Il “metodo mafioso“ dopo la Riforma del 1991

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 Le considerazioni di Diritto in Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545.

Il quesito giuridico rimesso a Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 è “ se l’ aggravante speciale già prevista dall’ Art. 7 DL 152/1991 ed oggi inserita nell’ Art. 416 bis 1 CP, che prevede l’ aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata al fine di agevolare le associazioni mafiose, abbia natura oggettiva concernendo le modalità dell’ azione, ovvero abbia natura soggettiva concernendo la direzione della volontà “. L’ Art. 416 bis 1 CP s’ innesta nell’ assai drammatico biennio 1991-1992, durante il quale, come rimarcato nei Lavori Preparatori del DL 152/1991, “ si è verificata l’ assoluta pericolosità dell’ attività mafiosa nel nostro periodo storico [ …] si è ormai accertato che le associazioni illecite di stampo mafioso evidenziano una sempre maggiore pervasività, e, per la prima volta, esse mostrano di estendersi anche a finalità eversive [ …] [ necessita dunque ] un intervento finalizzato al tentativo di isolare l’ attività illecita mafiosa [ … ] con la previsione di una circostanza di carattere generale “ Anzi, l’ assoluta e radicale pericolosità della malavita organizzata ha costretto il Legislatore del 1991 a modellare il nuovo Art. 416 bis 1 CP sulla base della già previgente L. 15/1980 in tema di terrorismo extra-parlamentare perseguente scopi eversivi in danno dell’ Ordinamento democratico. In effetti, grazie alle tristi memorie degli Anni Sessanta e Settanta del Novecento, si è scelto, nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP, di disporre che “ per i delitti punibili con pena diversa dall’ ergastolo, commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’ Art. 416 bis CP, ovvero al fine di agevolare l’ attività delle associazioni previste dallo stesso Articolo [ 416 bis CP ], la pena è aumentata da un terzo alla metà “. Pure nei Lavori Preparatori dell’ Art. 416 bis 1 CP, si sottolinea che il metodo mafioso “ utilizza una notevole forza intimidatoria [ e ] propone un caratteristico clima di assoggettamento “, come, almeno in origine, accadeva nelle zone calabro-sicule d’ Italia. Di più, i Lavori Preparatori dell’ Art. 416 bis 1 CP affermano che “ bisogna evitare fenomeni emulativi, forieri di un rafforzamento della tipica struttura mafiosa, volta alla sopraffazione [ per ] liberare i soggetti passivi dal potenziale giogo conseguente a tali atti [ … ] bisogna tutelare la libertà di auto-determinazione “. Tuttavia, nella Giurisprudenza italiana di legittimità, sussistono vari e, senz’ altro, necessari approfondimenti ermeneutici. Un primo filone esegetico, reputa che, nell’ Art. 416 bis 1 CP, va anzitutto e soprattutto valutata la variabile psicologica e soggettivistica dei “ motivi del delinquere “, ovverosia, ex Art. 118 CP, “ le circostanze [ ex Art. 416 bis 1 CP ] che aggravano [ … ] le pene concernenti i motivi a delinquere, l’ intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole, sono valutate soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono “. Pertanto, nel solco di siffatto orientamento soggettivo, l’ Art. 416 bis 1 CP prescinde dall’ eventuale circostanza dell’ associazione per delinquere. In buona sostanza, questa interpretazione, ex Art. 118 CP, valorizza la ratio della stretta personalità della responsabilità penale ex comma 1 Art. 27 Cost. . Esiste pure, nei Precedenti della Corte Suprema, una modalità interpretativa oggettivistica, legata solo alle cc.dd. “ modalità dell’ azione “ ex Art. 70 comma 1 CP, ossia, “ sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’ oggetto, il tempo, il luogo ed ogni altra modalità dell’ azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’ offeso “. Come si può notare, questo legame interpretativo tra l’ Art. 416 bis 1 CP ed il comma 1 Art. 70 CP riporta l’ attenzione dell’ operatore giuridico al campo della pura materialità del contesto delittuoso. Per conseguenza, non esiste un’ estendibilità precettiva automatica del metoso mafioso anche ai correi, in tanto in quanto, ex comma 2 Art. 59 CP, “ le circostanze che aggravano la pena [ ex Art. 416 bis 1 CP ] sono valutate a carico dell’ agente soltanto se da lui conosciute o ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa “. In terzo luogo, non sono mancati approcci ermeneutici “ misti “, nei quali il Magistrato ha valutato, congiuntamente, sia le motivazioni del delinquere, sia le modalità materiali del danno o del pericolo posti in essere con l’ aggravante del metodo mafioso ex Art. 416 bis 1 CP. Ognimmodo, tutti i tre summenzionati orientamenti tutelano il valore della libertà personale ex Art. 13 Cost., ma alla luce dell’ altrettanto basilare principio tale per cui, ex comma 1 Art. 27 Cost.,  “ la responsabilità penale è personale “. Oltretutto, a parere di chi redige, l’ attenzione al comma 1 Art. 27 Cost. è una grande manifestazione di equilibrio tecnico e di proporzionalità applicativa, a prescindere dallo stato emergenziale sotteso al DL 152/1991. Almeno in tal caso, il Legislatore ha saputo tenersi a distanza dai facili entusiasmi neo-retribuzionistici che hanno accompagnato la nomogenesi dell’ Art. 416 bis 1 CP. Il Parlamento è rimasto fedele al valore ex comma 1 Art. 27 Cost., nonostante le enormi ansie create dallo stragismo mafioso del biennio 1991-1992.

