Il diritto e dovere di impartire orientamento e consigli

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Abstract: “Orientare, volgere verso oriente, dove sorge il sole”, anche questo può formare oggetto di un diritto che è dovere di chi ha il compito di indirizzare la vita di chi viene al mondo

Tra le varie disposizioni indicative, nell’art. 144 cod. civ. si parla di “indirizzo della vita familiare”, ma nella vita quotidiana capita sempre più spesso di perdere la rotta e di ricorrere a figure terze, come l’orientatore esistenziale o il consulente filosofico. Ex ante sarebbe preferibile per genitori e adulti un processo di consapevolizzazione e responsabilizzazione partendo dall’art. 5 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia che recita: “Gli Stati parti rispettano le responsabilità, i diritti e i doveri dei genitori o, all’occorrenza, dei membri della famiglia allargata o della comunità secondo quanto previsto dalle usanze locali, dei tutori o delle altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di impartire a quest’ultimo, in modo consono alle sue capacità evolutive, l’orientamento ed i consigli necessari all’esercizio dei diritti che gli riconosce la presente Convenzione”. In quest’articolo compare il binomio efficace ed essenziale “orientamento e consigli”, che non è presente in altro atto normativo e che si può generalizzare come diritto e dovere degli adulti nei confronti di bambini e ragazzi.

“Orientamento” ha la stessa origine di “oriente” e “orizzonte”: ai bambini bisogna indicare la strada verso la propria vita che sorge e verso i propri orizzonti che si intravedono. In tal modo si ha anche la cosiddetta educazione dello sguardo e allo sguardo. Il filosofo francese Oscar Brenifier afferma: “Soprattutto, Socrate insegnava che c’è un tale (che poi siamo noi) che si chiama “Uomo”, che se ne va in giro per il mondo e si relaziona con persone, oggetti, circostanze e ha un atteggiamento critico verso l’esistenza, si pone domande autonome, tenta risposte, lo fa in prima persona, lo fa senza molti mezzi ma con un grande potere, quello dell’intelletto. Socrate non insegnava le regole, ma offriva l’occasione di comprendere (e assumere) un metodo di analisi, indicando anche la direzione nella quale applicarlo”[1]. Gli adulti ed in particolare i genitori dovrebbero tornare a fare proprio il metodo socratico, conosciuto come “arte della maieutica”. Questo metodo presuppone il dialogo (accompagnato dall’ironia), perché l’uomo, secondo il filosofo greco, non può scoprire da solo la verità, ma può venirne a capo solo dialogando con gli altri come con se stesso. Questa laboriosa scoperta può perfezionarsi solo mediante una serie di sempre nuove domande e risposte. Così la relazione genitori-figli si deve basare sul dialogo, parola formata da “dia” che significa “tra, attraverso”, perché i genitori devono fare da “ponte” su precipizi, asperità o altro e far sì che i figli vadano oltre seguendo la propria via e vita. Perché, come scriveva la poetessa Alda Merini: “Pensiamo al bambino: lo si può dirigere, ma non stabilire la sua vita. La sua stella è già nel cielo, il suo destino lui già lo possiede. Si deve prepararlo ad affrontare la sorte, ma non pretendere che ci assomigli, anche se nei tratti somatici ricorda il genitore”. I genitori devono dare e non devono dimenticare di dare ai figli “orientamento e consigli”, anche perché in tal modo si discute con i figli e ci si mette in discussione come genitori. I giovani hanno bisogno di servizio e compagnia: non solo dare ai giovani e dire ai giovani, ma essere per i giovani e con i giovani. Dialogare deve significare mantenere il giusto equilibrio tra silenzio e segreti, perché, come dice la psicologa dell’età evolutiva Anna Oliviero Ferraris[2], il silenzio non è d’oro e, al tempo stesso, non bisogna svelare tutti i segreti (i genitori non devono esplicare la propria vita sessuale, per varie ragioni di opportunità e di natura psicologica, anche per non confondere la coppia coniugale o di conviventi con la coppia genitoriale) né nascondere quelli che possono segnare la vita altrui e diventare fardello che si trasmette come il patrimonio genetico. Orientamento e consigli sono tra i bisogni psicologici dei bambini che per crescere non hanno bisogno solo di amore (parafrasando il pensiero della psicologa Oliviero Ferraris) che, comunque, ha le sue “leggi”.

Lo psicologo Ezio Aceti aggiunge: “La relazione è più importante della regola, ma la relazione comunque sfocerà in regola, perché la regola è utile per convivere assieme agli altri. C’è, però, un secondo aspetto: ciò che conta non è dare regole. Ci sono migliaia di bambini e ragazzi che ricevono un sacco di regole ma non ne rispettano nessuna. Le ragioni sono due. Primo: non hanno avuto nessun motivo per interiorizzarle, per renderle parte di sé. Secondo: nessuno gliele ha mai comunicate chiaramente. Le regole s’interiorizzano solo se io ho un rapporto con una persona significativa e sono quindi disposto a portare dentro di me ciò che lui mi dice”. Orientare, “volgersi verso l’oriente” e consigliare, da “saltare insieme” (dal latino “con-salire”) o “fare insieme silenzio” (dal latino “con-silere”) implicano una condivisione: solo così si interiorizzano e si seguono le regole. Se si volge lo sguardo verso lo stesso orizzonte e ci si incammina insieme, anche se con tempi, ritmi ed esperienze differenti e pur non arrivando insieme.

