Il Collegio sindacale: analisi normativa alla luce del D. lgs. n. 39/10 e delle nuove norme deontologiche

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  1. I modelli di amministrazione e controllo nelle società

La riforma del diritto societario, intervenuta con il D. lgs. n. 6/03, ha modificato il sistema di amministrazione e controllo delle società, prevedendo tre diverse tipologie che possono essere scelte dai soci.

Il sistema tradizionale1 è preesistente alla riforma e si applica ogni qualvolta lo statuto societario non disponga espressamente un sistema differente. Esso si basa essenzialmente sulla dicotomia tra gli amministratori, che costituiscono l’organo cui è affidata la gestione dell’impresa e la rappresentanza generale per tutti gli atti compiuti in nome della società, e il Collegio sindacale, che costituisce l’organo di controllo interno che svolge prevalentemente funzioni di vigilanza della gestione sociale al fine di assicurare il rispetto della legge e dell’atto costitutivo.

Nel modello tradizionale questi due organi sono affiancati da un organo esterno incaricato della revisione legale dei conti che può essere una persona fisica o società di revisione. Riguardo quest’ultimo punto, è bene sin da ora precisare che la citata riforma del diritto societario ha provveduto a separare le funzioni relative al controllo contabile delle società, che fino a quel momento erano state di competenza del Collegio sindacale, affidandole ad un organo esterno. Il legislatore delegato, infatti, stabilì una disciplina differente a seconda che si trattasse di società facenti ricorso o meno al mercato del capitale di rischio. Cosi nelle S.p.a. e nelle S.a.p.a. la revisione contabile è stata affidata ad un soggetto esterno a meno che l’atto costitutivo non prevedesse che tale funzione fosse assolta dal Collegio sindacale (ciò non vale però per le società tenute al bilancio consolidato, o nel caso in cui la società adotti un sistema di amministrazione e controllo dualistico o monistico); per le S.r.l. la funzione di revisione contabile è svolta ordinariamente, invece, dal Collegio sindacale a meno che l’atto costitutivo non disponga di affidare tale funzione ad un soggetto esterno.

Le norme sulla revisione contabile, oggi definita revisione legale dei conti alla luce della recente riforma oggetto della presente dissertazione, erano contenute nel Codice civile e nel D. lgs. 58/98 (Tuf) e oggi sono state assorbite dal D. lgs. n. 39/10 che ha fatto venire meno la tradizionale distinzione tra le società quotate (disciplinate dal Tuf) e le società non quotate (disciplinate dal Codice civile).

Il sistema dualistico (artt. 2409 octies – 2409 quinquiesdecies c.c.), di derivazione tedesca, è quello più complesso ed articolato. Prevede per le società che lo adottano i seguenti organi:

  • il Consiglio di gestione, a cui spetta in via esclusiva la gestione della società; è costituito da almeno due soggetti, anche non soci, nominati dal Consiglio di sorveglianza;

  • il Consiglio di sorveglianza, esercita, invece, le funzioni di controllo; è costituito da almeno tre soggetti nominati (e revocati) dall’Assemblea in forma ordinaria; in carica per tre esercizi, i componenti sono rieleggibili.

Al Consiglio di sorveglianza si applicano buona parte delle norme che il Codice civile dedica al Collegio sindacale nel modello tradizionale in quanto compatibili; ma può sicuramente affermarsi senza ombra di smentita che le sue funzioni vanno ben oltre: al di là delle funzioni di vigilanza e di responsabilità proprie del Collegio, il Consiglio di sorveglianza, infatti, ha anche una parte consistente delle funzioni che nel sistema tradizionale spettano all’Assemblea ordinaria (ossia nomina/revoca e compenso dei componenti il Consiglio di gestione, approvazione del bilancio, promozione dell’azione sociale di responsabilità), oltre a ulteriori compiti come per esempio la denuncia ai sensi dell’art. 2409 c.c.

