Indulto e sospensione condizionale della pena “La mancanza del concorso attuale e il principio del favor rei”

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INDICE

   Introduzione

   I due istituti a confronto

   I tre orientamenti giurisprudenziali prevalenti, prima della sentenza della Corte di Cassazione 36837/2010

   Le posizioni della dottrina

   La decisione della Corte di Cassazione Penale a Sezioni Unite

Introduzione

Con la recente sentenza n. 36837/2010, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto un contrasto giurisprudenziale, venutosi a creare anche tra le singole sezioni penali, in ordine alla possibilità di cumulo dei benefici previsti dagli istituti della sospensione condizionale della pena e dell’indulto, stabilendo che l’indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena, prevalendo quest’ultimo beneficio sul primo.-

Il caso in esame riguardava un soggetto tratto in giudizio davanti al Tribunale di Mondovì per rispondere, in concorso con altro imputato, del reato di cui all’articolo 110 c.p. e all’articolo 8 del d.lgs 74/2000, per avere emesso fatture per operazioni inesistenti.-

Riconoscendolo colpevole del reato contestatogli, il Tribunale di Mondovì lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione, applicando in suo favore sia il beneficio della sospensione condizionale della pena, sia quello dell’indulto.-

Avverso tale sentenza, il Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino aveva presentato ricorso per Cassazione, chiedendone l’annullamento parziale con la applicazione del solo beneficio dell’indulto.-

Con ordinanza emessa il 17 marzo 2010 (depositata il 16 aprile 2010) la Terza Sezione Penale della Corte aveva ritenuto di rimettere al Primo Presidente la decisione di investire le Sezioni Unite della questione relativa alla configurabilità del concorso della sospensione condizionale della pena e dell’indulto, sulla quale si registrava da tempo un contrasto nella giurisprudenza.-

Al proposito, l’ordinanza di rimessione aveva riferito: di un primo indirizzo, da ultimo ribadito nella sentenza n. 508/2009 della Sezione 6^, alla stregua del quale la sospensione condizionale della pena non è incompatibile con l’applicazione dell’indulto, sia perchè quest’ultimo estingue la pena fin dal momento della sua pronuncia, mentre la prima produce i suoi effetti solo alla scadenza del termine di sospensione, sia perchè le due cause estintive operano su piani distinti (la sospensione sul reato e l’indulto sulla pena); e di un altro orientamento, di contro, espresso da ultimo dalla sentenza n. 41753/2009 della stessa Sezione 6^, per il quale, in caso di concorso dei presupposti per l’applicazione tanto dell’indulto quanto della sospensione condizionale della pena, deve essere preferita l’applicazione di quest’ultima, essendo essa in grado di determinare effetti più favorevoli all’imputato con l’estinzione del reato.-

A base del suo ricorso, con il quale chiedeva, occorre sottolinearlo, l’applicazione del beneficio dell’indulto e non quello della sospensione condizionale della pena, il Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino affermava che “1) nel caso in esame, il giudice non avrebbe potuto dare prevalenza alla causa estintiva del reato sulla causa estintiva della pena, in quanto la sospensione condizionale della pena produce l’effetto della estinzione del reato non al momento in cui viene concessa, ma solo al compimento del termine (biennale o quinquennale) senza che siano intervenute cause di revoca” e “2) che dovrebbe escludersi la possibilità di contestuale applicazione delle due cause estintive, risultando logicamente inconcepibile la sospensione condizionale di una pena dichiarata estinta”.-

I DUE ISTITUTI A CONFRONTO

Ma, prima di  analizzare il “decisum” della Cassazione, di tenore opposto rispetto a quanto giuridicamente prospettato del Procuratore della Repubblica, occorre soffermarsi sui due istituti in esame, per delimitare meglio il campo di applicazione e mettere in rilievo i profili comuni, e differenti, dei due istituti.-

L’indulto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 174 c.p., è un provvedimento di clemenza generale ed astratto, che si realizza attraverso la rinuncia al cosiddetto “jus puniendi” da parte dello Stato, e condona, o commuta, parte della pena per i reati commessi prima della presentazione del disegno di legge dell’indulto stesso.-

Gli effetti dell’indulto si esplicano direttamente sulla pena inflitta, nella sua totalità[1] o in parte, ovvero commutandola in un’altra specie di pena, senza estinguere le pene accessorie, né gli altri effetti penali della condanna, salvo che la legge di concessione non disponga diversamente.-

Tuttavia, nessuna norma giuridica vieta che l’indulto possa essere applicato anche verso una pena (o parte di pena) già espiata, sempre che dall’effetto estintivo possa prodursi un qualificato interesse giuridico, cioè attuale, concreto e reale, del condannato.-

L’indulto non opera automaticamente, ma solo dopo attraverso il provvedimento di applicazione da parte della competente autorità giudiziaria, cioè lo stesso giudice che ha pronunziato la condanna, a seguito di procedura attivata ai sensi dell’art. 672 c.p.p.-

Di particolare importanza è specificare che l’efficacia dell’indulto è circoscritta ai reati commessi sino al giorno precedente all’emanazione del decreto. Invece, nel concorso di reati si applica una sola volta, dopo aver cumulato le pene in base alle norme concernenti il concorso di reati.-

L’ultimo provvedimento di indulgenza concesso risale al 2006, con la legge 241/2006, che ha introdotto un provvedimento di indulto per i reati commessi fino al 2 maggio dello stesso anno; in particolare, fu concesso un indulto non superiore ai tre anni per le pene detentive e fino a 10.000 euro per le pene pecuniarie.-
Dall’ultimo indulto, ma è prassi consolidata, sono peraltro esclusi dal beneficio i reati in materia di terrorismo (compresa l’associazione eversiva), strage, banda armata, schiavitù, prostituzione minorile, pedo-pornografia, tratta di persone, violenza sessuale, sequestro di persona, riciclaggio, produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, usura e quelli concernenti la mafia; la legge stabiliva la non applicabilità dell’istituto alle pene accessorie, come l’interdizione dai pubblici uffici. Inoltre, era prevista la revoca del beneficio in caso di commissione, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, di un delitto non colposo per il quale si riporti una condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.-

Gli effetti dell’indulto sono circoscritti alle pene principali; da osservare che l’ergastolo, in quanto pena detentiva perpetua, non può essere condonato in parte, ma solo in toto, su disposizione del legislatore; pertanto, non estinguendosi le pene accessorie e gli effetti penali della condanna, potranno esser valutati ai fini della recidiva e della sospensione condizionale della pena, tranne che il decreto disponga altrimenti.-

Rispetto alle misure di sicurezza deve notarsi che, se il provvedimento commuta la pena, le misure di sicurezza permangono; invece, nel caso in cui si condona la pena inflitta con la sentenza di condanna, cesserà di diritto l’esecuzione delle misure di sicurezza, tranne nei casi regolati dall’articolo 210 c.p.-

In conclusione, l’indulto, se estingue la pena e ne fa cessare l’espiazione, non ha, però, efficacia ablativa ed eliminatoria dal mondo giuridico penale degli altri effetti scaturenti “ope legis” dalla condanna, tra i quali anche l’idoneità della stessa a fungere da causa risolutiva del beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso in relazione ad altra precedente condanna, in presenza degli altri presupposti richiesti dalla legge come necessari.-

Ne deriva che, qualora ad una condanna a pena sospesa – poi interamente condonata – segua, nei termini, una successiva condanna a pena che, cumulata con la prima, superi il limite di concedibilità del beneficio, sarebbe obbligatoria la revoca della prima sospensione condizionale concessa. (Cassazione penale, sezioni unite, sentenza 9 giugno 1995; in senso conforme: Cassazione penale, sezione III, sentenza 4 dicembre 2002 n. 8411).-

Invece, la sospensione condizionale della pena è un istituto, disciplinato dagli artt. 163-168 del Codice penale vigente, mediante il quale al reo, la cui condanna non superi gli anni di reclusione previsti dall’art.163, viene sospesa l’esecuzione della stessa per cinque anni (in caso di delitti) o per due anni (in caso di contravvenzioni).-

Al termine di questo periodo di sospensione, qualora il soggetto non abbia commesso un altro delitto o contravvenzione della stessa indole, il reato si estingue e, quindi, non ha luogo l’esecuzione della stessa, neppure per quel che concerne le pene accessorie.-

La sospensione condizionale viene concessa solo per le condanne non superiori ai 2 anni di pena detentiva o a 2 anni e 6 mesi, se si tratta di persona che ha compiuto gli anni diciotto, ma non ancora gli anni ventuno, o da chi ha compiuto gli anni settanta; non può essere concessa più di una volta (a meno che la successiva pena da infliggere, cumulata alla precedente condanna, sia ancora inferiore ai termini sovraesposti).

