Illegittima aggiudicazione: l’impresa che si vede sottratta l’aggiudicazione dell’appalto, oltre al risarcimento del danno individuato in quello conseguente all’illegittima aggiudicazione, pari all’utile derivante dall’esecuzione dell’appalto (10% dell’im

Lazzini Sonia 29/11/07
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Circa il dedotto danno da depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione SOA, quantificato nel 3% dell’importo di gara, va sottolineato che la norma di cui all’art. 134 del D.lgvo n.163/2006 smi, stabilisce una forma di forfettizzazione del danno, comprensiva di tutti pregiudizi economici conseguenti alla mancata aggiudicazione del contratto: è sufficiente il rilievo che anche in caso di recesso è individuabile il depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione, per cui la mancata previsione di un autonomo ristoro per tale pregiudizio economico è indice della volontà del legislatore di considerarlo ricompreso tout court nella quantificazione del danno determinata con il criterio quantificato complessivamente nel 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dall’impresa; in tale contesto, di conseguenza, risulterebbe giuridicamente incoerente che il citato pregiudizio venisse ad assumere un’autonoma connotazione giuridica in sede di individuazione e quantificazione dei danni conseguenti alla mancata aggiudicazione del contratto, ove è ritenuta applicabile la medesima norma stabilita in tema di recesso.
 
In tema di quantificazione del risarcimento del danno da riconoscere ad un’impresa per illegittima aggiudicazione, va segnalata la sentenza numero 10277 del 22 ottobre 2007,  emessa dal Tar Lazio, Roma che ci insegna che il danno da depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione SOA è già ricompresso in quello che va calcolato nella misura del 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dalla ricorrente, ex art.122 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 in tema di recesso unilaterale della p.a. dal contratto di appalto di opere pubbliche, recepito dall’art. 134 del D.lgvo n.163/2006, inteso come criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell’appaltatore nei contratti con l’Amministrazione, così come lo era stato in precedenza l’art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F
 
 
< Infatti, dell’utile economico che sarebbe derivato all’impresa dall’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione, quantificato nella misura del 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dalla ricorrente, ex art.122 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 in tema di recesso unilaterale della p.a. dal contratto di appalto di opere pubbliche, recepito dall’art. 134 del D.lgvo n.163/2006, inteso come criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell’appaltatore nei contratti con l’Amministrazione, così come lo era stato in precedenza l’art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F. (in senso conforme, ex multis, Cons. Stato, sez. V, sentt. n. 5126 del 2004 e n. 4475 del 2005).
 
Circa il dedotto danno da depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione SOA, quantificato nel 3% dell’importo di gara, va sottolineato che la norma applicabile nella fattispecie in esame (att.134 del D.lgvo n.163/1966) stabilisce una forma di forfettizzazione del danno, comprensiva di tutti pregiudizi economici conseguenti alla mancata aggiudicazione del contratto.
 
Invero, se nel caso di recesso dall’appaltatore è previsto che il danno risarcibile debba essere quantificato complessivamente nel 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dall’impresa, ricomprendendo, quindi, in tale importo tutti i pregiudizi economici subiti dall’impresa in conseguenza del recesso, non si vede la ragione per cui, in caso di mancata aggiudicazione dell’appalto, l’ambito applicativo della suddetta disposizione debba essere inteso in senso più restrittivo, nel senso che residuano ulteriori ed autonome voci risarcitorie che non sono incluse nell’importo da quest’ultima determinato.
 
A sostegno della tesi fatta propria dal Collegio è sufficiente il rilievo che anche in caso di recesso è individuabile il depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione, per cui la mancata previsione di un autonomo ristoro per tale pregiudizio economico è indice della volontà del legislatore di considerarlo ricompreso tout court nella quantificazione del danno determinata con il criterio di cui sopra; in tale contesto, di conseguenza, risulterebbe giuridicamente incoerente che il citato pregiudizio venisse ad assumere un’autonoma connotazione giuridica in sede di individuazione e quantificazione dei danni conseguenti alla mancata aggiudicazione del contratto, ove è ritenuta applicabile la medesima norma stabilita in tema di recesso.
 
