riferimenti normativi: art. 1132 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 7095 del 20/3/2017; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1451 del 23/01/2014; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17039 del 3/08/2007
La vicenda
Alcuni condomini impugnavano una delibera, chiedendone che fosse dichiarata nulla o comunque annullata; in particolare ritenevano che tale decisione fosse invalida nella parte in cui erano state loro addebitate, nonostante il loro dissenso espresso ai sensi dell’articolo 1132 c.c., somme per spese legali relative ad un giudizio promosso da un altro condomino che aveva impugnato una delibera assembleare ritenuta invalida.
Il condominio si costituiva ed eccepiva l’infondatezza della domanda, notando che, in caso d’impugnazione di una delibera, l’amministratore ha il potere di costituirsi senza autorizzazione dall’assemblea; di conseguenza non era possibile esprimere il dissenso alla lite.
Alla prima udienza di comparizione le parti non chiedevano termini per memorie e la causa veniva direttamente rinviata per precisazione delle conclusioni.
Successivamente comparivano solo i condomini, insistendo per l’invalidità della decisione assembleare. Nessuna delle parti poi depositava scritti conclusionali.
La questione
Il dissenso alle liti previsto dall’articolo 1132 c.c. può essere esercitato dal singolo condomino anche per le cause in cui l’amministratore agisce senza autorizzazione dell’assemblea?
La soluzione
Il Tribunale ha dato ragione al condominio in quanto il dissenso alla lite espresso dagli attori riguardava l’impugnazione di una delibera assembleare, cioè giudizi in cui l’amministratore ha il potere di costituirsi senza essere autorizzato dall’assemblea, rientrando fra le attribuzione ad esso riconosciute l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari.
In tali giudizi, al singolo condomino che, eventualmente, dissenta dalla costituzione in giudizio, non è consentito separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in ordine alle conseguenze della lite, ai sensi dell’art. 1132 c.c., ma solo ricorrere all’assemblea avverso i provvedimenti dell’amministratore, ex art. 1133 c.c., ovvero al giudice contro il successivo deliberato dell’assemblea stessa.
Secondo il Tribunale, quindi, sussiste la facoltà individuale di estraniarsi dalla responsabilità per soccombenza, solo nel caso di controversie non rientranti nella sfera di autonoma attribuzione della legittimazione processuale dell’amministratore.
Le riflessioni conclusive
L’amministratore condominiale, nei limiti delle attribuzioni conferitegli dall’art. 1130 del c.c., detiene la rappresentanza di tutti i partecipanti e può agire e resistere in giudizio sia contro i condomini che contro i terzi.
Diversamente, qualora la materia oggetto della controversia esorbiti dalle sue ordinarie attribuzioni, sarà l’assemblea a deliberare di promuovere una lite o di resistere ad una domanda.
Nell’ipotesi in cui un singolo condomino non condivida l’idea degli altri condomini di promuovere una lite deve esprimere il suo dissenso secondo le forme previste dall’art. 1132 del c.c.
Il condomino dissenziente, quindi, può, ai sensi dell’articolo appena citato, estraniarsi dalla lite, separando la propria responsabilità da quella degli altri condomini per il caso di soccombenza del condominio.
Questi deve rendere nota la propria volontà entro trenta giorni decorrenti dalla data in cui ha avuto notizia della deliberazione. Tale termine è previsto a pena di decadenza.
Per la manifestazione di tale dissenso non è prescritta l’adozione di forme solenni.
È sufficiente, pertanto, che il singolo condomino esprima la propria volontà attraverso un semplice atto scritto, indirizzato all’amministratore mediante una raccomandata A.R.
Si deve precisare però che tale norma, sul dissenso dei condomini rispetto alle liti, opera in presenza di una delibera assembleare.
In altre parole, la norma riguarda solo le liti che sono state interessate da una deliberazione dell’assemblea (Cass. civ., sez. II, 02/03/1998, n. 2259), con la conseguenza che il singolo condomino non ha la possibilità di esprimere il suo dissenso in ordine alla controversia promossa direttamente dall’amministratore (fatta salva l’attivazione del meccanismo di cui all’articolo 1133 c.c.).
Bisogna considerare infatti che, in base al disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c., l’amministratore del condominio è legittimato ad agire in giudizio per l’esecuzione di una deliberazione assembleare o per resistere all’impugnazione della delibera stessa da parte del condomino senza necessità di una specifica autorizzazione assembleare, trattandosi di una controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni, con la conseguenza che in tali casi egli neppure deve premunirsi di alcuna autorizzazione dell’assemblea per proporre le impugnazioni nel caso di soccombenza del condominio.
A questa conclusione non è di ostacolo il principio, enunciato dalle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Unite, 06/08/2010, n. 18331), secondo cui l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, secondo e terzo comma c.c., può bensì costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.
In altre parole l’amministratore di un condominio, ai sensi dell’art. 1131 c.c., ha la rappresentanza dei partecipanti e può, quindi, agire a tutela di un interesse comune, sia contro i condomini sia contro i terzi, soltanto nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c.; pertanto, quando la rappresentanza attiva esula dalla sfera di dette attribuzioni, essa deve essere necessariamente sorretta da apposita investitura, deliberata dall’assemblea condominiale
L’ambito applicativo della decisione delle Sezioni Unite – con la regola, da esse esplicitata, della necessità dell’autorizzazione assembleare, sia pure in sede di successiva ratifica – si riferisce, quindi, solamente a quei giudizi che esorbitano dai poteri dell’amministratore ai sensi del secondo e del terzo comma dell’art. 1131 c.c.
Tuttavia non è mancato un orientamento di segno diverso, essendosi talora ritenuto, sulla scorta di una lettura ampia della pronuncia delle Sezioni Unite, che, anche nell’ambito della propria sfera di competenza, l’amministratore debba premunirsi di apposita autorizzazione dell’assemblea, avendo, in mancanza, l’onere di far ratificare il proprio operato dall’assemblea, pena la inammissibilità della costituzione da lui autonomamente effettuata, o la inammissibilità dell’impugnazione da lui proposta: e cosi – in controversia riguardante l’impugnazione di delibera assembleare da parte del condomino – si è assegnato un termine al condominio controricorrente, ai sensi dell’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ., al fine di consentirgli la produzione dell’autorizzazione dell’assemblea, considerata necessaria per la valida costituzione del condominio stesso (Cass. civ., sez. II, 25/02/2011, n. 4733).
Al contrario si deve ritenere che, nella propria sfera di competenze (ordinarie o incrementate dall’assemblea), l’amministratore sia munito di poteri di rappresentanza processuale ad agire e resistere senza necessità di alcuna autorizzazione.
In caso contrario l’amministratore sarebbe costretto a convocare ogni volta i condomini al fine di ottenere il nulla osta, ad esempio, per agire o resistere al monitorio sul pagamento degli oneri condominiali, o al giudizio per far osservare il regolamento, o all’impugnativa di una delibera assembleare, oppure al fine di sperare nella ratifica riguardo ad un procedimento cautelare volto a conservare le parti comuni dello stabile.
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