Viene ammessa inoltre solo qualora il giudice, attraverso un giudizio prognostico e, tenendo conto delle circostanze di reato descritte dall’articolo 133 C.p., presuma che il colpevole si asterrà dal commettere altri reati.-

Può essere subordinata, a discrezione del giudice, a degli obblighi (risarcimento, eliminazione delle conseguenze dannose del reato, pubblicazione della sentenza ex art. 36 cp).-

Inoltre, la sospensione condizionale della pena può essere revocata, se ricorre una delle tre condizioni di cui all’art. 168 c.p., e quindi se il condannato, entro il periodo di sospensione, commetta un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva; o non adempia agli obblighi impostigli di cui all’art. 165 c.p.; oppure se riporti un’altra condanna per un delitto commesso anteriormente a pena che, cumulata alla pena sospesa precedentemente, superi i limiti di di cui all’art. 163 c.p., e quindi i limiti di pena entro i quali può essere concessa la sospensione condizionale della pena.-

Questa sostanziale differenza riguardo ai tempi e i modi della efficacia dei due istituti, prima di tutto permette di chiarire, sin da subito, che affinchè possa esserci un conflitto, anche potenziale, sulla applicazione dei due istituti, è necessario che le cause estintive (della pena e del reato) siano entrambe, e contemporaneamente, produttive di effetti nella sfera giuridica del condannato, poi permette di comprendere meglio quanto deciso dalla Cassazione con la sentenza in esame.-

Infatti, ed è questo il principio su cui si basa il costrutto giuridico del Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino, per il quale andrebbe affermata la prevalenza dell’indulto, in quanto causa estintiva immediatamente efficace, e non della sospensione condizionale della pena che, altro non è, che un differimento (eventuale) della esecuzione della pena.-

Tuttavia questo orientamento non è stato accolto dai GiudicI della Suprema Corte, che hanno deciso in maniera totalmente contraria.-

I TRE ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI PREVALENTI PRIMA DELLA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE IN ESAME

Prima della decisione in esame, tre erano gli orientamenti al riguardo, che prevalevano sugli altri, e che vengono anche analizzati dai Giudici del Palazzaccio nel loro percorso motivazionale.-

Il primo indirizzo affermava che, nel caso di concorso di una causa di estinzione del reato con una causa di estinzione della pena, prevale sempre la prima, anche se intervenuta successivamente, in forza del disposto dell’art. 183, secondo comma, C.P.; con la conseguenza che la concessione della sospensione condizionale della pena esclude l’applicazione dell’indulto, in quanto, una volta realizzatesi le condizioni previste dalla legge, essa determina l’estinzione del reato (e non della sola pena), risultando quindi più favorevole al condannato e nessun pregiudizio, peraltro, potendo derivare dalla mancata applicazione del condono, in caso di revoca della sospensione condizionale, atteso che l’applicazione dell’indulto può in qualsiasi tempo essere richiesta in sede esecutiva.-

Questo indirizzo, risalente a decisioni degli anni trenta (cfr. Cass. 22 ottobre 1932. Vagliazza e 14 giugno 1935, Grignolino) e che fondava tale soluzione su di una esigenza di “armonia con il principio generale dell’art. 183 C.P. circa la prevalenza della causa estintiva del reato su quella che estingue la pena”, è stato seguito da numerose pronunzie, tra le quali si rammentano: Cass. Sez. 1, 14 novembre 2007 n. 45756, Della Corte, Rv. 238136 – Cass. Sez. VI, 19 febbraio 2008 n. 21454, Rv. 239882 – Cass. Sez. II, 10 giugno 2008 n. 25685, Rv. 240626 – Cass. Sez. V, 11 novembre 2008 n. 4939, Rv, 243155 – Cass. Sez. III. 11 febbraio 2009 n. 15232, R.V. 243390 – Cass. Sez. VI, 17 settembre 2009 n. 41753., RV.245013 (in tale ultima sentenza precisandosi che “l’indulto non può essere applicato ad una pena, la cui esecuzione sia stata condizionalmente sospesa a norma dell’art. 163 cod. pen.”).

