Il sistema comunitario degli appalti di servizi (quale ricostruibile attraverso le norme contenute nella direttiva 9250 e i principi enucleati dalla giurisprudenza comunitaria): a) consente all’impresa concorrente di far valere le capacità tecniche ed ec

Lazzini Sonia 02/11/06
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E’ da escludere l’assunto secondo cui ex se, una situazione di controllo ravvisabile fra la capogruppo e sue controllate, possa assolvere all’onere di provare specificamente l’effettiva disponibilità delle capacità tecniche altrui, non fosse altro che per l’evidente autonomia contrattuale di cui godono le società controllate, che ben potrebbero assumere impegni negoziali in radicale contrasto con le determinazioni della capogruppo, impegni legittimamente opponibili alla stazione appaltante.

Il Consiglio di Stato, sez. IV con la decisione numero 435 del 14 febbraio 2005 merita di essere segnalata per l’importante insegnamento in essa contenuto in tema di avvilimento dei requisiti in un appalto di servizi. 

Prima di tutto. è’ importante sottolineare il seguente principio in tema di requisiti che devono essere posseduti in caso di Ati:

< In linea generale la sezione osserva che in caso di partecipazione alla gara – indetta per la aggiudicazione di appalto di servizi – di imprese riunite in associazione temporanea, occorre distinguere nettamente fra: 

Ö        i requisiti tecnici di carattere oggettivo (afferenti in via immediata alla qualità del prodotto o servizio che vanno accertati mediante sommatoria di quelli posseduti dalle singole imprese),

Ö         dai requisiti di carattere soggettivo (che devono essere posseduti singolarmente da ciascuna associata), 

tanto che può verificarsi l’ipotesi di concorrente che, sebbene fornito di tutti i requisiti di qualificazione, non sia in grado di offrire uno specifico servizio per la cui erogazione avrebbe, in astratto, tutti i titoli in termini di capacità organizzativa, di controllo e di serietà imprenditoriale>

in particolare, sul possesso della certificazione di qualità: 

< le certificazioni di qualità sono volte ad assicurare che l’impresa svolga il servizio secondo un livello minimo di prestazioni accertato da un organismo qualificato, sulla base di parametri rigorosi delineati a livello internazionale che valorizzano l’organizzazione complessiva dell’attività e l’intero svolgimento delle diverse fasi; secondo un principio di fondo del sistema, tali certificazioni costituiscono un requisito tecnico di carattere soggettivo, e devono essere possedute da ciascuna delle imprese associate a meno che non risulti che essi siano incontestabilmente riferiti solo ad una parte delle prestazioni eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate>

in tema di avvilimento quindi: 

< La direttiva 9250 deve essere interpretata, avuto riguardo agli scopi avuti di mira ed alle espressioni letterali utilizzate (specie negli artt. 31, n.3, 32, n. 2, lett. c), e 23) nel senso che per comprovare il possesso dei requisiti economici e tecnici di partecipazione alla gara, all’impresa concorrente è sì consentito di fare riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione però, che sia in grado di provare la disponibilità effettiva degli apparati aziendali terzi, indispensabili per l’esecuzione dell’appalto, mentre spetta al committente, ed al giudice in caso di controversia, valutare se tale prova sia stata fornita>

ma vi è di più. 

< In altri termini, il sistema comunitario:

a) ripudia  automatismi ostativi all’ammissibilità del ricorso a soggetti terzi;

b) di conseguenza non impone l’uso di mezzi tipici di prova della disponibilità di risorse aziendali altrui;

c) tiene ferma l’esigenza di un rigoroso riscontro della effettiva disponibilità della capacità tecnico economica mutuata da imprese o complessi aziendali diversi>

ma non dimentichiamoci del futuro: 

< Tale impostazione ha ricevuto avallo esplicito dall’art. 48, comma 3, della direttiva 200418 del 31 marzo 2004 – relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi – (inapplicabile ratione temporis), che con disposizione innovativa rispetto ai precedenti testi normativi (ma recettiva delle acquisizioni della Corte di giustizia e delle giurisprudenze nazionali in materia), ha statuito nel senso, che: <<un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie>>.

 
N. 435/2005
Reg. Dec.
 

N. 5877 Reg. Ric.

 
Anno 2004
 
 
R E P U B B L I C A     I T A L I A N A
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

 
D E C I S I O N E
 

sul ricorso iscritto al NRG 58772004, proposto da *** s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore in proprio e nella qualità di impresa mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con *** *** s.p.a., rappresentato e difeso dall’avvocato ***************** ed elettivamente domiciliato in Roma, via Crescenzio n. 19 presso lo studio legale *******;

 
contro
 

S.O.G.E.I. – ******à Generale d’Informatica s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato ***************, elettivamente domiciliato in Roma, viale Tiziano n. 21;

 
e nei confronti di
 

*** – Consulenze ed applicazioni informatiche s.p.a. in persona del procuratore speciale **************, rappresentato e difeso dall’avvocato ************** ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, piazza Augusto Imperatore n. 22.

 
per l’annullamento
 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione II, n. 1768 del 25 febbraio 2004.

