Il sopralluogo obbligatorio costituisce uno strumento idoneo a consentire alle imprese interessate la conoscenza, de visu, delle condizioni del servizio. Si finisce così per ventilare un’irrilevante insostenibilità soggettiva del prezzo stabilito piutt

Lazzini Sonia 03/09/09
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Si deve poi osservare che la ditta ricorrente, nella qualità di gestore uscente del servizio di che trattasi, versava   nelle condizioni soggettive ideali per conoscere in modo pieno le caratteristiche dei locali in parola. La censura mossa al riguardo assume quindi un sapore schiettamente strumentale, stante l’inidoneità della carenza del bando ad incidere in senso pregiudizievole sulla possibilità di determinarsi in modo consapevole nel calibrare l’offerta di gara ad opera di un soggetto al contrario avvantaggiato dalla pretesa carenza disciplinare
 
Con un primo mezzo di gravame parte ricorrente torna a sostenere, anche in sede di appello, la tesi dell’illegittimità della normativa regolatrice della gara in ragione della non sufficiente determinatezza, alla stregua del combinato disposto dell’art. 8 (rubricato “Individuazione delle strutture”) e dell’art. 9 (intitolato “Modalità di erogazione dei servizi”) del capitolato speciale d’appalto,  di alcuni degli elementi essenziali dello stipulando contratto (in particolare, superfici da pulire, numero dei bambini che frequentano gli asili nido e le scuole materne, etc.).
 
Cosa ne pensa il Consiglio di Stato?
 
Il motivo non merita accoglimento. La Sezione deve convenire con il Primo Giudice che la disciplina di gara sfugge ai rimproveri mossi al suo indirizzo, se si considera che la stazione appaltante ha indicato con esattezza la denominazione e la sede di ciascun asilo nido/scuola materna interessato dal presente appalto, imponendo altresì ai concorrenti, a pena di esclusione, l’effettuazione di un sopralluogo obbligatorio presso ciascuna struttura (art. 4 del disciplinare di gara).  Va in ogni caso soggiunto che il principio di leale cooperazione, costituente corollario dei canoni di buona fede e tutela del legittimo affidamento, avrebbe imposto all’impresa in esame di chiedere chiarimenti in ordine alle lacune della lex specialis, piuttosto che partecipare alla gara con la riserva di impugnazione, in caso di esito negativo, in relazione a carenze volontariamente non colmate.
L’onere di chiedere chiarimenti riguardava anche la discrasia   fra le disposizioni di cui agli artt. 2 e 9 del CSA in merito agli orari di svolgimento del servizio di pulizia e presidio delle scuole materne
Non coglie nel segno neanche la censura con la quale la parte ricorrente lamenta l’incongruità del prezzo posto a base di ciascuno dei quattro lotti oggetto delle quattro gare contestualmente bandite dal Comune di Taranto per l’affidamento degli appalti di pulizia. (rispettivamente degli uffici comunali, degli uffici giudiziari di cui deve curare la manutenzione, dei gabinetti pubblici e, infine, degli asili nido e delle scuole materne comunali), tra cui quello oggetto del presente giudizio.
La prospettazione di parte incorre nell’irrimediabile vizio logico di valutare la plausibilità delle condizioni economiche poste dalla stazione appaltante in relazione alla sua (dell’appellante) specifica organizzazione d’impresa (con riguardo alla struttura aziendale, ed ai costi legati a specifiche prestazioni professionali nonché al ricorso al credito bancario, ai costi per il responsabile ed alla resa produttiva oraria), senza riuscire a dimostrare, in modo persuasivo, la diseconomicità oggettiva della base di gara.. Va soggiunto che, alla stregua di quieti principi comunitari, il principio di par condicio non osta a che venga dato rilievo, anche in sede di fissazione delle regole di gara, al vantaggio competitivo derivante da capacità operative e da referenze legittimamente acquisite su mercato. La sollecitazione di condizioni particolarmente vantaggiose per l’amministrazione, sostenibili da parte di imprese già radicate sul mercato e capaci di economie di scala, dà la stura ad un’asimmetria virtuosa che, lungi dal mortificare i canoni europei di parità di condizioni di accesso, rappresenta l’esaltazione della logica premiale del mercato posta alla base del sistema comunitario in tema di concorrenza nei pubblici appalti. Anche l’assunto secondo cui la base economica fissata dall’amministrazione non sarebbe idonea a remunerare i costi, muove dal non condivisibile presupposto che tutte le imprese operanti nel settore adottino organizzazioni imprenditoriali omogenee, senza considerare le possibili economie conseguibili da altre imprese in relazione ai fattori analiticamente messi in luce dal Primo Giudice
 
 
A cura di *************
 
Riportiamo qui di seguito la decisione numero 3900 del 16 giugno 2009, emessa dal Consiglio di Stato
 
 
N. 3900/09   ********
N. 3400/08  REG. RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale
Quinta  Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 3400/2008 del  23/04/2008 ,proposto dalla società RICORRENTE *********** rappresentata e difesa dagli avvocati *************** e ******************, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio del secondo, corso del Rinascimento n. 11,
contro
COMUNE DI TARANTO rappresentato e difeso dall’avv. ************************** con domicilio eletto in Roma piazza dei ******** n. 1, presso l’avv. ****************;  
la COOPERATIVA CONTROINTERESSATO SERVIZI A R L rappresentata e difesa dall’***********************, con domicilio eletto in Roma via Silla n. 91;
    per la riforma
della sentenza del TAR PUGLIA – LECCE – SEZIONE II n. 4268/2007;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
    Alla pubblica udienza del 3 marzo 2009, relatore il Consigliere ******************** ed uditi, altresì, gli avvocati V. Pellegrino, F. Caricato;
FATTO E DIRITTO
      1. Il presente giudizio ha ad oggetto la gara, indetta dal  Comune di Taranto con bando pubblicato in data 22.1.2007,  relativo all’appalto per la pulizia delle scuole materne e degli asili nido comunali, culminato con l’aggiudicazione in favore di  Cooperativa CONTROINTERESSATO Servizi a.r.l..
      La RICORRENTE ******* s.n.c. ribadisce e sviluppa, in sede di appello, le censure respinte dai Giudici di prime cure con la sentenza gravata.
      Resistono il Comune di Taranto e la società controinteressata.
      Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
      All’udienza del 3  marzo 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione.
      2. L’infondatezza dell’appello consente alla Sezione di evitare l’approfondimento delle questioni preliminari svolte dalle parti resistenti.
      2.1. Con un primo mezzo di gravame parte ricorrente torna a sostenere, anche in sede di appello, la tesi dell’illegittimità della normativa regolatrice della gara in ragione della non sufficiente determinatezza, alla stregua del  combinato disposto dell’art.  8 (rubricato “Individuazione delle strutture”) e dell’art. 9 (intitolato “Modalità di erogazione dei servizi”) del capitolato speciale d’appalto,  di alcuni degli  elementi essenziali dello stipulando contratto (in particolare, superfici da pulire, numero dei bambini che frequentano gli asili nido e le scuole materne, etc.).
      Il motivo non merita accoglimento.
      La Sezione deve convenire con il Primo Giudice che la disciplina di gara sfugge ai rimproveri mossi al suo indirizzo, se si considera che la stazione appaltante ha indicato con esattezza la denominazione e la sede di ciascun asilo nido/scuola materna interessato dal presente appalto, imponendo altresì ai concorrenti, a pena di esclusione, l’effettuazione di un  sopralluogo obbligatorio presso ciascuna struttura (art. 4 del disciplinare di gara);
      Il sopralluogo obbligatorio costituisce, infatti,  uno strumento idoneo a consentire alle imprese interessate la  conoscenza, de visu, delle condizioni del servizio. 
      Si deve poi osservare che la  ditta ricorrente, nella qualità di gestore uscente del servizio di che trattasi, versava   nelle condizioni soggettive ideali per conoscere in modo pieno le caratteristiche  dei locali in parola. La censura mossa al riguardo assume quindi  un sapore schiettamente strumentale, stante  l’inidoneità della carenza del bando ad incidere in senso pregiudizievole sulla possibilità di determinarsi in modo consapevole nel calibrare l’offerta di gara ad opera di un soggetto al contrario avvantaggiato dalla pretesa carenza disciplinare.
      Va in ogni caso soggiunto che il  principio di leale cooperazione, costituente corollario dei  canoni di buona fede e tutela del legittimo affidamento, avrebbe imposto all’impresa in esame di chiedere chiarimenti in ordine alle lacune della lex specialis, piuttosto che partecipare  alla gara con la riserva di impugnazione, in caso di esito negativo, in relazione a carenze volontariamente non colmate.
       L’onere di chiedere chiarimenti riguardava  anche la discrasia   fra le disposizioni di cui agli artt. 2 e 9 del CSA in merito agli orari di svolgimento del servizio di pulizia e presidio delle scuole materne.
      2.2. Non coglie nel segno neanche la censura con la quale la parte ricorrente lamenta l’incongruità del prezzo posto a base di ciascuno dei quattro lotti oggetto delle quattro gare contestualmente bandite dal Comune di Taranto per l’affidamento degli  appalti di pulizia. (rispettivamente degli uffici comunali, degli uffici giudiziari di cui deve curare la manutenzione, dei gabinetti pubblici e, infine, degli asili nido e delle scuole materne comunali), tra cui quello oggetto del presente giudizio.
      La  prospettazione di parte incorre nell’irrimediabile vizio logico  di  valutare la plausibilità delle condizioni economiche poste dalla stazione appaltante in relazione alla sua (dell’appellante) specifica organizzazione d’impresa (con riguardo  alla struttura aziendale, ed ai costi legati a specifiche prestazioni professionali nonché al ricorso al credito bancario, ai costi per il responsabile ed alla resa produttiva oraria), senza riuscire a dimostrare, in modo persuasivo, la diseconomicità oggettiva della base di gara. Si finisce così per ventilare un’irrilevante insostenibilità soggettiva del prezzo stabilito piuttosto che un’incongruità ex se di detto parametro economico. Va soggiunto che, alla stregua di quieti principi comunitari, il principio di par condicio non osta a che venga dato rilievo, anche in sede di fissazione delle regole di gara, al  vantaggio competitivo derivante da capacità operative e  da referenze legittimamente acquisite su mercato. La sollecitazione di condizioni  particolarmente vantaggiose per l’amministrazione, sostenibili da parte di imprese già radicate sul mercato e capaci di economie di scala, dà la stura ad un’asimmetria virtuosa che, lungi dal mortificare i canoni europei di  parità di condizioni di accesso,  rappresenta l’esaltazione della logica premiale del mercato posta alla base del sistema comunitario in tema di concorrenza nei pubblici appalti.
      La disomogeneità dell’appalto in esame rispetto al precedente espletato dall’appellante impedisce poi  di dare ingresso ad una critica impernia sulla mera sottolineatura delle differenti condizioni economiche sottese a prestazioni anch’esse profondamente disomogenee.
      Analizzando il merito dell’elaborazione peritale di parte si deve poi aderire alle linee argomentative svolte dal Primo Giudice in merito all’inconferenza del dato  non attuale del rinnovo del ccnl di categoria  ed all’idoneità della clausola di revisione dei prezzi a sollevare l’appaltatore   dagli incrementi dei costi di esecuzione dell’appalto.
      Anche l’assunto secondo cui  la  base economica fissata dall’amministrazione non sarebbe idonea a remunerare i costi, muove dal non condivisibile presupposto  che tutte le imprese operanti nel settore adottino organizzazioni imprenditoriali omogenee, senza considerare le possibili economie conseguibili da altre imprese in relazione ai fattori analiticamente messi in luce dal Primo Giudice.
      Si deve allora concludere che le pur articolate censure mosse dall’appellante non scalfiscono la solidità  dell’assunto di fondo secondo cui la tariffa oraria è stata determinata dal Comune in base ad un calcolo molto semplice: al costo orario del personale (sono state aggiunte le due voci (rispettivamente, le spese generali – 15% – e l’utile l’impresa – 10% – la cui incidenza percentuale è stata calcolata in base all’id quod plerumque accidit)  notoriamente rilevanti per i appalti di servizi. Si è così  pervenuti all’importo orario, che, moltiplicato per il monte ore presunto, dà l’importo a base di gara.
      Anche per il costo orario del personale si evince dalla documentazione in atti che  l’ Amministrazione ha compiuto un’accurata istruttoria al fine di determinare il quadro economico del presente appalto.
      Nel corso del giudizio di primo grado  sia l’Amministrazione che la controinteressata hanno evidenziato che  per  determinare il monte ore, sono stati  considerati  i seguenti parametri: ore giornaliere dedicate al servizio (13 per ciascun asilo e 9 per ciascuna scuola materna), settimane per ciascun mese (4,33, pari a 25,98 giorni lavorati mediamente in un mese) e totale dei giorni lavorativi (259,8, per i 10 mesi in cui le strutture in questione sono aperte all’utenza). Tale calcolo è stato fatto per eccesso, considerato che, in base al calendario scolastico, i giorni complessivi di funzionamento degli asili nido e delle scuole materne sono in realtà 220, per cui il monte ore indicato nel bando garantisce l’assolvimento integrale delle prestazioni richieste dal capitolato, essendo prevista ogni anno una “riserva” di circa 40 giorni lavorativi, da utilizzare in base alle esigenze che si dovessero manifestare nel corso dell’esecuzione del contratto.
      2.3.  Non coglie nel segno neanche l’ultima censura con la quale parte appellante deduce il mancato rispetto della clausola sociale recata dalla lex specialis che impone all’appaltatore  subentrante di rilevare tutto il personale già addetto al servizio alle dipendenze dell’appaltatore uscente.
