Inammissibile il ricorso del legale rappresentante di società estinta

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Sono inammissibili le impugnazioni proposte, in persona del legale rappresentante, dalla società cancellata dal registro delle imprese estinta, e l’eccezione nei confronti dell’Erario che – ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi – attribuisce effetto all’estinzione trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, è applicabile solo alle richieste di cancellazione presentate dal 13/12/2014 in poi.

 

Decisione: Ordinanza n. 19142/2016 Cassazione Civile – Sezione VI

Classificazione: Societario, Tributario

Parole chiave: #accertamento, #ricorso, #cancellazionesocietà, #societàestinta, #inammissibilità, #fulviograziotto, #scudolegale

 

Il caso.

Una società in accomandita semplice estinta e cancellata dal registro delle imprese proponeva, in persona del legale rappresentante, ricorso avverso un avviso di accertamento.

I giudici del merito rilevavano l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto in persona del legale rappresentante di una società già cancellata ed estinta.

La SAS ricorreva per Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 28, comma 4, D. Lgs. 175/2014 e dell’art. 2495, comma 2, codice civile.

La Suprema Corte rigetta il ricorso.

 

La decisione.

La Cassazione dapprima definisce il perimetro di applicazione della nuova formulazione dell’art. 2495 codice civile, disposizione che è stata modificata dall’art. 28 del D. Lgs. 175/2014: «Deve innanzitutto richiamarsi l’orientamento per cui “il D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 e. e., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D. Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. sez. V, sent. nn. 6743/15, 7923/16, 8140/16; cfr. sez. VI-5, ord, n. 15648/15)».

Il Collegio si richiama ad alcune precedenti pronunce relative alla improponibilità di ricorsi in cui il ricorrente è inesistente, e tale vizio è rilevabile d’ufficio: «in diverse occasioni – e con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento) – questa Corte ha affermato che “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito” (Cass. sez. V, n. 5736/16), trattandosi di impugnazione “improponibile, poiché l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio e nel giudizio legittimità la sentenza di merito impugnata … va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, comma 3, secondo periodo, c.p.c.” (Cass. sez. V, n. 20252/15; conf. n, 21188/14)».

Date le premesse, la Suprema Corte condivide la decisione impugnata della Commissione Tributaria Regionale: «Correttamente, dunque, la C.T.R., dopo aver rilevato che impugnazione dell’avviso di accertamento era stata proposta da una società già cancellata ed estinta, in persona del legale rappresentante, e non da quest’ultimo in proprio, ne ha ritenuto l’inammissibilità, “restando preclusa ogni valutazione sulla sorte dell’atto impugnato, pure emesso nei confronti di un soggetto già estinto”».

Con l’ulteriore precisazione che «Riguardo a quest’ultimo aspetto può essere utile aggiungere che, all’esito di numerosi interventi nomofilattici (in particolare, C.,a.ss. s.u. n. 6070/13), è stato chiarito come “la cancellazione della società dal registro delle imprese, pur provocando, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d. Igs. 17 gennaio 2003, n. 6, l’estinzione della società, non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio sui generis, in cui la responsabilità dei soci è limitata alla parte di ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione, sicché l’effettiva percezione delle somme da parte dei soci, in base al bilancio finale di liquidazione, e la loro entità, vanno provate dall’Amministrazione finanziaria che agisce contro i soci per i pregressi debiti tributari della società, secondo il normale riparto dell’onere della prova’ (Cass. sez. V, sent. n. 13259/15; conf. sent. n. 5736/16; cfr. Cass. nn. 7676/12, 7679/12, 19453/12, 1468/04, 5113/03, 5489/78, 3879/75)».

Nel rigettare il ricorso, la Cassazione ricorda anche su chi grava l’onere della prova: «”la cancellazione dal registro delle imprese costituisce il presupposto della proponibilità dell’azione nei confronti dei soci,. l’avvenuta percezione di somme in sede di liquidazione del bilancio finale costituisce il limite della responsabilità dei soci”, sicché “spetta al creditore (che pretende), e non al debitore, l’onere della prova dell’azionata pretesa (art. 2697 c. c.)”, con riguardo sia alla “reale percezione delle somme” da parte dei soci – nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, ovvero durante il tempo della liquidazione, a norma del d.P.R. n. 602/73, art. 36, terzo comma (v. Cass. sez. V, nn. 11968/12, 19611/15) – sia alla “entità di tali somme” (cfr. Cass. sez. V, n. 25507/13)».

Osservazioni.

La Suprema Corte ha richiamato la sua precedente giurisprudenza per ribadire l’inammissibilità delle impugnazioni proposte dalla società cancellata dal registro delle imprese, estinta, in persona del legale rappresentante.

Pur se l’estinzione della società non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi (in quanto si verifica un fenomeno di tipo successorio a carico dei soci, limitato a quanto ciascun socio ha percepito in base al bilancio finale di liquidazione ex art. 1495 c.c.), l’art. 28 del D. Lgs. 175/2014 ha introdotto un’eccezione che prevede che nei confronti dell’Erario l’estinzione ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi.

 

Giurisprudenza rilevante.

Cass. 5736/2016

Cass. 6743/2015

Cass. 13259/2015

Cass. 7923/2016

Cass. 8140/2016

 

Disposizioni rilevanti.

 

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 602

Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito

Vigente al: 19-2-2017

Capo II RISCOSSIONE MEDIANTE RUOLI

Art. 36 – Responsabilità ed obblighi degli amministratori, dei liquidatori e dei soci

I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori.

I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile. Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio od associato, salva la prova contraria.

Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.

La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

Avverso l’atto di accertamento è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636. Si applica il primo comma dell’articolo 39.

Codice Civile

Vigente al: 19-2-2017

Capo VIII Scioglimento e liquidazione delle società di capitali

Art. 2495 – Cancellazione della società

Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.

Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società.

 

DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2014, n. 175

Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata

Vigente al: 19-2-2017

Art. 28 – Coordinamento, razionalizzazione e semplificazione di disposizioni in materia di obblighi tributari

1. (omissis…)

2. (omissis…)

3. (omissis…)

4. Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese.

5. (omissis…)

6. (omissis…)

7. (omissis…)

Sentenza collegata

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Graziotto Fulvio

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