Il regime delle eccezioni nella cessione del credito

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1. Premessa.
La cessione del credito è l’istituto[1] giuridico che consente al creditore (cedente) di trasferire il suo diritto ad un altro soggetto (cessionario), verso il quale è tenuto il debitore (ceduto), determinando così una successione a titolo particolare nel rapporto obbligatorio.
Si tratta di un fenomeno che ha assunto un imponente rilievo nella pratica commerciale interna ed internazionale in quanto costituisce uno dei principali schemi di base attraverso il quale le imprese finanziano le loro attività. Basti pensare all’operazione di sconto bancario che si configura quale cessione del credito (fatta dal cliente alla banca) contro corrispettivo, previa deduzione degli interessi e salvo buon fine. Non poche, inoltre, sono le operazioni di finanziamento (ad esempio il factoring, il forfaiting o la cartolarizzazione dei crediti) che si presentano quali configurazioni nuove e ben più estese del meccanismo della cessione.
Si comprende facilmente, pertanto, come numerosi siano gli aspetti problematici connessi all’istituto della cessione.
Nell’ambito di detti aspetti, di seguito si esaminerà il regime delle eccezioni opponibili a seguito di una cessione del credito. Si tratta di un regime che mostra subito la propria problematicità dal momento che non trova una specifica disciplina nel codice civile (fatto salvo, in tema di eccezione di compensazione, quanto previsto dall’art. 1248 c.c.). Pertanto, si procederà tentando di comprendere il motivo di tale scelta del legislatore, per passare, poi, ad analizzare le singole eccezioni opponibili.
 
2. La mancanza di una disciplina specifica sul regime delle eccezioni.
La scelta del legislatore, di non introdurre una disciplina specifica in tema di eccezioni opponibili a seguito dell’intervenuta cessione del credito, può sembrare scontata proprio considerando i principi generali dell’istituto. La cessione del credito comporta una modifica dei soggetti dell’obbligazione attraverso una successione a titolo particolare in un rapporto già in essere. Pertanto, il cessionario subentra nel diritto di credito del cedente, sostituendosi ad esso ed assumendo la sua stessa posizione. Conseguentemente, non può in alcun modo determinarsi una modifica peggiorativa della posizione originaria del debitore ceduto a seguito della cessione, a cui non ha partecipato. Ed infatti non è necessario, ai fini dell’attuazione del passaggio del credito, che il debitore presti il suo consenso, essendo per il debitore indifferente la persona del creditore, dal momento che deve ugualmente pagare all’uno o all’altro.  
Pertanto, parrebbe che il ceduto possa far valere nei confronti del cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto proporre contro il cedente.
Tuttavia, se è corretto sostenere che il debitore ceduto non possa subire alcun peggioramento della sua posizione originaria, altrettanto indiscusso è il principio per cui il creditore cessionario deve essere tutelato da eventuali accordi raggiunti, in suo danno, fra cedente e ceduto.
Di conseguenza, il regime delle eccezioni nella cessione del credito deve desumersi coordinando il principio dell’opponibilità al cessionario delle stesse eccezioni opponibili al cedente con la necessità di salvaguardare anche la posizione del cessionario.
Inevitabile e logica conseguenza è che non tutte le eccezioni opponibili dal debitore ceduto al cedente possono essere proposte anche nei confronti del cessionario.
Occorre, quindi, passare all’esame delle singole eccezioni.
 
3. Le eccezioni opponibili dal debitore ceduto.
Il debitore ceduto può sicuramente opporre al cessionario tutte le eccezioni relative alla validità del titolo su cui il credito si fonda.
Nell’ambito delle eccezioni legate al titolo, rientrano, infatti, quelle aventi ad oggetto la validità del rapporto da cui è sorto il credito ceduto[2]. Si tratta delle eccezioni di nullità (per contrarietà a norma imperativa, mancanza di un elemento essenziale del contratto, indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto …) e di annullabilità (per difetto di capacità o vizi del consenso) del contratto da cui nasce il rapporto obbligatorio[3]. In relazione alla proposizione ed all’accoglimento dell’eccezione di annullabilità, occorre domandarsi se sia applicabile al cessionario l’art. 1445 c.c., secondo cui la pronuncia di annullamento non pregiudica i terzi che abbiano acquistato in buona fede diritti a titolo oneroso, salva l’ipotesi di annullamento derivante da incapacità legale e della trascrizione della domanda introduttiva del giudizio. La norma riguarderebbe, comunque, solo il cessionario al quale il credito non sia stato trasferito a titolo gratuito e che non fosse consapevole della causa di annullabilità del contratto concluso fra cedente e ceduto. Al riguardo, un’autorevole dottrina[4], riferendosi all’eccezione di annullabilità, evidenzia come non sembri “che il cessionario, dopo l’annullamento del titolo su cui si basa il credito ceduto, sia equiparabile nel trattamento a un terzo subacquirente di buona fede a titolo oneroso: art. 1445”.
 
