Il difetto del requisito della moralità professionale non concerne, quindi tutti i reati commessi dall’ imprenditore indipendentemente dal tipo e dalla gravità del reato commesso, ma solo quelli che siano in grado di incidere in concreto sull’ interesse c

Lazzini Sonia 27/11/08
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Un partecipante alla gara, nel rendere la dichiarazione prevista dall’articolo 38 del codice dei contratti ben può operare un giudizio di rilevanza delle singole condanne subite e ritenere che i relativi fatti non incidano sulla moralità professionale. E questo senza incorrere nel mendacio dell’autocertificazione resa, che commina l’esclusione a carico dei partecipanti che abbiano presentato scientemente false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste
 
Nessuna falsità può essere addebitata al legale rappresentante della ditta partecipante “bensì soltanto l’espressione di un giudizio di irrilevanza sull’indole del reato, in rapporto al requisito di partecipazione della moralità professionale, giudizio opinabile e suscettibile di vario apprezzamento, come tale non soggetto a definizioni, viceversa, obiettive, di esattezza o falsità”._Che il ricorrente abbia dichiarato di non aver subito condanne passate in giudicato per reati che incidano sulla sua affidabilità morale e professionale implica, in altre parole, che la stazione appaltante, in sede di verifica, può andare di contrario avviso sulla natura del reato siccome idoneo ad indicare sull’affidabilità del dichiarante ed escluderlo dalla gara. Non può però pronunciare l’esclusione per dichiarazione mendace in mancanza del necessario elemento oggettivo della condotta, non richiedendo la norma né l’inesistenza di condanne passate in giudicato né tantomeno sanzionando con il mendacio la valutazione da parte della stazione appaltante del fatto sanzionato con la sentenza divenuta irrevocabile, in maniera diversa da quella del soggetto partecipante alla gara
 
Merita di essere segnalata la decisione numero 4244 dell’ 8 settembre 2008, emessa dal Consiglio di Stato
 
4.1. Secondo l’art. 11 lett. f) D.Lgs. n. 358 del 1992, sono esclusi dalla partecipazione alle gare coloro che … f ) che si siano resi gravemente colpevoli di false dichiarazioni nel fornire informazioni che possono essere richieste ai sensi del presente articolo.
 
4.2. In sede di partecipazione alla gara di che trattasi, indetta dal comune di Riccione, l’ing. R. aveva dichiarato, ai sensi della lett. b) dell’art. 11, del D.Lgs. n. 358 del 1992, che nei propri confronti … non sono state pronunziate condanne, con sentenze passate in giudicato per qualsiasi reato che incida sull’affidabilità morale e professionale o per reati finanziari.
 
4.3. In sede di verifica dei requisiti soggettivi è stata ravvisata, da parte della p.a., la presenza nel casellario di sentenze definitive di condanna a carico dell’ing. R.. A quanto è dato rilavare dal ricorso introduttivo del giudizio (pag. 5) la fattispecie di reato oggetto di esame è “una multa di € 270,00 applicata a seguito di patteggiamento dal Tribunale di Rimini per violazioni in materia di sicurezza del lavori rilevate il 21 agosto 1997, irrilevanti gli altri precedenti”.
 
4.4. Fondamento dell’esclusione dalla gara per difetto del requisito della c.d. moralità professionale, stabilita dall’art. 11 lett. b), D.Lgs. 24 luglio 1992 n. 358, è di evitare l’affidamento del servizio a colui che ha commesso reati lesivi degli stessi interessi collettivi che, in veste d’aggiudicatario, sarebbe chiamato a realizzare (Consiglio Stato, sez. V, 27 marzo 2000, n. 1770). Il difetto del requisito della moralità professionale non concerne, quindi tutti i reati commessi dall’imprenditore indipendentemente dal tipo e dalla gravità del reato commesso, ma solo quelli che siano in grado di incidere in concreto sull’interesse collettivo alla realizzazione dell’opera pubblica, ampiamente considerati e comprensivi della tutela di particolari situazioni ad essa connesse.
 
4.5. Consegue che il partecipante alla gara, nel rendere la dichiarazione prevista dall’art. 11 lett. b), D.Lgs. 24 luglio 1992 n. 358, ben può operare un giudizio di rilevanza delle singole condanne subite e ritenere che i relativi fatti non incidano sulla moralità professionale. E questo senza incorrere nel mendacio dell’autocertificazione resa, rilevante ai sensi della lett. f) della norma citata che commina l’esclusione a carico dei partecipanti che abbiano presentato scientemente false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste.
 
