Illecita detenzione di armi: quando è configurabile un’ipotesi di concorso di persone nel delitto

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Il fatto

Il Tribunale di Palermo – decidendo su una richiesta di riesame proposta avverso una ordinanza resa dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, con cui era stata applicata nei confronti dell’indagato la custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di detenzione illegale di arma comune da sparo, fatto proprio il contenuto dell’ordinanza genetica, aveva ritenuto infondata la prospettazione della carenza di gravità indiziaria e aveva escluso anche la fondatezza delle argomentazioni difensive in punto di esigenze cautelari, ribadendo l’attuale ineludibilità dell’applicazione della misura custodiale inframuraria.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato, proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato deducendo i seguenti motivi:

1) violazione degli artt. 81 cod. pen., 2 e 7 legge 2 ottobre 1967, n. 895, 63, 64 e 197-bis cod. proc. pen., oltre che il corrispondente vizio di motivazione in punto di riscontro della gravità indiziaria;

2) violazione degli artt. 81 cod. pen., 2 e 7 legge n. 895 del 1967, e 274 cod. proc. pen., oltre che il corrispondente vizio di motivazione in punto di verifica delle esigenze cautelari.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

La Suprema Corte riteneva il ricorso infondato, e quindi da doversi rigettare.

Per quello che rileva in questa sede, gli Ermellini, in ordine alla doglianza inerente la censura riguardante il coinvolgimento della donna nella detenzione illegale dell’arma, osservavano come, per procedere alla verificare della rilevanza penale di tale coinvolgimento, in punto di diritto, occorresse riaffermare il principio di diritto secondo cui, in tema di detenzione abusiva di armi, deve ritenersi responsabile in concorso con il marito la donna che, consapevole della presenza di armi all’interno della abitazione e della loro illegale provenienza, le conservi e le custodisca anche durante l’assenza – in particolare, per avvenuta detenzione – dell’uomo, esercitando sulle stesse una signoria di fatto al di fuori del controllo altrui (Sez. 1, n. 6547 del 05/02/2013) rilevandosi al contempo che, ai fini della configurabilità di penale responsabilità, a titolo di concorso, in ordine al reato di detenzione illegale di un’arma, è necessaria la coscienza e la volontà di contribuire con il proprio operato alla perpetrazione dell’illecito, sicché, quando l’apporto dato dal concorrente si estrinsechi in una omissione, questa assume la valenza necessaria a concretare la compartecipazione soltanto se essa si traduca nella violazione di un obbligo giuridico incombente sul soggetto (ai sensi dell’art. 40 cod. pen.), non essendo sufficiente la sola assenza di atteggiamenti di generico dissenso, la quale è più propriamente inquadrabile nella nozione di connivenza (in questo senso, già Sez. 1, n. 4800 del 12/02/1997) mentre, viceversa, integra un’ipotesi di concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di armi la condotta di chi, consapevole della presenza di esse nell’abitazione che condivide con il loro proprietario, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, manifestando invece un comportamento finalizzato a protrarne gli effetti e dimostrando di trovarsi in una situazione di fatto tale da poter, comunque, in qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi (Sez. 1, n. 12308 del 14/02/2020, in fattispecie in cui il giudice di merito aveva affermato la responsabilità dell’imputata, convivente di un soggetto pregiudicato ristretto agli arresti domiciliari, la quale, nel corso di una perquisizione, invitata dagli operanti ad allontanarsi dal divano sul quale si era accomodata, aveva cercato di nascondere un’arma clandestina che si trovava occultata sotto il cuscino su cui era seduta).

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour notavano come, allo stato degli atti, secondo ciò che avevano accertato i giudici della cautela, a loro avviso, non si fosse avuta adeguata evidenza nel caso in esame, essendosi piuttosto sottolineata la dissociazione dalla condotta del correo palesata dalla moglie del ricorrente.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando è configurabile un’ipotesi di concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di armi.

Difatti, in tale pronuncia, si afferma, citandosi precedenti conformi, che, in tema di detenzione abusiva di armi, se, ai fini della configurabilità di penale responsabilità, a titolo di concorso, in ordine al reato di detenzione illegale di un’arma, è necessaria la coscienza e la volontà di contribuire con il proprio operato alla perpetrazione dell’illecito, sicché, quando l’apporto dato dal concorrente si estrinsechi in una omissione, questa assume la valenza necessaria a concretare la compartecipazione soltanto se essa si traduca nella violazione di un obbligo giuridico incombente sul soggetto (ai sensi dell’art. 40 cod. pen.), non essendo sufficiente la sola assenza di atteggiamenti di generico dissenso, la quale è più propriamente inquadrabile nella nozione di connivenza, invece, tale concorso è ravvisabile nella condotta di chi, consapevole della presenza di esse nell’abitazione che condivide con il loro proprietario, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, manifestando invece un comportamento finalizzato a protrarne gli effetti e dimostrando di trovarsi in una situazione di fatto tale da poter, comunque, in qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi.

Tale sentenza, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare quando ricorre una ipotesi concorsuale di questo genere.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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