianza può sospendere l’esecuzione della pena detentiva per cinque anni, qualora, all’esito dell’acquisizione della relazione finale di cui all’Art. 123 TU 309/90, accerti che la persona si è sottoposta con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica od una struttura privata autorizzata ai sensi dell’Art. 116 TU 309/90”.
Molti, in Dottrina, hanno sottolineato la “natura premiale” dei cpvv. 1 e 2 comma 1 Art. 90 TU 309/90, in tanto in quanto la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva è concessa all’infrattore ex tossicomane come riconoscimento del suo “merito” di essersi affidato ad una struttura sanitaria al fine di disintossicarsi, con esito positivo.
Si è assai dibattuto sulla natura giuridica dei cpvv. 1 e 2 comma 1 Art. 90 TU 309/90. Secondo Cass., sez. pen. I, 4 giugno 1999, n. 4134, “quanto alla natura giuridica [dei cpvv 1 e 2 comma 1 Art. 90 TU 309/90] non viene in rilievo, come pure sostenuto da talune opinioni, né una causa di estinzione del reato, né, tantomeno, una misura alternativa alla detenzione, trattandosi, piuttosto, di uno strumento che svolge, per il tramite di interventi psicosociali, un’influenza che va oltre l’astensione dal commettere reati, obiettivo che è, invece, il solo della tradizionale sospensione condizionale della pena, la quale, inoltre, determina l’estinzione del reato e non della pena soltanto”. Sempre Cass., sez. pen. I, 4 giugno 1999, n. 4134, nella consapevolezza dell’atipicità dei cpvv. 1 e 2 comma 1 Art. 90 TU 309/90, parla di “un caso, per quanto anomalo, di sospensione condizionale della pena”. A sua volta, in Dottrina, Pistorelli (1990)[8] sostiene che i cpvv. 1 e 2 comma 1 Art. 90 TU 309/90 configurino “una causa di estinzione della pena, dal momento che uno dei presupposti del beneficio è la sussistenza di una pena da eseguire”. Invece, per Bartone & Iazzetti & Izzo (1991)[9] “si tratta di una speciale causa di estinzione dei reati, che differisce da quelle codificate negli Artt. 150 e sgg. CP”. Altresì, per Di Gennaro & La Greca (ibidem)[10] “tra l’istituto in discorso e la sospensione della pena ordinaria di cui agli Artt. 163 e sgg. CP ricorre un netto parallelismo, che differisce per presupposti ed oggetto della causa estintiva, quest’ultimo identificato in un caso nel reato e nell’altro nella pena”. Analogo è pure il parere di Ambrosini (1991)[11] e Illuminati (1991)[12].
3. I limiti della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per il reo tossicodipendente
Il primo limite per l’applicabilità della sospensione dell’esecuzione della pena è dato dal numero di anni di reclusione riportati nella sentenza definitiva di condanna. Tale parametro numerico-temporale ha subìto notevoli modifiche nel corso dei decenni. A tal proposito, Bassi (ibidem)[13] ha notato che “operando una ricostruzione storico-normativa dell’istituto, [si vede] un ampliamento [di tale limite], realizzato dapprima con la L. 222/1993, che ha convertito il DL 139/1993 e, successivamente, con la L. 49/2006”. Quindi, si è avuto un progressivo favor rei.
Ex ult. cpv. comma 1 Art. 90 TU 309/90, “la sospensione [dal 2006] può essere concessa solo quando dev’essere espiata una pena detentiva […] non superiore a sei anni [quattro prima della riforma del 2006] od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente un reato [di maggiore allarme sociale] di cui all’Art. 4 bis della L. 354/1975 e successive modificazioni”. Tale pena detentiva può essere “anche residua”, quindi va esclusa la pena già espiata o quella non più da espiare per indulto o altra causa.