Soggettività ed oggettività nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP

L’ orientamento interpretativo soggettivistico, come precisa Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, ritiene che l’ Art. 416 bis 1 CP è prevalentemente e preminentemente caratterizzato da un dolo specifico, ovverosia “ occorre che l’ agente, oltre alla coscienza e volontà del fatto materiale integrante l’ elemento oggettivo del reato base, agisca per il fine particolare di agevolare l’ attività mafiosa [ … ] l’ aggravante [ ex Art. 416 bis 1 CP ] è ritenuta di natura soggettiva in quanto concerne i motivi a delinquere o l’ intensità del dolo [ … ] ed è riconducibile alle aggravanti contemplate dall’ Art. 118 CP che solo valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono e non si estendono, pertanto, ai concorrenti nel reato “. Tuttavia, come precisato da Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, rimane da chiarire l’ esatto contenuto dei lemmi codicistici “ al fine di agevolare l’ attività delle associazioni [ mafiose ] “, in tanto in quanto, molte volte, il reo è qualificato come responsabile ex Art. 416 bis 1 CP, ma il suo fine soggettivo e doloso non era, primariamente e consapevolmente, quello di agevolare la cellula criminale organizzata. Anche sotto il profilo psicologico e volontaristico, sovente il reato commesso, agli occhi del reo, non era direttamente connesso al reato associativo p. e p. ex Art. 416 bis CP. Inoltre, nell’ ottica dell’ Art. 118 CP non è ben definito se “ l’ intensità del dolo “ consista in un dolo diretto e pieno, oppure in una più vaga e disinteressata consapevolezza di “ agevolare “ in qualche misura l’ associazione ex comma 1 Art. 416 bis CP. In effetti, nell’ ambito precettivo dell’ Art. 416 bis 1 CP, il correo raramente reca un consilium doli che implichi la diretta consapevolezza dell’ esistenza di una struttura criminosa gerarchicamente e professionalmente organizzata. Molto spesso, è persino eccessivo parlare di un “ metodo mafioso “ consapevolmente scelto dal compartecipe ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP. D’ altra parte, in molti Precedenti di legittimità, “ i motivi a delinquere, l’ intesità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole “ ( Art. 118 CP ) sono riferibili solo a chi dirige l’ associazione per delinquere e non anche a gregari quasi inconsapevoli del proprio ruolo aggravato ex Art. 416 bis 1 CP. Torna, dunque, utile la ratio della personalità della responsabilità penale ex comma 1 Art. 27 Cost. . Anche Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 parla di “ [ concreta ] idoneità dell’ azione ad agevolare l’ associazione mafiosa “, nel senso che bisogna pure valutare la concretezza del pericolo o del danno posto in essere dal correo, il quale potrebbe avere un ruolo meramente marginale o, comunque, secondario. P.e., in Cassazione n. 10 del 28/03/2001, si sottolinea che “ [ a volte ] la volontà specifica di favorire, ovvero di facilitare, con il delitto posto in essere, l’ attività del gruppo [ mafioso ] [ … ] è indipendente dal risultato [ … ], concetto, quest’ ultimo, che non coincide con il perseguimento dei fini [anti]sociali in cui si sostanzia, invece, il dolo dell’ illecito tipizzato dall’ Art. 416 bis CP “. Quindi, Cassazione n. 10 del 28/03/2001 rimarca la potenziale debolezza del dolo nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP. Ovverosia, l’ aggravante del metodo mafioso può inerire correi scarsamente o debolmente coinvolti nell’ associazione per delinquere di stampo mafioso ex Art. 416 bis CP. Unire l’ interpretazione dell’ Art. 416 bis 1 CP all’ Art. 118 CP è basilare, in tanto in quanto non sempre il compartecipe reca una consapevolezza piena, conclamata e diretta del prorpio ruolo agevolativo ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP. Pure Cassazione n. 337 del 18/12/2008 sottolinea che sovente il gregario partecipa ed agevola l’associazione per motivi che, successivamente, rivelano la non-consapevolezza dell’ anti-socialità assoluta e radicale del delitto p. e p. ex Art. 416 bis CP. L’ intensità del dolo ex Art. 118 CP va valutata caso per caso e non sempre è pienamente compatibile con l’ “ agevolazione “ premeditata e preventivata di cui al comma 1 Art. 416 bis 1 CP. E’ necessario analizzare il ruolo specifico del gregario all’ interno del sodalizio criminale organizzato.