Il secondo orientamento, sempre richiamato dalla Corte di Cassazione, predicava la contestuale applicazione della sospensione condizionale della pena per la pena principale e dell’indulto per le residue sanzioni, ravvisando la necessità – ma ciò anteriormente alla riforma introdotta dalla legge 7 febbraio 1990, n. 19, che ha esteso la sospensione condizionale alle pene accessorie – di poter conseguire, attraverso l’applicazione dell’indulto, un beneficio non consentito dalla suddetta causa estintiva del reato, come la cessazione dell’esecuzione di pene accessorie ovvero la eliminazione o riduzione della sospensione della patente di guida (qualificate, dì volta in volta, come pena accessoria o come sanzione amministrativa o come sanzione penale atipica).-

A sostegno di tale indirizzo, che ha affermato la possibilità di applicare contestualmente e con effetti integrativi la sospensione condizionale e l’indulto, si sono addotti argomenti quali:

1) il principio del favor rei, che impone di procedere all’applicazione dell’indulto, quando ne derivano vantaggi non conseguibili attraverso la sospensione condizionale;

2) la non configurabilità del  concorso, in senso tecnico-temporale. tra una causa estintiva della pena, come il condono, che opera immediatamente, e la sospensione condizionale, che estingue, invece, il reato in futuro e solo eventualmente;

3) l’idea che l’applicazione del condono non è incompatibile con la concessione della sospensione condizionale della pena, né sotto il profilo logico, né sotto quello giuridico, in quanto i due benefici operano in modi e tempi diversi;

4) l’assunto che l’operatività dell’indulto, rispetto alla sanzione penale atipica della sospensione o revoca della patente di guida, presuppone semplicemente la potenziale applicabilità del beneficio al reato ritenuto in sentenza e non la sua concreta applicazione alla pena principale (questa argomentazione, recepita dalle Sezioni Unite nella sentenza del 12 dicembre 1981, dep. 10 marzo 1982. n. 10. Sapori, si è accompagnata alla puntualizzazione che le diverse cause estintive si integrano a norma dell’art. 183, terzo e quarto comma, CP.).

Tra le sentenze meno remote inquadrabili nell’orientamento riferito, possono rammentarsi: Cass. Sez. IV, 5 luglio 1982 n. 10940. Rv. 156166 – Cass. Sez. V. 29 settembre 1982 n. 11776, Rv. 156574 – Cass. Sez V, 12 novembre 1982 n. 1324, Rv, 157425 – Cass. Sez. IV, 21 dicembre 1982 n. 4318, Rv. 158946 – Cass. Sez. IV, 11 novembre 1983 n. 2665. Rv. 163296 – Cass. Sez. III. 16 gennaio 1984 n. 3920, Rv. 163982 – Cass. Sez. V, 1 febbraio 1984 n. 3298, Rv. 163632 – Cass. Sez. I, 30 aprile 1984 n. 10491, Rv. 166822- Cass. Sez. III 18 aprile 1989 n. 7608, Rv, 181390.-

Un terzo indirizzo rappresentava la possibilità -in termini generali- di contestuale applicazione dell’indulto e della sospensione condizionale, soluzione all’inizio fondata sulla base dell’esigenza di assicurare l’applicazione dell’indulto, quando da esso deriva un beneficio non consentito dalla sospensione condizionale e, successivamente, correlata all’assunto che la concessione della sospensione condizionale della pena non preclude l’applicazione dell’indulto, in quanto non è ravvisabile tra i due istituti una incompatibilità logico-giuridica alla stregua dell’art. 183 C.P. in materia di concorso di cause estintive, operando i due benefici in tempi e con effetti diversi: l’indulto estingue la pena con efficacia immediata, mentre la sospensione condizionale estingue il reato, ma solo in futuro ed eventualmente, al compimento del termine stabilito, qualora il condannato adempia agli obblighi impostigli e non commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole.