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la pretesa risarcitoria deve essere accolta nei limiti di cui sopra, con conseguente condanna dell’intimata amministrazione al pagamento del risarcimento dei danni da quantificare secondo il criterio di cui all’art.134 del D.lgvo n.163/2006.>
 
Ecco la norma di riferimento:
 
 
Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE
 
(…)
 
Art. 134. Recesso
(art. 122, d.P.R. n. 554/1999; art. 345, legge n. 2248/1865, all. F)
1. La stazione appaltante ha il diritto di recedere in qualunque tempo dal contratto previo il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importo delle opere non eseguite.
2. Il decimo dell’importo delle opere non eseguite è calcolato sulla differenza tra l’importo dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato del ribasso d’asta, e l’ammontare netto dei lavori eseguiti.
3. L’esercizio del diritto di recesso è preceduto da formale comunicazione all’appaltatore da darsi con un preavviso non inferiore a venti giorni, decorsi i quali la stazione appaltante prende in consegna i lavori ed effettua il collaudo definitivo.
4. I materiali il cui valore è riconosciuto dalla stazione appaltante a norma del comma 1 sono soltanto quelli già accettati dal direttore dei lavori prima della comunicazione del preavviso di cui al comma 3.
5. La stazione appaltante può trattenere le opere provvisionali e gli impianti che non siano in tutto o in parte asportabili ove li ritenga ancora utilizzabili. In tal caso essa corrisponde all’appaltatore, per il valore delle opere e degli impianti non ammortizzato nel corso dei lavori eseguiti, un compenso da determinare nella minor somma fra il costo di costruzione e il valore delle opere e degli impianti al momento dello scioglimento del contratto.
6. L’appaltatore deve rimuovere dai magazzini e dai cantieri i materiali non accettati dal direttore dei lavori e deve mettere i predetti magazzini e cantieri a disposizione della stazione appaltante nel termine stabilito; in caso contrario lo sgombero è effettuato d’ufficio e a sue spese.
 
A cura di *************
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 
N.                     RS
Anno 2007
 
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO N. 10555            RGR
Anno 2006
 
-SEZIONE III – 
 
 
 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso n.10555 del 2006 proposto dal Consorzio Triveneto Rocciatori soc. cooperativa a r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv.ti ******************* e ******************** ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. ***** in Roma, Via dei Giordani n.27;
 
CONTRO
 
l’ANAS spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n.12, è domiciliataria;
 
e nei confronti di:
 
1) SAFITAL srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti *************** e ************** ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. ****** in Roma, Via Giuseppe Mercalli n.11;
 
2) SO.CO.GEN spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;
 
per ottenere:
 
l’Annullamento:
a1) del provvedimento con cui la SO.CO.GEN spa è stata ammessa alla gara indetta dall’intimata ANAS per l’affidamento dell’appalto dei lavori di consolidamento delle pendici a monte della SS 51 Alemagna in località Croce del Lago;
 
a2) del provvedimento di aggiudicazione definitiva del predetto appalto alla srl SAFITAL;
 
B) la Condanna dell’ANAS spa al risarcimento del danno.
 
Visto il ricorso con la relativa documentazione;
 
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ANAS spa e della SAFITAL srl;
 
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
Visti gli atti tutti della causa;
 
Uditi alla pubblica udienza dell’11 luglio 2007 – relatore il dottor *************** – i difensori delle parti come da verbale;
 
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
 
FATTO
 
Con il proposto gravame il consorzio ricorrente, il quale aveva partecipato con esito negativo alla gara in epigrafe indicata, ha impugnato l’aggiudicazione definitiva della gara de qua a favore della Safital srl, contestandone la legittimità sul presupposto che alla ripetuta procedura concorsuale sarebbe stata illegittimamente ammessa a partecipare la SO.CO.GEN spa.
 
