In tema di possibilità di presentare varianti in un appalto di servizi da affidare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e sulla differenza fra le difformità progettuali capaci di stravolgere le linee guida del progetto base e inv

Lazzini Sonia 25/09/08
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La previsione esplicita della possibilità di presentare varianti in sede di offerta per gli appalti di servizi, è contemplata dall’art. 24, d.lgs. n. 157 del 1995 (applicabile ratione temporis), in parte qua riproduttivo della disciplina recata dalla direttiva 92/50/Ce (ed oggi generalizzata dall’art. 76 del codice dei contratti pubblici per qualsivoglia appalto); l’amministrazione deve indicare, in sede di redazione della lex specialis, se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi._ La ratio della scelta normativa comunitaria riposa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante ha maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici ma la complessità dell’offerta proposta, sicché nel corso del procedimento di gara potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall’amministrazione; nel caso invece di offerta selezionata col criterio del prezzo più basso, poiché tutte le condizioni tecniche sono predeterminate al momento dell’offerta e non vi è alcuna ragione per modificare l’assetto contrattuale, non è mai ammessa la possibilità di presentare varianti.
 
Merita di essere segnalata la decisione numero 3481 dell’ 11 luglio 2008, inviata per la pubblicazione in data 17 luglio 2008, emessa dal Consiglio di Stato
 
< In ogni caso deve ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo, sia consentito alle imprese proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149).
 
La giurisprudenza nazionale ha elaborato alcuni criteri guida relativi alle varianti in sede di offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2003, n. 923; sez. V, 9 febbraio 2001, n. 578; sez. IV, 2 aprile 1997, n. 309):
          si ammettono varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.
          risulta essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l’offerente dia contezza delle ragioni che giustificano l’adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l’efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata;
          viene lasciato un ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, trattandosi dell’ambito di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.>
 
Inoltre, nella particolare fattispecie sottoposta al Sempremo Giudice Amministrativo:
 
< Ciò premesso in diritto, la sezione osserva in fatto che contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la lex specialis della gara in contestazione, non ha introdotto un divieto assoluto di varianti in sede di formulazione delle offerte.
 
L’art. 6 del bando, infatti, nonostante l’apparente assolutezza del suo tenore letterale, specifica la propria portata attraverso il rinvio all’art. 11 (rectius 12) del capitolato speciale; quest’ultima disposizione, ancorché non brilli per chiarezza, è sufficientemente univoca – se interpretata conformemente al favor mostrato dall’ordinamento comunitario affinché le imprese possano proporre in sede di offerta le soluzioni tecnologiche più efficaci – nell’indicare che il progetto redatto dalla stazione appaltante e posto a base della gara è solo assimilabile a quello esecutivo e che potrà essere integrato da ciascuna impresa concorrente attraverso l’elaborazione di appositi < > che integrino o modifichino il progetto base.
 
Da tutta la documentazione allegata al fascicolo d’ufficio, emerge che le difformità progettuali paventate dalla ricorrente come capaci di stravolgere le linee guida del progetto base, in realtà sono semplici migliorie tecnologiche che la stazione appaltante ha valutato positivamente, senza trasmodare nell’arbitrio, nell’esercizio della sua insindacabile discrezionalità.>
 
Significativo inoltre appare il seguente pensiero in tema di giudizio delle offerte anomale
 