Il sistema monistico (artt. 2409 sexiesdecies – 2409 noviesdecies c.c.), di derivazione anglosassone, è un modello di amministrazione e controllo più semplice e flessibile rispetto ai precedenti illustrati: esso privilegia la circolazione delle informazioni fra l’organo amministrativo, ossia il Consiglio di amministrazione, e l’organo di controllo, cioè il Comitato per il controllo sulla gestione i cui membri sono nominati dal Consiglio di amministrazione salvo diversa disposizione dello statuto. È composto da amministratori non esecutivi, ossia senza deleghe o particolari incarichi di gestione nella società, ed essendo un organo interno al Cda esso ha la sua stessa durata.

Vi si applicano in quanto compatibili gran parte delle norme inerenti il Collegio sindacale avendo esso funzioni di vigilanza sull’adeguatezza della struttura della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo contabile nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione. Non sono previsti limiti al numero dei componenti, tranne nel caso delle società aperte nelle quali il numero è fissato in tre componenti.

Il Comitato a differenza del Collegio sindacale non ha il potere di controllo, strettamente inteso, sul Cda atteso che esso si identifica come suo organo interno: i membri del Comitato sono, infatti, essi stessi amministratori ed è pertanto precluso loro il controllo sull’osservanza della legge, delle norme statutarie e dei principi di corretta amministrazione.

 

2. Evoluzione storica del Collegio sindacale

Il Collegio sindacale, inteso come organo interno di controllo, ha trovato la sua ispirazione nell’esempio francese dei Commissaries aux competes2 e ha avuto, nell’ordinamento giuridico italiano, una evoluzione normativa relativamente recente risalente, in particolare, al 1942.

Nel 1865 cominciò a manifestarsi da più parti l’esigenza di avere in seno alla società soggetti che svolgessero funzioni di sorveglianza contabile, tanto che il legislatore dell’epoca pensò di poter soddisfare tale esigenza con la costituzione di un Sindacato pubblico di controllo sulle società anonime3. L’istituto, di chiara connotazione pubblicistica, avrebbe dovuto, pertanto, garantire la correttezza della gestione delle singole società sorvegliate, ma tale controllo di legittimità male si prestava ad essere applicato in una situazione legislativa in cui le norme sulle società anonime avevano uno sviluppo molto contenuto.

Oltretutto, gli investitori considerarono spesso il giudizio di legittimità positivo del Sindacato come una sorta di vero e proprio giudizio positivo sulle condizioni economiche dell’impresa con gravi equivoci in tal senso.

Il cattivo funzionamento del Sindacato pubblico indusse, così, il legislatore del 1882 ad abbandonare l’istituto di controllo nella nuova legislazione. Il Codice di commercio preferì, infatti, affidare la funzione sindacale ad un apposito organo interno alla società nominato dagli stessi azionisti, nella convinzione che il controllo, affidato a persone scelte appositamente dai soci, fosse in tal modo esercitato in modo migliore. È fuori dubbio che questa nuova impostazione getterà le basi di un nuovo organismo che, evolvendosi, arriverà fino ad oggi per come conosciuto; al tempo, però, la scelta andò incontro a critiche in quanto i controllori erano di fatto nominati dalla stessa maggioranza assembleare creandosi non pochi problemi per la tutela dei terzi.

Bisognerà attendere l’intervento legislativo del 1942 per vedere, sotto l’influenza del modello descritto dalla legge azionaria tedesca del 19374, un ampliamento dei compiti che andranno addirittura oltre il semplice controllo di legittimità, per divenire veri e propri interventi nella gestione della società in sostituzione delle funzioni degli amministratori quando questi non abbiano adempiuto a determinati doveri o siano, eventualmente, nella impossibilità di farlo. È alla luce di ciò, che il modello scaturito dal codice civile del 1942 venne definito come “dualistico ibrido”5.

Prima dell’importante riforma del diritto societario, intervenuta con il D. lgs. 06/2003, è bene segnalare due interventi del legislatore in riferimento al Collegio sindacale:

  • il D. lsg. 88/92, che introdusse nuove norme che accentuarono i requisiti di professionalità per la nomina a sindaco;

  • il D. lgs. 58/98, che introdusse norme speciali per il Collegio sindacale delle Società con azioni quotate nei mercati regolamentati.

