L’imposizione straordinaria nell’ordinamento italiano: note storiche

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Le imposte straordinarie, nella loro definizione elementare, sono tributi con le caratteristiche di novità, autonomia e eccezionalità. La prassi sempre osservata nella storia degli ordinamenti giuridici dell’Italia unita in materia di imposizione straordinaria, quanto all’oggetto imponibile, appare tanto chiara quanto coerente. Le imposte straordinarie infatti si sono dirette sempre verso il capitale e il patrimonio, delle persone fisiche o delle società; in alcuni casi mirando beni che, secondo la sensibilità sociale del momento, potevano essere considerati come un lusso e che comunque costituivano assets non trascurabili nell’insieme dei beni patrimoniali.
Per l’approfondimento si consiglia: Compendio di Diritto tributario

Indice

1. Le imposte straordinarie nella storia d’Italia


Tali imposte accompagnano la storia dell’Italia unita e del suo ordinamento, da quando le conseguenze  eccezionali della Grande Guerra posero la necessità per le finanze pubbliche di procurarsi entrate straordinarie.
La dimensione di straordinarietà dell’imposta deve infatti essere giustificata da spese imprevedibili o da una situazione drammatica che ha inciso sulle finanze pubbliche; al punto che il presupposto, in quanto carattere essenziale,  delle imposte straordinarie è stato sempre individuato nella necessità.
Una visione dei principali episodi di imposizione straordinaria dovrebbe illustrare il concetto.

2. Il Regno d’Italia


Il primo esempio di imposta straordinaria rientra nei cambiamenti strutturali che, durante la I Guerra Mondiale e ancora più negli anni successivi, stravolgono l’ordinamento giuridico italiano toccando in profondità gli ambiti delle finanze e del credito, né poteva essere altrimenti, dato l’impatto dell’impegno bellico.
Il R.D.L. 5 febbraio 1922, n. 78 presenta una articolazione complessa e dettagliata per circostanziare il prelievo straordinario sulla ricchezza nazionale delle persone fisiche e degli enti collettivi, escluse le società per azioni. Fissa una soglia minima per essere soggetti passivi dell’imposta, ossia detenere un patrimonio imponibile al 1° gennaio 1920 in misura pari o superiore a lire 50.000. Prevede inoltre una notevole progressività dell’aliquota da 0,22% a 2,50%; quasi ovvie le esenzioni parziali per i danni di guerra. Vista la situazione complessiva della società e dello Stato, e in particolare la situazione finanziaria, a tutti presente, era inutile farvi riferimento esplicito nel testo del decreto, che si motiva comunque in base alla drammaticità e all’urgenza della situazione.

3. L’ordinamento fascista


La l. 31 gennaio 1926, n. 100, delinea una disciplina compiuta al potere del Governo di emanare norme giuridiche; l’art. 3 chiarisce che si giustifica esclusivamente in base alla situazione di necessità e urgenza, distinguendo così il Regio Decreto Legge dal Regio Decreto Legislativo che è invece privo di tale presupposto.
Il R.D.L. 5 ottobre 1936, n. 1743, convertito dalla legge n. 151 del 14 gennaio 1937, istituisce una imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare. Il Preambolo recita: “Vittorio Emanuele III… Ritenuta la urgente necessità di provvedere alla emissione di un nuovo prestito pubblico per valorizzare la Vittoria conseguita in Africa Orientale, e per procurare i mezzi necessari a garantire la sicurezza nazionale”. Si trattava di salvare l’esercizio finanziario in corso, compromesso dallo sforzo bellico resosi necessario, in misura maggiore di quanto preventivato, per debellare le forze dell’impero etiope e dall’impegno non meno gravoso per consolidare la vittoria militare in un territorio ostile. La scelta di colpire la proprietà immobiliare fu dettata dalla relativa facilità degli accertamenti relativi. Il presupposto di motivazione dell’imposta non avrebbe potuto essere più esplicito.
Nell’approssimarsi della conclusione dell’esercizio finanziario successivo, visto che le misure adottate all’inizio di ottobre 1936 non erano state in grado di fornire i risultati auspicabili, il prelievo straordinario si orienta verso le società per azioni.
Il R.D.L. 19 ottobre 1937, n. 1729, convertito dalla legge n. 19 del 13 gennaio 1938, prevede una imposta straordinaria sul capitale delle società per azioni, costituite in forma anonima o di accomandita. Preambolo: “Vittorio Emanuele III… Ritenuta la urgente necessità di provvedere ad assicurare, in relazione alle esigenze del bilancio, nuove entrate tributarie”. Viene così ribadito il riferimento allo stato di necessità e all’urgenza di adottare le misure necessarie per farvi fronte, quali presupposti dell’imposizione straordinaria.
Tale necessità si trova ulteriormente ribadita allorché, nel 1938, l’onda lunga dell’impegno in Africa Orientale, assieme a altre voci più o meno imprevedibili legate sempre a esigenze militari, continuava a incidere sui bilanci pubblici.
Il R.D.L. 9 novembre 1938, convertito dalla legge n. 250 del 19 gennaio 1939 istituisce una imposta straordinaria sul capitale delle aziende industriali, comunque costituite. Presenta testualmente lo stesso preambolo del decreto dell’anno precedente.