Il debitore ceduto, inoltre, può opporre al cessionario le eccezioni relative ad eventi estintivi o modificativi del rapporto obbligatorio. Può eccepire, quindi, accanto all’intervenuto pagamento (o ad un pagamento parziale), e alla prescrizione[5] del diritto di credito, anche le cause di estinzione delle obbligazioni diverse dall’adempimento. Sono, pertanto, opponibili le eccezioni derivanti: da accordi conclusi fra cedente e ceduto, da novazione del rapporto originario, da compensazione del debito con un controcredito vantato dal ceduto verso il cedente, da remissione, da dichiarazioni liberatorie rese dal cedente al debitore ceduto, da confusione, da impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile, da risoluzione consensuale del contratto originario[6].
In particolare, detti eventi risultano opponibili al cessionario, anche se intervenuti dopo la conclusione della cessione, purché siano sorti anteriormente all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla conoscenza certa da parte del ceduto[7].
Così, successivamente a tali momenti, la risoluzione consensuale del contratto, da cui traeva origine il credito ceduto, convenuta fra l’originario creditore cedente ed il debitore ceduto, non è opponibile al cessionario. Infatti, proprio in relazione alla pretesa opponibilità, da parte del ceduto, della risoluzione consensuale del contratto da cui il credito ha avuto origine, si è affermato che, una volta realizzato il trasferimento del diritto, il cedente perde la disponibilità di esso e non può validamente negoziarlo, recedendo dal contratto, mentre il debitore ceduto, a conoscenza della cessione, non può ignorare tale circostanza[8].
Coerentemente, deve escludersi la possibilità di opporre al cessionario ogni altra modifica del contratto convenuta fra cedente e debitore ceduto dopo la cessione: il cedente perde la disponibilità del diritto che è stato trasferito, circostanza che, peraltro, non può essere ignorata dal ceduto a conoscenza della cessione[9].
 
In linea con i principi sopra esposti, si pone la disciplina legale relativa all’eccezione di compensazione (art. 1248 c.c.). In base a tale disposizione, infatti, il debitore ceduto non può opporre al cessionario la compensazione dei crediti sorti posteriormente alla notificazione della cessione[10]. In ogni caso, qualora il debitore abbia rinunciato implicitamente a far valere il suo diritto accettando la cessione in maniera pura e semplice, non può opporre al cessionario la compensazione che avrebbe potuto opporre al cedente.
 
Per quanto riguarda le eccezioni fondate sull’esecuzione del contratto, quali quelle di inesatto adempimento, impossibilità sopravvenuta ed eccessiva onerosità sopravvenuta, parrebbe affermarsi il principio per cui il debitore non può subire pregiudizi per effetto della cessione del credito[11]. A tale conclusione si potrebbe giungere considerando che i fatti che possono originare le eccezioni fondate sull’esecuzione del contratto prescindono dalla volontà del ceduto che, in tal caso, non può subire alcun pregiudizio derivante dalla cessione del credito.
 