4.6. Tanto ha inteso esprimere, sia pur sinteticamente, la sentenza impugnata laddove afferma che nessuna falsità può essere addebitata all’ing. R. … “bensì soltanto l’espressione di un giudizio di irrilevanza sull’indole del reato, in rapporto al requisito di partecipazione della moralità professionale, giudizio opinabile e suscettibile di vario apprezzamento, come tale non soggetto a definizioni, viceversa, obiettive, di esattezza o falsità”.
 
4.7. Che l’ing. R. abbia dichiarato di non aver subito condanne passate in giudicato per reati che incidano sulla sua affidabilità morale e professionale implica, in altre parole, che la stazione appaltante, in sede di verifica, può andare di contrario avviso sulla natura del reato siccome idoneo ad indicare sull’affidabilità del dichiarante ed escluderlo dalla gara. Non può però pronunciare l’esclusione per dichiarazione mendace in mancanza del necessario elemento oggettivo della condotta, non richiedendo la norma né l’inesistenza di condanne passate in giudicato né tantomeno sanzionando con il mendacio la valutazione da parte della stazione appaltante del fatto sanzionato con la sentenza divenuta irrevocabile, in maniera diversa da quella del soggetto partecipante alla gara.
 
4.8. E’ perciò da disattendere la censura di contraddittorietà intrinseca della sentenza di primo grado laddove ha ritenuto il provvedimento illegittimo per aver affermato che la dichiarazione mendace prodotta dall’ing. R. inficiava il rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e la ditta appaltatrice, indipendentemente dall’incidenza sulla moralità dell’impresa dei reati ascritti allo stesso.
 
5. Per ciò che attiene all’esclusione dell’impresa ALFA da un‘altra gara per la medesima ragione posta a base dell’esclusione di cui è causa, si rileva che lo stesso ing. R. ha denunciato alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Camerino il proprio operato, riguardo alla partecipazione alla gara indetta dal Comune di Riccione, richiamando la proposta di archiviazione del P.M. per la condotta in quella sede tenuta ed anche oggetto di autonenuncia.
 
5.1. Ancora nell’autodenuncia in data 4 novembre 2005, riferita alla gara di che trattasi, l’esponente ha richiesto una pronuncia ad opera dell’autorità penale che confermi il precedente provvedimento di archiviazione.
 
5.2. Va così disattesa la seconda censura dell’appello, circa l’irrilevanza ai fini del comportamento del ricorrente e della motivazione del provvedimento, che analoga dichiarazione, resa in una precedente gara non sia stata ritenuta penalmente sanzionabile e che la stessa impresa ALFA, in una successiva gara, avrebbe inviato l’autodichiarazione completa di tute le condanne penali.
 
5.3. Che l’autorità penale, cui compete la qualificazione del fatto ai fini sanzionatori abbia disposto l’archiviazione della denuncia, vizia sotto il profilo motivazionale il provvedimento dell’amministrazione che ne richiami l’esistenza ai medesimi fini. Il comportamento tuzioristico dell’imprenditore che, per evitare l’esclusione, si adegui in altra gara alle prescrizioni dell’amministrazione non implica, poi, alcuna forma di acquiescenza o di accettazione alle determinazioni per lui lesive, in precedenza emesse.
 
In conclusione, l’appello del Comune di Riccione deve essere rigettato. Va per conseguenza dichiarato inammissibile l’appello incidentale della società ALFA. Va confermata la sentenza impugnata.
 
