Il decreto ingiuntivo inefficace, in caso di notifica e conseguente opposizione, va qualificato come domanda giudiziale ordinaria e deve essere deciso nel merito.

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Com’è noto, a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, si instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel corso del quale devono valutarsi sia i presupposti per l’emissione dell’ingiunzione di pagamento ma, anche, il merito della pretesa creditoria.

Ciò vale anche in caso di inefficacia del decreto ingiuntivo, divenuto tale per tardività della notifica sicché, in caso di opposizione, lo stesso deve essere trattato alla stessa stregua di una comune domanda giudiziale, sulla quale il giudice dell’opposizione non può esimersi dal giudicare nel merito della questione.

Detto principio, spesso e volentieri dimenticato, è stato di recente riaffermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3908, pubblicata in data 29.02.2016, che ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Roma, la quale sulla prospettata eccezione di inefficacia del monitorio, per tardività dello stesso, siccome notificato oltre il termine perentorio di 60 giorni dalla sua emissione, ha ritenuto sic e sempliciter, in accoglimento della suddetta eccezione, di ritenere superate tutte le questione di merito sottese.

Ed invero, il decreto ingiuntivo ha un termine di efficacia di 60 giorni che decorrono dal deposito del provvedimento, per cui, ai sensi dell’art. 644 c.p.c., la mancata notifica dello stesso nel suddetto termine – ampliato a 90 giorni in caso di notifica all’estero – diviene inefficacia ma può, tuttavia, essere riproposto.

Logica conseguenza di ciò è quella per cui, il decreto ingiuntivo divenuto inefficace per lo spirare del termine legislativamente previsto per la notificazione dello stesso, non potrà mai costituire titolo esecutivo e, pertanto, fondare la conseguente emissione del precetto, che com’è noto, costituisce l’atto con il quale si preannuncia l’esecuzione coattiva.

Ed invero, qualora l’atto di precetto fondato su un decreto ingiuntivo inefficace venisse ciò nonostante notificato, la circostanza ben potrebbe fondare una opposizione a precetto ovvero all’esecuzione, qualora la stessa fosse iniziata, ai sensi del I e II comma dell’art. 615 c.p.c., rimedio esperibile anche e, soprattutto, nell’ipotesi di inesistenza della notifica, non risultando più utilizzabile lo strumento dell’opposizione a decreto ingiuntivo normalmente deputato a siffatto tipo di contestazione, per fatto non imputabile all’opponente.

Qualora, al contrario, l’ingiunzione di pagamento venisse ugualmente notificata, quand’anche oltre il termine di efficacia di 60 giorni, a seguito dell’opposizione allo stesso, il giudice non potrebbe limitarsi alla mera declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo ma, al contrario, dovrebbe entrare nel merito della questione, al fine di verificare l’esistenza o meno del diritto di credito, in virtù della circostanza per la quale, la notifica del decreto ingiuntivo oltre il termine di inefficacia, denota la volontà del supposto creditore di avvalersi di tale strumento giudiziario.

In tali casi, infatti, il monitorio è da considerarsi alla stessa stregua di una domanda giudiziale ordinaria sulla quale, pertanto, deve instaurarsi il rapporto processuale, nonostante il procedimento venga incardinato dall’opponente, convenuto in senso sostanziale, che controbatte in relazione all’inefficacia del decreto ingiuntivo ma, contestualmente, resiste nel merito. Conseguentemente, il giudice dell’opposizione avrà il dovere di decidere, versando in ipotesi contenziosa ordinaria, tanto sull’eccezione di inefficacia che nel merito della esistenza della pretesa creditoria avviata con il ricorso per decreto ingiuntivo (in tal senso: Cass. civ. Sez. I, Sent., 13/06/2013, n. 14910. In precedenza: Cass. civ. Sez. III, 23/08/2011, n. 17478; Cass. civ. Sez. III, 28/08/2009, n. 18791).

Principio sostanzialmente ribadito nel giudizio sottoposto ultimamente al vaglio della Corte di Cassazione, afferente un decreto ingiuntivo di pagamento emesso nei confronti di un Condominio, conseguente al procedimento esecutivo dell’ordinanza cautelare, resa tra le medesime parti, attinente l’esecuzione forzata degli obblighi di fare, nel quale, al termine dello stesso, erano stati ingiunti ai sensi dell’art. 614 c.p.c. i costi anticipati dal creditore.

A seguito di opposizione, con la quale tra l’altro si eccepiva la tardività della notifica dell’ingiunzione di pagamento, siccome avvenuta decorso lo spirare del termine perentorio di sessanta giorni e, pertanto, l’inefficacia dello stesso, Il Tribunale di Roma revocava il decreto ingiuntivo opposto e, sul gravame proposto dal creditore innanzi la Corte d’Appello capitolina, la medesima rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado.

Per motivare l’anzidetto rigetto il giudice di seconde cure, aderendo alla tesi prospettata dall’appellato, evidenziava la sopravvenuta inefficacia del monitorio, notificato oltre il termine di cui all’art. 644 c.p.c., pertanto, giudicata detta eccezione assorbente, riteneva contestualmente “superate le altre questioni controverse oggetto dei motivi di gravame”.

Ricorreva dinnanzi alla Suprema Corte il creditore il quale lamentava la violazione degli artt. 641, 644 e 645 c.p.c., in virtù del fatto che il giudice di secondo grado non avrebbe correttamente considerato che, a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo si apre un ordinario giudizio di cognizione, nel corso del quale, oltre all’esame dei presupposti per l’emissione dell’ingiunzione di pagamento, deve essere in goni caso valutata la fondatezza nel merito della pretesa creditoria.

