Il gioco: più che un diritto per i bambini

Scarica PDF Stampa

Uno sguardo d’insieme sulla dimensione ludica che è nella e della natura stessa dei bambini

Indice

1. Il gioco è vita

Nel passato, fra i vari studiosi della valenza del gioco, il filosofo tedesco Friedrich Schiller, nei suoi “Saggi estetici” alla fine del Settecento, scriveva: “L’uomo è veramente tale solo quando gioca”. Si è veramente se stessi nel gioco perché non si possono fingere le emozioni. A maggior ragione dovrebbe essere così nel gioco della vita: ancor di più la vita di un bambino.
Fra i tanti contemporanei, Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, ha precisato: “L’attività ludica è stata da sempre considerata una caratteristica fondamentale dell’essere umano, che rende l’uomo libero, sottraendolo alla necessità e al bisogno. Un’attività ineliminabile nella natura umana, sulla quale si sono soffermati gli autori di tutti i tempi, da Platone ad Aristotele a Kant, bene riassunta nelle parole illuminanti del filosofo Leibniz: «Gli uomini non hanno mai dimostrato maggiore spirito quanto nei diversi tipi di gioco che hanno inventato». In epoche più recenti, il gioco è stato un particolare oggetto privilegiato di studio da parte degli psicologi, che hanno indicato nell’attività ludica la principale fonte dello sviluppo che presiede ai processi di apprendimento, di immaginazione e alle funzioni sociali. È considerata la struttura portante dell’iter evolutivo, definita dallo psicologo Erik Erikson «la via maestra per comprendere gli sforzi dell’Io infantile verso la sintesi»”.
Il gioco è uno dei fondamentali diritti dei bambini: “Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo, allo svago, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età” (art. 31 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Formulazione completamente differente da quella dell’art. 7 par. 2 della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959: “Il bambino deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e ad attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto”.
Secondo alcuni la parola “gioco” ha lo stesso etimo di “gioia”. Il gioco: il migliore esercizio alla realtà, all’autenticità delle emozioni, altro che virtualità o altri artifici creati dagli adulti e dietro i quali ci sono interessi o egoismi degli adulti.
Lo psichiatra Eugenio Borgna chiarisce: “La gioia è nondimeno friabile e impalpabile, delicata e rugiadosa, come sabbia: si effonde e facilmente si sbriciola. […] La gioia trasforma immediatamente il modo di essere del volto e dello sguardo: che sembrano librarsi da ogni ombra e che si immergono nella luce di una assoluta trasparenza. La gioia, come la speranza, vive del presente ma si apre contestualmente al futuro. […] Nella sua leggerezza, direi, la gioia ci avvicina a una falda profonda e incontaminata della condizione umana” (in “L’arcipelago delle emozioni”, 2001). La gioia non è affatto qualcosa di effimero, infatti la sua lontana origine etimologica sarebbe la radice sanscrita yuj (la stessa da cui deriva la parola “yoga”), tradotta perlopiù come “unione dell’anima individuale con lo spirito universale”. Bisogna, pertanto, educare con gioia e alla gioia garantendo il diritto alla gioia dei bambini. “Egli [il bambino] ha diritto alla spensieratezza, alla risata, al gioco, e anche ad un avvenire professionale” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance, Parigi, giugno 2007). Un bambino che sta bene nel presente è ben predisposto per il futuro.
Gioia: pienezza della vita, dire la pienezza della vita, dare la pienezza della vita, darsi alla pienezza della vita. Come i bambini, come con i bambini! Dalla pienezza dell’infanzia dipende l’integrità della vita e il futuro di ogni singola persona.
L’insegnante Paola Spotorno scrive: “Negli Stati Uniti alcuni studiosi ritengono che chi inizia le scuole elementari con un grado di maturità e sviluppo superiore dato dall’età ha un vantaggio che si porterà dietro negli anni. Anche alcune rivelazioni Ocse Pisa hanno sottolineato come i bambini “anticipatari” facciano più fatica rispetto ai compagni che hanno l’età giusta. Certo non si può generalizzare, dipenderà da bambino a bambino e dal metodo che verrà adottato nella futura scuola elementare. Quello che va valutato, a detta di pedagogisti e psicologi, è che togliere un anno di gioco ai bambini non sia la scelta più opportuna. Restare con il gruppo dei pari aiuta a sviluppare autostima e consapevolezza, cosa che nella vita sarà più utile di un alfabeto imparato a cinque anni”. Il gioco non è una perdita di tempo né un passatempo, ma è alla base della preparazione alla partecipazione libera e piena alla vita culturale e artistica, come si ricava dall’art. 31 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Come di partecipazione si parla nell’art. 3 della Costituzione a proposito dell’uguaglianza sostanziale, per cui il gioco promuove finanche l’uguaglianza sostanziale.
Anche il pedagogista Daniele Novara ribadisce: “I bambini e i ragazzi hanno il diritto a vivere la loro vita non così forzatamente fissata sulla prestazione scolastica. Devono poter sviluppare i loro interessi avendo il tempo per il gioco, gli incontri liberi, il movimento, lo sport”. “Ogni fanciullo ha diritto al riposo, al gioco, alla partecipazione volontaria ad attività sportive; deve poter fruire inoltre di attività sociali, culturali e artistiche” (punto 8.28 Carta europea dei diritti del fanciullo, Risoluzione A3-0172/92).
Novara aggiunge: “I bambini hanno il diritto a essere educati e gli adulti devono accorgersi della loro presenza e soprattutto dei loro bisogni. Non abbandoniamoli per ore davanti ai videogames. Hanno bisogno di incontrarsi e vivere insieme in carne e ossa in situazioni di realtà concreta, piuttosto che in contesti sempre più virtuali e sempre più pericolosi”. Nell’art. 31 par. 1 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si legge che il bambino attraverso il gioco e le altre attività ha il diritto a partecipare “liberamente” alla vita culturale ed artistica e, poi, nel par. 2 si ripete che ha il diritto a partecipare “pienamente” alla vita culturale ed artistica, espressioni che significano il coinvolgimento totale del bambino.

