Il danno non patrimoniale nella evoluzione della Suprema Corte

Redazione 13/12/16
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a cura di Dott. Domenico Chindemi
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Il percorso dottrinale e giurisprudenziale del danno non patrimoniale non si è certamente arrestato con le sentenze di San Martino (Cass., S.U. 26952-55) ma ha trovato spunto in tali sentenze per una rivisitazione di alcuni principi affermati dalle S.U., ma che non hanno convinto né le sezioni semplici, né parte della dottrina più attenta alle esigenze delle vittime che delle compagni di assicurazione.
Non è in discussione il principio, ormai consolidato, del bipolarismo risarcitorio quanto il contenuto o i pregiudizi concretamente riconoscibili all’interno del danno non patrimoniale che funge da contenitore dei danni non patrimoniali che, tuttavia, vanno liquidati individuando i pregiudizi in concreto subiti dalla vittima che possono essere di natura morale (sofferenze fisiche o psichiche), biologica (danno alla salute) o esistenziale (alterazione della qualità della vita e dell’agenda quotidiana della vittima costretta a un non fare o fare che avrebbe evitato in mancanza del fatto illecito altrui).
Liquidazione unitaria
Nell’ambito della liquidazione unitaria il giudice potrà riconoscere un’unica voce di danno onnicomprensiva di tutti i pregiudizi subiti ma nel solo caso di micro permanenti ove la valutazione unitaria si presta a una liquidazione semplificata che tenga conto di tutti i pregiudizi.
Macropermanenti o liquidazione non standardizzata
Nel caso invece di macropermanenti o di liquidazione non standardizzata e, quindi, personalizzata il giudice dovrà specificatamente indicare, sia pure nell’ambito della liquidazione unitaria, i vari pregiudizi subiti dalla vittima con una liquidazione separata, al fine di consentire, in caso di impugnazione, la valutazione delle censure e della liquidazione da parte del giudice di appello.
Non si tratta di un “ritorno al passato” ma di modulare il risarcimento in base ai concreti pregiudizi subiti dalla vittima, senza pericoli di duplicazioni risarcitorie in forza della liquidazione unitaria del danno non patrimoniale, ma senza lasciare sforniti di tutela risarcitori pregiudizi in concreto subiti dal soggetto leso.
Si tratta, in sostanza di poter distinguere, come già avviene per le tabelle milanesi, il pregiudizio morale dal danno biologico, danni ontologicamente diversi, personalizzando il risarcimento in forza delle peculiarità del caso concreto, riconoscendo, nei casi rilevanti, anche il pregiudizio di natura esistenziale, ove non ricompreso nel danno biologico dinamico, in quanto l’alterazione della qualità della vita è un ulteriore pregiudizio che si aggiunge alle altre tradizionali voci di danno biologico e morale.
Il principio dell’integrale risarcimento del danno alla persona
Si realizza, in tale prospettiva, la realizzazione del principio, affermato anche dalle stesse sentenze di San Martino, dell’integrale risarcimento del danno alla persona, di valenza internazionale e comunitaria, che non soffre limitazioni risarcitorie.
Un’eccezione a tale principio
Un’eccezione a tale principio, che è già sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, è costituita dalle limitazioni risarcitorie previste nel codice delle assicurazioni con la previsione delle tabelle normative  delle micro permanenti, riduttive del risarcimento rispetto alle omologhe tabelle milanesi, tuttavia un’interpretazione costituzionalmente orientata delle  tabelle normative potrebbe evitare censure di incostituzionalità che altrimenti sarebbero evidenti sotto il profilo della disparità di trattamento tra le lesioni simili in forza della diversa natura dell’evento lesivo (incidente stradale o altro illecito) e dei principi internazionali in tema di integrale risarcimento del danno alla persona.
Un sistema equo di valutazione del danno, con le limitazioni alla individuazione delle micro permanenti, alla luce della l.   ……, con la previsione del loro riconoscimento soltanto in presenza di accertamento clinico, visivo o strumentale, consente di superare le critiche di una parte della dottrina che reputava non equilibrato, soprattutto per la possibilità di abusi, il sistema risarcitorio del danno non patrimoniale.
Sono forse maturi i tempi per una rivisitazione da parte delle Sezioni unite, del danno non patrimoniale, non per stravolgerne i criteri risarcitori, ma per meglio specificare le opportune personalizzazioni, non sempre attuabili attraverso una modifica dei valori tabellari, come già specificato per le tabelle normative che non consentono una modifica “tout court”  dei relativi importi.
Le tabelle milanesi
Può condividersi la soluzione adottata dalle tabelle milanesi che scorporano dal biologico il danno morale, con una autonoma liquidazione, inglobando invece il danno esistenziale standard (cioè di non particolare rilievo per il danneggiato) in un’ottica di compromesso tra le spinte più oltranziste risarcitorie e quelle riduzionistiche, entrambe, sia pure per differenti ragioni, da rifuggire.
Le tabelle milanesi sono state poste dalla Corte di Cassazione, a fondamento dei criteri risarcitori del danno alla persona non per ragioni geografiche o campanilistiche, ma sul presupposto oggettivo che erano anche prima quelle maggiormente utilizzate su tutto il territorio nazionale da oltre il 70% dei Tribunali, realizzando quindi, il diritto vivente, esteso dalla S.C. anche al restante 30% dei Tribunali italiani per evitare disparità di trattamento.
La tabella unica nazionale del danno biologico
La tabella unica nazionale del danno biologico, ove mai emanata, rilegherebbe in soffitta, con molti dubbi di costituzionalità e compatibilità comunitaria, le tabelle milanesi a vantaggio di compagnie  assicuratrici che vedrebbero ridotti gli indennizzi, senza nessuna garanzia di riduzione dei premi, come il recente passato ci ha insegnato, aumentando, anzi,  gli utili ai danni delle vittime di sinistri.
L’introduzione di una tabella unica nazionale
In un’ottica mediatoria tra esigenze diverse dei vari soggetti coinvolti nella tematica risarcitoria, potrebbe proporsi l’introduzione di una tabella unica nazionale sulla base delle tabelle del tribunale di Milano, con una riduzione del 10% degli importi previsti per tutte le percentuali di danno biologico, salvaguardandosi tutti i principi posti in dubbio da una riduzione generalizzata, più volte tentata, ma mai fortunatamente andata a buon fine, degli importi tabellari da risultare non solo incostituzionale, ma anche tale da poter costringere lo Stato italiano al risarcimento del danno differenziale a favore delle vittime di sinistri, a seguito di una pronuncia di condanna da parte della CEDU o della stessa Corte di giustizia.

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