 

3. Il Collegio sindacale: funzioni

Nel modello di amministrazione e controllo tradizionale, il Collegio sindacale è l’organo di controllo interno cui il legislatore affida la vigilanza della gestione sociale per assicurare il rispetto della legge e dell’atto costitutivo.

Le funzioni del Collegio sindacale6 possono essere distinte in tre categorie:

  1. funzioni di controllo: sono le più corpose e sono indicate dall’art. 2403 c.c.: in particolare i sindaci hanno il potere-dovere di impugnare le delibere assembleari invalide (ai sensi dell’art. 2377 comma 2 c.c.); possono provvedere insieme agli amministratori, in caso di riduzione del capitale per perdite agli adempimenti previsti dall’art. 2446 comma 2 c.c. se l’Assemblea non vi ha ancora provveduto.

Ci si è interrogati se il controllo ad essi affidato sia di mera legittimità o possa riguardare anche il merito, realizzando in questo modo una valutazione delle decisioni assunte dagli amministratori: in linea di principio la risposta è sicuramente da considerarsi negativa atteso che ne risulterebbe alterata la distinzione dei poteri fra gli organi sociali, ma, in base all’art. 2403 c.c., novellato dal D. lgs. n. 6/03, viene esteso l’oggetto della vigilanza all’adeguatezza degli aspetti organizzativi e funzionali, attività questa che sembra da intendersi come consistente in una serie di iniziative rivolte a fornire ai soci e ai terzi un’adeguata certezza circa la correttezza sostanziale della gestione: se si considera che amministratori e assemblea hanno tra i propri doveri il perseguimento dell’interesse sociale, è proprio all’effettivo perseguimento di esso che si deve estendere la valutazione dei sindaci, dovendosi intendere inclusa in essa la correttezza delle scelte di gestione7.

Altre funzioni di controllo si ricavano dalla lettura dell’art. 2403 bis comma 2 c.c.:

  • possibilità di chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o in determinati affari. Ovviamente, tali atti si configurano come obbligatori quando risultano richiesti dalle esigenze della vigilanza;

  • scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all’andamento generale dell’attività sociale.

Gli accertamenti eseguiti devono risultare dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale ai sensi dell’art. 2421 comma 1 n. 5 c.c..

  1. funzioni consultive: si ricavano dall’analisi dei seguenti articoli.

  • art. 2429 comma 2 c.c.: il collegio sindacale riferisce all’Assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri e formula osservazioni e proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione;

  • art. 2389 comma 3 c.c.: il Collegio sindacale esprime parere sulla remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche;

  • art. 2405 c.c.: vi si dispone la partecipazione dei sindaci alle riunioni del Consiglio di amministrazione, del Comitato esecutivo e dell’Assemblea. Peraltro se essi non partecipano senza giustificato motivo alle assemblee durante un esercizio sociale, a due adunanze consecutive del Cda o del Comitato esecutivo, decadono dal loro ufficio.

  1. funzioni di amministrazione attiva: si ricavano dall’analisi dei seguenti articoli:

  • art. 2406 c.c.: dispone l’obbligo per il Collegio di convocare l’Assemblea ed eseguire le pubblicazioni prescritte dalla legge in caso di omissione o di ingiustificato ritardo da parte degli amministratori;

  • art. 2386 c.c.: insieme agli amministratori compiere gli adempimenti necessari previsti dalla legge in caso di sostituzione per cooptazione di consiglieri di amministrazione;

  • art. 2446 c.c.: richiedere al Tribunale il decreto di riduzione del capitale per perdite in caso di inerzia degli amministratori;

  • 2386 u.c. c.c.: il comma prevede un vero e proprio caso di supplenza degli amministratori quando essi vengano meno o venga meno l’amministratore unico. In tale circostanza, l’assemblea per la nomina deve essere convocata d’urgenza dal Collegio sindacale che nel frattempo può compiere gli atti di ordinaria amministrazione.

