In tema di “falso innocuo”

Lazzini Sonia 14/07/11
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La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha recepito tale nozione di origine penalistica anche ai fine di escludere la rilevanza della falsità delle dichiarazioni non veritiere rese dai soggetti partecipanti alle gare pubbliche ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs 163 del 2006 (e prima ancora dell’art. 75 del D.P.R. 554/99) tutte le volte che essa non abbia prodotto alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma che impone di attestare una determinata circostanza (sia essa contenuta nella legge o nel bando) e non abbia procurato all’impresa dichiarante alcun vantaggio competitivo (Cons. Stato, V, 09 novembre 2010 n. 7967).

In particolare, è stato ritenuto un falso innocuo l’omessa menzione degli amministratori o direttori cessati dalla carica qualora tali soggetti risultino penalmente incensurati e, pertanto, la loro indicazione nella dichiarazione resa alla stazione appaltante non avrebbe in alcun modo potuto incidere sull’esito del giudizio sulla ammissibilità dell’offerta.

E’ stata altresì ritenuta irrilevante anche la mancata menzione di condanne riportate da soci amministratori o direttori della società offerente qualora il bando di gara richieda genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione rimettendo, così, alla impresa offerente la valutazione circa la gravità o non gravità delle condotte dei propri rappresentanti (Cons. Stato, VI, 4/08/2009 n. 4907).

Il medesimo Consiglio di Stato ha, tuttavia, precisato che nell’ambito dei rapporti amministrativi la valutazione del carattere innocuo del falso deve essere compiuta “ex ante”, con la conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione (Cons. Stato, VI, 8 luglio 2010 n. 4436).

Il Supremo consesso ha altresì stabilito che qualora la lex specialis di gara richieda all’impresa informazioni puntuali che non lascino spazio a valutazioni in ordine alla rilevanza o meno di determinate informazioni, la loro omissione costituisce una legittima causa di esclusione (Cons. Stato, VI, 4907/09 cit.).

Tale è, appunto, la situazione che ricorre nel caso di specie.

Il bando di gara richiedeva, infatti, alle imprese offerenti di rilasciare una doppia dichiarazione con riguardo: a) al fatto che nel triennio precedente la data di pubblicazione del bando non fosse cessato né fosse stato sostituito il titolare, il socio, l’amministratore munito di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico; b) al fatto che i soggetti eventualmente cessati non avessero riportato condanne penali tali da incidere sulla affidabilità morale e professionale.

La prima parte della prescrizione della lex specialis non chiedeva, quindi, alle imprese offerenti di indicare solo i soggetti cessati che avessero riportato condanne incidenti sulla moralità professionale, ma imponeva l’indicazione dei nominativi di “tutti i soci, amministratori o direttori tecnici cessati o sostituiti per consentire alla stazione appaltante di effettuare, se del caso, i relativi controlli.

L’omissione della menzione del Direttore tecnico cessato non può, quindi considerarsi un falso innocuo sia perché contrasta con una specifica prescrizione disposta dalla lex specialis a pena della esclusione, sia perché l’indicazione del soggetto cessato non poteva ritenersi ex ante potenzialmente inidonea ad incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione.

Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso.

E’ vero, infatti, che, eccettuati i reati indicati testualmente dalla legge, per i restanti, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica della loro incidenza sulla moralità professionale attiene all’esercizio del potere discrezionale della p.a. e deve essere operata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (cfr., Cons. St., sez. V, 12 aprile 2007 n. 1723).

Tuttavia, nella specie, l’Amministrazione ha valutato tutti gli elementi inerenti in concreto il reato commesso dal signor A_, considerando che la sentenza penale, divenuta definitiva, riguarda il reato di appropriazione indebita continuata ed aggravata da egli dolosamente commesso nell’esercizio della propria attività di imprenditore edile a danno dei propri dipendenti.

Trattandosi di un reato connesso al tipo di attività che il soggetto sarebbe chiamato a svolgere, non risalente nel tempo, la cui gravità è correlata alla circostanza che l’accertata condotta consiste nella violazione di doveri inderogabili che proteggono non solo il patrimonio astrattamente considerato ma anche i lavoratori dell’impresa, appare esente da censure la valutazione della Stazione appaltante che la ha ritenuta contraria alla moralità professionale, anche alla luce degli altri precedenti penali di cui l’A_ risultava gravato.

Peraltro, la cessazione dalla carica di direttore tecnico da parte del Sig. A_ e la cessione delle sue partecipazioni della Ricorrente Costruzioni S.r.L. non possono considerarsi idonee misure di dissociazione della Società dalle condotte penalmente sanzionate, non essendovi la prova che tali eventi siano stati determinati dalla volontà di allontanare dalla compagine sociale il predetto soggetto a causa del reato da esso commesso.

La domanda di annullamento deve, quindi, essere respinta.

E la stessa sorte merita anche la domanda risarcitoria che, in difetto della illegittimità dell’atto impugnato, risulta essere del tutto priva di fondamento.

Lazzini Sonia

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