Inapplicabilità dell’art. 540 del T.U. sulla legislazione scolastica alla fattispecie della irrogazione della sanzione disciplinare al personale docente, di ruolo e non, da parte del Dirigente Scolastico; inammissibilità del Ricorso Gerarchico promosso in

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            I ricorsi amministrativi si pongono, nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano, come rimedi amministrativi o giustiziali, in quanto strumenti attivabili innanzi alla medesima amministrazione per la tutela delle situazioni giuridiche soggettive degli amministrati, allorquando i medesimi atti amministrativi risultino inficiati da vizi di legittimità o, in taluni casi, di merito.
            Detta tipologia di tutela rinviene un suo fondamento normativo già nell’art. 3 della legge n. 2248 del 1865; pertanto, il suo riconoscimento normativo appare più risalente, nel tempo, rispetto alla consacrazione della giurisdizione generale di legittimità, avvenuta solo nel 1889 con la legge Crispi.
            Il ricorso gerarchico, in particolare, quale rimedio esperibile innanzi all’autorità gerarchicamente superiore avverso gli atti non ancora definitivi emessi dall’autorità gerarchicamente subordinata, postula un rapporto di gerarchia in senso tecnico tra le medesime e consente di attivare la tutela delle posizioni giuridiche soggettive di diritto soggettivo e di interesse legittimo avverso atti viziati sotto il profilo della legittimità e del merito.
            Il rapporto di gerarchia, inoltre, deve intercorrere tra organi aventi rilevanza esterna.
            Si è posto il problema della proponibilità del ricorso di cui trattasi, da parte del personale docente non di ruolo, per l’annullamento e/o per la revoca della sanzione inflitta, nei limiti di competenza, dal Dirigente Scolastico, innanzi all’organo ritenuto ancora, senza fondamento normativo alcuno, “superiore”, sotto l’aspetto gerarchico, ovvero innanzi al Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale (ex Provveditore Agli Studi), sull’erroneo presupposto della sussistenza di un rapporto di gerarchia tra scuole e detti Uffici e dell’applicabilità dell’art. 540 del T.U. sulla legislazione scolastica.  
            In proposito, si è invece ritenuto che il ricorso gerarchico, avverso la sanzione disciplinare inflitta dal Dirigente Scolastico, vada promosso dal docente interessato, sia di ruolo che a termine, innanzi al Ministro, ai sensi dell’art. 504 del T.U. sulla legislazione scolastica, e non davanti al Dirigente dell’Ufficio scolastico Provinciale (ex Provveditore Agli Studi).
            A tale conclusione è stato possibile pervenire attraverso una lettura combinata della normativa di riferimento (T.U. sulla legislazione scolastica n. 297 del 1994, CCNL Scuola vigente), nonché della legislazione che ha modificato in modo sostanziale i rapporti tra Istituzioni Scolastiche e Amministrazione Scolastica centrale (Legge 15 marzo 1997 n. 59).
            La norma di cui all’art. 540 del T.U. su citato testualmente recita: Contro le sanzioni inflitte dal capo di istituto è ammesso ricorso, entro trenta giorni, al provveditore agli studi, il quale decide in via definitiva. Contro le altre sanzioni è ammesso ricorso al Ministero della pubblica istruzione”.
L’art. 540 del T.U. 297/1994 risulta essere disposizione – così come numerose altre del medesimo T.U. – che, pur non espressamente abrogata, nel richiamare la figura scomparsa del “Provveditore agli Studi”, presuppone implicitamente quel rapporto di supremazia speciale di cui godevano gli allora Provveditorati Agli Studi rispetto alle Istituzioni Scolastiche e venuto meno per effetto delle riforme successive del sistema scolastico, in primis, quella sfociata nel varo dell’art. 21 della legge n. 59/1997 su citata.
            Anche per effetto di tale riforma, sono venuti meno i presupposti per la proposizione del ricorso gerarchico innanzi all’ Ufficio Scolastico Provinciale avverso le sanzioni inflitte dal Capo d’Istituto.
            La norma di cui all’art. 21 della citata legge, inserita in un contesto normativo di profondo cambiamento dei rapporti tra amministrazione centrale e periferica, ha attribuito alle istituzioni scolastiche, oltre che autonomia organizzativa e didattica, la personalità giuridica.
L’autonomia di cui godono le scuole appare ictu oculi incompatibile con la sussistenza di un rapporto di gerarchia tra gli Uffici Scolastici Provinciali e le scuole, rapporto di supremazia speciale che costituisce il presupposto per l’esperibilità del ricorso gerarchico, ai sensi della normativa di riferimento (D.P.R. 1199 del 1971).