L’ orientamento oggettivistico, ben sintetizzato in Cass, sez. pen. II, 17 gennaio 2017, n. 24046 afferma, invece, che “ la circostanza aggravante [ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP ] è integrata da un elemento oggettivo, poiché l’ azione è [ materialmente, oggettivamente ] rivolta ad agevolare un’ associazione di tipo mafioso, quindi l’ aggravante è di natura oggettiva ai sensi del n. 1 Art. 70 CP, in quanto concernente le modalità dell’ azione “ ( in tal senso, si vedano pure Cass., sez. pen. II, 24 novembre 2016, n. 52025, Cass., sez. pen. V, 13 ottobre 2016, n. 9429 e Cass., sez. pen. V, 8 novembre 2012, n. 10966 ). Dunque, la prevalenza della materialità ex n. 1 comma 1 Art. 70 CP sulla soggettività ex Art. 118 CP implica l’ estendibilità precettiva automatica al correo dell’ Art. 416 bis 1 CP. Ciononostante, Cass., sez. pen. II, 17 gennaio 2017, n. 24046 tempera l’ esegesi oggettivistica, in tanto in quanto “ per l’ integrazione dell’ aggravante [ ex Art. 416 bis 1 CP ] è richiesta [ anche ] la sussistenza, in capo ai concorrenti, o del dolo specifico o della consapevolezza della funzionalizzazione della condotta all’ agevolazione dell’ associazione di tipo mafioso [ … ]. Anche la classificazione [ dell’ Art. 416 bis 1 CP ] non si sottrae alla necessità di verifica dell’ elemento psicologico [ … ] [ occorre ] che una direzione di volontà comunque accompagni la materialità “. A parere di chi commenta, Cass., sez. pen. II, 17 gennaio 2017, n. 24046 coglie nel segno, poiché soggettività ed oggettività non sono mai totalmente e dicotomicamente scindibili. Il n. 1) comma 1 Art. 70 CP e l’ Art. 118 CP non sono alternativi, bensì complementari, perché il Magistrato è tenuto sempre a valutare sia l’ intensità del dolo dell’ agente, sia la materialità del danno o del pericolo. Anche nella fattispecie ex Art. 416 bis 1 CP, il reo ( rectius: il correo ) “vuole“ e “ fa “, soggettivamente ed oggettivamente, psicologicamente e materialmente, con la volontà tradotta, quindi, nella materialità. Separare gli Artt. 70 e 118 CP significherebbe giungere ad una qualificazione insufficiente e parziale dell’ Art. 416 bis 1 CP.