 
Visto il ricorso in appello;
 

visti gli atti di costituzione in giudizio della S.O.G.E.I. – ******à Generale d’Informatica s.p.a. (in prosieguo SOGEI), e della *** – Consulenze ed applicazioni informatiche s.p.a. (in prosieguo ***);

 

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

 
visto il dispositivo di sentenza 513/04;
 
visti gli atti tutti della causa;
 

data per letta alla pubblica udienza del 30 novembre 2004 la relazione del consigliere *********, uditi gli avvocati Scansano su delega dell’Avvocato *******, ****** e *********;

 
ritenuto e considerato quanto segue:
 
FATTO
 

1. Con ricorso notificato il 9 giugno 2004, e depositato il successivo 18 giugno, *** s.r.l. (in prosieguo ***), in proprio e nella qualità di impresa mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con *** *** s.p.a., proponeva appello avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio, sezione II, n. 1768 del 25 febbraio 2004, che aveva respinto tutte le censure articolate nei confronti del provvedimento dell’amministratore delegato della SOGEI – datato 26 giugno 2003 – recante l’esclusione dalla licitazione privata indetta per il servizio di manutenzione di applicazioni software per il sistema informativo della fiscalità (Gara n. 61, bando pubblicato nella G.U. n. 43 del 21 febbraio 2003).

 

2. Si costituivano la SOGEI e la *** (quest’ultima quale impresa aggiudicataria del contratto), deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

 

3. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 30 novembre 2004. 

 
DIRITTO
 
1. L’appello è infondato e deve essere respinto.
 

2. Per una migliore intelligenza della vicenda, in fatto giova premettere quanto segue.

 

I) La SOGEI – concessionaria dell’amministrazione finanziaria relativamente al Sistema informativo della fiscalità – ha indetto un bando di gara (pubblicato nella G.U. del 21 febbraio 2003), mediante licitazione privata, avente ad oggetto l’appalto di servizi per la manutenzione di applicazioni software in esercizio nel sistema informativo della fiscalità; all’art. 13, lett. g) del bando ha previsto espressamente che i concorrenti dichiarino la conformità alle norme UNI EN ISO 9000 del proprio servizio di manutenzione del software.

 

II) In data 6 marzo 2003 il costituendo raggruppamento fra *** ***, *** e CM Società Consortile per azioni (estromessa per carenza dei requisiti nella fase della prequalificazione), avanzava domanda di partecipazione alla gara per il lotto n. 61.

 

III) In pendenza della ricezione della lettera di invito – e più precisamente in data 18 marzo 2003 – la *** cedeva i rami di azienda “progettazione e sviluppo software” e “fornitura risorse umane” alla società S21 Italia s.r.l.; tale società di diritto italiano è controllata, al 95% del capitale, dalla società di diritto rumeno con sede a Bucarest, S21 International, a sua volta controllata dalla *** che ne ha acquistato il 100% del capitale in data 14 febbraio 2003.

 

IV) Nella lettera di invito (datata 31 marzo 2003) inoltrata alla mandataria – *** *** s.p.a. – del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese (la cui mandante è l’odierna ricorrente ***), si precisava (punto 4, lett. c), fra l’altro, che a pena di esclusione l’impresa offerente avrebbe dovuto esibire una <<dichiarazione attestante quali specifiche unità operative saranno impegnate nell’erogazione del servizio, accompagnata da copia autentica – nelle forme dell’articolo 18 del D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000 – del certificato indicante che le suddette unità operative sono conformi rispetto alle norme UNI EN ISO 9000 per le attività di manutenzione del software>>. La lettera di invito specificava, altresì, che le dichiarazioni dovevano essere rilasciate con l’osservanza delle prescrizioni sancite dagli artt. 38 e 47 del T.U. n. 445 del 2000 e che <<la certificazione di cui alla lettera c. dovrà indicare una data anteriore al 6 marzo 2003. La sua mancata presentazione, ovvero, una data di rilascio successiva al 6 marzo 2003, comporterà l’automatica esclusione dalla gara>>.

 

V) Il raggruppamento *** *** presentava la propria offerta tecnica in data 14 aprile 2003; fra i documenti allegati viene in rilievo quello rubricato al n. 5, recante la dichiarazione di cui alla lett. c punto 4 della lettera di invito, resa – il 7 aprile 2003 – dal legale rappresentante della ***, del seguente testuale tenore: <<le unità operative che saranno impegnate nell’erogazione del servizio sono quelle della sede di Pomezia (RM) via della Tecnica n. 28, certificata UNI EN ISO 9000 (in allegasto copia autentica del certificato UNI EN ISO 9000 datato 29111999)>>. Il certificato in parola – n. **99.360 – rilasciato dalla SGS Italia s.r.l. si riferiva esclusivamente alla <<progettazione e sviluppo software. Fornitura di risorse umane specializzate in campo informatico. Acquisizione dati>>. A cagione di ciò la SOGEI chiedeva chiarimenti (cfr. lettera del 29 aprile 2003) all’organismo certificatore SGS Italia s.r.l., in relazione al contenuto del certificato ed avuto riguardo alla possibilità di ricomprendervi anche l’attività di manutenzione di applicazioni software, oggetto principale del contratto da aggiudicare.

 

VI) Nella seduta del successivo 13 maggio, la commissione giudicatrice ammetteva con riserva alle ulteriori fasi della procedura di gara, per quanto di interesse, il raggruppamento *** ***, giacchè erano stati richiesti i menzionati chiarimenti in merito al contenuto del certificato di conformità UNI EN ISO 9000 per l’attività di manutenzione di software.

 

Quindi, attribuiti i punteggi alle offerte ammesse, la commissione procedeva alla apertura delle buste contenenti le offerte economiche, ed alla redazione della graduatoria che vedeva collocato al primo posto il raggruppamento *** *** ed al secondo posto il raggruppamento ***; stante però il superamento della soglia di anomalia da parte dell’offerta economica vincitrice, veniva attivato il relativo procedimento di valutazione dell’anomalia a mente dell’art. 25, d.lgs. n. 157 del 1995.

 

VII) Il 14 maggio 2003 l’ente certificatore SGS Italia s.r.l. rispondeva alla stazione appaltante attestando che: <<in data 31 marzo 2003 la nostra società ha emesso un nuovo certificato n. **99.360 per l’Azienda S21 s.r.l. (ex *** s.r.l.) in quanto il sistema di gestione per la qualità della suddetta per le attività citate nello scopo della certificazione è risultato conforme alla Norma ISO 9001UNI EN ISO 9001 Ed. 2000….Si può quindi concludere che lo scopo del certificato nr. **99.360 attesta anche la conformità alla norma UNI EN ISO 9001 dell’attività di manutenzione di applicazione software>>.

 

VIII) Il 22 maggio 2003 si costituiva la commissione incaricata di valutare l’anomalia dell’offerta *** *** ed il successivo giorno 23 veniva inoltrata una prima richiesta di chiarimenti tecnici documentali al raggruppamento in questione.

 

Nel pieno contraddittorio fra le parti, la commissione chiedeva ulteriori chiarimenti anche in relazione alla cessione dei rami di azienda incaricati della manutenzione del software, ed agli assetti proprietari in atto (cfr. lettere del 29 maggio, 5 e 11 giugno 2003).

 

Fra i tanti documenti veniva acquisita: a) copia della scrittura privata recante il contratto di cessione del ramo di azienda del 18 marzo 2003; b) copia atto pubblico del 14 febbraio 2003 – redatto in lingua rumena e non tradotto (la traduzione verrà esibita solo nel corso del giudizio di primo grado) – avente ad oggetto l’acquisto del 100% del capitale sociale della S21 International da parte della ***; c) scrittura privata non autenticata, datata 18 marzo 2003, intercorsa fra il legale rappresentante della S21 Italia e quello della ***, in forza della quale la prima società cedeva in uso alla seconda a titolo oneroso, la piena disponibilità dei medesimi rami di azienda alienati in pari data dalla *** alla S21 Italia; d) copia dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa in data 18 marzo 2003 da tale Cergolini Claudia (senza specificare la sua qualità e che solo in sede contenziosa la ricorrente ha affermato essere una propria dipendente), all’ufficio stato civile e anagrafe del comune di Pomezia, in cui si dichiara che <<la copia allegata è conforme all’originale in mio possesso>>; si badi che la copia conforme è quella della scrittura privata in pari data di cui al punto c), e che il funzionario comunale incaricato – come si evince per tabulas dall’esame della copia della dichiarazione sostitutiva – non ha indicato il documento di identità con cui ha identificato la dichiarante in sede di autenticazione della sua sottoscrizione.

 

IX) Seguiva la dettagliata relazione tecnica della commissione datata 19 giugno 2003 – recante l’analisi e la confutazione puntuale delle giustificazioni fornite dal raggruppamento *** ***.

 

X) Infine, interveniva l’impugnato provvedimento di esclusione, adottato dall’amministratore delegato della SOGEI il 26 giugno 2003, e fondato sopra tre autonome ragioni: a) l’offerta, presentata in data 14 aprile 2003, è stata sottoscritta anche dalla *** s.r.l., in qualità di designata mandante, ******à che – per effetto del trasferimento alla S21 Italia s.r.l. dei propri rami d’azienda relativi alle attività informatiche non era titolata a sottoscrivere l’offerta tecnico – economica non essendo in possesso dei relativi requisiti di capacità richiesti dal bando, non potendosi valutare positivamente la catena di controllo fra la *** e S21 Italia a cagione della interposizione di società di diritto rumeno con sede in Romania; b) la dichiarazione del 7 aprile 2003 resa dal legale rappresentante della *** in ordine alla qualità delle unità operative che sarebbero state impiegate nell’appalto, non poteva essere valutata favorevolmente dal momento che l’ente certificatore aveva rilasciato un diverso certificato con decorrenza 31 marzo 2003 intestato alla S21 Italia s.r.l.; c) l’offerta sottoposta a giudizio di anomalia non poteva considerarsi congrua.

 

XI) Avverso tale atto è insorta la *** deducendo con ricorso principale le seguenti censure:

 

violazione e falsa applicazione dell’art. 32 direttiva CEE n. 9250, come interpretato dalla Corte di Giustizia con la sentenza C. 17698 del 2 dicembre 1999, violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 157 del 1995, eccesso di potere per erronea rappresentazione dei presupposti di fatto, difetto di motivazione ed istruttoria; la SOGEI avrebbe escluso dalla gara la *** nel presupposto che in un appalto di pubblico servizio la persona giuridica dominante di un gruppo industriale non possa far valere i requisiti di capacità tecnico – economica delle società appartenenti al gruppo ed interamente controllate; il certificato di qualità UNI EN ISO 9001 intestato alla S21 Italia, in quanto società del gruppo capeggiato dalla *** poteva considerarsi riferibile a quest’ultima;

violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di verifica delle offerte anomale, violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 157 del 1995, in particolare artt. 25 e 16, violazione e falsa applicazione dell’art. 6, lett. b) e 7 l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria, illogicità e sviamento; il provvedimento di esclusione è apodittico, ed è carente l’istruttoria effettuata dalla stazione appaltante;

in subordine sono stati impugnati, per contrasto con la normativa comunitaria ed i principi giurisprudenziali forgiati dalla Corte di giustizia, il bando e la lettera di invito se interpretati nel senso di non ammettere che una impresa capogruppo possa valersi dei requisiti tecnici posseduti da altro soggetto controllato.

E’ seguito atto di motivi aggiunti incentrato su una minuziosa contestazione delle valutazioni operate dalla commissione tecnica.

 
XII) L’impugnata sentenza:
 

a) ha respinto l’eccezione (sollevata dalla SOGEI), di inammissibilità del ricorso, per carenza della legittimazione ad agire della ***, in quanto proposto dalla sola impresa mandante del raggruppamento (tale capo non è stato gravato da appello ed è coperto dalla forza del giudicato interno);

 

b) ha respinto, nel merito, tutte le censure articolate dalla ***.

 

3. Scendendo all’esame delle questioni afferenti al presente giudizio di appello, preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile l’eccezione di difetto di interesse ad agire della *** – sollevata dalla SOGEI nella memoria del 16 novembre 2004, nel presupposto che quest’ultima abbia agito in giudizio quale impresa mandante di un raggruppamento ancora da costituire – giacché il capo della sentenza relativo al rigetto della medesima eccezione sollevata in prime cure non è stato gravato da appello.

 

4. Con il primo motivo (pagine da 9 a 17 dell’appello), si riproducono le doglianze afferenti alla violazione dei principi comunitari in ordine alla dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica per il tramite di soggetti terzi.

 

Il complesso motivo è incentrato sul presupposto che la stazione appaltante avrebbe negato a una persona giuridica dominante di un gruppo industriale, la possibilità di far valere i requisiti di capacità delle società appartenenti al proprio gruppo ed interamente controllate.

 

La tesi sviluppata dalla *** non è accoglibile, come già sobriamente acclarato dal primo giudice con l’impugnata sentenza.

 

4.1. Come si ricava dalla lettura del bando e della lettera di invito, nonché dall’esegesi del provvedimento di esclusione (compiuta alla luce della complessiva corposa attività istruttoria posta in essere dalla stazione appaltante), la SOGEI non ha mai affermato che nel contesto di una gara per l’affidamento di un appalto di servizi sopra soglia, disciplinato dalla direttiva comunitaria n. 9250 (art. 32) e dal decreto legislativo n. 157 del 1995 (art. 14), i requisiti di capacità tecnica non possano essere fatti valere con riferimento a società del gruppo o comunque a soggetti terzi.

 

La stazione appaltante da un lato, ed il giudice di primo grado dall’altro, hanno, viceversa, ritenuto non provata con certezza l’effettiva disponibilità della capacità tecnica altrui.

 

4.2. In linea generale la sezione osserva che in caso di partecipazione alla gara – indetta per la aggiudicazione di appalto di servizi – di imprese riunite in associazione temporanea, occorre distinguere nettamente fra i requisiti tecnici di carattere oggettivo (afferenti in via immediata alla qualità del prodotto o servizio che vanno accertati mediante sommatoria di quelli posseduti dalle singole imprese), dai requisiti di carattere soggettivo (che devono essere posseduti singolarmente da ciascuna associata), tanto che può verificarsi l’ipotesi di concorrente che, sebbene fornito di tutti i requisiti di qualificazione, non sia in grado di offrire uno specifico servizio per la cui erogazione avrebbe, in astratto, tutti i titoli in termini di capacità organizzativa, di controllo e di serietà imprenditoriale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294; sez. V, 13 maggio 2002, n. 2580).

 

In tale contesto, le certificazioni di qualità sono volte ad assicurare che l’impresa svolga il servizio secondo un livello minimo di prestazioni accertato da un organismo qualificato, sulla base di parametri rigorosi delineati a livello internazionale che valorizzano l’organizzazione complessiva dell’attività e l’intero svolgimento delle diverse fasi; secondo un principio di fondo del sistema, tali certificazioni costituiscono un requisito tecnico di carattere soggettivo, e devono essere possedute da ciascuna delle imprese associate a meno che non risulti che essi siano incontestabilmente riferiti solo ad una parte delle prestazioni eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate (cfr. sez. VI, 22 marzo 2004, n. 1459; sez. VI, 13 maggio 2002, n. 2569).

 

4.3. In ordine al possesso dei requisiti tecnici ed economici, il sistema comunitario degli appalti di servizi (quale ricostruibile attraverso le norme contenute nella direttiva 9250 e i principi enucleati dalla giurisprudenza comunitaria): a) consente all’impresa concorrente di far valere le capacità tecniche ed economiche di soggetti terzi; b) richiede, a garanzia della serietà dell’offerta e della tutela della par condicio, che si dia la prova certa dell’effettiva disponibilità delle altrui capacità tecniche; c) affida alla stazione appaltante in prima battuta – ed al giudice in sede di controllo giurisdizionale – il compito di valutare la congruità della prova (cfr. Corte giust. 2 dicembre 1999, C – 17698, Holst; 18 marzo 2004, C – 314 1, Telecom & Partner).

 

La direttiva 9250 deve essere interpretata, avuto riguardo agli scopi avuti di mira ed alle espressioni letterali utilizzate (specie negli artt. 31, n.3, 32, n. 2, lett. c), e 23) nel senso che per comprovare il possesso dei requisiti economici e tecnici di partecipazione alla gara, all’impresa concorrente è sì consentito di fare riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione però, che sia in grado di provare la disponibilità effettiva degli apparati aziendali terzi, indispensabili per l’esecuzione dell’appalto, mentre spetta al committente, ed al giudice in caso di controversia, valutare se tale prova sia stata fornita (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 2003, n. 5287; sez. V, 7 febbraio 2003, n. 645).

 

4.4. In altri termini, il sistema comunitario: a) ripudia automatismi ostativi all’ammissibilità del ricorso a soggetti terzi; b) di conseguenza non impone l’uso di mezzi tipici di prova della disponibilità di risorse aziendali altrui; c) tiene ferma l’esigenza di un rigoroso riscontro della effettiva disponibilità della capacità tecnico economica mutuata da imprese o complessi aziendali diversi.

 

In definitiva sollecita una analisi casistica da parte delle amministrazioni e dei giudici circa la sussistenza dei requisiti di capacità.

 

Ciò esclude l’assunto fatto proprio dall’appellante secondo cui ex se, una situazione di controllo ravvisabile fra la capogruppo e sue controllate, possa assolvere all’onere di provare specificamente l’effettiva disponibilità delle capacità tecniche altrui, non fosse altro che per l’evidente autonomia contrattuale di cui godono le società controllate, che ben potrebbero assumere impegni negoziali in radicale contrasto con le determinazioni della capogruppo, impegni legittimamente opponibili alla stazione appaltante.

 

Tale impostazione ha ricevuto avallo esplicito dall’art. 48, comma 3, della direttiva 200418 del 31 marzo 2004 – relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi – (inapplicabile ratione temporis), che con disposizione innovativa rispetto ai precedenti testi normativi (ma recettiva delle acquisizioni della Corte di giustizia e delle giurisprudenze nazionali in materia), ha statuito nel senso, che: <<un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie>>.

 

Sotto tale particolare angolazione vanno al dunque letti i precedenti giurisprudenziali (nazionali e comunitari) diffusamente illustrati dall’appellante nel ricorso e nella memoria conclusionale, onde ricondurli armonicamente a sistema.

 

In particolare non può essere assolutizzata l’applicazione del principio desumibile dalla decisione di questo Consiglio sez. V, n. 1695, 25 marzo 2002 (automatismo fra controllo al cento per cento di una impresa figlia e prova del requisito tecnico richiesto in capo alla società madre), in quanto resa: a) in materia di appalti di lavori pubblici, notoriamente sottoposti ad una normativa complessa e profondamente diversa rispetto a quella degli appalti di servizi; b) in un contesto societario in cui non vi erano altri soggetti giuridici intermedi tra impresa madre e figlia; c) su un punto controverso afferente alla iscrizione all’Albo speciale dei gestori di rifiuti.

 

4.5. Sulla scorta di quanto fin qui precisato, deve respingersi la richiesta (formulata dalla *** nella memoria conclusionale del 24 novembre 2004, pagina 3), di rimettere in via pregiudiziale alla Corte di giustizia la questione interpretativa dell’art. 32 direttiva CE n. 9250, circa i mezzi di prova che devono essere utilizzati dall’impresa controllante per avvalersi dei requisiti di capacità della società controllata.

 

Si tratta di questione che la Corte ha già risolto in modo specifico con le pronunce in precedenza richiamate e che non presenta margini di ambiguità; sicché la richiesta di rinvio pregiudiziale, ancorché avanzata dinanzi ad una giurisdizione nazionale di ultima istanza a mente dell’art. 234, u.c. Trattato CE, può non trovare accoglimento.

 

L’obbligo di rinvio infatti non è illimitato, potendo venir meno ove il giudice supremo abbia constatato che la questione non è pertinente, ovvero che la disposizione comunitaria ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia – come nel caso di specie – ovvero che la corretta applicazione del diritto comunitario si imponga con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi (cfr. da ultimo Corte giust. 26 novembre 1998, C. 797; 6 ottobre 1982, C. 28381 Cilfit; Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2002, n. 5255; Cass., sez. I, 25 novembre 2003, n. 17953; 7 maggio 1999, n. 4564).

 

5. Con il secondo mezzo si contesta la decisione della stazione appaltante (e del correlato capo di sentenza) che ha ritenuto indimostrata l’effettiva disponibilità del complesso aziendale in questione.

 
La censura è inaccoglibile.
 

Fermo restando, per quanto sopra illustrato, che non può darsi ingresso ad automatismi di sorta nella materia in esame, la stazione appaltante gode di un ampio potere nella valutazione casistica del legame giuridico che deve essere dimostrato fra impresa concorrente e soggetto terzo.

 

Il sindacato giurisdizionale su tale potere è di tipo estrinseco, e non può arrivare a sostituire le determinazioni dell’amministrazione con quelle gradite al giudice o all’impresa esclusa, purchè queste ultime si mantengano nei limiti della ragionevolezza e della non arbitrarietà.

 

Nella specie, la valutazione negativa, come emerge dall’esame dell’intera documentazione sottoposta al vaglio dell’amministrazione, è legittima perché si fonda sui seguenti dati di fatto:

 

a) il controllo della impresa madre sulla S21 Italia s.r.l. non era diretto ma mediato dall’interposizione di altra società di diritto rumeno (S21 International);

 
b) quest’ultima controlla S21 Italia al 95%;
 

c) *** è mandante e non capogruppo del raggruppamento, mentre S21 Italia e S21 International non fanno parte del medesimo;

 

d) sia l’atto di concessione del godimento dei beni aziendali da S21 Italia a *** (contestualmente alienati da *** a S21 Italia), che l’acquisto del 100% delle quote di S21 International da parte di *** non sono mai stati depositati presso gli uffici del Registro delle imprese.

 

e) la dichiarazione di cessione della disponibilità dei beni aziendali del 18 marzo 2003 (alienati contestualmente da *** a S21 Italia), contenuta nella scrittura privata sopra esaminata è priva di data certa anteriore alla domanda di partecipazione alla gara.

 

Circa la regolarità di tale ultimo atto (e l’irrilevanza della apposizione di timbri di congiunzione fra scrittura privata e dichiarazione sostitutiva), deve sottolinearsi che:

 

I) esso è privo di autenticazione delle sottoscrizioni dei legali rappresentanti delle due società;

 

II) è stato consegnato in copia alla stazione appaltante, corredato da dichiarazione sostitutiva di notorietà rilasciata da una persona non qualificata (solo successivamente in sede contenziosa è emersa la circostanza che trattasi di dipendente della ***, in ogni caso privo di poteri rappresentativi della società ***), e non identificata correttamente; infatti, come si evince dalla lettura della dichiarazione sostitutiva, il funzionario incaricato della autenticazione della sottoscrizione ha omesso di specificare il tipo di documento di identità esibito dalla dichiarante, in violazione del combinato disposto degli artt. 21 u.c., 38 u.c. e 47 primo comma, d.P.R. n. 445 del 2000 (cfr., nel senso della indefettibile acquisizione all’interno di una procedura di appalto pubblico della fotocopia del documento di identità del soggetto che rilascia dichiarazioni sostitutive di notorietà, sez. V, 1 ottobre 2003, n. 5677).

 

In ordine alla necessità che la prova documentale della disponibilità della capacità tecnica altrui, sia antecedente alla presentazione dell’offerta, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa appellante (pagina 19 del gravame), il collegio ritiene di non discostarsi da quell’orientamento ermeneutico in punto di valutazione dell’anomalia dell’offerta, che reputa indispensabile tale collocazione temporale, ciò al fine di evitare ricostruzioni di favore ex post ed a garanzia della serietà e del rispetto della par condicio fra concorrenti (cfr. sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4082).

 

6. Parimenti infondato è il terzo motivo di gravame volto a contestare l’esclusione dell’offerta a cagione della non conformità, alle prescrizioni di gara, del certificato n. Q.99.360 allegato alla dichiarazione sostitutiva di notorietà resa il 7 aprile 2004 dal legale rappresentante della ***, in ordine al possesso della certificazione UNI EN ISO 9001 da parte delle unità operative impiegate per l’esecuzione del servizio manutenzione.

 

Effettivamente risulta per tabulas che a pena di esclusione (comminata dall’art. 4, lett. c) della lettera di invito), tale certificato dovesse essere rilasciato in data anteriore al 6 marzo 2003.

 

Come ricostruito nella parte in fatto, in realtà l’unico certificato rilasciato dall’organismo accertatore (SGS Italia s.r.l.) che asseveri la qualità delle unità operative indicate per la manutenzione del software reca la data del 31 marzo 2003 ed è riferito alla azienda S21 s.r.l.

 

Quello esibito in una alla dichiarazione sostitutiva di notorietà del 7 aprile 2004, invece, pur datato 20 novembre 1999 e concernente le medesime unità operative (ubicate a via della Tecnica n. 28 Pomezia), ha ad oggetto la *** s.r.l. e non menziona espressamente l’attività di manutenzione del software.

 

E’ di immediata evidenza, pertanto, il mancato soddisfacimento di un requisito giustamente ritenuto essenziale da parte della stazione appaltante.

 

7. Con il quarto ed ultimo mezzo (da pagina 24 a pagina 37) si deduce, sotto una pluralità di profili, la violazione delle norme e dei principi in materia di verificazione delle offerte c.d. anomale.

 

7.1. Non è ravvisabile, nel caso di specie, l’insufficienza della motivazione ob relationem, e della conseguente violazione dell’art. 3, comma 3, l. n. 241 del 1990, sul rilievo che nel provvedimento di esclusione non si farebbe menzione delle indagini compiute dalla speciale commissione tecnica insediata presso la SOGEI.

 

Contrariamente a quanto affermato dalla difesa appellante, la sezione ritiene che la garanzia di adeguata tutela dei propri interessi, che l’ordinamento assicura ad ogni amministrato, non viene meno per il solo fatto che nel provvedimento finale non risultino chiaramente e compiutamente esplicitate in motivazione (con il rinvio ob relationem allo specifico atto integrativo della decisione), le ragioni sottese alla scelta provvedimentale, allorquando le stesse possono essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti alle diverse fasi nelle quali si articola il procedimento o subprocedimento (come nel caso di specie, dove la *** ha attivamente partecipato alla fase della verifica della congruità della propria offerta svolta, come a lei ben noto, dalla menzionata commissione tecnica), e contestate attraverso appropriate censure di eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, con un risultato (se reputate fondate), certamente più vantaggioso di quello che il privato avrebbe potuto conseguire da un mero annullamento formale per violazione da parte dell’amministrazione dell’obbligo del clare loqui (cfr. sez. V, 20 ottobre 2004, n. 6814; sez. IV, 22 dicembre 1998, n. 1866; 26 gennaio 1998, n. 66).

 

7.2. Prima di procedere allo scrutinio delle ulteriori doglianze (sviluppate da pagina 27 a pagina 35 del gravame), sono da premettere, in diritto, alcune brevi considerazioni sul giusto procedimento esigibile in materia di valutazione delle offerte anomale, sulla natura del giudizio di anomalia e non anomalia, sulla consistenza della correlata motivazione, sul sindacato esercitabile dal giudice amministrativo.

 

7.2.1. La verifica della congruità dell’offerta và riferita a tutti gli elementi giustificativi forniti dai concorrenti, analiticamente considerati (cfr. sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3554; 25 luglio 2001, n. 4082), perché il subprocedimento in parola deve riguardare tutta l’offerta nelle sue varie componenti e non deve essere limitato alle singole componenti atomisticamente considerate; tanto è vero questo che le giustificazioni richieste devono riguardare le voci di prezzo maggiormente significative (cfr. sez. IV, sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3554; 5 aprile 2003, n. 1787).

 

Ciò non significa però, che una volta che l’impresa sia stata ammessa a giustificarsi in modo analitico e che l’amministrazione (come nel caso di specie), abbia confutato in modo parimenti analitico le voci di prezzo, occorra una ulteriore fase valutativa avente ad oggetto, formalmente, l’insieme globale dell’offerta (cfr. sez. IV, 30 luglio 2003, n. 4409); si tratterebbe, infatti, di una attività procedimentale inutile, contrastante con il dovere di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa sancito dalla l. n. 241 del 1990.

 

La giurisprudenza è unanime nel ritenere che la stazione appaltante abbia il dovere di motivare congruamente il giudizio di anomalia dell’offerta e la conseguente esclusione della stessa (sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3554).

 

Le valutazioni dell’amministrazione costituiscono espressione di un potere di natura tecnico – discrezionale, di per sé insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o errori di fatto – circostanze queste che non ricorrono nel caso di specie (cfr. da ultimo Cons. Stato., sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3554; sez. IV, 30 luglio 2003, n. 4409; sez. V, 5 marzo 2001, n. 1247; sez. V, 31 ottobre 2000, n. 5886).

 

Nel sistema normativo attuale, l’anomalia o la congruità dell’offerta non sono direttamente riferite alla comparazione con l’interesse pubblico, ma presuppongono un apprezzamento orientato secondo valutazioni di carattere tecnico scientifico.

 

Il dato emerge con chiarezza dall’art. 27 della direttiva 9336CEE – recante la disciplina degli appalti di forniture – che indica quali elementi valutabili ai fini della congruità delle offerte: l’economicità del procedimento di fabbricazione, le soluzioni tecniche adottate, l’originalità del prodotto e le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente (in termini analoghi dispongono le rispettive norme in materia di appalti di servizi, lavori pubblici e settori esclusi).

 

Si tratta di profili che pur contrassegnati da margini spesso notevoli di opinabilità, non esprimono ex se momenti di emersione della cura concreta dell’interesse pubblico.

 

Senza contare poi, che la normativa comunitaria in materia di appalti, tutela in via primaria l’interesse degli imprenditori a confrontarsi in un mercato competitivo e libero nella concorrenza; e solo in via riflessa, l’interesse dell’amministrazione ad ottenere le prestazioni programmate alle migliori condizioni (sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3554).

 

L’esercizio della discrezionalità tecnica, quando si sostanzia in un profilo di ricostruzione del fatto alla stregua di regole scientifiche certe o altamente probabili si traduce, in realtà, nel compimento di un vero e proprio accertamento tecnico.

 

Se gli apprezzamenti dell’amministrazione, viceversa, non sono assistiti dalla nota della certezza tipica delle scienze causalistiche, l’amministrazione prima, ed il giudice poi, sono chiamati a rendere concreto il contenuto di concetti giuridici indeterminati.

 

Anche in questo caso, però, ferma restando per il giudice amministrativo l’impossibilità di attingere direttamente l’opportunità della scelta effettuata per la miglior cura dell’interesse pubblico e di sostituirsi per tale via all’amministrazione (cfr. sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4082), l’esercizio della discrezionalità tecnica quando si sostanzia in un rilevante profilo di ricostruzione del fatto può essere conosciuto dal giudice amministrativo nell’esercizio dei poteri istruttori disegnati dalla legge secondo il tipo di posizione soggettiva coinvolta nel processo.

 

Rimane fermo, quindi, che l’apprezzamento degli elementi di fatto del procedimento e del provvedimento conclusivo, siano questi a struttura semplice o complessa, attiene sempre al piano della legittimità, onde deve esserne sempre consentita la sindacabilità in attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale esaltato dalla riforma dell’art. 111 della costituzione.

 

7.2.2. Nella specie tutte le censure articolate dalla ricorrente sono rivolte a contrastare valutazioni opinabili della stazione appaltante e come tali non sostituibili da valutazioni di segno opposto ad opera del giudice amministrativo.

 

Il giudizio di anomalia cui è pervenuta la commissione tecnica si fonda sopra una pluralità di considerazioni non abnormi.

 

In primo luogo (ed il dato è stato più volte riconosciuto lealmente dalla stessa difesa ricorrente nei propri scritti difensivi in primo e secondo grado), nella documentazione a sostegno della offerta esclusa vi era un errore di calcolo, ed i dati rappresentativi dei costi sostenibili erano disomogenei, lacunosi ed approssimativi.

 

In base al principio di autoresponsabilità, dotato di un particolare ambito applicativo in materia di valutazione delle offerte anomale, deve ritenersi legittimo il giudizio negativo formulato dalla stazione appaltante in considerazione del carattere non rigoroso e lineare delle giustificazioni dei costi posti a base dell’offerta esclusa (cfr. sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4082).

 

Gli ulteriori apprezzamenti della commissione – inerenti alla circostanza obbiettiva: a) che la ricorrente intendeva avvalersi per la attività di manutenzione del software del sistema delle finanze italiano, per lo più, di dipendenti con contratti di formazione lavoro (dunque meno costosi ma sicuramente meno professionali di tecnici di collaudata esperienza, come implicitamente richiesto dall’importanza e della complessità del servizio da erogare); b) che l’utile di impresa indicato non fosse tale da garantire margini effettivi di serietà dell’offerta – non sono affetti dai vizi di violazione dell’art. 25 del d.lgs. n. 157 del 1995 e del capitolato tecnico, tanto sotto il profilo che non sarebbe stata richiesta una particolare qualificazione del personale addetto alla manutenzione, quanto per la asserita impossibilità di valutare negativamente l’esiguità dell’utile di impresa ritraibile in presenza di una offerta estremamente bassa.