Secondo questo indirizzo, in ossequio al principio del favor rei, i due benefici possono essere, nel caso specifico, ricorrendone le condizioni,
applicati congiuntamente per assicurare al condannato l’estinzione delle pene, anche se, allo spirare del termine stabilito dall’art. 163 C.P., non si dovessero verificare le condizioni per la estinzione del reato ex art. 167 C.P., ovvero si verificassero le condizioni previste dall’art 168 C.P. per la revoca della sospensione condizionale: ogni beneficio opera nel momento in cui interviene e la causa successiva fa cessare gli effetti della condanna non ancora estinti, in conseguenza della causa precedente-

Di tale indirizzo (anch’esso risalente, ma con richiami in pronunce recenti) si segnalano, tra le più recenti pronunzie: Cass. Sez. III, 21 settembre 2007 n. 38725., Rv. 237945 – Cass. Sez. VI, 26 maggio 2008 n. 38563, Rv, 241507- Cass. Sez. V, 5 giugno 2008 n. 36663, Rv. 241635 – Cass, Sez. VI, 15 ottobre 2008 n. 508., Rv. 242365 – Cass. Sez. I, 27 maggio 2009 n. 24920, Rv. 243957 – Cass. Sez. VI, 19 giugno 2009 n. 38113, Rv. 245012 – Cass. Sez. III, 23 giugno 2009 n. 38082, Rv. 244625 – Cass., Sez. III, 29 aprile 2010 n. 22756, non massimata.-

 

LE POSIZIONI DELLA DOTTRINA

Posizioni altrettanto differenziate ha, rispetto alla questione, assunto la dottrina, da una parte di essa sostenendosi la prevalenza della sospensione condizionale, in quanto causa estintiva del reato e non della sola pena, da altra parte affermandosi la prevalenza dell’indulto nel caso in cui si dimostrasse concretamente più vantaggioso per l’imputato rispetto al beneficio della sospensione condizionale, da altra parte ancora ritenendosi compatibili e congiuntamente applicabili i due benefici in forza della prevista disciplina del concorso di cause estintive, ovvero sostenendosi parimenti la compatibilità dei due benefici ma sulla base della esclusione dell’applicabilità della disciplina del concorso di cause estintive.-

Per una soluzione positiva della fattispecie, nel senso della congiunta applicazione dei due benefici, parte della dottrina, tra cui va segnalato l’intervento del Magistrato Aldo Natalini[2], per il quale “E’ possibile l’applicazione congiunta dei due benefici, poiché essi operano su piani distinti, nonché in momenti diversi, in quanto la sospensione condizionale della pena estingue il reato solo al compimento del termine stabilito dall’articolo 167 Cp e sempre che siano state ottemperate le condizioni imposte dalla legge, mentre l’indulto estingue immediatamente la pena fin dal momento della sua pronuncia […] Nel termine previsto dall’articolo 163 Cp non è ravvisabile un concorso tra la sospensione condizionale della pena e l’indulto, in quanto la causa estintiva del reato non è ancora operante; peraltro la sospensione condizionale, contrariamente all’indulto, non estingue immediatamente la pena, limitandosi semplicemente a condizionarne la esecuzione. Ne deriva che, in caso di concessione di sospensione condizionale della pena, l’indulto deve essere applicato anche ex officio, costituendo causa di estinzione della pena intervenuta per prima, ferma l’efficacia del concesso beneficio di cui all’articolo 163 Cp (che non va revocato) di produrre eventualmente ed in tempo successivo la estinzione del reato”.-

Per altra parte della dottrina, invece, seppure gli effetti della sospensione condizionale della pena e quelli del condono siano diversi tra di essi e che quindi non siano contrastanti, non vi è incompatibilità per l’applicazione dell’una e dell’altra causa estintiva nel momento in cui ciascuna di esse interviene, tuttavia “non è giuridicamente meritevole di tutela l’interesse del condannato ad ottenere l’applicazione dell’indulto al posto della sospensione, ricorrendone i presupposti, solo per non vedersi compromessa la concessione della sospensione in vista della possibile commissione di ulteriori reati[3]”.-

Di posizione diametralmente opposta è un’altra parte della dottrina, per la quale “la dichiarazione di estinzione della pena per indulto risulta essere provvedimento più favorevole all’imputato rispetto alla applicazione di una sanzione sostitutiva, la quale, seppure, afflittiva in minore grado rispetto alla detenzione, costituisce comunque una pena (eventualmente) da espiare”.-

