In tema di spese processuali la motivazione prevale sul dispositivo contrastante

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Cassazione civile, Sez. VI, ordinanza 15 giugno 2012 n. 9840 : Se c’è contrasto fra dispositivo e motivazione sul punto delle spese processuali prevale senz’altro la seconda in quanto il primo esprime in forma riassuntiva la decisione. Ciò perché il dispositivo ha la funzione di esprimere in forma riassuntiva la decisione, il contrasto tra motivazione e dispositivo, nel quale le spese processuali di secondo grado sono integralmente compensate tra le parti, non può che essere sciolto nel senso della prevalenza della motivazione sul dispositivo.

L’ordinanza in commento è stata resa a seguito del ricorso proposto da un danneggiato in un incidente stradale avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma che presentava un contrasto tra motivazione e dispositivo in relazione al capo attinente alla spese processuali.

Il principio di diritto espresso dalla Corte nella pronuncia de quo si presenta piuttosto innovativo rispetto all’orientamento generalmente sostenuto dalla Cassazione in tema di contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza. Invero, secondo il costante indirizzo della Suprema Corte, l’insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo determina la nullità della sentenza non essendo consentito individuare una statuizione prevalente.

Più nel dettaglio, a parere dei giudici di legittimità, l’esatto contenuto di una pronuncia giudiziale andrebbe individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la stessa riveli l’effettiva volontà del giudice (cfr. ex multis Cass. n. 15585/2007). Cionondimeno, siffatta interpretazione complessiva della sentenza presuppone necessariamente una sostanziale coerenza tra le diverse parti e proposizioni della medesima, trovando un invalicabile limite nei casi di contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo.

Sul punto si veda infatti la pronuncia della Cassazione n. 11299/2011 che, nel riprodurre un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, sancisce perentoriamente la nullità della sentenza connotata da contraddittorietà tra motivazione e dispositivo ai sensi dell’art. 156 comma 2 c.p.c. (cfr. altresì Cass. 3528/1997; 11.895/1995; 5808/1995; 7671/1995; 2281/1992).

Del resto, essendo la dichiarazione di nullità della sentenza l’unica conseguenza ammessa nei casi di insanabile contrasto fra motivazione e dispositivo, è stata costantemente esclusa, in siffatte ipotesi, la possibilità di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza oltre che la possibilità di utilizzare il procedimento di correzione di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., il cui ambito è limitato alle ipotesi di contrasto solo apparente tra dispositivo e motivazione (Cass. n. 7671/1995; n. 5808/1995; n. 2281/1992).

Una posizione differente rispetto a quella appena delineata è assunta dalla Suprema Corte nell’ordinanza in commento, nella quale i giudici di legittimità, tenendo conto della diversa funzione delle due parti fondamentali della sentenza, escludono che il contrasto tra motivazione e dispositivo sul punto delle spese processuali debba risolversi nella nullità della sentenza, dovendosi invece dichiarare prevalente la statuizione contenuta nella motivazione. Posto che la motivazione della sentenza deve contenere “l’esposizione dei motivi in fatto ed in diritto della decisione”, la stessa non può che rivelare anche il dictum formalmente espresso dal dispositivo in quanto è impossibile che si possano esporre le ragioni di una decisione senza indicare la decisione stessa; ne consegue che nell’ipotesi in cui il dispositivo non riproduca una parte della decisione emergente dalla motivazione, avendo esso unicamente la funzione di esprimere in forma riassuntiva la decisione, l’incertezza interpretativa andrebbe sciolta nel senso della prevalenza della motivazione.

È evidente l’effetto rivoluzionario scaturente dalla decisione in commento laddove si consideri che, esclusa la nullità della sentenza caratterizzata da un contrasto tra motivazione e dispositivo, risulterà inapplicabile, nelle ipotesi in questione, il principio di conversione dei vizi di nullità in motivi di impugnazione. Da ciò consegue che, nel caso in cui la giurisprudenza prosegua sulla strada intrapresa con l’ordinanza de quo abbandonando definitivamente la tesi della nullità, dovranno essere riconsiderati i rimedi proponibili avverso le sentenze in cui la statuizione del giudice risulti contraddittoria, in particolare al fine di far valere la prevalenza della motivazione sul dispositivo. A tal proposito ogni previsione può risultare prematura anche alla luce del fatto che, allo stato attuale, il cambio di rotta è stato operato limitatamente al caso specifico del contrasto tra motivazione e dispositivo attinente alle spese processuali. Cionondimeno, si può sin da ora ipotizzare che la strada più confacente sarà quella di utilizzare il procedimento di correzione di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., trattandosi di far valere un contrasto soltanto apparente tra motivazione e dispositivo, dovendo quest’ultimo necessariamente adeguarsi alla statuizione contenuta nella motivazione.

Valerio Francesca

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