 

3.1. Composizione e nomina

Ai sensi dell’art. 2397 c.c., il Collegio risulta composto da 3 o 5 membri effettivi, anche non soci; essi sono nominati per la prima volta nell’atto costitutivo e, successivamente, dall’assemblea ordinaria, che nomina anche il presidente8.

Si ritiene che il numero di 3 o 5 membri indicato abbia carattere imperativo e che eventuali clausole statutarie derogative siano da intendere nulle, così come la possibilità di prevedere un numero pari di sindaci. L’atto costitutivo o lo statuto devono indicare in modo preciso il numero dei sindaci scegliendoli, dunque, fra 3 o 5. Tale struttura, definita semirigida da autorevole dottrina9, è andata incontro a critiche per il fatto che risulta difficoltoso adeguare il numero dei sindaci alla effettiva complessità dimensionale e operativa delle imprese10.

In passato, la dottrina è stata divisa in merito all’aumento e alla diminuzione del numero dei sindaci nel corso del mandato: se l’aumento da 3 a 5 non sembrava suscitare particolari problematiche, più difficoltoso apparve il caso contrario. In tal senso la dottrina, infatti, ha assunto posizioni diverse e contrastanti: alcuni autori11 hanno sostenuto che ciò fosse possibile a partire dalla scadenza dell’intero Collegio in carica considerando che la modifica varrebbe per il futuro. Altri autori12 hanno evidenziato, invece, l’immediata eseguibilità della deliberazione configurando la riduzione dei sindaci come giusta causa di cessazione dell’intero collegio da disporsi con delibera assembleare da sottoporre a verifica del Tribunale; contro questa impostazione si era comunque osservato che la giusta causa è attinente al comportamento dei sindaci e non a esigenza della società.

Al riguardo, il Cndcec ha recentemente precisato13 che la modifica statutaria che prevede la diminuzione dei componenti del Collegio sindacale non comporta la cessazione immediata del Collegio.

Per la corretta funzionalità dell’organismo, il Legislatore ha previsto la nomina di due membri supplenti, i quali subentrano automaticamente nella carica in ordine di età e nel rispetto dell’art. 2397 secondo comma (art. 2401 c.c.). In questo modo i nuovi sindaci restano in carica fino alla successiva assemblea che avrà il compito di provvedere alla nomina dei sindaci divenuti effettivi e dei supplenti necessari per l’integrazione del collegio. I nuovi nominati resteranno in carica fino alla durata originariamente prevista, di tre esercizi.

È bene precisare che la funzione dei supplenti è quella di garantire la continuità del Collegio nel caso in cui vi sia una cessazione anticipata dalla carica che investa uno dei sindaci effettivi: non può, pertanto, intendersi come una sorta di sostituzione temporanea per assenza o impedimenti vari dei sindaci.

I requisiti necessari a ricoprire la carica di sindaco sono andati incontro a varie modifiche nel corso del tempo: la disciplina originaria del Codice del 1942, infatti, che richiedeva solo per alcuni componenti l’iscrizione in albi professionali e solamente per le società di maggiore dimensione, è stata sostituita dalla normativa dettata dal D. lgs. n. 88/92 che istituì presso il Ministero della giustizia il registro dei revisori contabili, trovando il proprio fondamento che, al tempo, la principale funzione del Collegio fosse il controllo contabile14.

Il secondo comma dell’art. 2397 c.c., novellato dal D. lgs. n. 39/10, dispone che dei sindaci almeno uno effettivo e uno supplente devono essere scelti tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro. Per gli altri, il legislatore ne dispone la scelta fra gli albi professionali e i professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche.

L’iscrizione nel registro dei revisori legali per le persone fisiche, oggi, è subordinata al possesso dei requisiti di onorabilità, definiti con regolamento adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze sentita la Consob, oltre al possesso della laurea triennale, allo svolgimento di un tirocinio di durata almeno triennale presso un revisore legale o società di revisione propedeutico al superamento dell’esame di abilitazione bandito dal Ministero dell’economia d’intesa con il Ministero della giustizia almeno due volte l’anno15 (artt. 2, 3 e 4 D.lgs. n. 39/10). 

