Il fallimento: procedura e istruttoria

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L’art 6 della legge fallimentare del 1942 dispone che “Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero”.

La dichiarazione di fallimento può pertanto essere richiesta:

Dallo stesso debitore, fermo restando che spetta sempre al tribunale accertare l’esistenza oggettiva dello stato di insolvenza.

Dal creditore o dai creditori, che devono provare lo stato di insolvenza del debitore.

Dal pubblico ministero se dovesse ravvisare una situazione di insolvenza che risulti da un procedimento penale, oppure dalla fuga, dalla irreperibilità o latitanza dell’imprenditore, dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo, o quando l’insolvenza risultasse da una segnalazione che provenga da un giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

Dal curatore del fallimento di una società, nei limidi della richiesta che il fallimento sia esteso al socio occulto o di fatto.

La varietà dei legittimati a chiedere fallimento dimostra la notevole diversità degli interessi tutelati.

I creditori e i debitori sono parti private, il pubblico ministero costituisce un organo con caratteristiche proprie e ben delineate rispetto agli altri soggetti dell’iniziativa.

Per quello che riguarda l’imprenditore l’art. 14 della legge fallimentare del 1942 recita testualmente:

“L’imprenditore che chieda il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti, ovvero l’intera esistenza dell’impresa se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavati lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.”

La richiesta di fallimento da parte dell’imprenditore si può considerare una facoltà dello stesso, proprio per evitare una serie di azioni esecutive individuali.

La domanda di fallimento per l’imprenditore però diventa un obbligo quando l’astensione dalla richiesta produrrebbe un aggravamento dello stato di insolvenza.

Altri soggetti legittimati a richiedere la dichiarazione di fallimento sono i creditori dell’imprenditore.

Può chiedere il fallimento qualsiasi creditore, chirografario o privilegiato, anche se il proprio credito non è ancora esigibile o è sottoposto a condizione risolutiva o sospensiva.

Nella prassi i tribunali fallimentari chiedono come requisito ulteriore l’avere in precedenza ottenuto un titolo esecutivo.

Inoltre, il fallimento può essere promosso dal Pubblico ministero secondo le disposizioni dell’art 7 della legge fallimentare 1942 cioè “quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dell’irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore; quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un giudizio civile.

Alcune delle previsioni indicate in questo articolo, come i casi di diminuzione fraudolenta dell’attivo, possono essere considerate fatti costitutivi di bancarotta, altre, come i casi di irreperibilità e latitanza, possono essere considerate dei semplici indizi.

In riferimento all’istruttoria fallimentare, le precedenti norme si erano dimostrate inidonee per disciplinare questa materia.

Tra le innovazioni più importanti introdotte con la riforma del 2006 vi è l’articolo 15 della legge fallimentare, con il quale il legislatore delinea una dettagliata regolamentazione del fallimento, introducendo il principio dell’audizione obbligatoria del debitore, che nella precedente norma prefallimentare era prevista solo come facoltativa.

In questo modo il legislatore assicura un accertamento a cognizione piena nel contraddittorio tra le parti.

Il legislatore ha imposto la partecipazione del debitore, sin dalla fase prefallimentare, dandogli la possibilità di difendersi, alla luce delle gravi ripercussioni che implica il fallimento, non solo sotto un aspetto economico-commerciale, ma anche nei suoi rapporti sociali, di reputazione e nella sua capacità di agire, e ha previsto che il procedimento per la dichiarazione di fallimento si debba svolgere davanti al tribunale in composizione collegiale “con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio”, ai sensidell’articolo 15 comma 1 della legge fallimentare.

Il procedimento può essere affidato anche a un giudice relatore, nominato dal presidente del tribunale.

La fase dell’istruttoria prefallimentare ha il compito di accertare che sussistano i presupposti necessari per la fallibilità, e a tale accertamento dovrà seguire tempestiva comunicazione al debitore, attraverso la notificazione del decreto di convocazione per lo svolgimento di un’udienza e quest’ultima non potrà avvenire prima che siano trascorsi 7 giorni.

La convocazione dovrà essere effettuata, anche se dagli atti si deduca che non sussistano i requisiti per il fallimento.

Inoltre, nell’ultimo comma dell’articolo 15 della legge fallimentare, si dispone che “se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dall’atto dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore ad euro 30.000” non si dà luogo alla dichiarazione di fallimento.

Questo importo è periodicamente aggiornato ogni tre anni con decreto del Ministero della giustizia sulla base dei valori ISTAT.

Il fallimento deve essere unico, perché riguarda l’intero patrimonio dell’imprenditore, è pronunciato e si svolge in un solo luogo e davanti a un solo tribunale.

Nel caso di più imprese facenti capo ad un unico imprenditore è competente per il fallimento il tribunale del luogo nel quale si trova la sede principale dell’impresa o la sede principale della maggior impresa.

Se non sia possibile individuare la sede principale di imprenditori che non hanno sedi stabili, si applica il principio della prevenzione.

Per sede dell’impresa s’intende il luogo dove sono collocati il centro degli affari, la direzione e amministrazione attinenti l’attività. La sede principale e l’azienda, o stabilimento, possono anche non coincidere.

Se la sede dichiarata non corrisponda a quella reale, avendo la pubblicità efficacia dichiarativa, sarà competente il tribunale del luogo della sede effettiva.

Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge davanti al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.

Il procedimento camerale è un procedimento speciale a cognizione piena, che da un lato rende più spedito e concentrato il procedimento, e dall’altro rispetta le garanzie costituzionali prescritte dall’art 111 costituzione , secondo il principio del contraddittorio, e il diritto alla prova.

Il tribunale può delegare l’istruttoria a un giudice relatore che poi riferirà al collegio, non si può delegare la pronuncia del provvedimento finale che è attribuita al collegio.

Dott.ssa Concas Alessandra

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