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4. Gli albori della Repubblica


Del tutto superfluo anche solo accennare a come le finanze pubbliche e l’Italia nella sua stessa dimensione fisica siano state sconvolte dalla catastrofe del secondo conflitto mondiale.
Per ovviare almeno in parte e al dissesto finanziario e alle esigenze apparentemente inesauribili di spesa pubblica per la ricostruzione, la neonata repubblica adotta lo strumento dell’imposizione straordinaria già nelle fasi in cui il nuovo ordinamento sta prendendo forma.
L’imposta straordinaria viene istituita con un decreto legislativo e non con un decreto legge, forse per la diffidenza che questo suscitava visto come era stato riformulato con la l. del 1926 onde esaltare la funzione normativa dell’esecutivo.
Il D. Lgs. del Capo provvisorio dello Stato 1° settembre 1947 n. 143 dettaglia la previsione di varie tipologie di imposizione straordinaria. Una patrimoniale su tutti i beni esistenti nello Stato e sui beni all’estero dei cittadini italiani posseduti al 28 marzo 1947, fortemente progressiva con aliquote dal 6% al 61,61%. Accanto a essa è previsto anche un altro tributo straordinario, ma non del tutto autonomo, una imposta proporzionale quale addizionale all’imposta patrimoniale ordinaria. Le attività produttive venivano specificamente colpite dall’imposta straordinaria proporzionale sulle società e sugli enti: per le società il patrimonio imponibile era calcolato in base a valori del primo trimestre 1947, precisamente per le società quotate sulla media dei prezzi di compenso mentre per le società non quotate in base ai criteri di valutazione valevoli per l’imposta di negoziazione e, per le aziende industriali e commerciali, del valore dei vari elementi che lo componevano.
Anche in questo caso doveva apparire pleonastico un preambolo che facesse riferimento allo stato di necessità, dal momento che in tale stato versavano tutti i cittadini italiani.

5. Le emergenze degli anni ‘70


Un quarto di secolo trascorre senza episodi di imposizione straordinaria, fino alla prima grave crisi che il paese si trova a affrontare dopo il ‘boom economico’, determinata dall’approvvigionamento di energia che allora era dato in larga misura dalle importazioni di petrolio e dai prezzi che questo toccava segnando sempre nuovi massimi.
Tra le misure che, in chiave di finanza pubblica, l’esecutivo si trova a dovere adottare (si trattò più di costrizione a fare il possibile che di scelta tra varie opzioni) col D. L. 6 luglio 1974 n. 251 convertito in l. 14 agosto 1974 n. 346, gli artt. 4 e 5 prevedono l’imposta straordinaria su autoveicoli, motocicli, secondo la potenza fiscale. L’art. 1 del decreto induca quale presupposto dell’imposizione la crisi petrolifera, del resto a tutti ben presente.
Una regione, il Friuli, viene distrutta dai terremoti nel 1976. La calamità, per definizione imprevedibile, pone esigenze di spesa colossali per una finanza pubblica già in cattivo stato.
Lo strumento dell’imposizione straordinaria si propone ancora una volta, assieme a altri, quale risposta positiva perché segnata dalla necessaria celerità.
Il D. L. 18 settembre 1976 n. 649 prevede all’art. 42 l’imposta straordinaria su veicoli a motore, autoscafi e aeromobili (l’esempio di due anni prima aveva evidentemente dato un esito positivo). Il preambolo fa un esplicito riferimento: “vista la necessità e l’urgenza di disporre interventi per le zone del Friuli-Venezia Giulia colpite dagli eventi sismici dell’anno 1976”.