A parere di chi scrive, Cass., sez. pen. II, 17 gennaio 2017, n. 24046 è pienamente condivisibile. L’ orientamento interpretativo “ misto “ è normale e ragionevole, nel senso che, come asserito dalla Sentenza qui menzionata, “ la natura dell’ aggravante [ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP ] [ … ] dipende da come la stessa si atteggia in concreto e dal reato [ più o meno anti-giuridico ] a cui accede. Quando l’ aggravante, in concreto, si configura come un dato oggettivo [ e non solo soggettivo ] [ … ] deve ritenersi estensibile ai concorrenti “. Non sarebbe né logico né razionale separare l’ oggettività del n. 1) comma 1 Art. 70 CP dalla soggettività dell’ Art. 118 CP. L’ ermeneutica “ mista “ applicata all’ Art. 416 bis 1 CP consente poi, da parte del Magistrato di merito, un esercizio della Giurisdizione equo e non troppo rigoristico. Tale concretezza valutativa è ribadita anche da Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, in tanto in quanto “ occorre pur sempre un dato oggettivo e strutturale, che riguarda il modo di essere dell’ associazione e dunque le modalità [ fattuali ] di commissione del fatto di reato. [ Necessita ] un’ oggettiva capacità di agevolare, almeno potenzialmente, l’ associazione criminale “. Secondo chi redige, ipostatizzare l’ orientamento soggettivistico significherebbe trasformare l’ Art. 416 bis 1 CP in un’ aggravante astrattamente pericolosa, dunque non penalmente rilevante, come nella fattispecie dei delitti di mero sospetto.

 

La volizione anti-giuridica del reo nell’ Art. 416 bis 1 CP.

 

Secondo molti Precedenti di legittimità, nell’ ambito dell’ orientamento soggettivistico, l’ Art. 416 bis 1 CP, alla luce, a sua volta, dell’ Art. 118 CP, deve o può essere accompagnato da un dolo “generico“ e non necessariamente “ specifico “. Anche Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 parla di una “ copertura volitiva “ nell’ ambito della quale l’ intensità del dolo, ex Art. 118 CP, non riveste un’ importanza primaria, in tanto in quanto è sufficiente una consapevolezza generica con attinenza al metodo mafioso impiegato dal soggetto agente. In realtà, i Precedenti della Corte Suprema, in tema di intensità del dolo ex Art. 118 CP, non sono per nulla concordi. Alcuni si limitano a richiedere una “ generica volontà “ di agevolare il gruppo mafioso ex Art. 416 bis 1 CP, mentre altre Sentenze richiedono un dolo più intenso, sintetizzato nelle espressioni giurisprudenziali “ volizione piena e specifica “, oppure “ piena consapevolezza “, oppure ancora “ piena copertura volitiva “ del fatto materiale di agevolare un’ associazione per delinquere professionalmente organizzata. In realtà, Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545 ha affermato che la soluzione consiste non nel misurare l’ intensità del dolo, bensì nel congiungere, in maniera “ mista “, oggettività ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP e soggettività ex Art. 118 CP. Ovverosia, come asserito da Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545, “ dall’ analisi delle Sentenze riconducibili all’ orientamento di natura soggettiva, emerge che quando è richiesto un ulteriore elemento di natura oggettiva, [ ovvero ] le modalità dell’ azione [ … ], questo è il fatto [ materiale, oggettivo ] da cui desumere la prova della sussistenza [ anche ] dell’ elemento psicologico [ … ] prevalentemente individuato nel dolo specifico “. Di nuovo, Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545 dimostra la necessità di congiungere la soggettività ex Art. 118 CP con l’ oggettività ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP, giacché l’ intensità del dolo e la materialità del danno o del pericolo sono esegeticamente inscindibili. E’ inutile perdersi nell’ individuare un dolo “ diretto “ oppure un dolo “ generico “ senza poi analizzare anche le modalità dell’ azione ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP. Copertura volitiva e realtà oggettiva, fattuale, materiale vanno di pari passo e consentono al Magistrato di merito una qualificazione organica ed equa. Ipostatizzare l’ Art. 118 CP o, viceversa, il n. 1) comma 1 Art. 70 CP significherebbe violare la ratio costituzionale di proporzionalità e di ragionevolezza del giudizio ex Art. 111 Cost. . La bontà di siffatta ermeneutica “ mista “ è confermata anche a pg. 9 delle Motivazioni di Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, nel senso che “ sono elementi costitutivi dell’ aggravante [ ex Art. 416 bis 1 CP ] tanto l’ elemento soggettivo del dolo specifico, quanto l’ ulteriore elemento, di natura oggettiva, individuato nell’ idoneità del fatto a realizzare il fine dell’ agente, e quindi nell’ idoneità del fatto ad agevolare l’ attività dell’ associazione mafiosa. In tal modo, si configura [ nell’ Art. 416 bis 1 CP ] una circostanza << mista >>, i cui elementi costitutivi sono uno di natura soggettiva e uno di natura oggettiva “. Del resto, nei Precedenti di legittimità che seguono l’ orientamento oggettivistico, è sempre successivamente precisata la sussistenza anche di una specifica consapevolezza che la condotta delittuosa posta in essere sta agevolando un sodalizio criminale organizzato. Dunque, di nuovo, l’ oggettività non è mai disgiunta dalla soggettività, così come complementari sono pure l’ Art. 118 ed il n. 1) comma 1 Art. 70 CP, in tanto in quanto ogni fatto illecito è voluto ed ogni volizione illecita reca poi un epifenomeno fattuale. Il reo, anche nell’ Art. 416 bis 1 CP, “ vuole “ fare e “ fa “ volendo. Anzi, a parere di chi commenta, l’ importante è l’ applicazione contestuale degli Artt. 118 e 70 CP, per cui sono inuitli e dispersive le elucubrazioni sulla volizione “ piena “, sulla volizione “ specifica “, sulla volizione “ attenuata “ e sulla “ consapevolezza piena “. Ciò che, invece, conta veramente è, in definitiva, unire soggettività ed oggettività nell’ Art. 416 bis 1 CP.

