In pendenza di divorzio l’assegno di mantenimento si può modificare

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La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 27/03/2020 n. 7547, ha affermato che, nonostante la causa di divorzio sia pendente, la misura dell’assegno di mantenimento stabilita in sede di separazione può essere modificata.

Nel caso specifico non si ha nessuna sovrapposizione tra la decorrenza dell’assegno stabilita in sede di separazione e quella stabilita dal presidente nel giudizio di divorzio.

L’assegno stabilito alla separazione cessa nel mese che precede quello dal quale inizia la decorrenza dell’assegno divorzile.

Prima di parlare della questione relativa alla sentenza scriviamo qualcosa sull’assegno di mantenimento.

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In che cosa consiste l’assegno di mantenimento

Il mantenimento reciproco tra coniugi ha la sua relazione giuridica nel dovere di assistenza morale e materiale a carico di ognuno degli sposi (art. 143 c.c.).

La comunione di intenti e di beni, fondamento del matrimonio, caratterizza e diversifica questo istituto da qualsiasi altro accordo contrattuale.

Il dovere di mantenimento nei confronti dell’altro coniuge e della famiglia esiste in pendenza di vincolo matrimoniale, e l’erogazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge separato privo di redditi ha il suo obbligo di legge nell’articolo 156 del codice civile.

Con la separazione personale, sia consensuale sia giudiziale,il vincolo matrimoniale non viene sciolto ma sospeso in modo transitorio, in attesa della sentenza di divorzio.

La separazione si potrebbe anche non modificare e mai in una richiesta di divorzio e, si potrebbe anche interrompere avvenuta riconciliazione tra le parti che farebbe decadere i suoi effetti.

Lo status giuridico di coniuge resta inalterato mentre cambiano alcuni aspetti legati al matrimonio, ad esempio, l’obbligo di fedeltà e di convivenza.

Si congelano quei doveri di assistenza morale e di collaborazione, resta attivo il dovere di assistenza materiale che va a confluire nella determinazione dell’assegno di mantenimento per quel coniuge che ha bisogno di un sostentamento perché provo di redditi o con redditi insufficienti per adempiere alle sue necessità.

La condizione essenziale perché si generi questo onere a carico di uno dei due coniugi separati è la non titolarità di adeguati redditi propri.

Con la parola “adeguato” si intende quel reddito prodotto da una persona in modo autonomo e capace di consentirne il mantenimento del tenore di vita adottato in costanza di matrimonio.

Secondo una recente sentenza della Suprema Corte di cassazione, tra i fattori che possono incidere sull’assegno di mantenimento negandone l’attribuzione, rientrano, la reale capacità di produrre reddito anche in considerazione dell’età, il tenore di vita e la breve durata della coabitazione (Cass. n. 13902/2019).

Se la separazione è consensuale, i due coniugi con la consulenza di un avvocato, dovranno stabilire tra i vari punti dell’accordo, anche l’ammontare dell’importo dovuto per l’assegno di mantenimento. Quando il Tribunale accerta l’equità dell’accordo, anche in tutela degli interessi di eventuali figli, provvederà all’omologazione delle condizioni determinando la separazione legale.

I dettagli sul mantenimento potranno poi essere modificati in modo consensuale, senza che abbia luogo un altro giudizio di omologazione.

In caso di mancato accordo, oppure in presenza di una specifica richiesta di addebito della separazione da parte di uno dei coniugi, si procede in diverso modo.

In presenza di simili circostanze, è compito del giudice stabilire a chi attribuire le eventuali violazioni degli obblighi matrimoniali, che non potrà beneficiare dell’assegno, e dettare le condizioni in un procedimento di separazione giudiziale.

La determinazione dell’assegno di mantenimento, che si fa anche se nessuna delle parti ha chiesto l’addebito, è molto legata all’individuazione della parte più svantaggiata a causa della sospensione del matrimonio se non dovesse essere in grado di garantire lo stesso tenore di vita del quale godeva in precedenza.

Il compito del giudice è mettere in equilibrio le reali capacità economiche della coppia separata stabilendo il giusto valore del mantenimento.

Se si dovesse verificare un inadempimento da parte del coniuge obbligato a corrispondere l’assegno, il giudice potrà disporre del sequestro dei beni o richiedere a terzi il versamento del denaro dovuto.

Ritorniamo alla questione relativa alla sentenza.

La modifica assegno di mantenimento

Nel giudizio di separazione tra coniugi la Corte d’appello aveva elevato a 750 euro complessivi (450 per la ex moglie e 300 per la figlia), l’assegno di mantenimento dovuto dall’ex marito e padre da novembre 2014 a settembre 2015.

In sede di divorzio le somme stabilite a suo carico, in sede presidenziale, ammontano a 800 euro a partire dal mese di ottobre 2015.

L’ammontare dell’assegno in pendenza di causa divorzio

Il soggetto obbligato decide di fare ricorso in Cassazione, ritenendo che il giudice della separazione abbia sovrapposto in modo indebito la sua decisione a quella adottata in sede di divorzio.

Secondo il ricorrente, in pendenza della causa di divorzio, la Corte d’Appello non aveva il potere di rideterminare la misura dell’assegno, anche perché in quella sede il presidente, in data 14 ottobre 2016, aveva valutato l’intero arco di tempo, dall’inizio del giudizio, confermando l’importo stabilito dal tribunale.

La decisione della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7547/2020, ha dichiarato il ricorso infondato.

Secondo la Corte il giudice dell’impugnazione ha applicato in modo corretto il principio che gli consente di giudicare sulla domanda di attribuzione e di modifica del contributo al mantenimento per il coniuge e i figli, anche se pende il giudizio di divorzio, a meno che il presidente non abbia adottato provvedimenti provvisori e urgenti nella fase presidenziale o in quella istruttoria.

Esclusivamente in questo caso i provvedimenti prevalgono e assorbono le statuizioni adottate in sede di separazione quando vengono adottati o ne è fissata la decorrenza.

 

Questo perché i provvedimenti economici adottati in sede di separazione restano vigenti sino a quando non viene adottato, in via provvisoria o definitiva, un altro regolamento in fase di divorzio.

Nel caso in questione si evidenzia anche in che modo il giudice della separazione, stabilendo la decorrenza del contributo sino settembre a 2015, non si è sovrapposto alle decisioni assunte in sede divorzile, perché ha fissato l’inizio dell’assegno a partire da ottobre 2015.

La Cassazione ha ricordato come “la pronuncia di divorzio, operando ex nunc dal momento del passaggio in giudicato, non comporti la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale (o di modifica delle condizioni di separazione) iniziato anteriormente e ancora pendente, ove esista l’interesse di una delle parti all’operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali”.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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