Per quanto riguarda le eccezioni processuali, è stato preso in considerazione il caso in cui, nel corso del giudizio promosso dal danneggiato in un incidente stradale contro il danneggiante ed il suo assicuratore, si verifichi una cessione del credito risarcitorio. Al riguardo, si è affermato che il cessionario si pone nella qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso restando, così, soggetto alle stesse eccezioni processuali opponibili al cedente, come quella dell’improponibilità della domanda per difetto della preventiva richiesta stragiudiziale ex art. 22, l. n. 990/1969[12]. Su questa linea, la giurisprudenza di legittimità ha considerato opponibile dal ceduto al cessionario anche la clausola pattuita con il cedente e riguardante il foro esclusivo[13].
Per quanto riguarda l’opponibilità della clausola compromissoria, si segnala una recente pronuncia della Suprema Corte[14] che giunge ad una conclusione opposta a quella che la stessa Corte di Cassazione[15] aveva precedentemente formulato in due casi. Entrambi i precedenti erano giunti alla conclusione che il debitore ceduto potesse invocare, nei confronti del cessionario, la clausola compromissoria inserita nel contratto da cui ha avuto origine il credito. In caso contrario – sempre secondo i due precedenti – il debitore ceduto sarebbe stato privato del diritto di fare decidere ad arbitri le controversie sul credito a seguito di un accordo fra cedente e cessionario al quale egli era rimasto estraneo. Invece, il cessionario non sarebbe subentrato nella titolarità del distinto e autonomo negozio compromissorio e, di conseguenza, non potrebbe invocare l’esistenza della clausola nei confronti del debitore ceduto. Nell’ultima pronuncia, invece, la Suprema Corte ha escluso che la clausola compromissoria rientri fra le eccezioni opponibili al cessionario[16]
 
Deve escludersi che il debitore ceduto possa opporre al cessionario le eccezioni relative al contratto di cessione. A tale conclusione si giunge considerando che il contratto di cessione riguarda il cedente ed il cessionario, mentre ad esso è estraneo il ceduto, nei cui confronti, pertanto, la cessione non può produrre alcun effetto[17]. Tuttavia, tale principio subisce una deroga nel caso di cessione inficiata da una causa di nullità o priva di un requisito di efficacia[18]. Una cessione nulla[19] o inefficace, infatti, non comporta alcuna sostituzione della persona del creditore, sia rispetto alle parti che nei confronti del debitore ceduto. Di conseguenza, il debitore ceduto, non potendo considerarsi obbligato verso un soggetto (preteso cessionario) che non è legittimato a ricevere la prestazione, può eccepire la nullità[20] o l’inefficacia della cessione. Per individuare i limiti entro i quali possa farsi carico al debitore di accertare la nullità o l’inefficacia della cessione, a mio parere, è necessario riferirsi alla regola per cui il debitore, nell’adempiere l’obbligazione, deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176 c.c.). Pertanto, non può applicarsi il regime di responsabilità previsto per la parte contrattuale che conosce o deve conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto (art. 1338 c.c.) dal momento che il debitore non è parte del contratto di cessione. La diligenza richiesta al debitore, per valutare se la cessione è nulla o inefficace, sarà, dunque, quella media e normale, propria del cittadino avveduto.
 
Dagli stessi principi generali in materia contrattuale, deriva, poi, che il debitore ceduto non può opporre al cessionario eccezioni inerenti a rapporti con il cedente diversi da quello da cui deriva il credito oggetto della cessione.
Avv. Marcello Malavasi
 


