In materia di confisca, in cosa consistono il prezzo e il profitto del reato

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Indice

1. La questione

Il Tribunale di Roma applicava all’imputato la pena ai sensi dell’art. 444, cod. proc. pen., per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, disponendo al contempo la confisca del denaro sequestratogli ritenendolo provento di spaccio.
Ciò posto, avverso questo provvedimento la difesa proponeva ricorso per Cassazione, deducendo vizio di motivazione ritenendo, a suo avviso, indimostrato il nesso strumentale tra quelle somme e l’attività delittuosa, e comunque evidenziando l’assenza di giustificazione sul punto.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il ricorso era ritenuto fondato.
In particolare, gli Ermellini facevano prima di tutto presente che la confisca può avere ad oggetto le cose funzionali alla commissione del reato, quelle intrinsecamente illecite – ai sensi del comma 2, n. 2), dell’art. 240, cod. pen., o di altre specifiche disposizioni di legge – nonché quelle che costituiscono il “prezzo“, il “prodotto” od il “profitto” del reato, a norma del comma 1 e del comma 2, n. 1), del medesimo art. 240.
Premesso ciò, il Supremo Consesso osservava come, nel caso di specie, detta misura fosse stata giustificata perché il denaro era stato ritenuto «provento» di attività delittuosa, rilevandosi al contempo che tale definizione – quantunque atecnica, perché estranea al testo normativo – consentiva tuttavia di circoscrivere la disamina, per affinità semantica, alle nozioni di “profitto” e di “prezzo” del reato fermo restando che quest’ultimo concetto è concordemente individuato nel compenso, dato o promesso, per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato (per tutte, Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996).
Invece, come sempre dedotto nella pronuncia qui in commento, più laboriosa è stata l’elaborazione della giurisprudenza di legittimità sulla nozione di “profitto”, che tuttavia può ritenersi pervenuta, per la Corte di legittimità, ad approdi ormai condivisi.
In effetti, limitando a richiamare i concetti rilevanti nella concreta fattispecie in esame, il Supremo Consesso affermava che, per profitto di reato, s’intende per tale il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato e, dunque, esso presuppone l’accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta dell’agente.
Il criterio selettivo di ciò che può essere confiscato a titolo di profitto, di conseguenza, sempre ad avviso dei giudici di piazza Cavour, è rappresentato dalla pertinenzialità della cosa rispetto al reato, nel senso che occorre una correlazione diretta del vantaggio con il reato ed una stretta affinità con l’oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire dall’illecito (per tutte, Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008; Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007; nonché, quantunque non massimate su tali specifici punti: Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014; Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009; Sez. U, n. 29952 del 24/05/2004; Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004; Sez. U, n. 920 del 17/12/2003).
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto alla fattispecie in esame, la Cassazione riteneva come non vi fossero i presupposti per considerare configurabile, né il prezzo, né il profitto del reato.
Nel dettaglio, quanto al profitto del reato, una volta fatto presente che al ricorrente si addebitava esclusivamente di avere detenuto un determinato quantitativo di sostanza stupefacente a scopo di venderla, ma non già di averla venduta, gli Ermellini asserivano come le somme rinvenute nella sua disponibilità e sequestrategli non potessero mai rappresentare il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta da tale detenzione a scopi illegali, né poteva rilevare l’ipotetica provenienza di quel denaro da precedenti attività illecite, quand’anche dello stesso tipo, peraltro neppure presunte ma, al più, soltanto presumibili e, comunque, esulanti dalla contestazione.
Ciò posto, quanto al prezzo del reato, i giudici di legittimità ordinaria parimenti evidenziavano come le somme di cui si discorre non potessero neppure qualificarsi come tali, non risultando, dalle emergenze probatorie in atti, elementi da cui inferire che siffatte somme di denaro potessero considerarsi come compenso, dato o promesso, per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato.
La sentenza impugnata era, pertanto, annullata senza rinvio in parte qua, non emergendo dalla relativa motivazione, ad avviso della Corte di legittimità, gli estremi per una diversa possibilità di giustificazione della misura ablativa.

3. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito, in materia di confisca, cosa debbono intendersi per prezzo e per profitto del reato.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in materia di confisca, il prezzo del reato consiste nel compenso, dato o promesso, per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato mentre il profitto del reato è il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato, fermo restando che il criterio selettivo di ciò che può essere confiscato a titolo di profitto è rappresentato dalla pertinenzialità della cosa rispetto al reato, nel senso che occorre una correlazione diretta del vantaggio con il reato ed una stretta affinità con l’oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire dall’illecito.
Tale provvedimento, quindi, ben può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se ricorrono il prezzo o il profitto del reato, come tali, confiscabili a norma dell’art. 240 cod. pen..
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere positivo.

FORMATO CARTACEO

Compendio di Diritto Penale – Parte speciale

Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione).   Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.

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Sentenza collegata

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