E’ apparso illogico, tra l’altro, ritenere sussistente un rapporto di gerarchia tra organi quali i Capi d’Istituto, cui l’art. 21, comma 16, della legge n. 59/1997 ha attributo la qualifica dirigenziale, e i soggetti preposti al coordinamento ed alla direzione degli attuali Uffici Scolastici Provinciali nei casi in cui la funzione da ultimo descritta venga attribuita, con incarichi a termine, a funzionari dell’area C, privi della qualifica dirigenziale (sebbene questo non possa più accadere in base all’art. 7, comma 6, dell’ultimo Regolamento di riorganizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione – D.P.R. 21 dicembre 2007 n. 260); si arriverebbe all’assurdo di considerare i Dirigenti Scolastici quali organi gerarchicamente subordinati ai funzionari della vecchia area direttiva appartenenti alla medesima amministrazione.   
E tuttavia, il radicale mutamento di assetto dell’amministrazione scolastica, nei rapporti tra centro e periferia, non risulta a tutt’oggi percepito dagli addetti ai lavori e dall’utenza per cui, nonostante la figura del Provveditore Agli Studi appartenga decisamente ad un assetto   amministrativo del Ministero dell’Istruzione da tempo superato, non è infrequente imbattersi nella invocazione della medesima figura anche in atti e ricorsi amministrativi.    
Un ulteriore argomento, a sostegno dell’assunto per cui non risulta esperibile il ricorso gerarchico innanzi al Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale avverso la sanzione inflitta dal Dirigente Scolastico, è stato individuato nel rinvio – contenuto all’art. 91/1 del vigente CCNL Comparto Scuola, “Rinvio delle norme disciplinari” – alle norme di cui al Titolo I, Capo IV, Parte III del D.L.vo 297/1994, in cui non confluisce l’art. 540 prima citato che, invece, rientra nel Capo VI.
Si osserva, inoltre, che il Decreto Presidente della Repubblica 21 dicembre 2007  (in G.U. 22.01.2008 n. 18), “Regolamento di organizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione”, all’art. 7, comma 6°, nell’elencare le funzioni degli Uffici Scolastici Provinciali, non individua se non attività di assistenza, consulenza e supporto alle istituzioni scolastiche, e non consente di individuare alcun rapporto di gerarchia tra queste ultime e i primi.
Detta disposizione conferma, pertanto, che tra le funzioni degli Uffici Scolastici Provinciali non rientra la titolarità e l’esercizio di un potere di vigilanza in senso stretto sulle attività e sugli atti delle istituzioni scolastiche, che pur rappresenta una tratto caratteristico del rapporto che intercorre tra l’organo gerarchicamente superiore ed il suo  sottoposto.
Si potrebbe sostenere, allora, che vi sia stata una tacita abrogazione, da parte dell’art. 21 della legge n. 59/1997, delle norme che appaiono con essa incompatibili, tra cui la disposizione di cui all’art. 540 del T.U. 297/1994.
 Ad avviso della giurisprudenza della Corte di Cassazione – 28.6/28.9.2001, n. 12118/01 – “L’incompatibilità tra le nuove disposizioni e quelle precedenti – che costituisce una delle due ipotesi di abrogazione tacita ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale – si verifica soltanto quando fra le leggi considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dall’applicazione ed osservanza della nuova legge non possono non derivare la disapplicazione e/o l’inosservanza dell’altra”.
In tal senso, l’applicazione dell’art. 540 del T.U., presupponendo un’organizzazione scolastica fondata sulla gerarchia, tendente peraltro all’accentramento delle funzioni, nonché figure, quale quella del Provveditore Agli Studi, ormai scomparse, si porrebbe in contrasto, oltre che con la ratio sottesa all’emanazione dell’intera legge n. 59 – quella di attuare un ampio decentramento amministrativo – nello specifico con l’art. 21 della medesima legge, in quanto è possibile individuare una sostanziale incompatibilità tra la relazione di subordinazione gerarchica in senso proprio con la personalità giuridica e le diverse forme di autonomia (organizzativa e didattica) riconosciute alle scuole.
E’ auspicabile, alla luce delle argomentazioni di diritto sopra enucleate, una presa d’atto del radicale cambiamento di assetto, tra centro e periferia, che ha riguardato l’amministrazione dell’istruzione a partire già dal 1997.          
 
Francesco Oliva
 
NOTE
(1) Le seguenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

Oliva Francesco

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