Da segnalare è, nella Giurisprudenza di legittimità prevalente, Cass., sez. pen. I, 17 luglio 2018, n. 47084, a norma della quale “benché la regola generale imponga il divieto di sospensione dell’esecuzione della pena in tutti i casi nei quali venga in rilievo una condanna inflitta per un reato ostativo, tale regola può essere derogata nel caso in cui l’interessato si trovi agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell’Art. 89 TU 309/90 [quindi per seguire un programma terapeutico, ndr], sempreché l’interruzione del programma in corso non ne possa pregiudicare il recupero”. Ecco, nuovamente, in Cass., sez. pen. I, 17 luglio 2018, n. 47084 la prevalenza del favor rei, ovverosia la prevalenza della “cura” ex comma 1 Art. 32 Cost sulla rieducazione puramente pedagogica ex comma 3 Art. 27 Cost. .
In secondo luogo, ex cpv. 1 comma 1 Art. 90 TU 309/90, la sospensione della pena è concessa solamente se è indibitabile il nesso causale tra l’infrazione antigiuridica e lo stato di tossicodipendenza abituale. Da notare, nel cpv. 1 comma 1 Art. 90 TU 309/90, è che i lemmi “per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendente” non pongono limiti al novero degli illeciti, purché eziologicamente connessi, oltre ogni ragionevole dubbio, alla tossicomania non occasionale del soggetto agente. In Dottrina, di nuovo, gli Autori hanno salutato con favore tale clausola “aperta” e non vincolata ad un catalogo chiuso di reati predeterminati. Ognimmodo, il cpv 1 comma 1 Art. 90 TU 309/90 richiede una conclamata tossicodipendenza patologica in grado di condizionare l’individuo al punto da spingerlo a commettere atti delinquenziali.
Tuttavia, sotto il profilo empirico, non è sempre scontato quando un reato abbia o meno una “eziologia tossicomaniacale”; sarebbe stata de jure condito preferibile una maggiore precisione dettagliata del cpv. 1 comma 1 Art. 90 TU 309/90. Provvidenzialmente, Cass., sez. pen. I, 14 giugno 2001, n. 35678 ha chiarito cosa sia tale “eziologia tossicomanica”, ovverosia “è [solo] sufficiente, ai fini della concessione della sospensione della pena, che le violazioni della legge penale siano commesse da un soggetto versante in detto stato [cronico, ndr] di tossicodipendenza al momento della consumazione del fatto di reato, ovvero direttamente motivate da tale patologica [e non occasionale, ndr] situazione e non pure a quelle realizzate da un soggetto di tal fatta in circostanze diverse da quelle sopra indicate”. Come si nota, Cass., sez. pen. I, 14 giugno 2001, n. 35678 reca una ratio “allargata” di reato commesso “a causa dello stato di tossicodipendente”; l’essenziale è che questa tossicodipendenza sia cronica, fortemente patologica ed abituale, al punto di far scemare la libertà del consilium doli del soggetto agente.
Un altro limite, ex cpv. 2 comma 1 Art. 90 TU 309/90, è l’”esito positivo” del programma, pubblico o privato che sia, di disintossicazione dalla tossicomania che ha cagionato l’atto antisociale ed antinormativo.
Siffatto “esito positivo” dev’essere certificato, innanzi all’AG, in una “relazione finale di cui all’Art. 123 TU 309/90”, la quale deve accertare che “la persona si è sottoposta con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica od una struttura privata autorizzata […]”. Nella pratica, alla luce del comma 1 Art. 123 TU 309/90, come evidenziato da Bassi (ibidem)[14], “tale relazione deve contenere [ex Art. 123 TU 309/90] l’accertamento dell’uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, le modalità adottate ai fini del recupero, il comportamento del soggetto e l’eventuale raggiungimento delle finalità perseguite attraverso la corretta esecuzione del programma. [Ma, a prescindere dal solo Art. 123 TU 309/90], affinché il soggetto tossicodipendente possa considerarsi pienamente guarito, non è sufficiente dimostrare il superamento della situazione di dipendenza fisica dalla droga, essendo necessario che la dipendenza sia cessata anche sotto il profilo psicologico. In altre parole, non è possibile sostenere che il programma terapeutico sia stato fruttuosamente concluso in base al mero accertamento della mancata assunzione di droghe da parte del soggetto sottoposto al programma ogniqualvolta questi necessiti di un ulteriore periodo di mantenimento terapeutico, unitamente ad un supporto psicologico. E’ quindi possibile ritenere che, sino al sopraggiungimento della compiuta disintossicazione, il soggetto tossicodipendente potrà esclusivamente richiedere l’applicazione della diversa misura [dell’affidamento terapeutico] di cui all’Art. 94 TU 309/90”. Come si nota, in Dottrina, Bassi (ibidem)[15] richiede, ai fini dell’applicabilità dell’Art. 90 TU 309/90, la disintossicazione tanto fisica quanto psicologica. All’opposto, la presenza di una terapia di mantenimento farà scattare la diversa precettività dell’Art. 94 TU 309/90 in tema di affidamento terapeutico; viceversa, l’Art. 90 TU 309/90 è fruibile esclusivamente da un soggetto “pulito” tanto dal punto di vista fisico e farmacologico quanto sotto il riguardo della psicoterapia di supporto.