Sempre con il predetto gravame è stata chiesta anche la condanna dell’intimata ANAS spa al risarcimento del danno individuato in quello conseguente all’illegittima aggiudicazione, pari all’utile derivante dall’esecuzione dell’appalto (10% dell’importo), ed in quello derivante dal depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione SOA, quantificato nel 3% dell’importo di gara.
 
Il ricorso è affidato al seguente ed articolato motivo di doglianza:
 
Violazione del bando di gara e del disciplinare di gara punto 1 e punto 3 lett.1). Violazione della lex specialis in ordine alle regole di ammissione alla gara dei concorrenti. Violazione e falsa applicazione dei principi informanti le procedure ad evidenza pubblica. Eccesso di potere per mancata valutazione dei requisiti e delle dichiarazioni di ammissione.
 
Si sono costituite sia l’Anas spa che la Safital srl contestando con dovizia di argomentazioni la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.
 
Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2007 il ricorso è stato assunto in decisione.
 
DIRITTO
 
Con il proposto gravame il consorzio ricorrente, il quale aveva partecipato con esito negativo al pubblico incanto in epigrafe indicato, ha impugnato l’aggiudicazione definitiva della gara de qua a favore della Safital srl, contestandone la legittimità sul presupposto che alla ripetuta procedura concorsuale sarebbe stata illegittimamente ammessa a partecipare la SO.CO.GEN spa.
 
Sempre con il predetto gravame è stata chiesta anche la condanna dell’intimata ANAS spa al risarcimento del danno, individuato in quello conseguente all’illegittima aggiudicazione, pari all’utile derivante dall’esecuzione dell’appalto (10% dell’importo), ed in quello derivante dal depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione SOA, quantificato nel 3% dell’importo di gara.
 
Al fine, poi, di giustificare la sussistenza del proprio interesse alla proposizione del ricorso in esame il consorzio istante ha fatto presente e dimostrato, non contestato sul punto dalla stazione appaltante, che in virtù dell’esclusione dalla gara de qua della Socogen e della successiva riformulazione della media delle offerte sarebbe risultato aggiudicatario della stessa.
 
Nel merito risulta fondata la doglianza con cui è stato fatto presente che la So.Co.Gen doveva essere esclusa in quanto non aveva inserito nella propria offerta la dichiarazione sostitutiva ai sensi del DPR 445/2000 con cui il concorrente o un suo procuratore, assumendone la responsabilità, attestava l’osservanza all’interno della propria azienda degli obblighi di sicurezza previsti dalla vigente normativa (art..1.punto 3. lett i), richiesta a pena di esclusione dal disciplinare di gara (pag.6).
 
Non risulta, poi, idoneo ad incidere sulla fondatezza delle dedotta censura il rilievo della stazione appaltante secondo cui avendo la ditta dichiarato di non trovarsi in nessuna delle situazioni, le quali a norma dell’art.75 del DPR 554/1999 comportano l’esclusione dalla gara, tale dichiarazione è stata correttamente considerata dalla stazione appaltante come idonea ad accertare anche la sussistenza all’interno dell’azienda della situazione di rispetto degli obblighi di sicurezza.
 
Al riguardo, in disparte la considerazione che a seguire la tesi della stazione appaltante riuscirebbe, invero, difficile, spiegare la specifica ed autonoma previsione a pena di esclusione da parte del disciplinare di gara della dichiarazione omessa dalla SO.CO.GEN., deve essere evidenziato, in linea con quanto illustrato dal consorzio ricorrente, che la dichiarazione di cui all’art.75 lett.e) del DPR n.554/1999 ha ictu oculi un oggetto radicalmente diverso da quello di cui alla citata omessa dichiarazione, in quanto si riferisce a gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici.
 
Per quanto concerne la richiesta condanna dell’intimata spa ANAS al risarcimento del danno, sotto il profilo dell’an, ne sussistono i relativi presupposti, avuto presente che:
 
1) la resistente stazione appaltante non ha contestato la prova fornita dal consorzio ricorrente che quest’ultimo sarebbe risultato aggiudicatario dell’appalto in conseguenza dell’esclusione della Socogen e della successiva riformulazione della media delle offerte;
 
2) non può seriamente essere contestato che la mancata esclusione della citata Socogen è imputabile ad un inescusabile comportamento negligente della stazione appaltante che non ha fatto applicazione di una specifica ed univoca prescrizione del disciplinare di gara.
 
Relativamente all’individuazione delle singole voci del danno e alla conseguente quantificazione dello stesso la domanda risarcitoria va accolta in parte.
 
Infatti, dell’utile economico che sarebbe derivato all’impresa dall’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione, quantificato nella misura del 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dalla ricorrente, ex art.122 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 in tema di recesso unilaterale della p.a. dal contratto di appalto di opere pubbliche, recepito dall’art. 134 del D.lgvo n.163/2006, inteso come criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell’appaltatore nei contratti
 
con l’Amministrazione, così come lo era stato in precedenza l’art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F. (in senso conforme, ex multis, Cons. Stato, sez. V, sentt. n. 5126 del 2004 e n. 4475 del 2005).
 
Circa il dedotto danno da depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione SOA, quantificato nel 3% dell’importo di gara, va sottolineato che la norma applicabile nella fattispecie in esame (att.134 del D.lgvo n.163/1966) stabilisce una forma di forfettizzazione del danno, comprensiva di tutti pregiudizi economici conseguenti alla mancata aggiudicazione del contratto.
 
Invero, se nel caso di recesso dall’appaltatore è previsto che il danno risarcibile debba essere quantificato complessivamente nel 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dall’impresa, ricomprendendo, quindi, in tale importo tutti i pregiudizi economici subiti dall’impresa in conseguenza del recesso, non si vede la ragione per cui, in caso di mancata aggiudicazione dell’appalto, l’ambito applicativo della suddetta disposizione debba essere inteso in senso più restrittivo, nel senso che residuano ulteriori ed autonome voci risarcitorie che non sono incluse nell’importo da quest’ultima determinato.
 
A sostegno della tesi fatta propria dal Collegio è sufficiente il rilievo che anche in caso di recesso è individuabile il depauperamento della capacità tecniche ed economiche dell’impresa necessarie ai fini del mantenimento della qualificazione, per cui la mancata previsione di un autonomo ristoro per tale pregiudizio economico è indice della volontà del legislatore di considerarlo ricompreso tout court nella quantificazione del danno determinata con il criterio di cui sopra; in tale contesto, di conseguenza, risulterebbe giuridicamente incoerente che il citato pregiudizio venisse ad assumere un’autonoma connotazione giuridica in sede di individuazione e quantificazione dei danni conseguenti alla mancata aggiudicazione del contratto, ove è ritenuta applicabile la medesima norma stabilita in tema di recesso.
 
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la pretesa risarcitoria deve essere accolta nei limiti di cui sopra, con conseguente condanna dell’intimata amministrazione al pagamento del risarcimento dei danni da quantificare secondo il criterio di cui all’art.134 del D.lgvo n.163/2006.
 
Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza..
 
                                 P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n.10555 del 2006, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per gli effetti, annulla la contesta determinazione e condanna l’intimata spa Anas al pagamento a favore del consorzio ricorrente del risarcimento del danno, come quantificato in motivazione.
 
Condanna la resistente Anas al pagamento a favore del consorzio ricorrente delle spese di giudizio, liquidate in € 4.000,00 (euro quattromila).
 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 luglio 2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione terza, con l’intervento dei signori giudici:
 
Dr. *****************                  – Presidente
 
Dr. ****************                 – Consigliere
 
Dr. ******** SAPONE                    – Consigliere, estensore
 
IL PRESIDENTE                              IL GIUDICE ESTENSORE
 
 
 
             
 
               RIC. N. 10555/2006
 

Lazzini Sonia

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