Il reato di pornografia minorile

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Un nuovo scenario normativo e la sua evoluzione

Il mondo sta mutando velocemente, così come le persone, in modo particolare i loro interessi e le loro abitudini di vita.

Nell’ultimo decennio, in modo particolare si sono susseguite e moltiplicate sempre nuove figure di reato commesse nei confronti di soggetti minori, volte allo sfruttamento sessuale degli stessi, ad una loro mercificazione. Tali crimini hanno sconvolto l’opinione pubblica sino a far mutare drasticamente l’immaginario giuridico-normativo, al fine di prevenire, tutelare e garantire figure, come quelle dei minori, nella maggior parte dei casi prive di una vera e propria pregnante tutela.

L’attenzione del legislatore, così come della dottrina e della giurisprudenza, si è incentrata sul definire in maniera certa e dettagliata tutte quelle condotte che sempre più spesso colpiscono i minori[1].

Attualmente, infatti, soprattutto dopo l’avvento prorompente di internet e di tutte le piattaforme informatiche, tale problematica appare sempre meno consumato nel buio di una solitaria e personale deviazione sessuale e sempre più un fenomeno di vaste dimensioni che vede coinvolte organizzazioni criminali complesse e fornite di strutture “cellulari” a carattere transnazionale[2].

Al riguardo, secondo un opinione dottrinale[3], il nuovo mondo digitale e le piattaforme on line  influenzano in modo decisivo la vita dei soggetti comuni che in esse trovano nuovi modi di comunicare e lavorare, in modo particolare, “hanno contribuito a mutare sostanzialmente i vecchi archetipi organizzativi delle strutture criminali. Gli effetti di queste influenze si sono avvertiti, in modo immediato, sul piano della realizzazione e della messa in atto dell’intento criminoso e, in modo mediato, sulla stessa struttura organizzativa che si è dovuta adattare alle diverse “urgenze” create dall’esigenza di perseguire e ottenere nuovi e più incisivi risultati”.

Pertanto, al fenomeno di violenza diretta sui minori si affianca quello concernente il mercato clandestino di materiale pornografico realizzato attraverso lo sfruttamento sessuale di minori. È proprio tale mercato a destare particolare interesse alla luce dell’enorme volume d’affari che riesce a generare attraverso l’utilizzo della Rete Internet e delle nuove tecnologie informatiche[4]. La conseguenza di ciò è stata che questa non controllata e capillare diffusione di Internet, in ogni settore della vita quotidiana quale insostituibile e indispensabile strumento alla portata di chiunque, ha dato vita alla nascita ed al dilagare di sempre più numerose organizzazioni criminali e individui senza scrupoli dediti a sempre nuovi e differenti tipologie di attività illegali. Tra tutte ruolo rilevante è occupato dalla commercializzazione di materiale pedopornografico. La possibilità di scambiare informazioni in modo veloce, riservato e per molti versi anonimo, infatti, ha costituito l’elemento chiave che ha persuaso numerosi individui e gruppi criminali senza scrupoli, a preferire nel reperimento e commercializzazione del materiale illecito il mezzo Internet.

La normativa vigente

La norma dell’art. 600-ter c.p., introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 3 della L. 3 agosto 1998, n. 269, inserita nel Titolo XII, Capo III, tra i delitti contro la persona, nella specie quelli contro la personalità individuale, recita espressamente che, “È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:

  1. utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
  2. recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma”.

Il terzo comma, inoltre, dispone che, “Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645”.

Per rafforzare e integrare la previsione normativa il legislatore ha disciplinato che “Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164. Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000”.

Con riferimento all’ultimo comma, aggiunto dall’art. 4, della L. 1 ottobre 2012, n. 172, il legislatore ha ritenuto opportuno offrire una qualificazione e una interpretazione univoca della ematica, identificando “pornografia minorile”, ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali.

La fattispecie disciplinata dall’art. 600-ter c.p. mira, quindi, a sanzionare non soltanto le attività commerciali o comunque a sfondo economico che si realizzano mediante immagini o spettacoli pornografici coinvolgenti minori, ma anche tutte quelle condotte che comunque danno origine a materiale pornografico in cui vengono in qualsiasi modo utilizzati minori[5].

Secondo il Spremo Collegio dunque con il concetto di utilizzazione viene inteso qualsiasi tipo di degradazione della persona minore che è oggetto di manipolazioni, non assumendo valore il relativo eventuale consenso dello stesso. Invece, con le nozioni di produzione e di esibizione il dettato normativo, così come inteso dallo stesso legislatore, richiede esplicitamente l’inserimento della condotta delittuosa in un contesto di organizzazione almeno embrionale e di destinazione anche solo potenziale del materiale pornografico alla successiva fruizione da parte di terzi soggetti. Va rilevato come la reiterata richiesta di materiale pornografico rivolta a diversi giovani interlocutori (come ad esempio l’invio da parte del minore di messaggi dove veniva ritratto nudo) ed il contemporaneo coinvolgimento dell’agente in numerose relazioni con i minori, oltre che la natura e le modalità con cui le stesse si sviluppavano, nonché, ancora, lo scambio dei telefoni cellulari con ragazzi, appaiono, così come riferito dai giudici di legittimità, elementi indicativi di una potenziale diffusività del materiale stesso.

Dato ciò, il delitto di pornografia minorile è configurabile esclusivamente nel caso in cui il materiale pornografico, oggetto materiale della condotta criminosa prevista dall’agente, ritragga o rappresenti visivamente un minore degli anni 18 implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale ad esempio anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica[6]. A tal proposito, in applicazione di siffatto principio, si richiama alla nozione di “pedopornografia” di cui all’art. 1 della Decisione Quadro del Consiglio n. 2004/68/GAI del 22 dicembre del 2003.