Ex comma 2 Art. 90 TU 309/90, “la sospensione dell’esecuzione non può essere concessa e la relativa domanda è inammissibile se, nel periodo compreso tra l’inizio del programma [di disintossicazione] e la pronuncia della sospensione, il condannato abbia commesso un altro delitto non colposo punibile con la reclusione”. Ora, in Dottrina, l’interpretazione di tale comma 2 Art. 90 TU 309/90 non è unanime.
Secondo un primo orientamento, inaugurato da Bartone & Iazzetti & Izzo (ibidem)[16], e decisamente minoritario, “è sufficiente la mera denuncia della consumazione di un delitto doloso, senza che sia necessaria una pronuncia di condanna e nemmeno l’esercizio dell’azione penale, fatti salvi i casi in cui intervengano l’archiviazione, la sentenza di non luogo a procedere, ovvero la sentenza di assoluzione”.
Secondo un altro orientamento, prevalente e più garantista, il comma 2 Art. 90 TU 309/90 è precettivo solamente in presenza di una sentenza di condanna passata in giudicato. D’altra parte, anche a parere di chi redige, questa interpretazione è anche l’unica che non viola la ratio costituzionale della presunzione d’innocenza. Del pari, Dubolino (1991)[17] nonché Ambrosini (ibidem)[18] richiedono anch’essi, nel contesto del comma 2 Art. 90 TU 309/90, “l’intervento di una sentenza di condanna irrevocabile”.
Da segnalare, inoltre, a norma di Cass., sez. pen. I, 12 gennaio 2000, n. 230, che “è irrilevante, ai fini della revoca della sospensione dell’esecuzione della pena, l’eventuale sussistenza di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex Art. 444 Cpp relativa a reati commessi nel quinquennio, posto che quest’ultima non può in alcun modo essere assimilata ad una sentenza di condanna”.
Va osservato che la condanna ex comma 2 Art. 90 TU 309/90 può intervenire prima oppure dopo la concessione della sospensione della pena da parte del Tribunale di sorveglianza. Se la condanna interviene prima della concessione, la domanda di sospensione diviene inammissibile e viene rigettata. Se la condanna interviene dopo la concessione, il Tribunale di sorveglianza applica l’istituto della “revoca”.
Ex comma 4 Art. 90 TU 309/90, novellato dalla L. 49/2006, “la sospensione dell’esecuzione della pena non può essere concessa più di una volta”. Secondo Bassi (ibidem)[19], “la ratio legis di tale disposizione normativa va riunvenuta nella circostanza secondo cui l’eventuale persistenza di condotte criminose poste in essere dal reo non consente di formulare una prognosi favorevole in ordine alla stessa utilità dello strumento di favore a questi riservato ex lege”.
