Il contratto di convivenza nell’esperienza francese: i pacs

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SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Verso il riconoscimento di un nuovo modello familiare: un’apertura graduale. 3. I PACS. 4. Il regime patrimoniale. 5. La disciplina del logement familial: il diritto abitativo. 6. Il diritto successorio.

 

  1. Introduzione.

Com’è noto, l’entrata in vigore della legge 20 maggio 2016, n. 76, c.d. Cirinnà, ha costituito un punto di riferimento nel panorama giuridico italiano. La norma, infatti, recependo istanze sociali che ormai premevano da tempo in questo senso, ha introdotto una disciplina puntuale di tutta una seria di istituti, primi fra tutti quelli delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e del contratto di convivenza, che si vanno ad affiancare al più tradizionale istituto del matrimonio.

Se, da un lato, questa è la recente esperienza legislativa italiana, non può d’altro lato negarsi che altri ordinamenti giuridici abbiano conosciuto una simile apertura ed evoluzione ed abbiano regolamentato, magari già da tempo, i rapporti di fatto tramite i contratti di convivenza.

Tra i numerosi esempi che si potrebbero fare a riguardo, occupa sicuramente una posizione privilegiata quello francese: in Francia, infatti, sin dalla fine degli anni ’90 è stato riconosciuto alle coppie una libertà particolarmente ampia nella scelta degli strumenti mediante i quali disciplinare i propri rapporti, del tutto indipendentemente, peraltro, dall’orientamento sessuale dei soggetti coinvolti. Tra i principali istituti che rilevano in questa materia, accanto al tradizionale matrimonio e al semplice concubinato, va assumendo negli anni un ruolo sempre più rilevante il diverso istituto del pacte civil de solidarité, più comunemente conosciuto con l’acronimo di PACS, di cui si andranno, nel prosieguo, a delineare i profili di disciplina essenziali.

 

2. Verso il riconoscimento di un nuovo modello familiare: un’apertura graduale.

Come autorevole dottrina ha fatto notare, nell’arco di due secoli la Francia ha radicalmente mutato il proprio atteggiamento nei confronti delle convivenze e, di conseguenza, la relativa disciplina: in un primo momento ostile, il legislatore francese ha assunto poi le vesti di vero e proprio ideatore di un articolato modello di regolamentazione negoziale[1].

Più precisamente, a partire dal code civil fino agli anni ’60, per l’organizzazione della vita in comune alle coppie francesi era offerto soltanto il matrimonio, riservato agli eterosessuali. I rapporti interni alla famiglia legittima erano regolati dalla legge e le esigenze personali ricevevano scarso spazio.

Dalla seconda metà del 900, tuttavia, “la famille est devenue incertaine[2], il suo ruolo è mutato e ha lasciato spazio all’affermazione dell’individuo[3].

Le prime leggi di riforma, tra le quali spicca per importanza les lois Carbonnier, hanno avuto ad oggetto la tutela degli incapaci[4] il regime patrimoniale della famiglia[5], l’adozione[6], la filiazione[7].

Un ruolo di primario rilievo in questa evoluzione è stato, accanto a quello del legislatore nazionale francese, quello della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha esteso ai figli nati fuori del matrimonio i medesimi diritti dei nati da genitori tra loro sposati, assimilando la famiglia naturale a quella legittima. Questa affermazione di principio della Corte ha dato poi l’impulso alla graduale estensione delle regole dettate per le coppie coniugate alla famiglia di fatto.

Questi altro non sono stati che i primi passi mossi dall’ordinamento francese verso il riconoscimento di una più ampia libertà di scelta alle coppie, potendo il loro rapporto assumere, al giorno d’oggi, la forma del matrimonio[8], del patto civile di solidarietà[9] o del semplice concubinato[10], indipendentemente dall’orientamento sessuale dei soggetti coinvolti.

3. I pacs.

Nell’evolversi dell’ordinamento francese nella direzione indicata, una svolta significativa si è avuta con l’entrata in vigore della legge 15 novembre 1999, n. 99-944, avente ad oggetto la disciplina del pacte civil de solidarité (d’ora in avanti PACS), cui è stato dedicato il nuovo Titolo XII (artt. 515-1 a 515-8) del code civil, intitolato, per l’appunto, “Du pacte civil de solidarité et du concubinage”[11].

Già dalla collocazione sistematica dell’istituto emerge l’intenzione del legislatore di sottolineare il carattere non matrimoniale dell’unione[12] e la restituzione di dignità a qualunque tipologia di rapporto attraverso l’introduzione di una “nouvelle forme d’union légale”, diversa dal matrimonio[13].

La definizione legislativa del “patto civile di solidarietà” è pregna di significato: si tratta, infatti, di un contratto concluso tra due persone maggiorenni dello stesso sesso o di sesso diverso, al fine di organizzare la loro vie commune.

I conviventi che si legano mediante la stipula di un PACS si impegnano, dunque, a condurre “una vita in comune”. Con l’intento di chiarire, e riempire di contenuto, questa espressione, il Conseil constitutionnel ha precisato che la vita in comune di cui al dictum normativo consiste nella “comunione di interessi “, nella “esigenza di coabitazione”, nella “residenza in comune” e nella “vita di coppia”.

Le concrete modalità attraverso le quali realizzare quanto detto sono rimesse all’accordo delle parti. Solamente nel caso di silenzio delle parti a riguardo, la competenza a determinare le modalità di attuazione, nel rispetto delle capacità di ognuno dei conviventi, spetta al giudice[14].

Emerge chiaramente l’ampio margine di libertà che la legge francese riconosce alle parti e proprio in questo risiede la particolarità del PACS e ne segna l’innovatività del relativo modello giuridico, allo stesso tempo allontanandolo da altri, e più tradizionali, nei quali la legge gioca un ruolo più determinante e penetrante.

Dalla lettura della normativa di riferimento si ricava che il PACS è un contratto bilaterale a titolo oneroso, a prestazioni corrispettive e ad esecuzione continuata. Esso, peraltro, va tenuto ben distinto dal matrimonio: non modifica, infatti, lo stato civile dei contraenti e non sortisce alcuna conseguenza nei confronti dei figli[15].

Non possono concludere un PACS fra loro, a pena di nullità, alcune categorie di soggetti, quali ascendenti e discendenti in linea retta, parenti in linea retta e collaterale fino al terzo grado, persone di cui una è già coniugata, persone di cui una è già legata da un altro PACS.

Per essere valido, esso deve formare oggetto di una dichiarazione congiunta, presentata e registrata alla cancelleria del Tribunal d’instance (tribunale civile) nella giurisdizione di residenza. Pena l’irricevibilità della dichiarazione, i conviventi iscrivono altresì nel registro una convenzione stipulata fra loro con atto pubblico o scrittura privata. Si noti che la convenzione iniziale può essere modificata con un’altra convenzione, secondo le stesse modalità. L’iscrizione nel registro conferisce data certa al patto e lo rende opponibile ai terzi.

La coppia è solidalmente responsabile nei confronti dei terzi relativamente alle obbligazioni assunte da ciascuno dei due conviventi per i bisogni della vita quotidiana (art. 515-4). Ciò nonostante, questa solidarietà non sussiste per le spese manifestamente eccessive, provvedendosi così alla tutela del partner non contraente, alla stessa stregua di quanto avviene per i coniugi nel matrimonio. Inoltre ciascun convivente è responsabile da solo delle obbligazioni personali assunte prima o durante il patto, ferma restando la responsabilità solidale nel caso sopra menzionato[16].

Il PACS termina per volontà congiunta o unilaterale dei contraenti, nonché per matrimonio o decesso di uno di essi. In caso di scioglimento consensuale la dichiarazione congiunta deve essere presentata al cancelliere del tribunale in cui è stato registrato il PACS. Nel caso invece di recesso unilaterale di uno dei due conviventi, questi deve notificare la sua decisione all’altro nonché produrre copia di tale notifica alla cancelleria dello stesso tribunale. Il cancelliere registra la dissoluzione e provvede alla necessaria pubblicità. La dissoluzione ha effetto, nei rapporti fra i conviventi, dalla data di registrazione in cancelleria. È invece opponibile ai terzi dal giorno in cui sono state compiuti gli adempimenti in materia di pubblicità.

4. Il regime patrimoniale.

Per quel che attiene al profilo patrimoniale, la norma di riferimento da tenere presente è costituita dall’art. 515-5 del code civil secondo cui salvo apposito accordo contenuto del PACS, ciascuno dei due conviventi conserva l’amministrazione, il godimento e la disponibilità dei suoi beni personali. Questo profilo disciplinare è di particolare rilevanza perché fa cadere quella presunzione di indivisibilità che, prima dell’approvazione della legge sui PACS, riguardava i beni acquisiti a titolo oneroso da ogni convivente.

I partner possono, nell’accordo iniziale o in un accordo modificativo, scegliere di sottoporre a comproprietà la proprietà che acquisiscono, insieme o separatamente, dalla registrazione di questi accordi. Tali beni si considerano quindi indivisi per la metà, senza ricorso di uno dei soci contro l’altro per un contributo dispari (art. 515-5-1). In altri termini, è consentito ai partenaires di adottare il regime di comunione con riferimento ai beni acquistati, separatamente o congiuntamente, a partire dal momento della stipula del contratto di PACS.

Con riferimento, invece, ai beni di cui non sia possibile dimostrare la proprietà esclusiva, questi sono ritenuti di loro proprietà indivisa, nella misura della metà per ciascuno.

Rimane in ogni caso ferma la facoltà dei conviventi di optare, nella convenzione, per la sottoposizione al regime dell’indivisione relativamente ai beni che acquisiscono, insieme o separatamente, dopo la registrazione della convenzione.

Per l’amministrazione dei beni indivisi, essi possono stipulare un’ulteriore convenzione, al fine di concordare fra loro l’esercizio dei rispettivi diritti.

Vi sono, infine, alcuni beni che, per espressa previsione legislativa, rimangono in ogni caso di proprietà esclusiva di ciascuno dei due conviventi. Fra questi rientrano, ad esempio, i denari percepiti da ciascun convivente, a qualunque titolo, dopo la conclusione del patto e non impiegati nell’acquisto di un bene; i beni creati e i loro accessori; i beni aventi carattere personale; i beni acquisiti mediante denari appartenenti ad un convivente prima della registrazione della convenzione iniziale o modificativa ai sensi della quale tale regime è stato scelto; infine, i beni acquisiti mediante denari ricevuti per donazione o successione (art. 515-5-2).

Pertanto, se in materia patrimoniale il regime legale dei pacsés (cioè coloro i quali stipulano il PACS) è, quale regola generale, quello della separazione dei beni, la legge consente ai partenaires (ossia ai partner conviventi che intendono stipulare un PACS) di modificarlo nei termini sopra descritti, dunque prevedendo che non tutti i beni sottostiano alla comunione, o che siano ricompresi anche quelli acquistati precedentemente alla conclusione del PACS.

5. La disciplina del logement familial: il diritto abitativo.

In materia di matrimonio, l’art. 215 code civil vieta ai coniugi di disporre separatamente dei diritti sulla casa familiare, sebbene di proprietà di uno solo, subordinando l’iniziativa unilaterale all’autorizzazione giudiziale (art. 217 cod. civ.). Tale vincolo, sebbene limiti l’autonomia individuale, integra una protezione accordata al godimento del logement familial, considerato “l’essentiel de la fortune du couple, dans la majorité des cas[17].

Questa forma di tutela non è però prevista laddove le coppie siano legate da un PACS (o da concubinage), cosicché l’unico proprietario della residenza familiare può alienarla liberamente, salvo in ipotesi di comproprietà.

Conscia di questa lacuna, la legge 24 marzo 2014, n. 366 ha modificato l’art. 1751 code civil prevedendo che il diritto di locazione dei locali, privi di carattere professionale o commerciale, che sono effettivamente utilizzati per l’abitazione di due coniugi, indipendentemente dal loro regime matrimoniale e nonostante ogni patto contrario e anche se il contratto di locazione è stato concluso prima del matrimonio, o di due partner vincolato da un patto di solidarietà civile, non appena i partner lo richiedono congiuntamente, si considera appartenere a entrambi i coniugi o partner legati da un patto di solidarietà civile.

Peraltro, in caso di divorzio o separazione personale, tale diritto può essere concesso, in considerazione degli interessi sociali e familiari in questione, dal giudice adito della domanda di divorzio o separazione personale, a uno dei coniugi, fermo restando il diritto di ricompensa o risarcimento a beneficio dell’altro coniuge.

Le conseguenze patrimoniali dello scioglimento, in base al principio dell’autonomia contrattuale che pervade l’intera disciplina del PACS, sono regolate dalle parti ma, in mancanza di accordo, compete al giudice intervenire, stabilendo, eventualmente, una riparazione per il danno subito. Salvo diverso accordo, i crediti reciproci fra i conviventi sono stimati in base all’art. 1469 del Codice civile. Tali crediti possono essere compensati con i vantaggi che il loro titolare ha potuto trarre dalla vita comune, in particolare non contribuendo in proporzione alle sue facoltà ai debiti contratti per i bisogni della vita quotidiana.

Ancora, in caso di decesso di uno dei coniugi o di uno dei partner vincolati da patto civile di solidarietà, il coniuge o il partner vincolato da patto civile di solidarietà cointestatario superstite del contratto di locazione ha diritto esclusivo su di esso salvo vi rinuncia espressamente

6. Il diritto successorio.

La legge 99-944 del 1999 non contiene alcuna disposizione in materia successoria relativa alle coppie pacsées o ai conviventi di mero fatto e solo con le successive riforme (le principali sono quelle del 2001[18]e del 2006[19]) si è andato rafforzando il diritto all’eredità del partner superstite. Questo, se da un lato, ha comportato un maggior sacrificio dell’autodeterminazione del proprietario, dall’altro ha portato ad una più significativa tutela del menage familial.

Nei suoi tratti essenziali, la disciplina prevede che le persone che hanno contratto un PACS sono considerate come dei terzi in relazione alla successione dell’una e dell’altra. Di conseguenza nella normativa francese, in assenza di testamento, esse non hanno alcun diritto alla successione.

Per contro i conviventi in regime di PACS possono ricevere donazioni o legati per testamento.

Se non esiste alcun erede riservatario, è possibile legare per testamento l’insieme dei propri beni al convivente superstite. In caso contrario, il legato non può superare la “quota disponibile”, ossia la parte di cui può disporre liberamente il testatore.

Alcuni profili successori riguardano, poi, la possibilità del convivente rimasto in vita e ammesso alla successione di occupare, a titolo di abitazione principale, un alloggio appartenente ai conviventi o totalmente dipendente dalla successione, godendo gratuitamente per un anno dell’alloggio medesimo e dei mobili in esso contenuti, secondo quanto disposto dall’ art. 515-6 code civil.

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[1] G. OBERTO, I contratti di convivenza tra autonomia privata e modelli legislativi, in Contr. E impresa/Europa, CEDAM, Padova, 2004, pp. 93 ss.

[2] L. ROUSSEL, La famille incertaine, Paris, Editions Odile Jacob,1989, p. 283.

[3] P. MALAURIE, Droit civil: la famille, Parigi, Defrénois, 2007, p. 64.

[4] Legge 14 dicembre 1964, n. 64-1260.

[5] Legge 13 luglio 1965, n. 65-570, che mira all’indipendenza economica della moglie, implementata con la legge 23 dicembre 1985, n. 1372, relativa all’eguaglianza dei coniugi nella disciplina del regime patrimoniale e dei genitori nella gestione dei beni dei figli minori.

[6] Legge 11 luglio 1966, n. 66-500.

[7] Legge 3 gennaio 1972, n. 72-3.

[8] Art. 143 code civil: «Le mariage est contracté par deux personnes de sexe différent ou de même sexe».

[9] Art. 515-1 code civil: «Un pacte civil de solidarité est un contrat conclu par deux personnes physiques majeures, de sexe différent ou de même sexe, pour organiser leur vie commune».

[10] Art. 518-8 code civil: «Le concubinage est une union de fait, caractérisée par une vie commune présentant un caractère de stabilité et de continuité, entre deux personnes, de sexe différent ou de même sexe, qui vivent en couple».

 

[11] Il concubinato, diversamente dal PACS, è definito dall’art. 515-8 quale “unione di fatto, caratterizzata dalla vita in comune, stabile e continuativa, tra due persone di sesso differente o dello stesso sesso, che vivono in coppia”.

[12] G. OBERTO, op. cit.

[13] Consiglio di Stato francese, 28 giugno 2002, n. 220361.

[14] Questo rileva specialmente sotto i profili dell’aiuto materiale e dell’assistenza reciproca.

[15] Sul punto si è espresso il Conseil constitutionnel, decisione n. 99-419.

 

[16] M. BLASI e G. SARNARI, I matrimoni e le convivenze “internazionali”, GIAPPICHELLI EDITORE, 2013, p. 110

[17] M. GRIMALDI, Le logement de la famille, Parigi, Défrenois, 1983, p. 53 ss.

[18] Legge 4 dicembre 2001, n. 281.

[19] Legge 23 giugno 2006, n. 728.

Alessia Brunetti

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