< Miglior sorte non tocca al quinto motivo dell’originario ricorso di prime cure.
 Sono da premettere, in diritto, alcune brevi considerazioni sul giusto procedimento esigibile in materia di valutazione delle offerte anomale, sulla natura del giudizio di anomalia e non anomalia, sulla consistenza della correlata motivazione, sul sindacato esercitabile dal giudice amministrativo.
Le valutazioni dell’amministrazione compiute in sede di riscontro dell’anomalia delle offerte, costituiscono espressione di un potere di natura tecnico – discrezionale, di per sé insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o errori di fatto (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3097).
In base al principio di autoresponsabilità, dotato di un particolare ambito applicativo in materia di valutazione delle offerte anomale, deve ritenersi legittimo il giudizio negativo formulato dalla stazione appaltante in considerazione:
a) del carattere non rigoroso e lineare delle giustificazioni dei costi posti a base dell’offerta esclusa;
b) dei margini di opinabilità intrinseci all’analisi di tutte o di talune voci di costo (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3097; sez. VI, 11 dicembre 2001, n. 6217).
Il dato essenziale è che l’amministrazione prenda in esame analiticamente tutte le giustificazioni e motivi la sua scelta in favore dell’anomalia; ciò non significa però, che una volta che l’impresa sia stata ammessa a giustificarsi in modo analitico e che l’amministrazione abbia confutato in modo parimenti analitico le voci di prezzo, occorra una ulteriore fase valutativa avente ad oggetto, formalmente, l’insieme globale dell’offerta (cfr. sez. IV, n. 3097 del 2007); si tratterebbe, infatti, di una attività procedimentale inutile, contrastante con il dovere di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa sancito dalla l. n. 241 del 1990.
La giurisprudenza è unanime nel ritenere che la stazione appaltante abbia il dovere di motivare congruamente il giudizio di anomalia dell’offerta e la conseguente esclusione della stessa.
Non è univoca, invece, per quanto riguarda la misura del dovere di motivare il giudizio di non anomalia.
In linea di principio si afferma il dovere di motivare anche gli atti favorevoli, quale è il giudizio di non anomalia.
Ma secondo un condivisibile orientamento non vi sarebbe un dovere di motivazione puntuale ed analitica, essendo sufficiente una motivazione espressa per relationem alle giustificazioni rese dall’impresa vincitrice (cfr. sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3554; sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1080; sez. VI, 6 agosto 2002, n. 4094; sez. VI, 3 aprile 2002, n. 1853; sez. IV, 14 febbraio 2002, n. 882).
Un diverso indirizzo esige, invece, una puntuale e rigorosa motivazione anche del giudizio positivo di non anomalia onde evitare argomentazioni apodittiche o apparenti a tutela effettiva della par condicio (sez. VI, 11 dicembre 2001, n. 6217)
La sezione aderisce al primo orientamento che costituisce un miglior punto di equilibrio fra il dovere di garantire la par condicio, le esigenze di salvaguardare gli spazi di autonomia tecnico discrezionale riservati all’amministrazione, l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa apprezzate in chiave sostanzialistica, conformemente al disegno riformatore enunciato nei principi divisati dall’art. 1, l. n. 241 del 1990. Tale bilanciamento appare quanto mai utile allorquando, come nel caso di specie, le censure appaiano di maniera, perché non suffragate da eclatanti percentuali di ribasso contenute nell’offerta giudicata favorevolmente.>
 
