Il reato di cui all’art. 570-bis cod. pen. è perseguibile d’ufficio

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(Annullamento con rinvio)

(Riferimento normativo: art. 570-bis cod. pen.)

Il fatto

Il Tribunale di Pordenone dichiarava di non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essersi il reato ascrittogli, di cui all’art. art. 3 legge n. 54/2006 (ora punito ex art. 570-bis cod. pen.), estinto per remissione della querela.

In particolare, il Tribunale, ritenendo il detto reato procedibile a querela in forza del richiamo dell’art. 570, comma 1, cod. pen. e per effetto della intervenuta remissione della querela e della contestuale accettazione da parte dell’imputato, aveva dichiarato di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell’art. 152 cod. pen..

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso detto provvedimento proponeva ricorso immediato per cassazione ex art. 569 cod. proc. pen. il Pubblico Ministero deducendo il vizio di violazione di legge e chiedendone quindi l’annullamento per essere il giudice incorso nell’errore di ritenere il reato previsto dall’art. 570-bis cod. pen. perseguibile a querela in quanto contrastante con l’interpretazione seguita prima dell’entrata in vigore della riforma che, in attuazione del principio della riserva di codice, aveva disposto l’abrogazione degli artt. 12-sexies legge 898/1970 e 3 della legge 54/2006 senza modificare la perseguibilità del delitto ora contemplato dall’art.570-bis cod. pen. che, ad avviso del ricorrente, si deve ritenere procedibile d’ufficio essendo il richiamo all’art. 570 cod. pen. operato solo quoad poenam.
Tal che, dalla procedibilità d’ufficio, derivavano, secondo la pubblica accusa, l’irrilevanza della remissione della querela e l’errata dichiarazione di estinzione del reato.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

Il ricorso veniva ritenuto fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto che, secondo quanto già affermato dalla Corte di Cassazione, il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dell’art. 570-bis cod. pen., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio anche per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 1 marzo 2018, n. 21 essendovi continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 570-bis cod. pen. e quella prevista dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54 posto che la delega conferita dalla legge n. 103 del 2017 per l’attuazione della riserva di codice ha natura meramente compilativa essendo diretta a realizzare una semplice trasposizione delle figure criminose già esistenti nel corpus del codice penale senza apportare modifiche sostanziali come peraltro chiarito nella relazione ministeriale allo schema del decreto legislativo in cui si afferma che il nuovo art. 570-bis cod. pen. assorbe le previsioni di cui all’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e di cui all’art.3 della legge 8 febbraio 2006, n.54 specificandosi che la modificanon incide sul regime di procedibilità di ufficio, la cui corrispondenza a Costituzione è stata comunque affermata ripetutamente dalla Corte Costituzionale (da ultimo sentenza n.220 del 2015)”.

Di conseguenza, essendo indubbio il carattere solo formale dell’abrogazione dei reati previsti dall’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e dall’art.3 della legge 8 febbraio 2006, senza cioè abolizione delle relative ipotesi criminose perché riprese dal nuovo art. 570-bis cod. pen., se ne faceva conseguire come risultasse immutato anche il regime di procedibilità di ufficio posto che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il reato previsto dalla norma censurata è sempre stato ritenuto perseguibile d’ufficio tenuto conto altresì del fatto che tale soluzione interpretativa – avallata anche dalle sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza 31 gennaio – 31 maggio 2013, n. 23866) – si fondava sul rilievo che il richiamo all’art. 570 cod. pen., operato dall’art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 nonché dall’art. 3 della legge n. 54/06 che a sua volta rinviava al citato art 12-sexies, L. 898/1970, fosse finalizzato unicamente a determinare il trattamento sanzionatorio e non potesse, dunque, reputarsi comprensivo del regime di perseguibilità a querela previsto dalla norma richiamata.

Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, le stesse considerazioni conservano tuttora piena validità in ordine alla natura meramente formale dell’operazione di trasposizione del reato in esame nella nuova norma codicistica essendo peraltro stata esclusa la voluntas legis di incidere sul regime di procedibilità sebbene la Corte Costituzionale avesse rilevato proprio nella sentenza richiamata nella citata relazione ministeriale come non si potesse “misconoscere che il sistema delle incriminazioni relative ai rapporti familiari risulti, nel suo complesso, frammentario e disarmonico”, ma che, avendo escluso discrasie qualificabili in termini di manifesta irrazionalità, ne aveva rimesso al legislatore la soluzione.

Pertanto, in difetto di nuove disposizioni di legge sul tema della procedibilità, a parere della Suprema Corte, non può che essere confermato il regime di perseguibilità di ufficio previsto per le ipotesi di reato ora punite dall’art. 570-bis cod. pen..

La Corte di Cassazione, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, procedeva a disporre l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per il giudizio alla Corte di appello di Trieste competente per la rinnovazione del dibattimento ai sensi del combinato disposto degli 569, comma 4, e 604 comma 6, cod. proc. pen..

Conclusioni

La decisione in questione è assai interessante nella parte in cui si afferma che, in conformità al quadro normativo previgente, le ipotesi di reato ora previste dall’art. 570-bis c.p. sono perseguibili d’ufficio.

Da ciò non possono non derivare rilevanti conseguenze giuridiche quali possono essere, come nel caso di specie, l’impossibilità di rimettere la querela non essendovi per l’appunto alcuna querela che possa essere soggetta a rimessione.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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