 
A cura di *************
 
 
N.4244/08 Reg. Dec.
N. 2544 Reg. Ric.
Anno: 2007
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
      sul ricorso in appello n.r.g. 2544 del 2007, proposto dal Comune di Riccione, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. *************** e domiciliato in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14, presso lo studio dell’avv. ******************************;
contro
la società ALFA s.p.a., con sede in San Severino Marche, in persona dell’amministratore delegato, legale rappresentante pro tempore, ing. *******, rappresentata e difesa dall’avv. **************** e ******************, con elezione di domicilio presso lo studio del primo in Roma via **********, n. 91;
e, nei confronti
della ditta Prefabbricati BETA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna Bologna n. 2980 del 16 novembre 2006;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società ALFA;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla pubblica udienza del 18 marzo 2008, il consigliere *************** ed uditi l’avv. *********************** per delega dell’avv. ********** per il comune e l’avv. ****************** per delega dell’avv. ******** per la società ALFA s.p.a;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 
FATTO
1. Con la determinazione Dirigenziale n. 673 del 20 aprile 2006, il Comune di Riccione ha dato avvio al procedimento amministrativo finalizzato alla rinnovazione del provvedimento di esclusione dell’impresa ALFA s.p.a., in quanto il legale rappresentante della ditta avrebbe falsamente dichiarato, in sede di offerta, la insussistenza di condanne incidenti sulla moralità professionale, omettendo, in particolare, di indicare un precedente per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro.
2. Il provvedimento è stato impugnato al Tar dell’Emilia Romagna con ricorso n. 679 del 2006, in uno agli atti e presupposti e collegati ivi richiamati (tra cui la nota del 27.03.2006 prot. 12588, la Determinazione Dirigenziale 1962 del 07.12.2005, la nota prot. 40051 del 17.10.2005, n. 44901 del 10.11.2005, n. 48123 del 02.12.2005, 48126 del 02.12.2005), con i quali l’Amministrazione Comunale di Riccione, rinnovava, con altra motivazione, i provvedimenti di aggiudicazione delle gare di cui alle determine n. 1466 del 02.09.05 e n. 1490 del 09.09.05.
3. Il ricorso è stato accolto dalla sentenza in epigrafe sull’assunto che il provvedimento impugnato riconosce espressamente l’irrilevanza del reato ascritto rispetto alla moralità professionale, contraddittoriamente affermando che la produzione di una dichiarazione mendace inficia il necessario rapporto fiduciario tra stazione appaltante e ditta appaltatrice. Nell’appello si assume che l’ing. R. avrebbe semplicemente dichiarato di non avere riportato condanne rilevanti ai fini della moralità professionale (e non di non avere riportato alcuna condanna). Il Tar ha quindi concluso che non può essergli addebitata alcuna falsità ma soltanto l’espressione di un giudizio di irrilevanza sull’indole del reato, in rapporto al requisito di partecipazione della moralità professionale. Tale giudizio, pur essendo opinabile e suscettibile di vario apprezzamento, è stato tuttavia tacciato di falsità nella dichiarazione. Qualificando come mendace l’autocertificazione negativa resa dall’ing. R., in conformità alle richieste della lex specialis, il Comune sarebbe incorso nei vizi di errore di fatto (sulla sussistenza della falsità) e di motivazione contraddittoria (rispetto al giudizio di irrilevanza della condanna, contestualmente espresso).
4. La sentenza è appellata dal Comune che ne chiede la riforma. Si è costituita in giudizio la società ALFA s.p.a. in persona dell’ing. R. che ha proposto controricorso con appello incidentale, nel quale eccepisce il passaggio in giudicato della sentenza non essendo state impugnate i capi relativi alla discrezionalità della stazione appaltante e al riconoscimento che la dichiarazione dell’ing. R. era in linea con quanto richiesto dal bando. Denuncia poi di incostituzionalità l’art. 11 del D.Lgs. n. 358 del 1992 in quanto consente valutazioni discriminanti e discrezionali alle stazioni appaltanti che possono statuire sulle stesse circostanze oggetto di valutazione da parte delle SOA.
 