Potrebbero interessarti anche

2. Il gioco è scuola

Il gioco è anche scuola di “saggezza”, ovvero un saggio della vita. “La saggezza è intelligenza pratica, etica, è la capacità di riconoscere il bene qui e ora; essa sa guardare ai tempi lunghi, perché ascolta la lezione della storia (che ricorda come l’odio non paghi mai). La saggezza si riconosce nei valori mostrati dall’esempio concreto di persone capaci di dire con la vita la bellezza di tali scelte, di esprimere il meglio di sé, essendo disposte a pagarne il prezzo. Si tratta di aspetti del tutto preclusi a chi, pur capace e intelligente, è divorato dall’odio. […] Da qui l’importanza di educare alla sapienza, come via privilegiata all’edificazione del bene comune. La maggioranza dei curricola scolastici, anche nelle istituzioni di eccellenza, mirano per lo più a sviluppare la dimensione cognitiva, a fornire una preparazione tecnica, specialistica, ma lasciano disattesa la dimensione sapienziale, nel senso sopra ricordato” (lo studioso gesuita Giovanni Cucci). Saggio o sapiente è letteralmente colui che ha senno, che ha sapore. A tal fine è necessario che i bambini e i ragazzi sperimentino e si sperimentino. Multifunzionale e insostituibile è il gioco a qualsiasi età: basti pensare che gli stessi giochi tattili o sensomotori sono proposti ai bambini per “partecipare” alla vita e per la riabilitazione post-ictus o post-traumatica per tornare a “partecipare” alla vita.
Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai sottolinea: “È importante che i bambini sentano di essere amati, di avere adulti pieni di affetto che li circondano con amore e protezione, dando loro un senso di sicurezza e facendo sentire il valore che hanno nel cuore di chi a loro vuole bene. Ma i bambini hanno bisogno, crescendo, di costruirsi anche un paio di ali. Devono esplorare il mondo, cimentarsi con gli amici, appassionarsi alla natura, giocare…”.
Il gioco è anche un mezzo per conoscere se stessi e per conoscere l’altro, come spiega ancora Pellai: “[…] a sette anni i bambini possono avere tendenza a giochi e travestimenti femminili per motivi vari. Perché hanno più familiarità con il mondo delle donne, essendo magari figli unici che passano gran parte del loro tempo libero insieme a mamma, nonne e zie. Perché hanno un’attitudine naturale a prendersi cura degli altri e quindi sono molto più portati per il gioco con pupazzi e bambole piuttosto che con il pallone. A volte svolgono attività con altre femmine perché sono più capaci di intrattenere amicizia con loro o perché hanno avuto una brutta esperienza pregressa nel gioco con i maschi (sono stati trattati male da qualcuno o vittima di bullismo). Inoltre, quando noi parliamo di giochi e travestimenti femminili, utilizziamo categorie e codici che per i bambini potrebbero non assumere il medesimo nostro significato. Per esempio, sono tantissimi i bambini che giocano oggi con una cucina e si improvvisano “chef” con pentolini e posate di plastica. […] Le ricerche affermano che nella quasi totalità dei bambini che hanno una forte propensione a immedesimarsi in comportamenti e attitudini al genere opposto, essa scompare