Il principio di equivalenza negli appalti di fornitura: tra esigenze di parità di trattamento e tutela della concorrenza

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La possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis e costituisce espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sentenza del 18 settembre 2019, n. 6212).

Si legga anche:”Principio di equivalenza e discrezionalità nella valutazione dell’offerta tecnica “

L’evidenza pubblica suddivisa tra le esigenze parità di tutela e le esigenze di tutela della concorrenza

Da un lato è di assoluta rilevanza la precisione del bando di gara, del capitolato tecnico e la richiesta dei requisiti ben definiti, a salvaguardia della par condicio dei concorrenti. Pertanto occorre un ben delineato perimetro della gara delineato dalla lex specialis.

Dall’altro lato l’“elasticità” consentita alla Commissione di gara nell’apprezzamento delle offerte tecniche consente di tutelare la massima partecipazione al confronto concorrenziale. A tale scopo interviene il principio di c.d. equivalenza funzionale.

L’ambito di applicazione del principio di equivalenza è piuttosto ampio e caratterizza l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, atteso che la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis e costituisce espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.

La formulazione della lex specialis assume peculiare rilevanza ai fini della univocità e completezza dei parametri valutativi

La corretta formulazione della lex specialis assume peculiare rilevanza ai fini della univocità e completezza dei parametri valutativi.

La definizione di criteri univoci persegue esigenze di parità di trattamento tra i concorrenti.

Secondo l’art. 68 del d.lgs. 50/2016 le “specifiche tecniche” sono indicate nella lex specialis secondo diverse modalità (comma 3): “in termini di prestazioni o di requisiti funzionali … a condizione che i parametri siano sufficientemente precisi da consentire agli offerenti di determinare l’oggetto dell’appalto e agli enti aggiudicatori di aggiudicare l’appalto” (lettera a); ovvero “mediante riferimento a specifiche tecniche e, in ordine di preferenza, alle norme nazionali che recepiscono norme europee, alle valutazioni tecniche europee, alle specifiche tecniche comuni, alle norme internazionali, ad altri sistemi tecnici di riferimento adottati dagli organismi europei di normalizzazione o, se non esiste nulla in tal senso, alle norme nazionali, alle omologazioni tecniche nazionali o alle specifiche tecniche nazionali in materia di progettazione, di calcolo e di realizzazione delle opere e di uso delle forniture.”

L“elasticità” consentita alla Commissione di gara nell’apprezzamento delle offerte tecniche

La commissione di gara può valutare le offerte che abbiano ad oggetto prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste. Il principio risponde alla ratio di garantire la più ampia partecipazione dei concorrenti.

Il criterio di equivalenza è disciplinato all’art. 68 del d.lgs. 50/2016. In particolare, secondo il comma 5, dell’art. 68 del d.lgs. 50/2016 un’offerta non può essere respinta perché non conforme alle prescrizioni di cui al comma 3, lettera b), previste dalla lex specialis, qualora l’offerente provi che “le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”.

Secondo il comma 6, un’offerta non può essere respinta qualora risulti conforme ad una “norma nazionale che recepisce una norma europea, a una omologazione tecnica europea, ad una specifica tecnica comune, ad una norma internazionale o a un riferimento tecnico elaborato da un organismo europeo di normalizzazione” (in sostanza, alle specifiche tecniche di cui al comma 3, lettera b)), se tali specifiche “contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali … prescritti” dalla lex specialis.

Inoltre, in ogni caso, secondo il comma 4, “Salvo che siano giustificate dall’oggetto dell’appalto, le specifiche tecniche non menzionano una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, né fanno riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un’origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando il paragrafo 3. Una siffatta menzione o un siffatto riferimento sono accompagnati dall’espressione “o equivalente””.

Le recenti pronunce del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, in una recente pronuncia (cfr. Cons. di Stato, sez. III, sentenza del 18 settembre 2019, n. 6212) ha affermato che la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis e costituisce espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.

Per quanto attiene alla documentazione richiesta ed alle modalità operative in cui si traduce il principio di equivalenza, la sentenza ha chiarito che l’art. 68, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016 non onera i concorrenti ad un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto. In vero la relativa prova può essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato. Pertanto, la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, qualora dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis.

Inoltre, il Consiglio di Stato in una precedente pronuncia (Cons. di Stato., sez. III, sentenza del 27 novembre 2018, n. 6721) ha chiarito che il principio di equivalenza trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica. Specificando, inoltre, che la norma consente di neutralizzare l’effetto escludente, facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, sia in riferimento all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni specifici aspetti.

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