[1] Accanto alla dottrina prevalente (Bavetta, in Dir. Fall., 1995, I, 588 ss.; Bianca, Diritto civile, IV, l’obbligazione, Milano, 1990, 586; Perlingieri, Della cessione dei crediti, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, 1982, 19), che considera la cessione del credito quale contratto a sé stante a causa variabile, si segnala anche la posizione di chi (Galgano, Le obbligazioni e i contratti, II, Diritto civile e commerciale, II-1, 1993, 104) definisce la cessione del credito come l’oggetto di un contratto traslativo di diritti. Pur ritenendo di dover aderire alla posizione prevalente, occorre anche sottolineare come, in realtà, si tratti di distinzioni che non sembra possano assumere una decisiva rilevanza concreta. Infatti, aderendo alla tesi prevalente, gli artt. 1260 e ss. c.c. dovrebbero intendersi quali norme specifiche regolanti l’accordo di cessione. Seguendo la posizione minoritaria, invece, occorrerebbe intendere gli artt. 1260 e ss. c.c. quali norme contenenti la disciplina di alcuni degli effetti derivanti dal contratto avente ad oggetto la cessione. E’ tuttavia evidente che, in entrambi i casi, la disciplina di riferimento è comunque quella speciale di cui agli artt. 1260 ss. c.c., oltre a quella dettata per le obbligazioni, i contratti e per il tipo contrattuale che, ora per la causa, ora per il titolo, possa assumere rilevanza nel caso specifico.   
[2] Al riguardo, Bianca, Diritto civile, IV, l’obbligazione, Milano, 1993, 602, per il quale il debitore può far valere nei confronti del cessionario “le eccezioni relative alla validità del titolo costitutivo del credito”; Panuccio, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, Milano, 1955, 58, per il quale il debitore ceduto può opporre al cessionario le “eccezioni attinenti alla fonte negoziale del credito” e, pertanto, quelle relative a inesistenza, nullità o annullabilità del contratto che ha originato il credito; Marziale, Commento all’art. 1260 c.c., in La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, a cura di Ruperto, Milano, 2005, 569, che, fra le eccezioni relative al titolo sul quale il credito si fonda, indica quelle “inerenti alla validità del titolo stesso”.
[3] Cfr., in tal senso, Pittalis, La cessione del credito, in Le obbligazioni, a cura di Franzoni, Torino, 2004, 648, secondo il quale, fra le eccezioni opponibili al cessionario, si annoverano “quelle aventi ad oggetto la validità del rapporto da cui è derivato il credito ceduto (nullità-annullabilità)”; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991, 798, che, nell’ambito delle eccezioni opponibili dal debitore ceduto, evidenzia l’eccezione di annullabilità. In giurisprudenza si segnala Cass., 05.02.1988, n. 1257, che, fra le eccezioni opponibili dal debitore ceduto al cessionario, indica, nell’ambito delle eccezioni dirette contro la validità dell’originario rapporto, quelle di nullità e di annullabilità. Accanto alle eccezioni di nullità e di annullabilità sembra sia da annoverarsi, quale eccezione opponibile dal debitore ceduto al cessionario, anche quella di rescissione del contratto per lesione o per avvenuta conclusione in stato di pericolo. 
[4] V., Breccia, Le obbligazioni, cit., 798.
[5] Cfr., Pittalis, La cessione del credito, cit., 648. In giurisprudenza, cfr., Cass., 05.02.1988, cit., che, fra le eccezioni opponibili dal ceduto al cessionario, contempla, oltre “quelle dirette contro la validità dell’originario rapporto (nullità-annullabilità)” anche “quelle dirette a far valere l’estinzione del credito (pagamento-prescrizione)”. 
[6] Al riguardo, Panuccio, La cessione volontaria, cit., 58.
[7] Si tratta dei tre momenti temporali in relazione ai quali, ai sensi dell’art. 1264 c.c., si producono gli effetti della cessione riguardo al debitore ceduto. In dottrina si segnala, Bianca, Diritto civile, cit., 603; Pittalis, La cessione del credito, cit., 649; Marziale, Commento all’art. 1260 c.c., cit., 570. In giurisprudenza si segnalano, in relazione ai fatti incidenti su entità, esigibilità o estinzione del credito, Cass., 27.01.2003, n. 1145; T.A.R. Lazio, 05.12.2001, n. 10730; in relazione ai fatti modificativi ed estintivi in genere, Cass., 17.01.2001, n. 575; Cass., 06.08.1999, n. 8485; cfr., inoltre, Trib. Genova, 29.11.1996, in Gius., 1997, 1025.
[8] Così, Cass., 10.05.2005, n. 9761; Cass., 25.02.2005, n. 4078; Cass., 27.01.2003, n. 1145; Cass., 16.04.1999, n. 3797; App. Milano, 29.03.1988, in Riv. It. Leasing, 1989, 642. In dottrina si segnala, nello stesso senso, Pittalis, La cessione del credito, cit., 649; Marziale, Commento all’art. 1260 c.c., cit., 570; Breccia, Le obbligazioni, cit., 798.
[9] Cfr., Cass., 27.01.2003, cit.  
[10] Cfr., Cass., 05.03.1980, n. 1484; Cass., 22.05.1980, n. 3377.
[11] Cfr., Pittalis, La cessione del credito, cit., 649, il quale, dopo aver sottolineato che “il principio dell’opponibilità al cessionario delle medesime eccezioni opponibili al cedente è stato precisato nel senso della proponibilità delle sole eccezioni che siano sorte anteriormente alla conoscenza della cessione da parte del ceduto, anche se dopo la conclusione della stessa” ed essersi riferito alle eccezioni relative all’estinzione o alla modificazione del credito, precisa “non così per le eccezioni fondate sull’esecuzione del contratto, quale quella di inesatto adempimento, per le quali è indifferente che originino da fatti anteriori o posteriori alla cessione, in quanto il ceduto non può essere in alcun modo pregiudicato dalla cessione del credito”. Cfr., anche, Perlingieri, Della cessione dei crediti, cit., 84. Tale posizione sembra trovare conforto in Cass., 28.07.2004, n. 14225 che, riferendosi al contratto di factoring, sottolinea come il debitore ceduto possa “opporre al factor cessionario non solo le eccezioni attinenti alla fonte negoziale del credito, ma anche quelle relative a fatti posteriori alla nascita del rapporto obbligatorio, di cui il ceduto al momento della cessione non abbia avuto conoscenza. (Nel caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto opponibile da parte del debitore ceduto -acquirente in un “preliminare” di un immobile- al factor il sequestro penale dell’immobile, del quale egli non era a conoscenza al momento dell’accettazione della cessione, ma che aveva comunque determinato in capo al venditore l’impossibilità di adempiere l’obbligazione a suo carico di trasferire il bene alla scadenza prevista)”. Cfr., inoltre, Trib. Verona, 04.05.1987, in Foro It., 1988, I, 1305.
[12] Cfr., Cass., 22.07.1991, n. 8168.
[13] Cass., 10.02.1995, n. 1499.
[14] Cass., 01.09.2004, n. 17531.
[15] Cass., S.U., 17.12.1998, n. 12616; Cass., 19.09.2003, n. 13893.
[16] Sul punto si segnala, in dottrina, Mariconda, Cessione del credito e clausola compromissoria: la Cassazione “evidentemente” si contraddice, in Corriere Giur., 2005, 11, 1568, il quale, pur considerando che l’ultima pronuncia potrebbe rivelarsi più razionale delle precedenti, critica la mancanza di una sua adeguata motivazione. Infatti, la Suprema Corte ha risolto la questione limitandosi ad affermare che tra le eccezioni opponibili dal debitore al cessionario “non è evidentemente compresa quella, fondata sul contratto, concernente il modo stabilito in via convenzionale per la soluzione delle controversie”.
[17] Cfr., Cass., 27.04.1961, n. 949; Cass., 06.03.1962, n. 423; Cass., 05.02.1988, cit., ove si sottolinea che “non può il debitore ceduto opporre al cessionario le eccezioni che attengono al rapporto di cessione, perché il debitore è rimasto ad essa estraneo e tale rapporto non incide in alcun modo sull’obbligo di adempiere”.
[18] In tal senso, Bianca, Diritto civile, cit., 606 ss., il quale sottolinea che è onere del debitore ceduto accertare che la cessione sia giuridicamente efficace; Perlingieri, Della cessione dei crediti, cit., 79 ss.. In passato la giurisprudenza (Cass., 22.06.1972, n. 2055; Cass., 19.10.1963, n. 2783) tendeva ad escludere il dovere del ceduto di indagare se sussistano cause di inesistenza o invalidità della cessione, qualora questa gli sia comunicata dal cedente.
[19] Non anche la cessione annullabile, dal momento che risulta, sia pur provvisoriamente, efficace. In tal senso, Marziale, Commento all’art. 1260 c.c., cit., 570.
[20] In giurisprudenza, si segnala, Cass., 11.03.1996, n. 2001, secondo cui “nel caso di cessione del credito, anche il debitore ceduto può far valere la nullità della cessione, dal momento che essa viene ad incidere sul diritto del cessionario a ricevere la prestazione dovuta ed è quindi evidente l’interesse del debitore ad evitare di eseguire un pagamento che, una volta accertata l’invalidità del negozio di cessione, potrebbe essere riconosciuto non liberatorio”.

Malavasi Marcello

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