***** 

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE PENALE A SEZIONI UNITE

La Corte, muovendo dalla normativa codicistica, ha escluso, in primo luogo la cumulabilità di applicazione di entrambi i benefici in argomento, precisando che l’istituto della sospensione condizionale della pena ha finalità giuridico-sociali, mirando alla prevenzione della criminalità e al ravvedimento del condannato. Ora, tali finalità sarebbero vanificate dalla simultanea applicazione dell’indulto, non potendosi porre in questo caso alcuna questione di revocabilità della sospesa esecuzione della pena, oramai condonata e eliminandosi, in tal modo, il carattere disincentivante della sospensione condizionale della pena, che non sarebbe suscettibile di costituire una remora per il condannato. D’altro canto, dalla mancata contestuale applicazione deIl’indulto non deriva alcun danno per il condannato, stante che il medesimo, laddove non risulti successivamente utilmente decorso “il periodo di prova” e non si verifichi, pertanto, la definitiva estinzione del reato, può richiedere in qualsiasi momento l’applicazione del provvedimento indulgenziale con lo strumento dell’incidente di esecuzione. Di contro, dalla applicazione dell’indulto in contestualità con il beneficio della sospensione condizionale, possono derivare inammissibili svantaggi per il condannato, in palese violazione del principio del “favor rei”, stante che, in caso di concorso o sopravvenienza di altri titoli esecutivi, il condannato non potrebbe, durante il decorso del periodo di prova, avvalersi in relazione agli stessi del beneficio indulgenziale, se non, eventualmente, per la parte residua, una volta detratta la quota di condono applicata alla pena sospesa, e rispettati i limiti stabiliti nel provvedimento di clemenza. In conclusione, la Corte ha affermato il principio per il quale l‘indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena, prevalendo sul primo quest’ultimo beneficio.-

Infatti nel passo motivazionale si legge quanto appresso: “Premesso quanto sopra deve in primo luogo escludersi, ad avviso del Collegio, così riconducendosi la questione nei suoi esatti termini, che in relazione alla problematica della congiunta applicazione dei due benefici in questione debba farsi richiamo all’art. 183 c.p., comma 2, atteso che – come esattamente rilevato da parte della dottrina e da buona parte delle pronunzie che hanno sostenuto la possibilità di una contestuale applicazione di tali benefici – mentre dalla decisa applicazione dell’indulto consegue immediatamente l’estinzione della pena, esso stesso integrando la causa estintiva, dalla statuizione che ai sensi dell’art. 163 c.p. dispone la sospensione condizionale della pena non consegue l’estinzione del reato, la quale, in quel momento, rimane evento futuro ed incerto, che si realizzerà solo dopo il positivo trascorrere, nel rispetto delle condizioni di legge, del previsto termine (quinquennale o biennale) […] Ma da tale, pur esatta considerazione, non discende la sostenuta cumulabilità di applicazione di entrambi i benefici in argomento, ed infatti da un lato, va tenuto presente che, con l’applicazione del beneficio contemplato dall’art. 163 c.p., prende le mosse un complesso iter generativo di diversi e non contestuali effetti, quello – immediato ed accessorio – della sospensione dell’esecuzione della pena (più esattamente: del differimento dell’inizio dell’esecuzione) e quello – principale, ma futuro ed eventuale – della estinzione del reato, dall’altro lato – e soprattutto – va sottolineato come il condono sia applicabile solo ed esclusivamente in relazione a pene suscettibili di esecuzione, tant’è che esso viene a ripartirsi su tutte le pene cumulate (cfr. art. 174 c.p., comma 2), dopo che dal cumulo siano state escluse le pene già eseguite, quelle estinte e quelle non eseguibili per qualsiasi causa (cfr. Cass. sez. 1, 8 ottobre 2008 n. 39331, Altic, RV 241151; Cass. sez. 5^, 10 dicembre 1975 n. 816, Bellotti, RV 132372); sicchè appare inconciliabile con siffatto principio una applicazione dell’indulto in contestualità con una decisione di sospensione della pena ex art. 163 c.p., ossia in relazione ad una pena non suscettibile in quel momento di esecuzione e, quindi, in una situazione nella quale viene ad essere impedita l’operatività del beneficio indulgenziale, il quale non è – in concreto – in grado di agire sotto alcun profilo”.-

Il ragionamento della Corte, chiaro e lineare, è fondato su due punti essenziali.-

Il primo riguarda l’assenza di una concorrenza temporale fra i due istituti, quello dell’indulto e quello della sospensione condizionale della pena, in quanto operanti in tempi e modi diversi, sicchè viene a mancare quella situazione di “concorso attuale” fra cause estintive regolamentata dal citato comma, stante la inattualità, appunto, della causa estintiva di cui all’art. 167 c.p.., proprio perché l’indulto produce degli effetti immediati sulla situazione giuridica del condannato, mentre con l’applicazione della sospensione condizionale della pena si realizza una tipica fattispecie a formazione progressiva che realizzerà la sua carica estintiva solo eventualmente e, comunque, a distanza di tempo.-