  1. Il concorso di persone nel reato aggravato dall’ Art. 416 bis 1 CP.

Formalmente, in tema di concorso tra correi nell’ Art. 416 bis 1 CP, l’ interpretazione soggettivistica, visto l’ Art. 118 CP, non consente l’ estensibilità ai correi dell’ Art. 416 bis 1 CP, ma, in caso di ignoranza colposa circa il vincolo associativo, il comma 2 Art. 59 CP permette l’ estensione precettiva dell’ Art. 416 bis 1 CP ai compartecipi. Tuttavia, nel contesto dell’ interpretazione soggettivistica, alcuni reputano applicabile l’ Art. 416 bis 1 CP al correo “animato da dolo specifico “ e altri, in ogni caso, reputano pienamente responsabile il compartecipe munito della “ consapevolezza “, più o meno intensa che sia, circa le finalità perseguite dalla cellula criminale organizzata. Alcuni, in Dottrina, parlerebbero di un “ sentore di anti-giuridicità “. A parere di Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, “ risulta sufficiente la mera consapevolezza “ del vantaggio arrecato alla cosca criminale nell’ ottica del comma 1 Art. 416 bis 1 CP; dunque il correo non deve necessariamente possedere una cognizione perfetta dei fini e della struttura gerarchica dell’ associazione per delinquere. Anche altri Precedenti di legittimità utilizzano la consimile espressione “ consapevolezza del vantaggio arrecato all’ associazione mafiosa “, poiché, come confermato in molte Sentenze della Corte Suprema, un correo è sottoponibile automaticamente all’ aggravante del metodo mafioso anche quando sono di evidente stampo criminale aggravato, ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP, “ le circostanze oggettive [ … ] che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’ oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’ azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’ offeso “. In buona sostanza, Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 adotta la ratio del “ non poteva non sapere “, ovvero, indipendentemente dall’ intensità del dolo, un correo che fa uso del metodo mafioso è oggettivamente consapevole, anche psicologicamente, della gravità inaudita del proprio favorire l’ organizzazione criminale. Di fronte a talune abnormità delittuose, l’ Art. 118 passa in secondo piano e, quindi, prevale la piena ed automatica estendibilità precettiva dell’ Art. 416 bis 1 CP ai compartecipi.