A cura di *************
 
N.3481/08 REG.DEC.     
N.4191   REG. RIC.        
ANNO 2007
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale   Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 41912007, proposto da ALFA Servizi Industriali s.p.a. – già Servizi Industriali s.p.a. – in proprio e quale mandataria con l’A.t.i. ALFABIS s.p.a., e da ******* s.p.a., ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati ****************** e ******************* ed elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in Roma, via Cosseria n. 5;
contro
Comune di Maleo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato ***********************, domiciliato in Roma, via di Ripetta n. 142;
e nei confronti di
BETA Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ***************, *************** e *************, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, ******************  n. 3.
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione prima, n. 1774 del 17 aprile 2007.
Visto il ricorso in appello;
visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Maleo e della BETA Italia s.p.a;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza del 16 maggio 2008 la relazione del consigliere *********, uditi gli avvocati *********, **** e *******;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con bando del 17 marzo 2005 è stata indetta, dal comune di Maleo, una procedura ristretta di gara ai sensi del d.lgs. n. 157 del 1995, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la messa in sicurezza e bonifica di alcune aree in località Cascina Sessa.
1.1. L’appalto è stato aggiudicato in via definitiva (cfr. deliberazione della giunta municipale n. 105 del 13 settembre 2006), al raggruppamento costituito dalle imprese BETA s.p.a. e Ramoco s.r.l. (in prosieguo BETA).
1.2. Al secondo posto si è classificata l’a.t.i. costituita fra la la capogruppo Servizi Industriali s.p.a. – poi divenuta ALFA Servizi Industriali s.p.a. – e la ALFABIS s.p.a. (in prosieguo ALFA).
2. Avversola su menzionata aggiudicazione e tutti gli atti posti in essere dal seggio di gara,  la ALFA è insorta davantial T.a.r. della Lombardia articolando i seguenti motivi:
a) violazione degli artt. 2, 6, 13 del bando di gara, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, punto 7, e 12 del capitolato speciale d’appalto, violazione del punto 6.2. della lettera di invito, violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare e del principio della par condicio, eccesso di potere per illogicità, incongruenza e disparità di trattamento; si deduce la difformità del progetto presentato dalla BETA rispetto a quanto espressamente richiesto dal capitolato (art. 1, punto 7), relativamente alla <>;
b) violazione degli artt. 2, 6, 13 del bando di gara, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, punto 10, e 12 del capitolato speciale d’appalto, violazione del punto 6.2. della lettera di invito, violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare e del principio della par condicio, eccesso di potere per illogicità, incongruenza e disparità di trattamento; si deduce la difformità del progetto presentato dalla BETA rispetto a quanto espressamente richiesto dal capitolato (art. 1, punto 10), relativamente alla <>;
c) violazione dell’art. 12 del bando di gara, degli artt. 6.1.5. lett. b) e 7 della lettera di invito, eccesso di potere per vizio del procedimento, errore e difetto dei presupposti e della motivazione, violazione della par condicio, illogicità e disparità di trattamento; si lamenta, da un lato, che l’aggiudicataria non avrebbe provato il possesso di un requisito previsto a pena di esclusione, ovvero l’aver effettuato un servizio analogo a quello oggetto dell’appalto, per un periodo di 36 mesi consecutivi compresi nel periodo dal gennaio 1999 a tutto il 2004, per un importo pari o superiore al 40% del valore a base di gara (IVA esclusa); dall’altro, che la stazione appaltante non avrebbe sciolto espressamente la riserva sul punto in questione;
d) violazione dell’art. 7 lett. b) della lettera di invito e dell’art. 14 del bando, violazione delle regole e dei principi della gara, eccesso di potere per vizio del procedimento, errore e difetto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta; si contesta il punteggio attribuito alla offerta della BETA relativamente <<….alle referenze di bonifiche analoghe per tipologia di intervento ….>> e la mancanza di una adeguata motivazione che renda comprensibile come gli elementi di giudizio siano stati tradotti in punteggio;
e) violazione dell’art. 16 del bando di gara, dell’art. 25, d.lgs. n. 157/1995, eccesso di potere per difetto di motivazione; si lamenta la mancanza di una congrua motivazione in ordineal giudizio di non anomalia dell’offerta della BETA.
2.1. Nel corso del giudizio di primo grado il comune di Maleo ha depositato due relazioni tecniche, illustrative dell’attività svolta dal seggio di gara in relazione alle soluzioni progettuali proposte dalla BETA ed alla procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta di quest’ultima.
Avverso tali relazioni la ALFA ha proposto motivi aggiunti affidati alle seguenti censure:
