In linea con il costante insegnamento di questa Corte, le scelte economiche ed organizzative in seno alla famiglia, per quanto non pienamente condivise da entrambi i coniugi, non possono di per sé integrare gli estremi dei maltrattamenti ex art. 572 cod. pen., salvo che non sia provato che esse costituiscano frutto di comprovati atti di violenza fisica o di prevaricazione psicologica.
Ed invero, impedire alla moglie di essere economicamente indipendente non può ritenersi circostanza tale da integrare, di per sé, una “violenza economica” riconducibile alla fattispecie incriminatrice prescritta ex art. 572 cod. pen., richiedendo tale ipotesi di reato che siano provati comportamenti vessatori suscettibili di provocare un vero e proprio stato di prostrazione psico-fisico della persona offesa, tali da cagionare sofferenza, prevaricazione e umiliazioni dirette a creare uno stato di disagio continuo ed incompatibile con le normali condizioni di esistenza.
Ciò è quanto emerge dalla pronuncia della Corte di Cassazione, sesta sezione penale, che con sentenza n. 43960/2015 pubblicata in data 30.10.2015 esclude il delitto di maltrattamenti ex art. 572 cod. pen. a carico del marito che compie ogni scelta economica ed organizzativa in seno alla famiglia, interessandosi unilateralmente del ménage coniugale, non ritenendolo penalmente responsabile di tal reato a danno della moglie, in assenza di fonti di prova funzionali ad infliggere vere e proprie sofferenze morali e lesive della dignità.
L’esclusione di tale reato e il conseguente non luogo a procedere pronunciato dal GUP, presso il Tribunale di Pistoia con sentenza del 17 aprile 2015 n. 300, non esclude però la trasmissione degli atti al P.M. per invocare la tutela prescritta ex art. 570 cod. pen. ed accertare l’eventuale violazione degli obblighi di assistenza e solidarietà familiare a carico dell’uomo.
Oltre a ciò, Piazza Cavour precisa che neppure l’infedeltà coniugale del marito costituisce ipotesi di reato oggetto di contestazione, in quanto il mero deterioramento del rapporto matrimoniale e la relazione extra-coniugale dell’uomo, per quanto non celata alla moglie, in assenza di altri elementi tali da creare una situazione di sofferenza morale e fisica a quest’ultima, non possono ritenersi fatti di per sé idonei ad integrare il reato di cui all’art. 572 cod. pen.. Deve sussistere una relazione diretta fra le condizioni di prostrazione fisica e morale della vittima e le condotte maltrattanti poste in essere dall’imputato, presupponendo un’abitualità di comportamenti vessatori dell’agente.
Situazione che il GUP, con argomentazioni adeguate e conformi a logica, escludeva potersi ravvisare, imputando lo stato di sofferenza psicologica della donna al deterioramento della relazione coniugale, più che a condotte vessatorie del marito.
Per tutto ciò, la provata assenza di prevaricazione, sopraffazione, umiliazione a danno della coniuge porta gli Ermellini a rigettare il ricorso della donna, con condanna della stessa alle spese processuali.
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