Con la successiva direttiva 2011/92/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, sostituendo la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio, l’Unione europea ha esplicitamente affermato che, “(…) l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori, compresa la pornografia minorile, costituiscono gravi violazioni dei diritti fondamentali, in particolare del diritto dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, come sancito nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 34) (…)[7].

Obiettivo primario del legislatore europeo è stato quello di arginare i fenomeni dannosi derivanti dalle gravi violazioni dei diritti fondamentali, in particolare del diritto dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, sancito, oltre che dalla nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, anche nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.

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Natura giuridica e fine perseguito dal legislatore

Con l’art. 600-ter c.p. il legislatore ha inteso fissare per i minori una tutela anticipata e maggiormente stringente della loro libertà sessuale, sanzionando, indipendentemente da finalità di lucro o di vantaggio, la utilizzazione di minori stessi nella produzione di materiale pornografico, ma anche la mera induzione a partecipare a ad esibizioni pornografiche[8].

Secondo la Corte di Cassazione[9] il delitto in questione si configurerebbe come un crimine di natura informatica, realizzato mediante le tecnologie informatiche, per mezzo delle quali è creato, conservato e trasmesso il materiale pedopornografico, ma si atteggerebbe altresì a reato di pericolo concreto, laddove la potenzialità offensiva si annida nel fatto che l’elaborazione grafica evochi la rappresentazione di situazioni reali, nelle quali i bambini sono ridotti al rango di meri oggetti sessuali, di giocattoli sessuali con i quali e sui quali compiere atti a valenza sessuale.

Recentemente, infatti, la Suprema Corte si espressa nuovamente sul reato previsto dall’art. 600-ter, offrendo una nuova e più ampia visione della tematica, attestandosi al passo coi tempi.

Secondo la soluzione della Corte di Cassazione[10], ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 600-ter c.p., con riferimento alla condotta di produzione del materiale pedopornografico, non è più necessario, viste le nuove formulazioni della disposizione introdotte a partire dalla legge 6 febbraio 2006 n. 38, l’accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale.

Il principio di diritto sopra enunciato è stato oggetto di un percorso logico-giuridico che ha portato i giudici di legittimità ad evidenziare che la necessità del pericolo di diffusione del materiale pedopornografico ad oggi, debba ritenersi superata, anche a causa della pervasiva influenza delle moderne tecnologie della comunicazione, che ha portato alla diffusione di cellulari smartphone, tablet e computer dotati di fotocamera incorporata, e ha reso normali il collegamento a Internet e l’utilizzazione di programmi di condivisione e reti sociali.

Ne deriva quindi che il riferimento al presupposto del pericolo concreto di diffusione del materiale realizzato, così come elaborato dalle Sezioni Unite del 2000 e dalla giurisprudenza successiva, risulta attualmente poco perseguibile e privo di un reale appiglio. Ad oggi infatti le Sezione Unite con la recente sentenza del 2018 hanno ritenuto che per configurare il reato di pornografia minorile non è più necessaria la prova del pericolo di diffusione, essendo ormai generalizzato il pericolo di diffusione del materiale realizzato utilizzando minorenni. In conseguenza di ciò, quindi, l’esclusione di un siffatto pericolo non determina in concreto un ampliamento dell’ambito di applicazione della fattispecie penale, essendo completamente mutato il quadro sociale e tecnologico di rifermento ed essendo parallelamente mutato anche il quadro normativo sovranazionale e nazionale.

La Rete ha agevolato la realizzazione e l’incrementarsi di condotte sempre più sofisticate ed efferate e, infatti, assurge oggi a strumento privilegiato per la loro commissione. Non si può proporre un’analisi di questi fenomeni criminosi senza riflettere sul ruolo che il mezzo informatico ha avuto nella loro rapida evoluzione ed allarmante diffusività.

Note

[1] C. SARZANA di S. IPPOLITO, Informatica, internet e diritto penale, Giuffrè, 2010.

[2] L. STILO, L’influenza delle nuove tecnologie informatiche sull’originale archetipo “criminalità

organizzata”, in Diritto della Gestione Digitale delle Informazioni, “Il Nuovo Diritto”, n. 4, 2003.

[3] L. STILO, L’influenza delle nuove tecnologie informatiche sull’originale archetipo “criminalità

organizzata”, in Diritto della Gestione Digitale delle Informazioni, “Il Nuovo Diritto”, n. 4, 2003, p. 17.

[4] L. STILO, Pornografia minorile ed internet, in Riv. Giur. Diritto&Diritti – Diritto.it, 2017.

[5] Cfr. Cass. Pen., n. 15332/2012.

[6] Cfr. Cass. Pen., n. 10981/2010.

[7] Cfr. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, 17/12/2011, L. 335/1, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32011L0093&from=IT. All’interno della direttiva sopra richiamata, il legislatore comunitario fornisce una chiara definizione della pornografia minorile, eliminando qualsivoglia interpretazione: “La pornografia minorile comprende spesso la registrazione di abusi sessuali compiuti sui minori da parte di adulti. Essa può anche comprendere immagini di minori coinvolti in atteggiamenti sessuali espliciti o immagini dei loro organi sessuali, ove tali immagini siano prodotte o utilizzate per scopi prevalentemente sessuali, indipendentemente dal fatto che siano utilizzate con la consapevolezza del minore. Inoltre, il concetto di pornografia minorile comprende altresì immagini realistiche di un minore in atteggiamenti sessuali espliciti o ritratto in atteggiamenti sessuali espliciti, per scopi prevalentemente sessuali”.

[8] Cfr. Cass. Pen., n. 39872/2013.

[9] Cfr. Cass. Pen., n. 22265/2017.

[10] Cfr. Cass. Pen., n. 51815/2018.

Giacomo Ottobre

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