 

4. Cause di ineleggibilità e decadenza

Le cause di ineleggibilità rappresentano veri e propri impedimenti di carattere qualitativo che ostacolano alla nomina di sindaco.

Sono indicate nell’art. 2399 c.c. e possono distinguersi in assolute e relative. È causa di ineleggibilità assoluta la mancata iscrizione nel registro dei revisori legali come richiesto dall’art. 2397 comma 2 c.c.; è una circostanza questa che non può essere rimossa in quanto dà luogo ad una inidoneità tecnica per lo svolgimento dei lavori secondo quanto disposto dalla legge. Le cause di ineleggibilità relativa, dette anche cause di incompatibilità, non vietano ad un soggetto di ricoprire l’ufficio di sindaco in generale, ma solo in una determinata società. Rientrano in questa fattispecie il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado delle società da queste controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo; ma il divieto vale anche per chi è legato alla società, o a quelle controllate, da un rapporto lavorativo o da un rapporto continuativo di prestazioni d’opera retribuite, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza. Quest’ultimo punto si riferisce all’ipotesi del cumulo fra la carica di sindaco e il rapporto di impiego che nella prassi degli anni passati risultava essere una situazione abbastanza frequente.

La cancellazione o la sospensione dal registro dei revisori legali sono cause di decadenza dall’Ufficio di sindaco; fanno parte di tale ambito le fattispecie descritte dall’art. 2382 c.c., ovvero l’interdizione, l’inabilitazione, il fallimento e la condanna a pena che comporti interdizione temporanea dai pubblici uffici o incapacità di esercitare uffici direttivi, ma anche comportamenti omissivi del sindaco comunemente definiti decadenze sanzionatorie. Rientrano in quest’ultima fattispecie:

  1. il sindaco che, senza giustificato motivo, non partecipa durante un esercizio, a due riunioni del Collegio (art. 2402 comma 2 c.c.);

  2. il sindaco che non assiste, senza giustificato motivo, all’Assemblea e a due adunanze consecutive del Cda o del Comitato esecutivo (art. 2405 comma 2 c.c.).

Il Legislatore non ha chiarito come ciò possa avvenire, ovvero se la decadenza scatti in automatico o debba conseguire ad un accertamento da parte della società.

Secondo la Giurisprudenza e ampia parte della dottrina16, nel caso venga meno un requisito richiesto dalla legge o dallo Statuto, o nel caso in cui si verifichi una causa di decadenza, essa opera in modo automatico senza alcuna necessità di un’apposita deliberazione da parte dell’assemblea. Secondo questo orientamento, se una deliberazione dell’assemblea vi fosse, essa avrebbe soltanto un carattere dichiarativo e non costitutivo della decadenza del sindaco17. Secondo un altro orientamento18, invece, l’accertamento da parte dell’organo sociale è necessario perché si producano gli effetti della decadenza, anche perché altrimenti non potrebbe subentrare il sindaco supplente. Sul punto il Cndcec ha precisato che la decadenza ha effetto dal momento dell’accertamento della causa che la determina.

Altre ed ulteriori cause di ineleggibilità e decadenza possono essere previste dagli statuti, così come la possibilità di prevedere limiti e criteri per il cumulo degli incarichi.

 

5. La revoca

Ai sensi dell’art. 2400 c.c., i sindaci restano in carica per la durata di tre esercizi e scadono alla data dell’Assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio. Fatta salva questa circostanza attinente alla fine fisiologica del Collegio, nel secondo comma dell’articolo pocanzi citato, si introduce la possibilità che esso venga revocato per giusta causa. La durata relativamente limitata di tre esercizi e la possibilità di revoca dell’organo di controllo mirano sostanzialmente ad assicurare l’indipendenza del Collegio: soltanto una giusta causa a suffragio delle ragioni dell’assemblea possono essere la causa di una fine anticipata dell’organo di controllo. Le ragioni assembleari, ad ogni modo, devono essere approvate con decreto del Tribunale sentito il sindaco/i interessato/i.