DIRITTO
1. Con la determina del Dirigente del settore patrimonio n. 673 del 20 aprile 2006, impugnata in primo grado, sono state revocate ex art. 11 lett. f) D.Lgs. n. 358 del 1992 le determinazioni n. 1466 del 2 settembre 2005 e n. 1490 del 9 settembre 2005 di aggiudicazione alla ALFA s.p.a. della fornitura, con relativa posa in opera, rispettivamente, di struttura prefabbricata in cemento armato per ampliamento della scuola materna Floreale di via Bergamo e del canile Municipale di via Piemonte in Riccione.
1.1. La deliberazione è stata adottata in reiterazione del provvedimento -annullato dal Tar dell’Emilia Romagna con sentenza n. 88 del 16 febbraio 2006- n. 1962 del 7 dicembre 2005 di conclusione del procedimento, avviato con nota n. 40051 del 17 ottobre 2005, di esclusione della ALFA dalla forniture per dichiarazione mendace del legale rappresentante della società, ing. ******* e di aggiudicazione alla seconda classificata ditta BETA s.r.l..
1.2. Nel reiterare l’esclusione, il provvedimento in esame richiama le valutazioni di cui alla nota n. 44901 del 10 novembre 2005 e, in particolare, le valutazioni sulla irrilevanza dei reati ascritti all’ing. R. ai fini della moralità della impresa quale autonoma causa di esclusione, rilevando tuttavia la mendacità dell’autocertificazione prodotta dall’ing. R., come incidente ai fini dell’esclusione stessa ex art. 11 lett. f) D.Lgs. n. 358 del 1992. Nel provvedimento si afferma che, ancorché i reati ascritti all’ing. R. siano da considerarsi non incidenti sulla moralità dell’impresa, la produzione di una dichiarazione mendace è tale da inficiare il rapporto fiduciario che necessariamente deve esistere tra la stazione appaltante e la ditta appaltatrice, anche in considerazione della condotta dell’impresa ALFA già esclusa da altra stazione appaltante per la medesima ragione, come da lista annotazioni del 9 novembre 2004 dell’autorità di vigilanza dei ll.pp.
2. Nell’accogliere il ricorso n. 679 del 2006 proposto dall’ing. R. avverso il provvedimento, il Tar dell’Emilia Romagna ha affermato che questo avrebbe semplicemente dichiarato di non avere riportato condanne rilevanti ai fini della moralità professionale (e non di non avere riportato alcuna condanna), sicché nessuna falsità poteva essergli addebitata ma soltanto l’espressione di un giudizio di irrilevanza sull’indole del reato, in rapporto al requisito di partecipazione della moralità professionale, giudizio opinabile e suscettibile di vario apprezzamento, come tale non soggetto a definizioni, viceversa, obiettive, di esattezza o falsità.
2.1. Sulla base di identiche considerazioni, il P.M. di ********, titolare nei confronti del ricorrente della relativa azione penale per falsità, ne ha chiesto ed ottenuto, in circostanza del tutto analoghe, l’archiviazione per insussistenza del fatto, in quanto il dichiarante aveva solo effettuato una valutazione di non incidenza dei precedenti penali sulla sua condotta morale e professionale.
3. Nell’appello proposto, il Comune di Riccione contesta la contraddittorietà -rilevata dalla sentenza impugnata- nella motivazione della nuova esclusione.
3.1. Ad avviso dell’appellante, il provvedimento ha, correttamente, ha ritenuto, da una parte, che i reati indicati nell’auto dichiarazione non fossero di per sé rilevanti ai fini della moralità professionale e ha affermato, dall’altra, che la dichiarazione è mendace e inficia il rapporto fiduciario fra stazione appaltante e ditta appaltatrice. Legittimamente, il responsabile del procedimento ha assunto che i reati commessi non sono autonomamente rilevanti ma ha ritenuto che essi dovessero essere menzionali nella dichiarazione ex art. 11 lett. f) D.Lgs. n. 358 del 1992 in quanto spetta all’amministrazione decidere della loro rilevanza e sussistenza concreta.
3.2. Ancora secondo l’appellante, non avrebbe rilievo che il P.M. di ********, abbia chiesto ed ottenuto, in circostanza del tutto analoghe, l’archiviazione per insussistenza del fatto: la stessa impresa ALFA, in una successiva gara, avrebbe inviato l’auto dichiarazione completa di tutte le condanne penali.
4. L’appello del Comune non può essere accolto.
4.1. Secondo l’art. 11 lett. f) D.Lgs. n. 358 del 1992, sono esclusi dalla partecipazione alle gare coloro che … f ) che si siano resi gravemente colpevoli di false dichiarazioni nel fornire informazioni che possono essere richieste ai sensi del presente articolo.
4.2. In sede di partecipazione alla gara di che trattasi, indetta dal comune di Riccione, l’ing. R. aveva dichiarato, ai sensi della lett. b) dell’art. 11, del D.Lgs. n. 358 del 1992, che nei propri confronti … non sono state pronunziate condanne, con sentenze passate in giudicato per qualsiasi reato che incida sull’affidabilità morale e professionale o per reati finanziari.
4.3. In sede di verifica dei requisiti soggettivi è stata ravvisata, da parte della p.a., la presenza nel casellario di sentenze definitive di condanna a carico dell’ing. R.. A quanto è dato rilavare dal ricorso introduttivo del giudizio (pag. 5) la fattispecie di reato oggetto di esame è “una multa di € 270,00 applicata a seguito di patteggiamento dal Tribunale di Rimini per violazioni in materia di sicurezza del lavori rilevate il 21 agosto 1997, irrilevanti gli altri precedenti”.