4. Gli effetti della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per il reo tossicodipendente
Come si evince dagli Artt. 90 e 93 TU 309/90, l’effetto principale della sospensione dell’esecuzione della pena è l’estinzione della pena medesima e di ogni altro effetto penale. Detta estinzione viene pronunziata dal Tribunale di sorveglianza. Fondamentale è il comma 1 Art. 93 TU 309/90: “se il condannato, nei cinque anni successivi, non commette un delitto non colposo punibile con la reclusione, le pene ed ogni altro effetto penale si estinguono”. Oltretutto, sempre con afferenza a tale comma 1 Art. 93 TU 309/90, Cass., sez. pen. I, 10 gennaio 2012, n. 4339 ha precisato che il Tribunale di sorveglianza deve accertare solamente l’eventuale commissione di reati dolosi nel quinquennio, senza censurare la tenuta o meno di una “buona condotta”.
Ex comma 2 bis Art. 93 TU 309/90, “il termine di cinque anni di cui al comma 1 decorre dalla data di presentazione dell’istanza in seguito al provvedimento di sospensione adottato dal pubblico ministero ai sensi dell’Art. 656 Cpp o della domanda di cui all’Art. 91 comma 4 TU 309/90. Tuttavia, il Tribunale di sorveglianza, tenuto conto della durata delle limitazioni e prescrizioni alle quali l’interessato si è spontaneamente sottoposto e del suo comportamento, può determinare una diversa, più favorevole data di decorrenza dell’esecuzione”. Ecco, nuovamente, il predominio del favor rei nel trattamento penitenziario dell’infrattore tossicodipendente.
Ex comma 3 Art. 90 TU 309/90, “la sospensione dell’esecuzione della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza nonché le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna, tranne che si tratti della confisca. La sospensione non si estende alle obbligazioni civili derivanti dal reato”. La ratio di questo comma 3 Art. 90 TU 309/90 è evidente, ovverosia gli effetti penali si estinguono nel nome dell’avvenuta e completa riabilitazione psicofisica, ma le obbligazioni civili derivanti dal reato nulla hanno a che vedere con l’”esito positivo” della guarigione e della mancata recidiva. Tuttavia, dopo la riforma introdotta dalla L. 49/2006, il cpv. 3 comma 1 Art. 90 TU 309/90 ha disposto che “il Tribunale di sorveglianza, qualora l’interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può […] sospendere anche l’esecuzione della pena pecuniaria che non sia stata già riscossa”. Dunque, di nuovo, trionfa, fors’anche in misura eccessiva, il favor rei nei confronti del condannato per un reato ad eziologia tossicomaniacale cronica. Tuttavia, in Dottrina, taluni hanno evidenziato l’iperbolica mancanza di “equità sociale” nel cpv. 3 comma 1 Art. 90 TU 309/90.
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Note
[1]Opilio & Portelli, La disciplina delle sostanze stupefacenti. L’illecito penale e amministrativo, CEDAM. Padova, 2008
[2]Opilio & Portelli, op. cit.
[3]Bassi, La disciplina sanzionatoria in materia di stupefacenti, CEDAM, Padova, 2010
[4]Di Gennaro & La Greca, La droga. Traffico, abusi, controlli, Giuffrè, Milano, 1992
[5]Di Gennaro & La Greca, op. cit.
[6]Bassi, op. cit.
[7]Grillo, Stupefacenti: illeciti, indagini, responsabilità, sanzioni, IPSOA, Milano, 2012
[8]Pistorelli, in AA.VV., Stupefacenti. Sostanze psicotrope. Stati di tossicodipendenza, Torino, 1990
[9]Bartone & Iazzetti & Izzo, Stupefacenti e sostanze psicotrope, Edizioni Giuridiche Simone, Napoli, 1991
[10]Di Gennaro & La Greca, op. cit.
[11]Ambrosini, La riforma della legge sugli stupefacenti, UTET, Torino, 1991
[12]Illuminati, Aspetti processuali, in AA.VV., La riforma della legislazione penale in materia di stupefacenti, Giappichelli, Torino, 1991
[13]Bassi, op. cit.
[14]Bassi, op. cit.
[15]Bassi, op. cit.
[16]Bartone & Iazzetti & Izzo, op. cit.
[17]Dubolino, Il codice delle leggi sugli stupefacenti, Casa Editrice La Tribuna, Piacenza, 1991
[18] Ambrosini, op. cit.
[19]Bassi, op. cit.
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