Il secondo punto motivazione del “decisum” della Corte poggia le sue solide basi sulla differenza ontologica, sistematica, nonché sociale dei due istituti.-

Infatti, l’indulto presuppone, come abbiamo visto nei precedenti paragrafi, l’emanazione di una sentenza di condanna e la presenza di una pena suscettibile di esecuzione, che nel caso di specie non può esserci.-

Infatti, data per prevalente, come da disposizioni legislative, la sospensione della pena sull’indulto come causa estintiva del reato, qualora, nel caso di specie si applicasse prima il beneficio previsto dall’art. 163 c.p., avremmo quindi una sospensione condizionale della pena, quindi una pena non suscettibile di immediata esecuzione e, di conseguenza, l’inapplicabilità della operatività del beneficio indulgenziale.-

Inoltre, la prevalenza della sospensione condizionale della pena rispetto all’indulto appare anche giustificata da finalità giuridico sociali, in quanto la prima, mirando alla prevenzione della criminalità ed anche al ravvedimento del condannato, nonché alla sua (sperata ed auspicabile) riabilitazione sociale, è conseguente ad un giudizio prognostico di astensione dalla reiterazione (da parte del condannato beneficiario della sospensione) dalla commissione di nuovi reati ed all’adempimento di obblighi di particolare valore sociale, ed è funzionale rispetto allo scopo legislativo di tenere il soggetto lontano dall’ambiente carcerario, dove, con ogni probabilità, potrebbe non “pulirsi” dalla sua pericolosità sociale.-

Certo, si potrebbe dire che anche gli effetti dell’indulto portano allo stesso, se non migliore, risultato, anche immediato, per il condannato.-

Ma, in questo caso, una eventuale applicazione preferenziale del beneficio indulgenziale eliminerebbe il carattere disincentivante (alla commissione di ulteriori reati) previsto dalla sospensione condizionale della pena, che, durante la sua pendenza, costituisce quasi una sorta di monito, di avvertimento, per il condannato.-

Inoltre, dalla applicazione dell’indulto in contestualità con il beneficio della sospensione condizionale, possono derivare inammissibili svantaggi per il condannato, in palese violazione del principio del favor rei, al quale pure si sono richiamate alcune delle pronunzie, che hanno privilegiato il diverso orientamento, atteso che, in caso di concorso o sopravvenienza di altri titoli esecutivi, il condannato non potrebbe, durante il decorso del periodo di prova ex art. 163 c.p., avvalersi in relazione ad essi del beneficio indulgenziale, se non – eventualmente – per la parte residua, una volta detratta la quota di condono applicata alla pena sospesa e rispettati i limiti stabiliti nel provvedimento di clemenza, potendo richiedere in qualsiasi momento l’applicazione del provvedimento di indulto, con lo strumento dell’incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 672 c.p.;  decisione che, al riguardo, non sarebbe inibita al Giudice della Esecuzione, essendo correlata ad una diversa situazione di fatto e di diritto, nonché non determinata da un giudizio aprioristico del giudice della cognizione, ma applicandosi (quasi) automaticamente.-

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte deve dunque affermarsi il principio per il quale l’indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena, prevalendo sul primo quest’ultimo beneficio, alla stregua delle meditate e razionali considerazioni svolte dalla Suprema Corte nella sentenza esaminata.

 

[1] E’ evidente la differenza con l’amnistia; l’amnistia opera anteriormente rispetto ad una sentenza definitiva di condanna, precludendo allo Stato il potere di applicare la pena stabilita; l’indulto, invece, presuppone l’emanazione di una sentenza di condanna e ha l’effetto di bloccare l’esecuzione della sanzione irrogata dal Giudice.-

[2] In “Diritto e Giustizia 2010, 337

[3] Non a caso la Suprema Corte aveva già dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 183 Cp, in relazione all’articolo 24 della Carta fondamentale, nella parte in cui esclude il diritto dell’imputato a scegliere, tra indulto e sospensione condizionale della pena, il beneficio a lui ritenuto più favorevole (cfr. Cassazione, Sezione sesta, sentenza 4528/1998).

 

 

 

Chiariello MicheleAlfredo

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