In questo modo si tutela l’interesse generale al corretto funzionamento della società che deve essere superiore a circostanze contingenti che possono verificarsi. Per come è stata pensata la norma capovolge la posizione che era prevista al riguardo nel Codice di commercio del 1882 laddove si prevedeva, invece, la revoca del collegio secondo le comuni regole del mandato. Una eventuale delibera assembleare che manchi di una giusta causa o che ne sia carente è pertanto da considerarsi nulla.

La dottrina19 ha individuato una serie di ipotesi che possono configurare la giusta causa, ossia:

  • non esercizio del potere di vigilanza senza adeguata motivazione;

  • violazione del segreto sui fatti e sui documenti di cui i sindaci hanno conoscenza in conseguenza del loro incarico;

  • esistenza di controversie giuridiche tra la società della quale il soggetto è sindaco e un’altra società nella quale lo stesso soggetto è interessato, per esempio perché ne è azionista;

  • mancato esercizio dei propri poteri di reazione in presenza di gravi irregolarità commesse dagli amministratori in danno della società;

  • permanenza in carica in presenza di una causa di incompatibilità;

  • sussistenza di situazioni personali che impediscono il regolare espletamento delle proprie funzioni;

  • omessa comunicazione, anteriore alla nomina, degli incarichi di amministrazione e controllo ricoperti in altre società ai sensi dell’art. 2400 comma 4 c.c.

La decisione spetta all’assemblea dei soci che segue i quorum costitutivi e deliberativi richiesti per le assemblee di tipo ordinario. Si ritiene che per la validità della delibera sia necessario che tale punto risulti dall’ordine del giorno dell’Assemblea stessa20. È da ritenere che fino all’emanazione del decreto da parte del Tribunale, la decisione di revoca andrebbe considerata come sospesa, per cui non si potrebbe procedere alla sostituzione del sindaco fino al perfezionamento della delibera tramite il decreto: fino a quel momento, infatti, il sindaco è da considerarsi ancora in carica. Il sindaco revocato o l’organo amministrativo possono proporre impugnazione, innanzi la Corte di Appello entro 10 giorni dalla notifica del provvedimento ai sensi dell’art. 739 c.p.c.. Solamente trascorsi i suddetti 10 giorni, senza che sia stato proposto appello, il sindaco cessa effettivamente dalla carica.

 

6. Rinuncia

Il sindaco può rinunciare liberamente ed in qualunque momento alla carica rivestita. In riferimento a ciò è interessante osservare un doppio ordine di problematiche:

  1. anzitutto, si ritiene che occorra da parte del sindaco una giusta causa e che qualora questa manchi la società abbia titolo per un risarcimento dei danni eventualmente subiti;

  2. l’effetto della rinuncia ha inizio dal momento della sua conoscibilità agli amministratori, ma se a seguito di ciò il Collegio risultasse incompleto scatterebbe per il sindaco rinunciatario il regime della prorogatio, posticipandosi in tal modo gli effetti della rinuncia21. È opinione largamente diffusa22, infatti, malgrado sia riconosciuto al sindaco la possibilità di dimettersi in qualunque momento, che ciò possa avvenire solo nella misura in cui vi siano supplenti che possano sostituirlo garantendo in tal modo l’integrità e la funzionalità dell’organo. La giurisprudenza di merito ha recentemente ribadito un orientamento giurisprudenziale peraltro abbastanza consolidato sentenziando, invece, che la rinuncia all’incarico di sindaco di società di capitali abbia efficacia immediata23: la rinuncia di un sindaco effettivo avrebbe, infatti, effetto immediato, indipendentemente dalla sua accettazione da parte dell’assemblea non solo quando sia possibile l’automatica sostituzione del dimissionario con un sindaco supplente ma anche laddove tale sostituzione non sia possibile per la mancanza dei sindaci supplenti24.

Tale impostazione pare seguita anche dal Cndcec che evidenzia come la regola della prorogatio valga per la sola ipotesi di cessazione “programmata” dall’ufficio, rappresentata dalla scadenza dell’incarico25.