4.4. Fondamento dell’esclusione dalla gara per difetto del requisito della c.d. moralità professionale, stabilita dall’art. 11 lett. b), D.Lgs. 24 luglio 1992 n. 358, è di evitare l’affidamento del servizio a colui che ha commesso reati lesivi degli stessi interessi collettivi che, in veste d’aggiudicatario, sarebbe chiamato a realizzare (Consiglio Stato, sez. V, 27 marzo 2000, n. 1770). Il difetto del requisito della moralità professionale non concerne, quindi tutti i reati commessi dall’imprenditore indipendentemente dal tipo e dalla gravità del reato commesso, ma solo quelli che siano in grado di incidere in concreto sull’interesse collettivo alla realizzazione dell’opera pubblica, ampiamente considerati e comprensivi della tutela di particolari situazioni ad essa connesse.
4.5. Consegue che il partecipante alla gara, nel rendere la dichiarazione prevista dall’art. 11 lett. b), D.Lgs. 24 luglio 1992 n. 358, ben può operare un giudizio di rilevanza delle singole condanne subite e ritenere che i relativi fatti non incidano sulla moralità professionale. E questo senza incorrere nel mendacio dell’autocertificazione resa, rilevante ai sensi della lett. f) della norma citata che commina l’esclusione a carico dei partecipanti che abbiano presentato scientemente false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste.
4.6. Tanto ha inteso esprimere, sia pur sinteticamente, la sentenza impugnata laddove afferma che nessuna falsità può essere addebitata all’ing. R. … “bensì soltanto l’espressione di un giudizio di irrilevanza sull’indole del reato, in rapporto al requisito di partecipazione della moralità professionale, giudizio opinabile e suscettibile di vario apprezzamento, come tale non soggetto a definizioni, viceversa, obiettive, di esattezza o falsità”.
4.7. Che l’ing. R. abbia dichiarato di non aver subito condanne passate in giudicato per reati che incidano sulla sua affidabilità morale e professionale implica, in altre parole, che la stazione appaltante, in sede di verifica, può andare di contrario avviso sulla natura del reato siccome idoneo ad indicare sull’affidabilità del dichiarante ed escluderlo dalla gara. Non può però pronunciare l’esclusione per dichiarazione mendace in mancanza del necessario elemento oggettivo della condotta, non richiedendo la norma né l’inesistenza di condanne passate in giudicato né tantomeno sanzionando con il mendacio la valutazione da parte della stazione appaltante del fatto sanzionato con la sentenza divenuta irrevocabile, in maniera diversa da quella del soggetto partecipante alla gara.
4.8. E’ perciò da disattendere la censura di contraddittorietà intrinseca della sentenza di primo grado laddove ha ritenuto il provvedimento illegittimo per aver affermato che la dichiarazione mendace prodotta dall’ing. R. inficiava il rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e la ditta appaltatrice, indipendentemente dall’incidenza sulla moralità dell’impresa dei reati ascritti allo stesso.
5. Per ciò che attiene all’esclusione dell’impresa ALFA da un‘altra gara per la medesima ragione posta a base dell’esclusione di cui è causa, si rileva che lo stesso ing. R. ha denunciato alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Camerino il proprio operato, riguardo alla partecipazione alla gara indetta dal Comune di Riccione, richiamando la proposta di archiviazione del P.M. per la condotta in quella sede tenuta ed anche oggetto di autonenuncia.
5.1. Ancora nell’autodenuncia in data 4 novembre 2005, riferita alla gara di che trattasi, l’esponente ha richiesto una pronuncia ad opera dell’autorità penale che confermi il precedente provvedimento di archiviazione.
5.2. Va così disattesa la seconda censura dell’appello, circa l’irrilevanza ai fini del comportamento del ricorrente e della motivazione del provvedimento, che analoga dichiarazione, resa in una precedente gara non sia stata ritenuta penalmente sanzionabile e che la stessa impresa ALFA, in una successiva gara, avrebbe inviato l’autodichiarazione completa di tute le condanne penali.
5.3. Che l’autorità penale, cui compete la qualificazione del fatto ai fini sanzionatori abbia disposto l’archiviazione della denuncia, vizia sotto il profilo motivazionale il provvedimento dell’amministrazione che ne richiami l’esistenza ai medesimi fini. Il comportamento tuzioristico dell’imprenditore che, per evitare l’esclusione, si adegui in altra gara alle prescrizioni dell’amministrazione non implica, poi, alcuna forma di acquiescenza o di accettazione alle determinazioni per lui lesive, in precedenza emesse.
In conclusione, l’appello del Comune di Riccione deve essere rigettato. Va per conseguenza dichiarato inammissibile l’appello incidentale della società ALFA. Va confermata la sentenza impugnata.
Sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali relative al secondo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello principale e dichiara inammissibile l’appello incidentale.
    Spese compensate.
    Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
    Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 18 marzo 2008, con l’intervento dei Signori:
**************    Presidente
*************** rel. est  Consigliere
************    Consigliere
Vito Poli     Consigliere
********************   Consigliere
 
L’Estensore               Il Presidente
f.to ***************                f.to **************
Il Segretario
f.to ***************
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
8-09-08
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p. Il Direttore della Sezione
f.to ********************
Ric. N.2544-2007

Lazzini Sonia

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