spontaneamente prima dell’adolescenza”. La femminilità e la mascolinità, elementi costitutivi della personalità, dipendono da tanti fattori, soprattutto da come si vivono e interiorizzano relazioni ed emozioni. “[…] il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Si noti che il legislatore internazionale non ha parlato genericamente di personalità ma ha anteposto l’aggettivo possessivo “sua”. Il gioco favorisce ciò: “preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi […]”. (art. 29 lettera d Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Infatti, il gioco è pure acquisizione di regole, non a caso si parla di “regole del gioco”. Le regole non si fanno ma si costruiscono, non si impongono ma si compongono, non devono essere pesi che trattengono il passo ma pietre miliari lungo il cammino della vita. Educare è educare alle regole, educare nelle regole, come si ricava dagli obiettivi indicati nell’art. 29 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, dove si parte dallo sviluppo della personalità del fanciullo (lettera a) per giungere ad inculcare nel fanciullo il rispetto per l’ambiente naturale (lettera e) e, quindi, per ogni ambiente. Importante in questo processo il gioco attraverso cui il bambino si esercita a partecipare “liberamente” (riferimento importante perché la propria libertà è presupposto della libertà anche dell’altro) alla vita culturale e artistica.
Il bambino deve giocare liberamente e non necessariamente in maniera strutturata o con giocattoli o con altri perché è importante che provi le sue capacità, le sue emozioni, i suoi movimenti, il suo rapporto con lo spazio e il tempo. Nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei (adottate con decreto ministeriale 22 novembre 2021 n. 334) sono stati ribaditi i diritti dell’infanzia e l’importanza del gioco, come nelle Linee guida sull’infanzia e l’adolescenza (a cura dell’AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, giugno 2021). “Capire come giocare porta il bambino su due sentieri che percorre alternativamente e che spesso si uniscono. Un sentiero è quello della scelta, per definire a quale gioco dedicare il proprio tempo, il secondo sentiero è quello della comprensione del gioco per praticarlo in autonomia. Quando i due sentieri s’incontrano e diventano un’unica strada da percorrere, abbiamo raggiunto uno degli obiettivi che la Convenzione ONU ci propone: favorire la libertà di scelta e l’autonomia dell’infanzia, che in questo caso si sintetizza in quella che amo chiamare “autonomia ludica” di ogni bambino” (da “I diritti dei bambini”, Istituto degli Innocenti).
I bambini detengono il segreto della vita (stupore, entusiasmo, curiosità, gioia di vivere, accontentarsi di poco…, una sorta di serendipidità) ma gli adulti glielo fanno perdere inesorabilmente. Il bambino ha diritto alla serenità (quell’eudemonìa ricercata, poi, in età adulta) e a tutto ciò che è la sua natura, il resto è stortura o bruttura.
“Fammi giocare solo per gioco / Senza nient’altro, solo per poco / Senza capire, senza imparare / Senza bisogno di socializzare” (dalla filastrocca “Diritto al gioco” di Bruno Tognolini).