f) violazione degli artt. 3 e 21 octies, l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per vizio del procedimento, travisamento, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta; si contrasta la motivazione postuma che il comune avrebbe fornito ai provvedimenti impugnati col ricorso principale e l’insanabilità del difetto di motivazione in questione;
g) incompetenza, violazione dell’art. 21 octies, l. n. 241 del 1990, violazione della lex specialis della gara, eccesso di potere per vizio del procedimento, errore e difetto dei presupposti e della motivazione, illogicità manifesta; si contesta la competenza del responsabile del procedimento in ordine alla eventuale sanatoria del lamentato difetto di motivazione;
h) violazione degli artt. 3 e 21 octies, l. n. 241 del 1990, violazione della lex specialis e del progetto posto a base della gara, eccesso di potere per vizio del procedimento, travisamento, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta; si contrasta l’erroneità e la congruità del contenuto delle relazioni.
3. L’impugnata sentenza:
a) ha respinto, con dovizia di argomenti, tutte le censure articolate dal ricorrente;
b) ha dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso incidentale della BETA;
c) ha compensato le spese di lite.
4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato la ALFA ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. articolando sette complessi motivi di gravame.
5. Si sono costituiti il comune di Maleo e la BETA deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto; quest’ultima ha riproposto l’impugnativa incidentale articolata in prime cure.
6. Con ordinanza cautelare n. 3948 del 24 luglio 2007 è stata respinta la domanda di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza <>.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 16 maggio 2008.
7. L’appello è infondato e deve essere respinto.
Preliminarmente la sezione rileva che il thema decidendum del presente giudizio è delimitato dalle censure articolate in prime cure non potendosi tenere conto dei profili nuovi sollevati per la prima volta in sede di appello ed a fortiori in sede di comparsa conclusionale, avendo quest’ultima valore puramente illustrativo.
Per semplicità espositiva la sezione seguirà, pertanto, la tassonomia dei motivi sviluppati in primo grado.
8.1. Il primo ed il secondo motivo, che in considerazione della loro sostanziale identità possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
La tesi di fondo propugnata dalla ricorrente è che l’aggiudicataria avrebbe presentato una variante alternativa rispetto al progetto elaborato dalla stazione appaltante e posto a base della contestata gara.
La tesi è inaccoglibile.
In linea generale la previsione esplicita della possibilità di presentare varianti in sede di offerta per gli appalti di servizi, è contemplata dall’art. 24, d.lgs. n. 157 del 1995 (applicabile ratione temporis), in parte qua riproduttivo della disciplina recata dalla direttiva 92/50/Ce (ed oggi generalizzata dall’art. 76 del codice dei contratti pubblici per qualsivoglia appalto); l’amministrazione deve indicare, in sede di redazione della lex specialis, se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi.
 La ratio della scelta normativa comunitaria riposa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante ha maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici ma la complessità dell’offerta proposta, sicché nel corso del procedimento di gara potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall’amministrazione; nel caso invece di offerta selezionata col criterio del prezzo più basso, poiché tutte le condizioni tecniche sono predeterminate al momento dell’offerta e non vi è alcuna ragione per modificare l’assetto contrattuale, non è mai ammessa la possibilità di presentare varianti.
In ogni caso deve ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo, sia consentito alle imprese proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149).
La giurisprudenza nazionale ha elaborato alcuni criteri guida relativi alle varianti in sede di offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2003, n. 923; sez. V, 9 febbraio 2001, n. 578; sez. IV, 2 aprile 1997, n. 309):
         si ammettono varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.
         risulta essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l’offerente dia contezza delle ragioni che giustificano l’adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l’efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata;
         viene lasciato un ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, trattandosi dell’ambito di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ciò premesso in diritto, la sezione osserva in fatto che contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la lex specialis della gara in contestazione, non ha introdotto un divieto assoluto di varianti in sede di formulazione delle offerte.
