Il condomino che vuole impugnare una delibera per erronea ripartizione delle spese ha l’onere della prova

Scarica PDF Stampa
Il condomino che vuole impugnare una delibera per erronea ripartizione delle spese deve allegare e dimostrare di avere un interesse a conseguire un provvedimento del giudice al fine di evitare di subire un danno ingiusto

 

riferimenti normativi: art. 100 c.p.c.

precedenti giurisprudenziali: App. Roma, Sez. VII, Sentenza n. 3363 del 05/05/2021

La vicenda

Un condominio, suddiviso in 15 unità immobiliari, aveva un terreno di circa 630 mq che era stato assegnato agli originari 14 proprietari degli immobili componenti il condominio. Nel 1987 gli originari 14 proprietari, oltre a porre in vendita l’ex appartamento del portiere, aggiungendo un’ulteriore unità immobiliare al condominio (attualmente int. 1), approvavano un nuovo regolamento di condominio al quale veniva allegata ed approvata una nuova tabella millesimale denominata “A” che regolava i diritti sulla predetta area cortilizia, ma solo degli originari 14 proprietari, con esclusione dell’appartamento ex portineria. Un condomino impugnava la delibera assembleare che approvava il bilancio lamentando l’errata ripartizione delle spese di detta area, poi adibita a parcheggio, in quanto attribuite a tutti i quindici condomini facenti parte del condominio, anziché ai soli quattordici ai quali la suddetta area risultava appartenere; di conseguenza chiedeva, previa sospensione della delibera impugnata, di “accertare e dichiarare nulla e/o annullabile la delibera dell’assemblea. Si costituiva il condominio che eccepiva l’adozione, nelle more, di una successiva delibera mirata a sanare le invalidità dell’impugnata delibera chiedendo, conseguentemente, la cessazione della materia del contendere.

La questione

Può il condomino, proprietario dell’”ex portineria”, esclusa, tramite decisione assembleare, dalla tabella millesimale che regola i diritti sull’area cortilizia condominiale, impugnare la suddetta decisione per annullarla?

La soluzione

Il Tribunale ha ritenuto l’impugnazione proposta infondata per carenza di interesse dell’attore ad ottenerne l’invalidità. Secondo lo stesso giudice, infatti, il condomino, pur deducendo una errata ripartizione della spesa inerente l’area adiacente l’edificio condominiale, non ha dedotto né provato quale fosse in concreto il pregiudizio che lo stesso avrebbe subito dall’adozione dell’atto impugnato. Del resto, come nota il Tribunale, la delibera, avendo ripartito la spesa anche a carico di chi, secondo la tesi dell’attore, non sarebbe tenuto alla partecipazione, rappresenta per il condomino attore un vantaggio patrimoniale, vedendone ridotta la propria quota, e non un pregiudizio.

Le riflessioni conclusive

In via preliminare occorre rammentare che l’interesse all’azione rappresenta un principio cardine nella nostra legislazione, codificato all’art. 100 c.p.c. e per il quale “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”.

La legittimazione ad impugnare le delibere assembleari, è riservata ad ogni condominio senza alcuna limitazione in ordine all’immediata soggettiva incidenza del vizio: in altri termini, la legittimazione ad agire attribuita dall’art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione e alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell’atto impugnato, essendo l’interesse ad agire, richiesto dall’art. 100 c.p.c. come condizione dell’azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall’accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni (App. Roma, sez. IV, 11 gennaio 2012). In particolare nell’ipotesi, come nel caso esaminato, che si tratti di impugnazione di delibera assembleare ai sensi dell’art. 1137 c.c., l’interesse ad agire di cui alla richiamata norma, va letto, interpretato ed applicato prendendo in esame l’utilità concreta che la parte può vedersi riconosciuta dall’accoglimento della pretesa fatta valere in giudizio. Ad eccezione, infatti, delle sole ipotesi in cui la parte contesti semplicemente un vizio di forma per il quale l’interesse ad agire può dirsi insito nell’eliminazione dell’atto viziato (in siffatta ipotesi si dice che l’interesse ad agire è “in re ipsa”), in tutti gli altri casi la ricerca dell’interesse ad agire va effettuata in concreto. Di conseguenza, nel caso in cui il singolo condomino censuri la legittimità della ripartizione delle spese, il suo interesse ad agire per far accertare l’eventuale illegittimità della ripartizione è correlato all’importo che lo stesso sarebbe tenuto a corrispondere in ragione della ripartizione deliberata. In altre parole, il percorso logico-giuridico per verificare la sussistenza o meno dell’interesse ad agire presuppone che la delibera assembleare determini un apprezzabile suo personale pregiudizio, in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale (Cass., 09/03/2017, n. 6128). In ogni caso, non può negarsi che l’assunzione di una delibera sostitutiva prima dell’esercizio dell’impugnativa, privi chiaramente la parte dell’interesse a promuovere l’azione, non potendo il Giudice svolgere alcuna legittima indagine sulla validità di quella precedente, proprio in quanto già modificata. Si noti che affinché la nuova delibera condominiale possa produrre effetto “sanante” e “retroattivo” della precedente delibera, è necessario che la deliberazione ritenuta viziata sia sostituita dal condominio diligente con altra delibera assembleare che abbia un contenuto identico alla precedente, abbia ad oggetto gli stessi argomenti deliberati dall’assemblea di condominio, non presenti più le cause di invalidità che hanno provocato l’impugnazione giudiziale da parte del condomino. Infine si ricorda che l’interesse ad agire, esistente al momento della proposizione della domanda di impugnazione della delibera, in quanto condizione dell’azione, deve permanere anche nel corso del giudizio.

 

Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento