Il ricorso straordinario per cassazione contro il reclamo che decide sull’omologazione del concordato preventivo

Filippo Franze 16/03/17
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La prima Sezione della Cassazione Civile, con ordinanza interlocutoria del 20 aprile 2016 n. 7958, ha rimesso alle Sezioni unite la questione sulla proponibilità del ricorso per cassazione ex art. 111, settimo comma Cost. avverso le pronunce emesse dal giudice fallimentare in merito alle fattispecie di cui agli artt. 162, 173, 179 e 180 L. Fall. Con specifico riferimento al caso in esame, la Suprema Corte si è interrogata in ordine all’impugnazione del decreto mediante il quale la Corte d’Appello ha deciso sul reclamo proposto ai sensi dell’art. 183 L. Fall. e, quindi, sull’esito concreto del giudizio di omologazione del concordato preventivo.

Nella ipotesi in cui la dichiarazione di fallimento si accompagna alla declaratoria d’inammissibilità, revoca o non omologazione del concordato preventivo, occorre, innanzitutto, precisare come il reclamo avanzato ai sensi dell’art. 183 L. Fall. finisca per contenere sia il profilo inerente alla declaratoria di fallimento che quello di rigetto del concordato: in questo caso, il decreto emesso dalla Corte d’Appello potrà certamente essere assoggettato a ricorso per cassazione (cfr., in tal senso, Cass. Civ., I Sezione, sentenza n. 13817/2011). Maggiori problemi si pongono, invece, qualora il provvedimento dianzi indicato verta unicamente sulla sorte del concordato preventivo non dovendosi, per la forma del decreto e in assenza di una specifica disposizione di legge, ammettere ricorso per cassazione, neppure ai sensi dell’art. 111, settimo comma Cost. Le modifiche apportate alla disciplina delle procedure concorsuali con i decreti legislativi nn. 5/2006 e 169/2007 hanno, infatti, accentuato i casi nei quali alla declaratoria d’inammissibilità della proposta di concordato non farebbe seguito una sentenza dichiarativa del fallimento impugnabile con ricorso per cassazione atteso che la dichiarazione di fallimento, per gli effetti delle sopra richiamate novelle, necessita del presupposto dello stato d’insolvenza (che, tuttavia, non coincide con il mero stato di crisi dell’impresa cui ora si basa il concordato preventivo) e, sul fronte processuale, di una apposita istanza di parte creditrice ovvero della richiesta del pubblico ministero.

Orbene, a seguito della citata riforma si sono contrapposti due distinti orientamenti giurisprudenziali, il primo favorevole in linea di massima al ricorso per cassazione avverso il provvedimento negativo sulla domanda di concordato (cfr. Cass. Civ., sentenze nn. 21901/2013; 2326/2014; 14447/2014), il secondo contrario alla sua ammissibilità salvo che il decreto si basi su ragioni che escludono la conseguente dichiarazione del fallimento per difetto dei presupposti oggettivi e soggettivi (cfr. Cass. Civ., sentenze nn. 9998/2014; 3452/2015; 653/2016). La Suprema Corte a Sezioni unite, nel dirimere la questione in esame, ha aderito all’indirizzo giurisprudenziale per il quale è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione solo nei confronti di quei provvedimenti che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, presentano i requisiti della decisorietà e definitività. Per “decisorietà” si intende l’attitudine della pronuncia del giudice ad incidere su diritti soggettivi con la particolare efficacia del giudicato, caratteristica in forza della quale lo svolgimento del contraddittorio tra le parti diviene prerogativa essenziale al fine di garantire l’applicazione uniforme della legge. Per “definitività” si intende l’impossibilità in seno alle parti di esperire alcun mezzo d’impugnazione che diverga dal ricorso straordinario per cassazione. È, dunque, in applicazione dei principi già espressi con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1914/2016 che la Cassazione ha deciso sulla impugnabilità dei decreti richiamanti gli artt. 162, 173, 179 e 180 L. Fall.

Ne discende l’impossibilità di accedere al rimedio straordinario avverso il decreto con cui il Tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato ex art. 162, comma 2 L. Fall. giacché, prescindendo da una controversia (anche potenziale) riguardante lo stato di crisi d’impresa, l’organo giudicante agisce d’ufficio tutelando un interesse generale rispetto a quello dei creditori e, per il disposto di legge, sente il solo soggetto debitore: viene, così, meno nel provvedimento finale il requisito della decisorietà. Qualora si aderisca all’opinione contraria, la legittimazione passiva dovrebbe essere riconosciuta nella persona del P.M senza considerare, tuttavia, che lo stesso necessiterebbe del potere d’impugnazione ai sensi dell’art. 72 c.p.c.

Il decreto della Corte d’Appello conseguente al reclamo sul diniego d’omologazione del concordato preventivo ex art. 180 L. Fall. dispone, invece, dei caratteri decisori e definitivi che rilevano nell’ottica impugnatoria di cui all’art. 111, comma 7 Cost. Il contestato procedimento di omologazione prevede, infatti, meccanismi di integrazione del contraddittorio delle parti cui la Corte d’Appello fa riferimento e si avvale al fine di pronunciare il provvedimento sul reclamo ex art. 183 L. Fall. la cui definitività è, invero, certa e complementare al requisito della decisorietà insito nel primo decreto impugnato.

La revoca dell’ammissione alla procedura di concordato ex art. 173 L. Fall. è, poi, preceduta da un contenzioso tra le parti soltanto eventuale in quanto il suddetto procedimento si svolge nelle forme di cui all’art. 15 L. Fall., ma, unicamente quando siano state presentate istanze di fallimento da parte dei creditori. Nell’ipotesi in cui non pervengano creditori istanti per il fallimento, sia il decreto di revoca che quello di diniego della revoca del concordato non hanno carattere decisorio, quindi, non sono soggetti a ricorso per cassazione. Tali provvedimenti non sarebbero neppure reclamabili alla Corte d’Appello, se si aderisse alla tesi enunciata da Cass., Sez. I, sentenza n. 9998/2014.

Quanto premesso e osservato, La Suprema Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto: “il decreto con cui la corte d’appello, decidendo sul reclamo ai sensi dell’art. 183, comma 1, richiamato dalla L. Fall., art. 182 bis, comma 5, provvede in senso positivo o negativo in ordine all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, ha carattere decisorio ed è pertanto soggetto, non essendo previsti altri mezzi d’impugnazione, a ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7 (…)in caso di ricorso per cassazione del debitore avverso il decreto con cui la corte d’appello, provvedendo sul reclamo ai sensi dell’art. 183, comma 1, richiamato dalla L. Fall., art. 182 bis, comma 5, nega l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, la legittimazione passiva non spetta al pubblico ministero, essendo questo privo del potere d’impugnazione del provvedimento, bensì ai creditori per titolo e causa anteriore alla data di pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, ai quali si riferiscono gli effetti dell’accordo stesso, nonchè agli altri interessati che abbiano proposto opposizione”.

 

Sentenza collegata

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