L’art. 6 del bando, infatti, nonostante l’apparente assolutezza del suo tenore letterale, specifica la propria portata attraverso il rinvio all’art. 11 (rectius 12) del capitolato speciale; quest’ultima disposizione, ancorché non brilli per chiarezza, è sufficientemente univoca – se interpretata conformemente al favor mostrato dall’ordinamento comunitario affinché le imprese possano proporre in sede di offerta le soluzioni tecnologiche più efficaci – nell’indicare che il progetto redatto dalla stazione appaltante e posto a base della gara è solo assimilabile a quello esecutivo e che potrà essere integrato da ciascuna impresa concorrente attraverso l’elaborazione di appositi <<particolari costruttivi>> che integrino o modifichino il progetto base.
Da tutta la documentazione allegata al fascicolo d’ufficio, emerge che le difformità progettuali paventate dalla ricorrente come capaci di stravolgere le linee guida del progetto base, in realtà sono semplici migliorie tecnologiche che la stazione appaltante ha valutato positivamente, senza trasmodare nell’arbitrio, nell’esercizio della sua insindacabile discrezionalità.
Sotto tale angolazione è del tutto irrilevante, stante la terminologia anodina con cui è stata redatta la lex specialis, che il Gruppo di lavoro della Regione Lombardia – convocato su sollecitazione del comune di Maleo in data 25 luglio 2006 – abbia qualificato il progetto di bonifica presentato dalla BETA come <<variante alternativa>>.
L’esame sostanziale del verbale della seduta rende edotti che, al contrario, il progetto, all’epoca aggiudicato solo in via provvisoria, fu ritenuto perfettamente compatibile con i requisiti minimi essenziali individuati in sede di redazione del progetto base, tanto che si ammonì il comune a non approvare, in sede di esecuzione, perizie suppletive onde evitare aumenti di costi e contenziosi con terzi.
Le conclusioni cui è giunta la sezione rendono superflua la c.t.u. richiesta dall’appellante nella memoria dell’8 maggio 2008 (pagina 18).
8.2. Parimenti infondato è il terzo motivo.
Emerge per tabulas che la BETA ha esibito una certificazione avente ad oggetto una referenza positiva relativa allo svolgimento di servizio analogo svolto in favore della Comunità Montana Val Tiberina per un periodo consecutivo di 46 mesi (fra l’ottobre del 1999 e l’agosto del 2003).
Tale circostanza di fatto è sufficiente ad escludere ogni paventato profilo di illegittimità atteso che la lex specialis è univoca nel richiedere il periodo di 36 mesi continuativi (nel quinquennio di riferimento) come un elemento minimo e non massimo; né è stata dimostrata la violazione della percentuale di riferimento in ordine al valore posto a base di gara.
Quanto alla mancanza di un formale provvedimento di scioglimento della riserva, assunta dal seggio di gara nella seduta del 12 settembre 2005, la sezione rileva che trattasi, al più, di mera irregolarità non viziante, posto che emerge da tutto il contesto procedimentale l’univoca volontà provvedimentale di ammettere l’offerta della BETA.
8.3. Anche il quarto motivo non è suscettibile di favorevole esame.
La doglianza è inammissibile nella parte in cui aggredisce il merito delle valutazioni discrezionali rimesse alla commissione attraverso l’attribuzione del punteggio numerico; inoltre, sulla scia del tradizionale indirizzo giurisprudenziale, la sezione ritiene che non possa richiedersi una specifica giustificazione del punteggio assegnato, allorquando, come nel caso di specie, i criteri che presiedono alla concreta individuazione dello stesso, siano puntualmente predeterminati.
Del tutto indimostrati risultano, infine, i paventati errori di valutazione che avrebbe commesso la commissione in sede di scrutinio delle referenze esibite dalla controinteressata.
8.4. Miglior sorte non tocca al quinto motivo dell’originario ricorso di prime cure.
 Sono da premettere, in diritto, alcune brevi considerazioni sul giusto procedimento esigibile in materia di valutazione delle offerte anomale, sulla natura del giudizio di anomalia e non anomalia, sulla consistenza della correlata motivazione, sul sindacato esercitabile dal giudice amministrativo.
Le valutazioni dell’amministrazione compiute in sede di riscontro dell’anomalia delle offerte, costituiscono espressione di un potere di natura tecnico – discrezionale, di per sé insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o errori di fatto (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3097).
In base al principio di autoresponsabilità, dotato di un particolare ambito applicativo in materia di valutazione delle offerte anomale, deve ritenersi legittimo il giudizio negativo formulato dalla stazione appaltante in considerazione:
a) del carattere non rigoroso e lineare delle giustificazioni dei costi posti a base dell’offerta esclusa;
b) dei margini di opinabilità intrinseci all’analisi di tutte o di talune voci di costo (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3097; sez. VI, 11 dicembre 2001, n. 6217).