Evenienza che avrebbe comportato anche l’omessa pronuncia e la nullità della sentenza, in relazione alla richiesta di condanna del Condominio – pur nell’ipotesi di accoglimento dell’eccezione di inefficacia del monitorio – al pagamento in favore dell’opposto delle somme che sarebbero risultate dovuto all’esito del giudizio.

La Corte di Cassazione investita della questione, esaminati congiuntamente i motivi, attesa la loro palese connessione, ritiene fondata la doglianza.

Il giudice di legittimità, confermata l’impugnabilità del provvedimento di ingiunzione emesso ai sensi dell’art. 614 c.p.c., siccome costituente titolo legittimante il procedimento di ingiunzione ex artt. 633 e segg. c.p.c., avverso il quale risulta esperibile l’opposizione di cui all’art. 645 c.p.c., rileva come la Corte d’Appello avrebbe errato nel trascurare l’esame del merito della vicenda, sulla scorta del fallace presupposto, per cui “l’inefficacia dell’ingiunzione esaurisse l’ambito del giudizio di opposizione”.

Ed invero, risulta principio pacifico quello per cui l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad ordinario, sebbene autonomo, giudizio di cognizione che devolve al giudice dell’opposizione il potere, ma anche il dovere, di decidere sulla domanda originariamente azionata con il procedimento d’ingiunzione.

In particolare, sostiene la Corte in motivazione, richiamando i propri precedenti: “la tardiva notificazione del decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 644 cod. proc. civ., comporta l’inefficacia del provvedimento, senza tuttavia escludere la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale; su di essa, pertanto, si costituisce il rapporto processuale, sebbene per iniziativa della parte convenuta, che eccepisce l’inefficacia e si difende al contempo nel merito, ed è, in conseguenza, compito del giudice adito provvedere in sede contenziosa ordinaria, sia sull’eccezione che sulla fondatezza della pretesa azionata nel procedimento monitorio (Cass. civ., 13 giugno 2013, n. 14910). Invero la notificazione dell’ingiunzione comunque effettuata è indice della volontà del creditore di avvalersi dell’ingiunzione, escludendo la presunzione di abbandono del ricorso che è alla base della previsione di inefficacia dell’art. 644 cod. proc. civ.” (Cass. civ., Sez. III, 26.02.2016, n. 3908).

Pertanto, il giudice investito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è autorizzato a decidere “e, anzi, non può esimersi dal farlo”, sul merito della controversia, anche qualora – come nel caso de quo – si eccepisca la tardività della notificazione del decreto ingiuntivo che, pertanto, risulterà inefficace, evenienza che potrà unicamente rilevare nella statuizione sul governo delle spese processuali dell’ingiunzione, non ripetibili in danno dell’opponente.

Diverso il caso della notifica del decreto ingiuntivo nulla, ma non inefficace secondo il disposto dell’art. 644 c.p.c., ipotesi quest’ultima che ricorre esclusivamente quando la notificazione sia stata disposta, come nel caso sopra visto, decorso il termine perentorio di 60 giorni ovvero in caso di inesistenza della stessa, il che avviene quando la notifica sia stata effettuata nei confronti di persone totalmente estranee alla pretesa creditoria, che non abbiano alcuna rapporto con l’effettivo destinatario o con i luoghi di pertinenza dello stesso.

In tali casi, infatti, la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo – si pensi all’ipotesi di consegna dell’atto giudiziario in un luogo o a persone che, pur diversi da quelli stabiliti dalla legge, hanno un collegamento con il destinatario della notificazione – giammai potrà portare ad una declaratoria di inefficacia dello stesso e, pertanto, alla revoca sulla scorta di tale motivo (In tal senso: Cass. civ. Sez. III, 24/10/2008, n. 25737).

In un simile contesto, infatti, può essere esperibile il rimedio della opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., nel corso del quale l’opponente deve dimostrare di avere avuto tempestiva conoscenza della notificazione, vuoi per irregolarità della stessa ovvero per caso fortuito o forza maggiore.

In tale giudizio l’opponente può chiedere la sospensione della provvisoria esecuzione, qualora precedentemente concessa, fermo restando che nel caso in cui l’esecuzione sia stata preannunciata con la notifica dell’atto di precetto, appare altamente consigliabile anche spiegare contestualmente opposizione a precetto ovvero all’esecuzione, qualora iniziata, nei termini legislativamente previsti, al fine di paralizzare l’esecuzione coattiva – specie nel caso di revoca dell’esecutorietà del decreto disposta alla prima udienza – nelle more della definizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

In mancanza, infatti, l’opponente potrebbe essere costretto a pagare e, qualora, risultasse vincitore nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, con la conseguente revoca dello stesso e la sopravvenuta mancanza di titolo esecutivo idoneo a fondare l’esecuzione, avrebbe comunque diritto alla restituzione di tutte le somme versate in virtù dell’esecuzione, tuttavia, con tutte le inevitabili conseguenze in ordine alla spendita di tempo e denaro.

Giova infine ricordare come, ai sensi dell’art. 650, comma III, c.c., l’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, non è più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione, pertanto, occorre prestare estrema attenzione a detta evenienza, in considerazione del fatto che, decorso l’anzidetto termine, in assenza di opposizione a decreto ingiuntivo, lo stesso diverrebbe esecutivo, e non sarebbe più neppure utilmente esperibile l’opposizione all’esecuzione ovvero agli atti esecutivi che, com’è noto, non può riguardare questioni attinenti al merito del titolo esecutivo che, in quanto tali, sono valutabili solo nella fase di formazione del titolo e, pertanto, nel procedimento all’uopo normativamente deputato, nel caso di specie, l’opposizione a decreto ingiuntivo.

Avv. Accoti Paolo

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