Il pensionamento dell’obbligato e il mancato reperimento, da parte della ex coniuge, di una occupazione lavorativa non giustifica la perdita dell’assegno di divorzio

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Per Piazza Cavour, la circostanza che l’obbligato all’assegno di divorzio fosse stato, nelle more del giudizio, collocato in quiescenza e che l’entità della propria pensione ammontasse alla metà circa dello stipendio, legittima la riduzione dell’importo dell’assegno, costituendo, il peggioramento della situazione reddituale, elemento nuovo e significativo, non trovando, invece, accoglimento la doglianza dell’obbligato, diretta ad accusare la ex coniuge di aver omesso, nell’arco di oltre dieci anni dalla separazione, di attivarsi per il reperimento di una occupazione da cui trarre i mezzi di sostentamento, pur avendone possibilità e capacità, al solo scopo di non perdere il diritto all’assegno.

Ed invero, la prima sezione civile, con sentenza n. 14993 del 14 giugno 2013, conferma, in toto, quanto deciso dalla Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza n. 86 del 2008, approvando la riduzione dell’assegno di divorzio, ma obbligando il ricorrente principale a continuare a corrispondere mensilmente alla ex coniuge, a titolo di contributo per il suo mantenimento, la somma di €. 1050,00, a fronte di €. 1807,60, convenuta in sede di separazione consensuale dei coniugi, respingendo, la contestazione dell’uomo diretta a negare la sussistenza dei presupposti per l’acquisizione dell’assegno divorzile, negandone, in subordine, la misura, ritenuta eccessiva.

Detta determinazione ribadisce la natura “prettamente assistenziale” dell’assegno di divorzio, che trova presupposto nell’inadeguatezza, da verificare al momento della pronuncia della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, dei mezzi del coniuge istante a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, nonchè nell’impossibilità dell’avente diritto di procurarsi tali mezzi per ragioni oggettive (art. 5 L. n. 898 del 1970) quale, nel caso di specie, l’avanzata età della donna all’epoca del divorzio e la “sostanziale impossibilità”, da parte della stessa, di reperire una occupazione lavorativa.

Inoltre, la Suprema Corte, dato atto della, indiscutibile, diversità circa i presupposti, la natura, le finalità ed i parametri di riferimento per la determinazione dell’an e del quantum delle corresponsioni economiche concernenti rispettivamente la separazione (art. 156 c.c.) ed il divorzio (art. 5, L. n. 898/70), ribadisce, in ordine alla quantificazione dell’assegno di divorzio, l’indipendenza dalle statuizioni patrimoniali operanti in vigenza di separazione dei coniugi data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate e diversificate situazioni.

Respingono, così, gli Ermellini il ricorso principale e quello incidentale.

Zecca Maria Grazia

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