      La Sezione reputa che una  lettura della clausola in parola, coerente con il principio della libertà di iniziativa economica e con il quadro normativo di riferimento, ne imponga un attuazione coerente con la disciplina recata dal contratto collettivo di categoria. 
      Nello specifico settore degli  appalti relativi al  servizio di pulizia, l’art. 4 del ccnl 24.10.1997, come modificato dal successivo ccnl del 25.5.2001, prevede che “…In ogni caso di cessazione di appalto, l’Azienda cessante ne darà preventiva  comunicazione, …, alle strutture sindacali aziendali e territoriali competenti, fornendo altresì informazioni sulla consistenza numerica degli addetti interessati, sul rispettivo orario settimanale, indicando quelli impiegati nell’appalto in questione da almeno 4 mesi; l’azienda subentrante, con la massima tempestività, preventivamente all’inizio della nuova gestione e, ove oggettivamente ciò non sia possibile, in tempi utili e comunque su richiesta delle Organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del  CCNL darà comunicazione a queste ultime  del  subentro  nell’appalto.  Alla scadenza del Contratto di appalto possono verificarsi 2 casi:
      a) in caso di cessazione di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali l’impresa subentrante si impegna a garantire l’assunzione senza periodo di prova degli addetti esistenti in  organico sull’appalto …. almeno 4 mesi prima della cessazione stessa, salvo casi particolari quali dimissioni, pensionamenti, decessi;
      b) in caso di  cessazione di appalto con modificazioni di termini, modalità prestazioni contrattuali, l’impresa subentrante – ancorché sia la stessa che già gestiva il servizio – sarà convocata presso l’Associazione territoriale cui conferisce mandato, o in assenza presso UPLMO, ove possibile nei 15 giorni precedenti con la  rappresentanza  sindacale aziendale e le Organizzazioni sindacali stipulanti territorialmente competenti per un esame della situazione, al fine di armonizzare le mutate esigenze tecnico-organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali, tenuto conto delle condizioni professionali e di utilizzo del personale impiegato, anche facendo ricorso a processi di mobilità  da posto di lavoro a posto di lavoro nell’ambito dell’attività dell’impresa  ovvero  a strumenti quali part-time, riduzione orario di lavoro, flessibilità delle giornate lavorative, mobilità…”. Il ccnl 25.5.2001 ha aggiunto che  "Nelle  procedure  di  cambio di appalto  l’impresa  subentrante, fermo restando quanto previsto dalle lett. a) e b) di cui all’art. 4,  assumerà in  qualità di dipendenti i lavoratori dipendenti e i soci-lavoratori  con rapporto di lavoro subordinato trasferiti dall’azienda cessante. Tali assunzioni non costituiscono occupazione aggiuntiva. La normativa di cui sopra dovrà essere armonizzata con quanto previsto nel D.lgs. n. 18/01".
      La Sezione conviene allora con il Primo Giudice che  c.d. clausola sociale va interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, a condizione che  il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante. I lavoratori che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che  non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori,  sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali. L’ uniformazione della condotta dell’appaltatore a tale regole flessibili evidenzia allora l’infondatezza della censura in parola.
      3. In conclusione, il ricorso va respinto.
      Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, a carico dell’appellante, nella misura complessiva di 5.000,00 (cinquemila/00) euro, da corrispondere in, parti uguali, al comune di Taranto ed alla parte controinteressata.
    P.Q.M.
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio nella misura in motivazione  specificata.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 3 marzo 2009 con l’intervento dei Sigg.ri:
    Pres. Cons. *************
    Cons. *************** 
    Cons. ************************.
    Cons. *******************
    Cons. ************************
ESTENSORE    IL PRESIDENTE
F.to ********************                           ****************** 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
                                                  il   16/06/2009                                           
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
P. IL DIRIGENTE
f.to ******************** 
3400/2008 MGR

Lazzini Sonia

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