Talvolta nella funzione genitoriale ed in genere in quella educativa è necessario rimproverare (secondo alcuni etimologi da “riprovare”): “Avendo tutto a disposizione, poi, il bambino rimanda sempre più la sua maturazione. Negli Stati Uniti i piccoli portano ancora il pannolino a quattro anni: in Italia ci avviciniamo a questa età. Andando di questo passo, nel 2050 ci saranno “pampers” per liceali” (il pedagogista e sociologo Pino Pellegrino). Il bambino è tale, non deve essere né “puerilizzato”, né “adultizzato”. Secondo un proverbio cinese, però, “Basta poco per rimproverare un uomo, ma occorre molto tempo per dimenticare un rimprovero”, per cui il miglior orientamento è l’esempio che consente la libertà di scelta. I figli sono della vita che arriva sempre prima di tutto e di tutti ed ogni esempio dato costituisce una possibilità di scelta. Anche perché, come sostiene la francescana teologa e scrittrice Roberta Vinerba: “I nostri figli non chiedono ai genitori di essere super-eroi, quanto di restare fedeli nella fatica e sentinelle della speranza di potercela fare, di divenire costruttori per se stessi e per altri, di una vita che abbia senso”.

Per orientare e consigliare sono validi strumenti non solo il dialogo e l’esempio, ma anche le favole. A tale proposito l’esperta di psicologia dello sviluppo, Ada Fonzi, asserisce: “[…] riflettendo su come il libro possa costituire un veicolo straordinario di comunicazione tra l’adulto e il bambino, un filo segreto che li unisce entrambi per trasportarli in un mondo di fantasia, di immaginazione, dove è possibile navigare in sicurezza. Perché le ambiguità, spesso, sono scomparse e i buoni sono veramente buoni e i cattivi sono veramente cattivi. Paradossalmente questo mondo immaginario, anziché disorientare per la sua scarsa aderenza alla realtà, diventa un approdo sicuro dal quale partire per molti viaggi. E tanto meglio se l’impresa non la si affronta da soli”. Bisogna recuperare e rafforzare la lettura delle fiabe perché, oltre ad essere un valido strumento di orientamento e di consigli, hanno una plurivalenza, da quella catartica a quella psicologica di proiezione, e sono, pertanto, necessarie nella formazione dei bambini alla vita e alla loro scelta di vita.

Per impartire orientamento e consigli è necessario ascoltare (art. 12 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), guidare (art. 14 Convenzione) e farsi guidare (art. 18 Convenzione) tenendo conto del significato etimologico di questi importanti verbi di vita (“ascoltare”, da “porgere l’orecchio”; “guidare”, da “osservare, vegliare”) e delle capacità evolutive, età e grado di maturità dei figli o ragazzi che si hanno di fronte.

È bene che i ragazzi crescano secondo orientamento e consigli perché acquisiscano altresì la maturità e la responsabilità di ricevere e dispensare consigli tra coetanei, come spesso avviene nei gruppi dei pari. Lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni spiega: “Alcuni ragazzi caricano sulle spalle dei loro coetanei segreti pesanti come massi, che poi sono difficili da gestire. Il segreto è un legame: condividerlo significa anche costruire un rapporto più forte con l’altra persona, donarle qualcosa di proprio. Chi lo riceve deve essere grato, ma deve anche poter valutare se davvero è bene mantenere riservata un’informazione, o se la gravità del contenuto richieda che ci si consigli con qualcun altro”.

L’economista Luigino Bruni dichiara: “Non abbiamo più sogni perché la scienza ci ha «disincantati». Il mondo antico aveva più registri per accedere alla realtà: uno di questi era il sogno. L’uomo antico è simbolico, non gli basta il mondo che vede, vuole l’invisibile. Oggi ci mancano anche interpreti dei sogni che svolgano questo ruolo per gratuità. […] Mancano «interpreti dei sogni» per vocazione (e non per mestiere). Il mondo educativo (scuola, università) dovrebbe essere molto più popolato da persone sagge che sanno ascoltare i giovani e interpretare i loro sogni per gratuità”. Come pure espresso in un detto americano: “I giovani cercano l’impossibile e, generazione dopo generazione, lo conseguono”. Orientare e consigliare: interpretare e invogliare i grandi sogni e progetti dei piccoli, come passaggio di testimone di generazione in generazione. Così si fa comunità e il ragazzo si sente comunità (termine che compare tre volte nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, nel Preambolo e negli articoli 5 e 24).

Indicazioni si rinvengono anche nel codice civile e precisamente negli articoli 147 e 315 bis. Da seguire in particolare l’assistenza morale da dare ai figli e la disposizione in cui si legge: “Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti” (art. 315 bis comma 2). Rapporti significativi sono tali quando danno senso e significato alla vita, quando fanno da bussola nella selva della vita.

Genitore, colui che genera vita, che fa nascere la vita; orientare, volgere verso oriente, dove sorge il sole. Orientare, perciò, è iscritto nell’essere genitore: indicare la vita, incanalare la vita, indirizzare la vita. È necessario che i genitori si riapproprino di questa peculiarità aiutandosi a vicenda oppure facendosi aiutare, ma senza delegare o depauperare i loro compiti o l’essenziale funzione familiare (mutuando le locuzioni usate negli artt. 31 e 37 della Costituzione).

Avere luce, dare luce, essere luce! Avere speranza, dare speranza, essere speranza! La speranza è qualcosa di intangibile come la luce: ci si accorge del suo valore solo quando non c’è! Così dovrebbe essere la famiglia: luce e speranza, illuminare la strada, indicare la strada.

 


[1] O. Brenifier, “Il libro dei grandi contrari filosofici”, Isbn Edizioni, 2008

[2] Anche a Matera, il 17 marzo 2016, durante la presentazione del libro “La donna che scambiò suo marito per un gatto. Psicologia di coppia e di famiglia”, ed. Piemme 2015

Dott.ssa Marzario Margherita

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