Il controllo nelle società partecipate

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         Una recente ricerca pubblicata sulla rivista n. 4/2006 della S. D. A. – Bocconi       ( 1) ha affrontato il problema del controllo da parte degli enti locali sulle società a partecipazione pubblica.
         Il campione analizzato ha riguardato Comuni italiani con popolazione superiore agli 80.000 abitanti, per un totale di 60 enti.
         Dall’analisi dei dati raccolti si è riscontrato come l’orientamento sia prevalentemente per un controllo giuridico – formale e solo minoritaria è l’attività di verifica sulla gestione delle partecipate. Vi è una carenza sia sull’attività di verifica attraverso indicatori di natura economico – patrimoniale o attraverso reporter periodici, sia sulla verifica degli standard quantitativi e qualitativi dei servizi erogati dalle varie società.
         I ricercatori imputano in parte tale mancanza alle recenti trasformazioni giuridiche che hanno assorbito la maggior parte degli enti ( art. 113 e 113 bis TUEL). Sono infatti emerse che oltre l’88,00 % delle partecipate è costituita da società di capitali, risultando residuali le restanti forme giuridiche ( consorzi, aziende speciali e istituzioni).
         I rapporti con le partecipate avviene prevalentemente, per il 67,31 % dei casi, attraverso contratti di servizio limitati tuttavia nel 46,67% alle sole società che erogano servizi pubblici locali, mentre per le restanti ipotesi la definizione delle caratteristiche dei servizi da erogare può avvenire attraverso atti di indirizzo, delibera di conferimento del servizio o delibere di definizione dei criteri di accesso, dei diritti, ecc.
         L’attività diretta di programmazione dell’ente nei confronti delle proprie partecipate è assente quasi totalmente, fuori dalle ipotesi dei contratti di servizio. Solo nel 7,84% dei comuni si hanno delibere di indirizzo, richieste di redazione di un budget o di un bilancio preventivo per le aziende speciali; i motivi addotti sono prevalentemente la carenza di personale professionalizzato e l’autonomia gestionale lasciata alle partecipate.
         Relativamente al controllo dell’andamento questo è effettuato solo da circa un 30% del campione, anche se un ulteriore 11,76% ha in progetto l’introduzione di una qualche forma di controllo.
         Gli strumenti usati sono l’analisi di bilancio (33,33%), con l’uso di alcuni indicatori prevalentemente economici e tecnici, nonché i report (67,67%),costituiti da schemi e tabelle su dati vari delle partecipate. I report a loro vota per l’80% hanno natura prevalentemente economica, mentre per il restante 20% natura esclusivamente tecnica e qualitativa.
         Anche in questo caso le motivazioni addotte per questa omissione sono la carenza di personale professionalizzato, oltre a una generica mancanza di percezione dell’utilità di un controllo di tipo strategico.
         Per il momento consuntivo i ricercatori si sono concentrati sull’uso o meno del bilancio consolidato, tenendo presente la complessità dello stesso e la sua non obbligatorietà, infatti si è rilevata la totale assenza di tale strumento dall’armamentario contabile degli enti locali.
         Dall’esame delle risposte emerge la difficoltà dello strumento (15,69%) e in generale la mancata comprensione della sua utilità pratica.
         La carenza di controllo esercitata dall’ente sulle partecipate, limitata in molti casi alla nomina dell’amministratore all’interno delle società, può condurre ad una perdita di qualità dei servizi e a rischi di ripianamenti finanziari per perdite economiche a seguito di inefficienze gestionali, soprattutto se si considera la situazione di monopolio in cui si trovano ad agire tali società.
         In realtà si sta rafforzando l’esigenza di una maggiore accountability sui risultati, anche a causa della funzione di garante degli interessi dei cittadini e non più di gestore che si va sempre più delineando per gli enti locali.
         Desta comunque perplessità il concentrare l’attenzione nel momento consuntivo esclusivamente sul bilancio consolidato, in realtà ai politici e ai cittadini interessa prevalentemente la qualità dei servizi e i loro costi. Seppure utili, per la quantità di informazioni che possono fornire, i bilanci consolidati assumono significato solo in presenza di una serie di grosse società partecipate e quindi esclusivamente per gli enti maggiori, tenuto conto dei costi e della complessità; per le partecipate di minori dimensioni sono più che sufficienti i normali bilanci a consuntivo di più facile e immediata lettura.
         In altre parole occorre calibrare gli strumenti alle dimensioni degli enti e delle società, oltre alla praticità per coloro che ne usufruiscono.
         Dobbiamo considerare la complessità gestionale che hanno assunto in questi ultimi tempi gli enti e la necessità di non appesantirli ulteriormente, facilitando l’attività gestionale di strutture amministrative e politiche già subissate da adempimenti e informazioni da scremare.
 
 
Nota
 
·        (1) – D. Preite – F. De Matteis, Enti locali e società partecipate: quale controllo per i servizi pubblici ?, in “Economia & Management”, 95 – 111, 4/2006.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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