Le posizioni della Dottrina penalistica italiana

La Dottrina penalistica italiana condivide l’ interpretazione soggettivistica e, a parere di chi scrive, esalta ultra vires le ordinarie tutele garantistiche. I Dottrinari fanno prevalere, dunque, l’ elemento volontaristico-psicologico ex Art. 118 CP. Per conseguenza, l’ aggravante ex Art. 416 bis 1 CP non sarebbe mai espansibile ai correi, in tanto in quanto, ex ult. cpv. Art. 118 CP, “ le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono “. Tuttavia, anche il soggettivismo dottrinario è temperato da un’ ermeneutica “ mista “, giacché, come precisato da Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545, anche la Dottrina “ esige che [ l’ Art. 416 bis 1 CP ] si accompagni ad elementi di fatto di natura oggettiva, proprio per evitare di punire più severamente un’ azione la cui potenzialità lesiva si esaurisca nell’ elaborazione intenzionale, così giungendo a punire il pericolo del pericolo. Solitamente si ritiene quindi [ in Dottrina ] che l’ aggravante si configuri in maniera simile ai reati di pericolo, con dolo di danno “. Chi commenta, sottolinea che la splendida categoria giurisprudenziale dei “ reati di [ puro ] pericolo “ è molto vicina alla nozione giuspenalistica svizzera germanofona di “ reati a pericolosità astratta “. In effetti, nelle Motivazioni, Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545 specifica che l’ aggravante ex Art. 416 bis 1 CP deve recare, a livello concreto, “ una concreta potenzialità offensiva “, come nel caso del delitto tentato ex Art. 56 CP, il quale si configura “ non solo per l’ intenzione, ma anche per elementi concreti, idonei a rendere possibile la realizzazione dell’ intento avuto di mira [ … ] [ si pensi ad esempio ] all’ esistenza [ non millantata, ndr ] del gruppo criminale ed al possibile raccordo tra quanto programmato dall’ agente e l’ attività illecita che caratterizza l’ organizzazione mafiosa “. Sempre Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545 parla anche non di un reato astratto, bensì della presenza di “ un effettivo ritorno di utilità della condotta illecita in favore della compagine “. Viceversa, non ha senso parlare di una precettività concreta, oggettiva, fattuale, materiale dell’ Art. 416 bis 1 CP. In buona sostanza, se si prende a paragone l’ Art. 56 CP, l’ aggravante ex Art. 416 bis 1 CP sussiste se il reo “ compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto [ di stampo mafioso ] “. Dunque, è richiesta una materiale e non astratta pericolosità anti-giuridica; il che vale pure nel contesto degli atti preparatori. Viceversa, lasciare aperto il campo strutturale ad un pericolo anti-giuridico astratto significa tornare alle figure orribili del Ventennio dei delitti di mero pericolo e/o, peggio, dei delitti di mero sospetto. Il Garantismo accusatorio si manifesta anche nel prendere in considerazione soltanto un fatto illecito concretamente consumato o seriamente tentato.

 

La ratio socio-profilattica dell’ Art. 416 bis 1 CP .

 

Per comprendere la ratio della pace sociale tutelata dalla previsione ex Art. 416 bis 1 CP, può essere utile rileggere il fondamentale comma 3 Art. 416 CP: “ l’ associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte  si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto od indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire o di ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali “. Ora,  a prescindere dalla soggettività, dall’ oggettività e dalle esegesi “ miste “, tale comma 3 Art. 416 bis CP è la ratio che fonda l’ intera circostanza aggravante ex Art. 416 bis 1 CP. Infatti, come precisato nei Lavori Preparatori del primigenio DL 152/1991, “ [ l’ Art. 416 bis 1 CP ] tende ad evitare effetti emulativi connessi all’ esistenza di questo genere di gruppi illeciti, con le finalità pervasive previste quale elemento caratterizzante del comma 3 Art. 416 bis CP, e crea una sorta di cordone di contenimento, con il proposito di colpire tutte le aree che attraverso le modalità della condotta o attraverso la [ non sempre, ndr ] consapevole agevolazione, producono l’ effetto del rafforzamento, se non concretamente della compagine, del pericolo della sua espansione, con la forza che le è tipica e la tacitazione di tutte le forze sociali che dovrebbero ad essa resistere “. In fondo, sotto il profilo della ratio, sia il comma 3 Art. 416 bis CP, sia l’ aggravante del metodo mafioso recano la ferma ed anti-giuridica volontà di questa predetta “ tacitazione di tutte le forze sociali che dovrebbero ad essa resistere “. Il comma 3 Art. 416 CP, dunque anche l’ Art. 416 bis 1 CP, hanno ben presente le oltremodo gravi potenzialità eversive ed anti-democratiche recate innanzi dalle associazioni per delinquere di stampo mafioso. Si tratta di un anti-Stato e di un anti-Ordinamento di cui il comma 3 Art. 416 bis CP rende egregiamente e lucidamente l’ idea. Sempre i Lavori Preparatori del DL 152/1991 parlano di “ un’ amplissima gamma di condotte illecite del gruppo mafioso, spesso orbitante nell’ ambito delle oridinarie attività economiche “ L’ aggravante del metodo mafioso, alla luce del meraviglioso comma 3 Art. 416 bis CP, ha ben presente tale elevata capacità di mimetizzazione delle associazioni per delinquere aggravate dai metodi mafiosi.

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