6. La crisi finanziaria degli anni ‘90


Forse la prima catastrofe genuinamente finanziaria investe le casse dello Stato all’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso, con la combinazione tra l’emergere di criticità accumulatesi nei conti pubblici e gli impegni richiesti dalla partecipazione all’Unione economica e monetaria europea.
Questa situazione si impone nella sua oggettività ma riceve anche una valutazione di tipo politico da parte del gabinetto in termini di stato di necessità che sollecita misure urgenti. Il D. L. 11 luglio 1992 n. 333 convertito in l. 8 agosto 1992 n. 359, art. 7 c, 6, istituisce la più immediata tra le imposte straordinarie: una imposta immobiliare dello 0,6% sui conti correnti, che può venire prelevata automaticamente. Il preambolo non manca di esplicitare lo stato di necessità, qualificato da un carattere di straordinarietà: “Il Presidente della Repubblica… Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il risanamento della finanza pubblica”.
La situazione delle finanze pubbliche non sembra però migliorare sensibilmente e da lì a due mesi consiglia una ulteriore imposizione straordinaria.
Il D. L. 19 settembre 1992 n. 384 convertito in l. 14 novembre 1992 n. 438 prevede un’imposta straordinaria su autovetture e autoveicoli di lusso, elicotteri e velivoli, imbarcazioni da diporto. Le ragioni illustrate nel preambolo del decreto non si discostano da quelle di due mesi prima: “il Presidente della Repubblica… Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di fronteggiare con interventi adeguati la grave situazione economica e finanziaria”.
Ancorché in termini meno drammatici, la situazione finanziaria pubblica era ben lungi dall’andare verso un assestamento. Tale non difficile constatazione spiega una ulteriore valutazione politica da parte dell’esecutivo, nell’estate dell’anno dopo; considerare il dissesto finanziario alla stregua di uno stato di necessità e adottare quindi, motivatamente, misure di carattere urgenziale.
Il D. L. 30 agosto 1993 n. 331 convertito senza modifiche il 29 ottobre 1993 all’art. 65 istituisce ancora una imposta straordinaria su autovetture, autoveicoli e motocicli di lusso, in misura fissa secondo scaglioni di cavalli fiscali.
Il preambolo si trova in un dilemma. Non può sottrarsi all’impegno di motivare la straordinarietà dell’imposizione facendo, come ormai imposto dalla prassi, riferimento allo stato di necessità. D’altro canto, configurare quale necessità una situazione finanziaria sconfortante ma prevedibile è una forzatura evidente. La formulazione finisce così per non precisare che cosa configuri lo stato di necessità, invocandone semplicemente la sussistenza: “Il Presidente della Repubblica… Ritenuta   la   straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni   concernenti…  l’istituzione per il 1993  di un’imposta erariale  straordinaria  su taluni beni”.
Va però tenuto conto del fatto che il dispositivo del 1993 prorogava l’imposta istituita l’anno precedente, configurando la (peraltro difficilmente inquadrabile) fattispecie di una imposta straordinaria che viene, almeno per un certo lasso di tempo, a consolidarsi nell’ordinarietà.
Senza addentrarsi ulteriormente in tale questione spinosa, tanto basti a spiegare l’elusività delle motivazioni, che comunque non mancano e che si inseriscono nella prassi consolidata, ribadendo così come irrinunciabile il presupposto del tributo nelle condizioni oggettive di necessità.
Da queste considerazioni rimane volutamente al di fuori il tema del rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali e i relativi interventi in materia tributaria, tra il primo e il secondo decennio del nostro secolo, poiché non possono essere considerati a pieno titolo quali forme di imposizione straordinaria mancando il nesso con la finanza straordinaria; pertanto hanno presupposti diversi.

7. Il presupposto dell’imposizione straordinaria: necessità e urgenza


La prassi consolidata in un secolo di Stato italiano richiede che l’imposizione straordinaria abbia come presupposto lo stato di necessità, del tutto oggettivo nella sua drammaticità e che sollecita scelte dettate dall’urgenza.
Si potrebbe pensare che la necessità e l’urgenza che ne consegue costituiscano il presupposto non dell’imposta ma esclusivamente dello strumento normativo con cui viene istituita.
Non è così.
Quando viene istituita l’imposta straordinaria del 1922, il Regio Decreto Legge non presenta i requisiti che lo connettono alla necessità e all’urgenza ma avrebbe assunto tali caratteri solo in seguito alla l. 31 gennaio 1926, n. 100.
La prima imposta straordinaria nel contesto del nuovo ordinamento repubblicano viene istituita con un Decreto Legislativo privo in sé del presupposto di necessità, che al contrario sussiste riguardo all’imposta. Ciò chiarisce che nemmeno nell’ordinamento repubblicano si dà la possibilità di considerare la necessità e l’urgenza come presupposti dello strumento normativo con cui l’imposta viene istituita. Pertanto non possono che essere il presupposto dell’imposta stessa.

8. Lo stato di necessità


Lo stato di necessità è presente nel nostro ordinamento, in collocazioni diverse ma con tratti di fondo coerenti e non difficilmente individuabili.
Lo stato di necessità è un insieme più o meno complesso di condizioni concorrenti segnato da alcuni caratteri essenziali: oggettività, sussiste di per sé e si palesa nella sua concretezza senza richiedere apprezzamenti soggettivi: involontarietà, non è legato in alcun modo alla dimensione di volontà individuali o collettive anzi ne è del tutto indipendente; pericolosità, contiene un danno almeno potenziale per determinati soggetti o per la collettività; ineluttabilità, si verifica e produce conseguenze senza che questo possa venire evitato, per lo meno non del tutto.
Tali caratteri possono venire ricostruiti dalle sedes materiae, l’art. 54 Codice Penale e l’art. 2045 Codice Civile. Nel contesto in cui ci troviamo va ricordato soprattutto l’art. 77 della Costituzione che, non senza riprendere strumenti già consolidati nella loro efficacia durante ordinamenti precedenti dello Stato unitario, ha individuato nel caso di necessità il presupposto irrinunciabile per l’esercizio della potestà normativa da parte dell’esecutivo, mediante appunto i decreti legge.
La nozione di caso (non ‘stato’, e non è differenza priva di intensità) di necessità appare più elastica, come ha chiarito la successiva giurisprudenza costituzionale, sempre però ribadendo che il caso di necessità motivante la decretazione d’urgenza ha una oggettiva e ineluttabile dimensione di pericolosità; può però dipendere, a differenza dello ‘stato di necessità’, in particolare in contesto penalistico, dalla volontà degli esseri umani.

9. L’urgenza


La necessità si correla, nella sua dimensione fattuale come in quella giuridica, all’urgenza dei comportamenti che sollecita in risposta. Per cercare almeno di risultare efficaci, fronteggiando il pericolo, devono essere comportamenti al di fuori dell’ordinario e pertanto possono contenere una componente di anti giuridicità tanto da risultare, in sé considerati, illeciti. Ciò detto, valutati correttamente nel contesto, quali risposte all’eccezionale stato di cose verificatosi, tale aspetto viene meno. Gli articoli sopra ricordati delle vigenti codificazioni civile e penale sono limpide su questo punto.
Il presupposto dell’imposta straordinaria esige che questa si configuri tra agli strumenti per fronteggiare la necessità che, quale insieme complesso di condizioni oggettive e di pericolo, richiede di adottare provvedimenti urgenti, straordinari, temporanei perché validi solo per il tempo necessario a fronteggiare la necessità e da non ripetersi al di fuori di tale stato di cose.

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