Il messaggio normativo

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Nel corso degli ultimi anni si è manifestata la tendenza ad una inversione della gerarchia dei valori sia nell’agire quotidiano che nelle aspettative, la caduta delle matrici ideologiche e la frammentazione degli interessi ha condotto ad un prevalere dei rapporti di scambio rispetto al concentrarsi sulla “programmazione”.

L’entrata in crisi degli aspetti collettivi ha avuto profondi riflessi tanto sulle associazioni che sulle istituzioni in cui sono prevalsi i rapporti di scambio sulla programmazione, venendo a mancare il collante ideologico, fino a minare la stessa “fiducia” sull’affidabilità del settore pubblico, solo la formazione spontanea di movimenti collettivi su interessi singoli e passionali ha portato a sostituire il venire meno dell’impegno programmatico collettivo.

La crisi economico- politica si è risolta quindi in una crisi culturale sull’identificazione degli interessi collettivi, dando spazio a crescenti momenti di conflittualità tra un fiorire di centri di interesse in cui si determinano le “opinioni” per aggregazione progressiva, il cessare di una egemonia culturale ha portato pertanto ad una frammentazione della comunicazione in termini intersoggettivi.

Si passa quindi da originari “codici di forza” basati su semplici apparati tecnico-militari a forme di dominio culturale sempre su “codici di forza” ma di carattere tecnico- giuridici ( codice legale), fino ai “codici di persuasione” odierni in cui si fa ricorso allo strumento dell’informazione.

Qualsiasi flusso comunicativo di un’organizzazione privata o pubblica che sia, in quanto volto a orientare comportamenti di singoli o di gruppi acquista una valenza politica, la quale è connaturata alla struttura di potere dell’organizzazione stessa, di questo ne fanno parte sia il “codice di forza” della legge che il “codice di persuasione” dell’informazione sebbene l’efficacia di quest’ultimo è ben maggiore del primo tanto da raggiungere risultati che con il semplice “codice di forza” della legge sono impensabili.

Qualsiasi crisi è una crisi principalmente di identità e quindi di immagine, ossia della somma delle diverse impressioni create dall’organizzazione, ecco l’importanza del rapporto tra informazione e immagine “reale” la cui “coerenza” acquista un valore strategico, senza che questo debba trasformarsi in comportamenti di tipo conformistico.

La fonte normativa è quindi anche una fonte informativa e il crescere delle fonti con un parallelo aumento dell’informazione messa in circolazione produce entropia, confusione, trasformandosi in una “opacità normativa” causa e al tempo stesso espressione di una contemporanea “opacità sociale”, la normativa anziché generare una comprensibilità del reale finisce per deformare ed oscurare la realtà.

La norma quale segno e messaggio è anche un insieme oggettivo di significati che viene elaborato e trasmesso sulla base di uno o più codici, venendo interpretato al momento della ricezione con codici non sempre identici per il ricevente, infatti, il messaggio può avere vari livelli di significato.

Dobbiamo considerare che un codice è un’insieme di “regole” comunicative, ossia di convenzioni, sull’uso e l’organizzazione di vari segni forniti di propri significati e sulle possibilità e modalità di combinarli fra loro, ogni codice a sua volta fornisce gli elementi per elaborare “codici secondari” o “sottocodici” che introducono nuovi elementi rispetto al codice di partenza.

Ogni codice ha un quadro di riferimento culturale o ideologico, il quale è a sua volta un sistema maggiore di comunicazioni che si risolve in un rapporto di aspettative sul messaggio da decodificare, ed ecco trovarci di fronte ad un sistema ideologico fornito di significati preesistenti al messaggio normativo.

Si ha quindi un “sistema di significazione” che chiarisce o rende ambiguo il messaggio, a seconda se questi rispetti o meno le regole del sistema a cui si ispira, ogni contravvenzione alle regole si riflette in termini semantici ed etici con ripercussioni nei comportamenti sociali.

Le organizzazioni di emissione, quali strutture operative, possono non avere l’omogeneità di pensiero, altrimenti necessaria nei rapporti funzionali per una coerenza unitaria del gruppo, espressione dell’ideologia che vi è tanto nel gruppo prevalente che nelle aspirazioni dei gruppi minori, il momento etico è tuttavia emarginato da una incapacità di cognizione del “valore” con la conseguente possibile cessione, anche formale, del potere ai gruppi dominanti.

Nella comunicazione normativa vi è, accanto ad un universo ricevente qualitativo una valenza quantitativa propria di coacervi di gruppi indifferenti, con causalità diverse, resta tuttavia sempre la possibilità di controllo attraverso feedback comportamentistici oltre a quelli specifici.

Se il “messaggio” è costituito da uno o più segni il livello di rappresentazione della realtà è comunque meno ampio di quello che si rappresenta, proprio per il suo carattere convenzionale che comporta comunque una abbreviazione acquista pertanto importanza l’esperienza che il codificatore e il decodificatore possiedono intorno al segno in modo da produrre nel ricevente una “struttura di comportamento”, in altri termini serve una memoria che dia una visione unificata al fine di superare la sempre possibile frammentazione ( Brian).

Vi è in qualsiasi messaggio una certa quota di “inatteso” dovuta all’indeterminatezza dei sistemi viventi, il modello probabilistico che ne deriva è fonte di errori a cui si rimedia mediante retroazioni.

La comunicazione normativa con tutte le sue problematiche rientra quindi nella più ampia comunicazione sociale, dando senso e scopo all’organizzazione e alla sua articolazione, vi è pertanto necessità di una affinità culturale per la condivisione dei codici, infatti il ricevente non deve solo desemantizzare il sistema di segni ricevuto, limitandosi alla comprensione, ma deve interpretare i concetti commisurandoli al proprio repertorio culturale e generando al contempo un messaggio di ritorno.

In sede di codifica normativa l’emittente autocratica esercita il proprio ruolo in forma autoritaria, dovendo il ricevente in linea di principio solo decodificare il messaggio dando vita a un semplice feedback di adesione comportamentistica, a questa semplice ipotesi di “pressione” è tuttavia collegata una variabile di “condizionamento”, fortemente volatile in quanto in rapporto stretto all’effettivo agire degli apparati.

Come ci ricorda Max Weber la relazione sociale non è che il comportamento instaurato tra più individui orientato in conformità a un contenuto di senso, essa è quindi fondata sulla comunicazione la quale come qualsiasi fenomeno fisico può subire una progressiva “entropia” sociale, ossia una caduta verso un equilibrio statico di saturazione (Wiener) se non diventa “consuetudine”.

Il principio che l’ignoranza della legge non scusa può quindi essere anche letto comunicativamente come l’obbligo di mantenere aperta e fluente nonché comprensibile il canale comunicativo, secondo un programma di attività coordinata, ma tuttavia condizionato dalle esigenze tecnologiche.

Nella comunicazione, in particolare giuridica, smussare le idiosincrasie linguistiche è necessario, ma come è stato osservato estremamente pericoloso per la sicurezza della nostra umanità ( Brian) la quale riemerge nella libertà interpretativa, vi è quindi un sottile equilibrio culturale insito nella comunicazione giuridica tra la necessità della perfezione linguistica e i limiti della libertà nel contesto della realtà interpretativa del senso.

Bibliografia

  • M. mc Luhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, 1967;

  • M. Wolf, Teoria delle comunicazioni di massa, Bompiani, 1990;

  • C. Marletti, Media e politica, Angeli ed. 1984;

  • E. Feldmann, Teoria dei mass-media, Armando 1973;

  • C. Brian, Esseri umani, Le Scienze, 2012.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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