 

Tali censure sono inammissibili perché impingono il merito delle valutazioni della commissione tecniche, che non appaiono manifestamente illogiche o abnormi.

 

7.3. L’ultimo profilo del motivo in trattazione (pagina 35 del gravame), è volto a sostenere che il primo giudice non avrebbe esaminato la doglianza afferente alla disparità di trattamento che la SOGEI avrebbe posto in essere onde favorire la seconda classificata; tale sintomo dell’eccesso di potere si ricaverebbe dagli intrecci di partecipazione azionarie che legherebbero *** e SOGEI.

 

Anche tale censura è inaccoglibile sia perché inammissibile sia perché infondata.

 

In prime cure tale vizio non è mai stato articolato in modo esplicito, ma adombrato in via meramente ipotetica e generica nelle premessa in fatto a pagina 2 dell’atto di motivi aggiunti. Esso è stato compiutamente sviluppato, per la prima volta, nella memoria illustrativa del 13 gennaio 2004 (a pagina 27), memoria però non notificata.

 

Rettamente, pertanto, il primo giudice non lo ha preso in considerazione, dedicandogli un breve passaggio argomentativo di carattere incidentale.

 

In ogni caso quanto affermato dal primo giudice è corretto sulla scorta della decisiva circostanza che nessuna disparità di trattamento è stata dimostrata.

 

Tale vizio, infine, appare difficilmente configurabile in procedure di evidenza pubblica meccaniche, rigidamente vincolate nei presupposti e nelle finalità.

 
8. In conclusione l’appello deve essere respinto.
 

Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

 
P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:

 

– respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;

 

– condanna *** s.r.l. in proprio e nella qualità di impresa mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con *** *** s.p.a., a rifondere in favore di S.O.G.E.I. – Società Generale d’Informatica s.p.a. e di *** – Consulenze ed applicazioni informatiche s.p.a., le spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro quattromila in favore di ciascuna parte;

 

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 novembre 2004DEPOSITATA IN SEGRETERIA 14/2/2005

 
 
 
Massime
 

E’ irrilevante, ai fini di cui all’art. 3, comma 3, l. n. 241 del 1990, che nel giudizio finale di esclusione di una offerta per anomalia, non si faccia formale rinvio alle risultanze della apposita verifica tecnica svolta nel relativo subprocedimento: la garanzia di adeguata tutela dei propri interessi, che l’ordinamento assicura a ogni amministrato, non viene meno infatti, per il solo fatto che nel provvedimento finale non risultino chiaramente e compiutamente esplicitate in motivazione (quantomeno con il rinvio ob relationem allo specifico e precedente atto integrativo della decisione), le ragioni sottese alla scelta provvedimentale, allorquando le stesse possono essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti alle diverse fasi nelle quali si articola il procedimento e contestate attraverso appropriate censure di eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, con un risultato (se reputate fondate), certamente più vantaggioso di quello che il privato avrebbe potuto conseguire da un mero annullamento formale per violazione da parte dell’amministrazione dell’obbligo del clare loqui.

Le valutazioni dell’amministrazione compiute in sede di valutazione dell’anomalia delle offerte, costituiscono espressione di un potere di natura tecnico – discrezionale, di per sé insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o errori di fatto.

In base al principio di autoresponsabilità, dotato di un particolare ambito applicativo in materia di valutazione delle offerte anomale, deve ritenersi legittimo il giudizio negativo formulato dalla stazione appaltante in considerazione del carattere non rigoroso e lineare delle giustificazioni dei costi posti a base dell’offerta esclusa.

In caso di partecipazione alla gara – indetta per la aggiudicazione di appalto di servizi – di imprese riunite in associazione temporanea, occorre distinguere fra i requisiti tecnici di carattere oggettivo (afferenti in via immediata alla qualità del prodotto o servizio che vanno accertati mediante sommatoria di quelli posseduti dalle singole imprese), dai requisiti di carattere soggettivo (che devono essere posseduti singolarmente da ciascuna associata), tanto che può verificarsi l’ipotesi di concorrente che, sebbene fornito di tutti i requisiti di qualificazione, non sia in grado di offrire uno specifico servizio per la cui erogazione avrebbe, in astratto, tutti i titoli in termini di capacità organizzativa, di controllo e di serietà imprenditoriale.

In ordine al possesso dei requisiti tecnici ed economici, il sistema comunitario degli appalti di servizi (quale ricostruibile attraverso le norme contenute nella direttiva 9250 e i principi enucleati dalla giurisprudenza comunitaria): a) consente all’impresa concorrente di far valere le capacità tecniche ed economiche di soggetti terzi; b) richiede, a garanzia della serietà dell’offerta e della tutela della par condicio, che si dia la prova certa dell’effettiva disponibilità delle altrui capacità tecniche; c) affida alla stazione appaltante in prima battuta – ed al giudice in sede di controllo giurisdizionale – il compito di valutare la congruità della prova offerta.

L’obbligo di rinvio pregiudiziale della questione interpretativa a mente dell’ultimo comma dell’art. 234 Trattato CE, non è illimitato potendo venir meno: a) ove il giudice nazionale di ultima istanza abbia constatato che la questione non è pertinente; b) che la disposizione comunitaria ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia; c) che la corretta applicazione del diritto comunitario si imponga con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi.

– – 
 
N.R.G. 5877/2004
 
 
 
MA
 

Lazzini Sonia

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