Illegittima la contribuzione non proporzionale alle spese di condominio

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Non è legittima la deliberazione assembleare che a maggioranza assoggetta una condomina alla contribuzione alle spese condominiali in misura diversa da quella proporzionale al valore della sua proprietà esclusiva prevista dall’articolo 1123 c.c.

     Indice

  1. La vicenda
  2. La questione
  3. La soluzione
  4. Le riflessioni conclusive

riferimenti normativi: art. 1123 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. Un., Sentenza n. 9839 del 14/04/2021

1. La vicenda

La titolare di un immobile adiacente ad un condominio poteva utilizzare la piscina condominiale, secondo le modalità indicate da un articolo del regolamento. Nasceva, però, una controversia tra i condomini e la vicina in ordine alle spese cui la stessa avrebbe dovuto partecipare in ragione dell’utilizzo della piscina e, comunque, in ordine alla sua ritenuta partecipazione al condominio. Nel corso di un’assemblea veniva approvata una delibera volta a definire il contenzioso; in particolare veniva stabilito che la vicina avrebbe dovuto corrispondere 1.000 euro all’anno, oltre il 10% delle spese straordinarie per piscina, con rinuncia alla convocazione a qualsiasi assemblea e conseguente rinuncia di voto. Inoltre veniva precisato che tale pattuizione avrebbe avuto valore solo per l’attuale vicina e non per futuri proprietari o aventi diritto. Infine i condomini determinavano la somma che la controparte avrebbe dovuto versare a saldo e chiusura della vertenza. Tale delibera veniva impugnata da un condomino (nel giudizio di primo grado poi interveniva anche la moglie), che sottolineava come la vicina fosse a tutti gli effetti una condomina e, pertanto, dovesse partecipare alle spese in proporzione alla propria quota millesimale e non nella misura forfettaria prevista nella delibera impugnata. Il Tribunale dava torto agli attori che si rivolgevano alla Corte di Appello richiedendo che fosse accertata l’appartenenza al condominio della vicina (appartenenza da quest’ultima contestata). In ogni caso insistevano nel ritenere invalida la predetta delibera. La Corte di Appello però dava ancora ragione al condominio. Secondo i giudici di secondo grado la deliberazione assembleare (che assoggettava vicina alla contribuzione alle spese condominiali in misura diversa da quella prevista dall’articolo 1123 c.c., primo comma) era valida in quanto legittimata dalla previsione di cui all’articolo 1123 c.c., comma primo, secondo cui è possibile una diversa pattuizione rispetto partecipazione alle spese da parte dei condomini in proporzione alle quote di loro proprietà. In ogni caso gli stessi giudici ritenevano non necessario pronunciarsi sulla espressa domanda degli appellanti di accertare l’appartenenza al condominio della vicina, reputando tale domanda non sorretta dal necessario interesse ad agire.

2. La questione

Sono valide le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge?


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3. La soluzione

La Cassazione non ha ritenuto condivisibili le considerazioni dei giudici di secondo grado. La Suprema Corte ha sottolineato che, a fronte di una espressa domanda di accertamento dell’appartenenza al condominio degli immobili della vicina e a fronte della contestazione da costei sollevate sul punto, l’interesse all’esercizio dell’azione di accertamento era sussistente. In ogni caso per gli stessi giudici supremi la pattuizione prevista dalla delibera impugnata (la quale non concerneva soltanto la definizione transattiva di un contenzioso relativo all’entità di contributi condominiali dovuti per annualità pregresse, ma regolava la misura delle spese condominiali dovute dalla vicina anche per il futuro) non poteva certo – a maggioranza – modificare il criterio di ripartizione delle spese previsto dal primo comma dell’articolo 1123 c.c. (ripartizione per millesimi).

4. Le riflessioni conclusive

Secondo un principio recentemente ribadito dalle Sezioni Unite In tema di condominio, ricorre un’ipotesi di annullabilità della delibera condominiale nel caso di violazione dei criteri legali, o già stabiliti, quando vengono in concreto ripartite le spese, mentre sono affette da nullità le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c., essendo necessario per esse il consenso unanime di tutti i condomini (Cass. civ., Sez. Un., 14/04/2021, n. 9839).

In particolare secondo la stessa lettera dell’art. 1123 c.c., la disciplina legale della ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio è, in linea di principio, derogabile, con la conseguenza che deve ritenersi legittima la convenzione modificatrice di tale disciplina, contenuta in una clausola di natura contrattuale del regolamento (accettata da tutti i condomini, nessuno escluso) o nella deliberazione dell’assemblea, approvata da tutti i condomini (1000/1000 millesimi). Nel caso in questione la delibera impugnata non si è limitata a definire in via transattiva il contenzioso relativo all’entità di contributi condominiali dovuti per annualità pregresse dalla vicina, ma ha regolato la misura degli oneri condominiali che la stessa avrebbe dovuto versare anche per il futuro.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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