Il provvedimento meramente confermativo del rigetto di un’istanza reiterata: posizioni giurisprudenziali in materia di accesso agli atti e, in generale, nei rapporti tra utente e PA.

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La mera reiterazione di richiesta di accesso agli atti amministrativi – o, più in generale di un’istanza alla PA – già rigettata dall’Amministrazione destinataria e che non sia fondata su elementi nuovi, diversi e sopravvenuti rispetto alla richiesta originaria, non vincola la PA ad un riesame della stessa e rende legittimo e non autonomamente impugnabile il provvedimento meramente confermativo del precedente rigetto, già frapposto al medesimo soggetto istante e non fatto oggetto da questi di impugnativa nel termine.

Il principio, nel campo dell’accesso agli atti amministrativi, trova ampia conferma anche in una recentissima sentenza del Tar Lombardia resa il 13.04.15.

Nel caso all’esame del GA di primo grado, una società, classificatasi seconda all’esito di una gara per l’affidamento di servizi di trasporto pubblico, con istanza del 14.10.14 ha chiesto l’accesso agli atti relativi al contratto stipulato dalla stazione appaltante con l’aggiudicatario.

La PA, il 25.11.14, ha emesso un provvedimento di rigetto, fatto poi oggetto dell’impugnativa all’esame del Tar lombardo.

Tale rigetto è stato fondato sulla base del carattere reiterativo dell’istanza di accesso rispetto ad altra richiesta del medesimo soggetto (del 14.10.11), già definita con precedente rigetto (del 11.11.11), a sua volta motivato dalla supposta carenza dell’interesse diretto, concreto ed attuale, richiesto dall’’art. 22 della L. n. 241/1990 e non tempestivamente impugnato dall’interessato.

Il Tar evidenzia che l‘impugnazione avverso il provvedimento espresso di diniego dell’accesso (nel caso di specie: l’atto del 11.11.11) – come pure avverso il cd. silenzio rigetto (protrattosi per 30 gg. dalla presentazione della richiesta) sulle istanze di accesso – è sottoposta al termine di trenta giorni, previsto dall’art. 116 c.p.a. e, prima dell’entrata in vigore del codice, dall’art. 25 L. 241/1990, come modificato dalla L. 15/2005.

Tale termine di impugnativa ha natura decadenziale, come risulta da pacifica giurisprudenza (T.A.R. Firenze sez. III 28 ottobre 2013 n. 1475; T.A.R. Lazio – Roma sez. III 23 ottobre 2013 n. 9127; Cons. Stato sez. VI 4 ottobre 2013 n. 4912; Cons. Stato sez. IV 26 settembre 2013 n. 4789; Ad. Plen. nn. 6 e 7 del 2006).

Siffatta natura determina che la mancata tempestiva impugnazione del primo diniego non consente la reiterazione dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove a questo debba riconoscersi carattere meramente confermativo del primo. A ragionare diversamente, infatti, si darebbe la possibilità di vanificare l’intervenuta decorrenza del termine di impugnativa, frustrando le esigenze di certezza dell’attività amministrativa sottostanti alle previsioni normative in materia di termini per le impugnazioni.

La semplice reiterazione dell’istanza, non supportata da elementi ulteriori rispetto a quelli già valutati dalla PA, legittima l’Amministrazione a limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa e fa assumere al provvedimento di rigetto carattere meramente confermativo del precedente diniego, tale, per effetto del carattere decadenziale del termine di cui all’art. 116 c.p.a., da renderlo non autonomamente impugnabile.

La sentenza del Tar Lombardia è resa in applicazione di una giurisprudenza consolidata.

Per tutte, sempre in materia di accesso agli atti amministrativi, valga il richiamo alla pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 25.02.2009 n. 1115, che pone la distinzione tra

–  atto meramente confermativo e

–  atto confermativo a carattere rinnovatorio

di un precedente provvedimento negativo.

Rispetto alla reiterazione di un’istanza già definita dalla PA, si è in presenza di un atto meramente confermativo, inidoneo a riaprire i termini d’impugnazione, nei casi in cui la nuova determinazione della PA si limiti a ripetere il contenuto di un precedente provvedimento, senza aggiungere alcun ulteriore supporto in termini di motivazione e senza dare luogo ad una rinnovata istruttoria.

Si riscontra, invece, un atto confermativo a carattere rinnovatorio, qualora, l’Amministrazione, pur adottando un atto di identico contenuto dispositivo di un altro precedente, lo fondi su una motivazione ulteriore, prima inesistente, o lo basi su elementi istruttori precedentemente non considerati.

Quest’ultima circostanza – e quindi un atto confermativo a carattere rinnovatorio autonomamente impugnabile – ricorrerà comunque nei casi in cui la seconda richiesta non ha carattere meramente reiterativo della prima, già definita con rigetto, ma sia fondata su motivi diversi e sopravvenuti, che devono indurre la PA ad un diverso percorso motivazionale.

Lo stesso principio, estrapolato dalla materia dell’accesso agli atti, è rinvenibile in giurisprudenza amministrativa anche in termini generali.

Può essere richiamata, infatti, la sentenza del Consiglio  di  Stato, Quinta  Sezione, n. 797/08, la quale dà conferma che, ove un provvedimento sia stato adottato a seguito di un riesame e, quindi, in esito ad una reiterata ponderazione degli elementi fattuali che dà luogo ad una nuova valutazione e ad un rinnovato apprezzamento delle risultanze istruttorie, pur rimanendo ferme sia la motivazione, sia le conclusioni alle quali l’Amministrazione è in precedenza pervenuta, si è in presenza di un atto confermativo a carattere rinnovatorio, autonomamente impugnabile.

Diversamente, il provvedimento è un atto meramente confermativo e, dunque, per la natura decadenziale dei termini in materia, non impugnabile ex se, ove, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate.

Guida Francesco

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