Volume consigliato

FORMATO CARTACEO

La tutela giuridica del minore

Il volume si propone di offrire una panoramica della normativa nel particolare settore che riguarda il diritto minorile, con approfondimenti in ordine alle problematiche delle scelte dei genitori che si ripercuotono sulla vita dei figli. Nel manuale vengono affrontate le tematiche afferenti a quei diritti che affondano le radici nei principi della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Tali diritti vengono messi in serio pericolo quando padri e madri affrontano la fine del loro rapporto e dovrebbero mantenere un costruttivo rapporto genitoriale; purtroppo, invece, la realtà ci mostra quanto sia difficile preservare le relazioni familiari. Tale difficoltà è stata recepita anche dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza che nella neonata “Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori” prevede in apertura il diritto dei figli di continuare ad amare ed essere amati da entrambi i genitori e di mantenere i loro affetti. Secondo tale documento, bambini e adolescenti hanno il diritto di essere informati e aiutati a comprendere la separazione (o fine del rapporto) dei genitori, il diritto di essere ascoltati e quello di ricevere spiegazioni sulle decisioni che li riguardano, per giungere poi all’individuazione dei diritti come quello all’ascolto e alla partecipazione, del diritto a preservare le relazioni familiari, a non essere separati dai genitori contro la propria volontà, a meno che la separazione non sia necessaria nell’interesse preminente del minorenne. Ciò premesso, è doveroso evidenziare che i principi che regolano il diritto minorile sono materia d’interpretazione da parte dei magistrati, ma la loro conoscenza è necessaria anche nella formazione degli avvocati e in coloro che operano in questo settore.Cristina Cerrai, Avvocato in Livorno, patrocinante in Cassazione, ha una formazione specifica nell’ambito del diritto di famiglia e dei mi- nori. Ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Nazionale dell’Osservatorio di Diritto di Famiglia e dei Minori della Giunta A.I.G.A. Attualmente, in qualità di Consigliera di Parità della Provincia di Livorno, è responsabile del centro di ascolto antiviolenza “Sportello VIS”.Stefania Ciocchetti, Avvocata formata nel diritto di famiglia, si occupa di mediazione familiare dal 1995; componente Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento c/o Fondazione Scuola Forense Barese; componente Commissione Famiglia c/o COA Bari, nomina a componente Consiglio Distrettuale di Disciplina (distretto di Corte Appello Bari) per il prossimo quadriennio.Patrizia La Vecchia, è avvocato in Siracusa con una formazione specifica nell’ambito del diritto civile ed in particolare del diritto di famiglia e dei minori; già relatrice in numerosi convegni e corsi di formazione in materia di tutela dei minori e violenza alle donne; già componente dell’osservatorio del Diritto di famiglia dell’AIGA, autrice e curatrice di diverse pubblicazioni in materia di diritto di famiglia e minorile. Oggi Vicepresidente della Sezione di Siracusa.Ivana Enrica Pipponzi, Avvocata cassazionista, ha una formazione specifica nell’ambito del diritto di famiglia e dei minori. A seguito della sua provata esperienza specifica, ha ricoperto le cariche di componente dell’Osservatorio Nazionale di Diritto di Famiglia e dei Minori di AIGA, di responsabile nazionale del Dipartimento “Diritto di Famiglia e Persone” e di coordinatrice del Dipartimento “Persona e Tutela dei Diritti Umani” della Fondazione AIGA “Tommaso Bucciarelli. Già Commissaria Regionale per le Pari Opportunità della Regione Basilicata, è l’attuale Consigliera Regionale di Parità per la Basilicata. Coautrice di numerosi volumi editi dalla Maggioli Editore in materia di Diritto di famiglia, dei minori e Successioni.Emanuela Vargiu, Avvocato cassazionista, formata nel diritto civile ed amministrativo; da dieci anni patrocinatore di cause innanzi alle Magistrature Superiori, esercita la professione a Cagliari. È autrice di diverse pubblicazioni giuridiche in materia di Diritto di famiglia e successioni.Contenuti on line L’acquisto del volume include la possibilità di accedere al sito https://www.maggiolieditore.it/approfondimenti, dove sono presenti significative risorse integrative, ovvero il formulario, in formato editabile e stampabile, la giurisprudenza e la normativa di riferimento. Le indicazioni per effettuare l’accesso sono all’interno del volume.

Cristina Cerrai, Stefania Ciocchetti, Patrizia La Vecchia, Ivana Enrica Pipponzi, Emanuela Vargiu | Maggioli Editore 2019

Dott.ssa Marzario Margherita

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento