Il restyling della criminalità fiscale operato col d.l. 26 ottobre 2019, n. 124. Prime note sul nuovo volto del sistema penale tributario in Italia

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Sommario: 1. Premessa – 2. I nuovi delitti fiscali – 3. Un’ulteriore ipotesi di confisca – 4. La novella del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 – 5. Conclusioni – 6. Volume

  1. Premessa

Nell’ambito della rivisitazione del sistema fiscale italiano, irreggimentata dal Governo della Repubblica con una serie di provvedimenti legislativi, si segnalano talune disposizioni di rilievo penale introdotte con d.l. n. 124 del 26 ottobre 2019, recante  <<Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili>>([1]).

Il testo normativo, frutto del coordinamento delle principali disposizioni, di penale rilievo, col tessuto legislativo preesistente è stato adottato, more solito, con la tecnica della novella legislativa.

In buona sostanza, si è ritenuto d’incidere sul previgente volto penale del sistema tributario modificando col decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 il testo del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante, l’allora, <<nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’art. 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205>>.

Ne risulta considerevolmente restaurato l’assetto normativo del sistema delle violazioni finanziarie che, con preciso riferimento ai delitti fiscali, dalla primavera del 2000, profilava la disciplina in materia.

Qui di seguito si tratteggiano i lineamenti essenziali dell’intervento novellistico in ordine alle principali fattispecie incriminatrici concretanti il cd. diritto penale tributario 3.0.

Esse sono quelle contenute nel Titolo II del d. l.vo n.74([2]) intestato ai <<delitti>> a loro volta oggetto dell’invero non poco artificiosa dicotomia legislativa di materia; da un lato delitti in materia di dichiarazione e dall’altro delitti in materia di documenti e pagamento di imposte.

Nel presente scritto l’indicata dicotomia non viene tenuta di conto, preferendo illustrare le tecniche di contrasto penale all’evasione fiscale nel loro insieme così come riscritte dal legislatore della novella n. 124 del 2019

  1. I nuovi delitti fiscali

Intendiamo col sintagma in epigrafe riferirci alle fattispecie delittuose contemplate negli articoli 2 – 11 del decreto legislativo n. 74 del 2000; esse, come anticipato, delineano il nuovo volto del diritto penale tributario.

Ad esse bisogna far quindi riferimento per cogliere appieno la portata dell’intervento novellistico attuato dal legislatore del 2019 col decreto legge n. 124.

L’art.2([3]) e l’art.3([4]) si occupano di quella che può ben definirsi fraudolenza dichiarativa. È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.  Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Nel corpo dell’indicata disposizione criminosa, si chiarisce([5]) che se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore  a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a  sei anni.

Così individuando normativamente la categoria concettuale dei grandi evasori.

Fuori dai casi sopra contemplati, viene punito con la reclusione da tre a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, è superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila.

Il fatto dichiarativo con fraudolenza residuale si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria. Ciononostante, avverte il legislatore, […] non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali […].

L’infedeltà dichiarativa([6]) vede il fatto di dichiarazione infedele punito con la reclusione da due a cinque anni; il dichiarante infedele è colui che, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando – questo il proprium della grande evasione fiscale e dell’infedeltà contributiva prefigurato dal legislatore per il nostro Paese –  congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro  due milioni([7]).

La fattispecie omissiva propria([8]) preposta alla tutela penale tributaria, contempla la punizione con la reclusione da due a sei anni di chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

È altresì punito con la reclusione da due a sei anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.  Ai fini indicati non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

Anche le celeberrime F.O.I.([9]) vedono una rimodulazione penale d’una qual certa consistenza. È, difatti, punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Ai fini dell’applicazione della disposizione or ora indicata([10]), l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

Anche per tale – invero non infrequente – ipotesi delittuosa, si è tracciato lo spartiacque con la figura categoriale del grande evasore fiscale. Ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 8 in parola, […] Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. […]

Rimodellate al nuovo corso anche le fattispecie criminose di cui agli articoli 10, 10-bis e 10-ter del testo previgente d’inizio secolo([11]).

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.  È punito, altresì, con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centomila euro per ciascun periodo d’imposta.

È punito, ancora, con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro centocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

Balza agli occhi l’innalzamento delle soglie; innalzamento ritenuto, evidentemente, idoneo ad ampliare i casi di punibilità per i fatti in esame.

Il sistema repressivo non si ferma all’inasprimento delle pene.

  1. Un’ulteriore ipotesi di confisca

L’art. 12-ter([12]) così come prefigurato dal legislatore della novella n. 124, è lapidario nel prevedere che nei  casi  di condanna  o  di  applicazione  della  pena  su  richiesta   a   norma dell’articolo 444 del codice  di  procedura  penale  per  taluno  dei delitti previsti dal decreto n. 74 del 2000,  diversi  da  quelli  previsti dagli articoli 10-bis e 10-ter, si  applica  l’articolo  240-bis  del codice penale([13]) quando: a) l’ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore  a euro centomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 2; b) l’imposta evasa è superiore a euro centomila nel caso dei delitti previsti dagli articoli 3 e 5, comma 1; c) l’ammontare delle ritenute non versate è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 5, comma 1-bis; d) l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro  centomila  nel  caso  del  delitto previsto dall’articolo 8; e)  l’indebita  compensazione  ha  ad  oggetto  crediti   non spettanti o inesistenti superiori  a  euro  centomila  nel  caso del delitto previsto dall’articolo 10-quater;  f)  l’ammontare  delle  imposte,  sanzioni  ed  interessi  è superiore  ad  euro  centomila  nel   caso   del   delitto   previsto dall’articolo 11, comma 1; g) l’ammontare  degli  elementi  attivi  inferiori  a  quelli effettivi o degli  elementi  passivi  fittizi  è  superiore  a  euro centomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 11, comma 2;  h) è pronunciata condanna  o  applicazione  di  pena  per  i delitti previsti dagli articoli 4 e 10.

Viene così colmata una lacuna – non solo giuridica – che da tempo attendeva soluzione normativa adeguata.

Nell’ambito del proposto restyling incriminatorio, i reati tributari sdoganano la loro operatività anche nel campo delle organizzazioni.

  1. La novella del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

La disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, viene integrata dal legislatore novellante della 124/2019.

Infatti viene statuito che dopo l’art.25-quaterdecies([14]) è inserito il seguente art. 25-quinquiesdecies.

In tema di <<reati tributari>> […] In relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n.  74, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. […]

Tale intervento novellistico ha una portata assai significativa; proprio il contesto di riferimento lascia intendere un intento di accerchiamento nei confronti dei contribuenti infedeli a qualsiasi livello essi operino e con qualsiasi modo o forma pratichino l’evasione fiscale.

  1. Conclusioni

Forse non basta; non basterà…!

L’intervento legislativo probabilmente, vista l’esperienza pluridecennale in materia, non risolverà il cruciale problema dell’evasione fiscale.

Problema, invero drammatico per il nostro Paese, che non può essere fronteggiato solo dal diritto criminale.

Esso è importante; senz’altro.

Tutti comprendiamo che il sistema delle tasse e dei tributi è esiziale per l’armonico sviluppo della nostra esistenza.

I servizi, il welfare sono goduti per il tramite delle contribuzioni fiscali che il cittadino eroga allo Stato aspettandone la restituzione in forme di diversa fruizione sociale. Ma l’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva d’ognuno e con criteri di progressività tributaria non può essere fatto assolvere con la sola prospettazione dell’irrogazione sanzionatoria.

Il problema è e resta culturale; etico culturale. In termini di etica fiscale, con tutto il suo portato applicativo e concettuale.

La formazione delle coscienze contributive e solidaristiche quale compito principale delle società intermedie e dei corpi sociali formanti la comunità di appartenenza orientato al progresso generazionale.

 

Volume consigliato 

 Note

([1]) Il provvedimento normativo, pubblicato su GU n.252 del 26-10-2019 è entrato in vigore il 27 ottobre 2019; cionondimeno, in aderenza alle coordinate costituzionali in criminalibus offerte dai giudici di palazzo della Consulta, le disposizioni penali, per esplicito dettato legislativo – art. 39 comma 3 del decreto legge sopra menzionato – entrano in vigore alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto in parola.

([2]) Articoli 2 e segg.

([3]) Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

([4]) Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.

([5]) Con l’inserimento dell’art. 2-bis.

([6]) Prevista dall’articolo 4: <<Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3>> […]

([7]) Permangono le chiarificazioni del previgente assetto punitivo. 1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali. 1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).

([8]) L’art. 5. Omessa dichiarazione.

([9]) Art. 8. Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

([10]) Prevista dal comma 1 dell’articolo 8 del decreto n. 74 del 2000.

([11]) D. Lgs. n.74/2000. Art. 10 in tema di Occultamento o distruzione di documenti contabili; Art. 10-bis in tema di Omesso versamento di ritenute dovute o certificate; Art. 10-ter in tema di Omesso versamento di IVA.

([12]) Rubricato: Casi particolari di confisca.

([13]) C.p. art.240-bis. Confisca in casi particolari – 1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis, 325, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 453, 454, 455, 460, 461, 517-ter e 517-quater, nonché dagli articoli 452-quater, 452-octies, primo comma, 493-ter, 512-bis, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 603-bis, 629, 644, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, dall’articolo 2635 del codice civile, o per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine costituzionale, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, salvo che l’obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca ai sensi delle disposizioni che precedono è ordinata in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per i reati di cui agli articoli 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies quando le condotte ivi descritte riguardano tre o più sistemi. 2. Nei casi previsti dal primo comma, quando non è possibile procedere alla confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui allo stesso comma, il giudice ordina la confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona.

([14]) Art. 25-quaterdecies (Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati). 1. In relazione alla commissione dei reati di cui agli articoli 1 e 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per i delitti, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; b) per le contravvenzioni, la sanzione pecuniaria fino a duecentosessanta quote. 2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettera a), del presente articolo, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.

Prof. Sergio Ricchitelli

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