Il dato essenziale è che l’amministrazione prenda in esame analiticamente tutte le giustificazioni e motivi la sua scelta in favore dell’anomalia; ciò non significa però, che una volta che l’impresa sia stata ammessa a giustificarsi in modo analitico e che l’amministrazione abbia confutato in modo parimenti analitico le voci di prezzo, occorra una ulteriore fase valutativa avente ad oggetto, formalmente, l’insieme globale dell’offerta (cfr. sez. IV, n. 3097 del 2007); si tratterebbe, infatti, di una attività procedimentale inutile, contrastante con il dovere di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa sancito dalla l. n. 241 del 1990.
La giurisprudenza è unanime nel ritenere che la stazione appaltante abbia il dovere di motivare congruamente il giudizio di anomalia dell’offerta e la conseguente esclusione della stessa.
Non è univoca, invece, per quanto riguarda la misura del dovere di motivare il giudizio di non anomalia.
In linea di principio si afferma il dovere di motivare anche gli atti favorevoli, quale è il giudizio di non anomalia.
Ma secondo un condivisibile orientamento non vi sarebbe un dovere di motivazione puntuale ed analitica, essendo sufficiente una motivazione espressa per relationem alle giustificazioni rese dall’impresa vincitrice (cfr. sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3554; sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1080; sez. VI, 6 agosto 2002, n. 4094; sez. VI, 3 aprile 2002, n. 1853; sez. IV, 14 febbraio 2002, n. 882).
Un diverso indirizzo esige, invece, una puntuale e rigorosa motivazione anche del giudizio positivo di non anomalia onde evitare argomentazioni apodittiche o apparenti a tutela effettiva della par condicio (sez. VI, 11 dicembre 2001, n. 6217)
La sezione aderisce al primo orientamento che costituisce un miglior punto di equilibrio fra il dovere di garantire la par condicio, le esigenze di salvaguardare gli spazi di autonomia tecnico discrezionale riservati all’amministrazione, l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa apprezzate in chiave sostanzialistica, conformemente al disegno riformatore enunciato nei principi divisati dall’art. 1, l. n. 241 del 1990. Tale bilanciamento appare quanto mai utile allorquando, come nel caso di specie, le censure appaiano di maniera, perché non suffragate da eclatanti percentuali di ribasso contenute nell’offerta giudicata favorevolmente.
Facendo applicazione dei su esposti principi all’odierna fattispecie emerge ictu oculi l’inammissibilità e l’infondatezza delle singole doglianze mosse al giudizio di non anomalia effettuato dalla stazione appaltante.
8.5. Relativamente ai motivi aggiunti articolati avverso le due relazioni del 17 novembre 2006, la sezione ne rileva la palese inammissibilità in quanto aggrediscono atti privi di valenza provvedimentale.
In ogni caso, qualora si ritenessero le doglianze sviluppate nell’atto di motivi aggiunti indirizzate avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva, le stesse sarebbero sicuramente irricevibili per tardività.
Infine e solo per completezza, la sezione rileva che non si configura la violazione del divieto di motivazione postuma (lamentato dal ricorrente anche a pagina 45 dell’atto di gravame), laddove le ragioni del provvedimento siano comunque chiaramente intuibili in base alla parte dispositiva del provvedimento stesso (come si verifica nel caso di specie), rappresentando la successiva relazione redatta dall’amministrazione ai fini di difesa in giudizio, una mera esplicitazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5271); tanto perché l’obbligo di motivazione può ritenersi adeguatamente adempiuto qualora l’iter logico delle scelte e delle valutazioni tecnico – discrezionali emerga agevolmente dallo scrutinio complessivo del provvedimento o del procedimento all’interno (o a conclusione del quale) quest’ultimo si vada ad inserire (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1343).
9. In conclusione l’appello principale deve essere respinto; a tanto consegue l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, dell’appello incidentale proposto dalla BETA.
Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
          respinge l’appello principale e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;
          dichiara improcedibile l’appello incidentale;
          condanna gli appellanti, in solido fra loro, a rifondere in favore del comune di Maleo e della BETA Italia s.p.a le spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 5.000/00, oltre accessori come per legge (12,50% a titolo di spese generali, I.V.A. e C.P.A.), in favore di ciascuna parte.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 maggio 2008, con la partecipazione di:
***************                     – Presidente f.f.
************                             – Consigliere
***************                         – Consigliere
Vito Poli Rel. Estensore         – Consigliere
************                           – Consigliere
 
ESTENSORE                                     IL PRESIDENTE
f.to Vito Poli                                     f.to ***************
 
IL SEGRETARIO
f.to *************
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
L’ 11-07-08
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to ********************

Lazzini Sonia

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