Indennizzo da ritardo della P.A.: i rimedi giurisdizionali posti a tutela del privato

Redazione 17/03/14
Scarica PDF Stampa

Biancamaria Consales

La direttiva 9 gennaio 2014, emanata dal Dipartimento della Funzione pubblica, contenente le linee guida per l’applicazione dell’indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte, e pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2014, n. 59, si è, tra l’altro, soffermata sui rimedi giudiziari a disposizione del cittadino di cui al comma 3 dell’art. 28 D.L.69/2013.

In particolare, tale norma disciplina i rimedi esperibili nell’ipotesi in cui l’Amministrazione competente, o il titolare del potere esecutivo non emani il provvedimento e/o non faccia luogo al pagamento dell’indennizzo da ritardo.

    Qualora il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine, né provveda alla liquidazione dell’indennizzo, l’istante potrà:

a) proporre ricorso avverso il silenzio della pubblica amministrazione, ex art. 117 del codice    del processo amministrativo, chiedendo al Giudice Amministrativo l’emanazione di una sentenza che accerti l’obbligo di provvedere della Pubblica Amministrazione, unitamente all’eventuale nomina di un Commissario ad acta nell’ipotesi di un’ulteriore e successiva e    mancata emanazione del provvedimento richiesto, nonché, congiuntamente, domanda per ottenere l’indennizzo. In tal caso, tale domanda è trattata con rito camerale e verrà decisa con sentenza in forma semplificata;

b) presentare ricorso per ingiunzione di pagamento, ex art. 118 del codice del processo amministrativo per ottenere la sola condanna al pagamento della somma dovuta a titolo di indennizzo.   

Nell’ipotesi in cui il titolare del potere sostitutivo abbia liquidato l’indennizzo ma non abbia adottato il provvedimento, resta salva la facoltà di proporre ricorso ai sensi dell’art. 117 del codice del processo amministrativo al fine di ottenere una sentenza che accerti la sola inerzia dell’amministrazione.

    Va rilevato, altresì, che se il ricorso è dichiarato inammissibile, o è respinto in relazione all’inammissibilità o alla manifesta infondatezza dell’istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice, con pronuncia immediatamente esecutiva, condanna il ricorrente a pagare in favore del resistente una somma da due a quattro volte il contributo unificato.

    La direttiva, infine, segnala, in ultimo, che la norma in esame, al comma 7, prevede espressamente che l’eventuale pronuncia di condanna a carico dell’amministrazione sia comunicata, dalla Segreteria del Giudice che l’ha pronunciata, alla Corte dei conti e al titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei dipendenti pubblici interessati dal procedimento.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento