Illegittimità della norma sulla inappellabilità del PM

Paudice Giulio 08/11/07
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Non è mia intenzione fare uno specifico commento alla sentenza in questione, atteso che sulla stessa si sono sprecati oramai troppe opinioni entrambe autorevoli ed esaustivi circa l’analisi motivazionale della stessa.
Ritengo invece necessario presentare alcuni spunti di riflessione che mi ha fornito la lettura di tale sentenza e nel contempo anche considerazioni di ordine sistematico a cui fatalmente questo scritto mi ha portato.
Venendo al merito della sentenza della Corte due elementi hanno attratto la mia attenzione; da un lato allorché si ritiene che il principio di parità debba essere adeguato a quelli che sono i principi di “ragionevolezza” a loro volta giustificatori di una asimmetria tra le parti processuali,dall’altro che la denegata facoltà di impugnare la sentenza di assoluzione non controbilanciata da una concessione di altro diritto a sua volta altera il principio costituzionale che si intende violato.
In ordine al primo punto vi è da dire che il “principio di ragionevolezza” qui si rappresenta come una mera petizione di principio ;l’unica considerazione infatti che al riguardo la Corte svolge è che la disparità che il P.M. si vede attribuita a suo favore nella fase delle indagini e che trova il suo momento culminante nella facoltà di chiedere una misura coercitiva,non può consentire una diminuzione dei poteri nelle fasi successive. Ma quanto detto avvalora l’ipotesi contraria in quanto la sentenza assolutoria è proprio la fase finale dell’estrinsecazione di una attività istruttoria esercitata con quei poteri;rappresenta quindi la fase terminale di una disparità e che quindi rende legittima la mancanza di tale potere di impugnativa
In altri termini possiamo anche dire che in questa fase l’imputato cessa di”subire il processo” da intendersi come estrinsecazione dell’azione penale che il P.M. esercita nei suoi confronti e che inoltre gli elementi di prova sinora raccolti , vagliati negativamente dall’organo giudicante, non possono che perdere la loro forza propulsiva obbligando l’accusa a portarne di nuovi innanzi al giudice di secondo grado.
Di qui se ne ricava (e vengo al secondo punto!) che ,ragionando in tali termini, non si assiste ad una violazione del principio di parità, ma al contrario ad un ripristino della stessa e quindi ad un riallineamento delle parti nel processo
Venendo ora a considerazioni più generali non ci si può non accorgere di come la Corte ,nel volere insistere in più punti direttamente od indirettamente sul principio di “ragionevolezza” abbia inteso non tanto dare un diverso fondamento giuridico alle norme che si intendono violate,ma bensì di aggiungere un ulteriore tassello alla demolizione dei principi del processo accusatorio .
Da operatore del diritto ritengo che l’introduzione del processo penale nel 1989 abbia rappresentato una svolta di sistema anche nel modo di esercitare la professione del penalista. Avendo come obiettivo la parità delle parti lo stesso ha inteso fare emergere una nuova figura di avvocato che partecipa in dibattimento alla formazione della prova ,si avvale di autonomi poteri di indagine nonché di tutta una serie di strumenti atti a garantire l’effettività della difesa nel processo penale.
Ma in Italia questo processo a distanza di quasi venti anni è rimasta una aspirazione….un sogno per chi ,come il sottoscritto ,ritiene che le regole del processo debbano essere scritte anche dall’avvocatura e quindi anche del soggetto che in quel momento andiamo a rappresentare ( il termine imputato ha un suo significato se consideriamo che lo stesso è prima di tutto una persona con dei diritti inalienabili prima ,durante e dopo il processo!).
 Non è certo da oggi che questo tipo di processo ha subito interventi di tale natura e non è questa la sede per rammentarli;ma vi è qualcosa di più inquietante in questa sentenza e cioè quella di una “appropriazione” degli artt 24 e 111 della Costituzione ,usati come espediente argomentativi in nome di un principio di ragionevolezza assolutamente inconsistente.
Questi articoli poc’anzi citati, nati(soprattutto l’art 111Cost ) in nome di una idea di processo e di tutela di garanzie di noi tutti ,allo stesso tempo non possono essere distorti ai fini di una restaurazione del processo inquisitorio, che avrà come obiettivo finale il totale annichilimento della funzione difensiva o quantomeno di quella idea di avvocato di cui ho parlato in premessa;la sola che può darci il senso di appartenenza ad uno Stato di diritto!
Avv Giulio Paudice
" gli altri articoli dell’autore nel blog" http://paudice.wordpress.com
 

Paudice Giulio

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