 

7. Sostituzione

Le modalità con cui i sindaci uscenti (revocati o dimissionari) vengono sostituiti devono tenere in primo luogo conto della qualifica del sindaco da sostituire; così se viene meno un sindaco iscritto nel registro dei revisori legali dei conti esso deve essere sostituito con un altro sindaco in possesso degli analoghi requisiti soggettivi, la cui mancanza determina, come precedentemente visto, una causa assoluta di ineleggibilità; in questo caso il requisito anagrafico prevale solo in presenza della stessa qualifica. In subordine, altre modalità possono essere indicate nello statuto; ma se in esso nulla è disposto si applica il criterio anagrafico restando fermo l’obbligo disposto dall’art. 2397 comma 2. Se i sindaci supplenti non sono sufficienti a ricostituire l’intero Collegio, deve tempestivamente essere convocata l’assemblea per integrare la nomina.

  1. Collegialità, riunioni e convocazione.

La dottrina è concorde nel ritenere la composizione tipicamente collegiale dell’organo, cosa questa che si rispecchia, d’altro canto, nella responsabilità solidale prevista per i suoi componenti26. I sindaci possono comunque procedere individualmente ad atti di ispezione e controllo: attività questa avente natura meramente istruttoria e preparatoria dell’assunzione collegiale delle decisioni sindacali.

Ai sensi del D. lgs. n. 6/03, il Collegio è tenuto a riunirsi almeno ogni 90 giorni anziché almeno una volta ogni trimestre come precedentemente stabilito, volendo con ciò il legislatore garantire maggiore certezza in merito alla cadenza delle riunioni. Sebbene la disposizione abbia carattere imperativo, la normativa non ha precisato le conseguenze per i sindaci nel caso in cui il termine non venga rispettato, tanto da esserci ad oggi posizioni discordi in al riguardo:

  • per la Giurisprudenza di merito27 la circostanza non sarebbe causa di decadenza dell’intero collegio, ma al massimo si potrebbe configurare un’ipotesi di giusta causa di revoca ai sensi dell’art. 2400 comma 2 c.c., sempre che la società intenda procedere in tal senso;

  • autorevole dottrina, invece, ha comunque ritenuto che il mancato rispetto del termine determina la decadenza del collegio.

Per il Consiglio nazionale, non essendo prevista una sanzione, il termine ha una valenza meramente ordinatoria non potendosi considerare, pertanto come causa di decadenza.

L’atto costitutivo può ovviamente prevedere un intervallo di tempo minore fra le riunioni, ferma restando che una riunione obbligatoria del Collegio si desume dall’art. 2429 c.c. laddove i sindaci ricevono dagli amministratori la comunicazione del progetto di bilancio a cui deve seguire la loro relazione.

La convocazione del Collegio sindacale spetta al Presidente ma anche ai membri del Collegio stesso, presupponendosi la compresenza di tutti gli intervenuti nel luogo di convocazione. Tale principio può essere derogato secondo il disposto dell’art. 2404 c.c. laddove il legislatore prevede che le riunioni si possano tenere anche con mezzi di telecomunicazione: le modalità di svolgimento devono essere indicate nello statuto, ma la condizione fondamentale è che i sindaci possano essere identificati, possano seguire la discussione e intervenire in tempo reale, possano scambiarsi documenti, e procedere a una votazione simultanea. In questo caso la riunione si intende svolta nel luogo in cui si trovano il presidente ed il segretario verbalizzante.

 

  1. Quorum costitutivo e deliberativo

Il Collegio risulta essere regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti (per esempio due sindaci favorevoli contro 1 contrario su un totale di 3 sindaci presenti su 5). Le deliberazioni devono essere redatte su verbale, datato e sottoscritto dagli intervenuti. È importante evidenziare che il sindaco che esprime voto contrario può far annotare ciò nel verbale, indicandosi i motivi (sia motivi di merito che procedurali). Ciò avrebbe rilevanza ai fini della responsabilità:

  • secondo parte della dottrina, i sindaci sarebbero esonerati al pari degli amministratori28;

  • secondo altri autori, mancando il richiamo espresso all’art. 2392 c.c. l’annotazione del dissenso non può essere considerato sufficiente per garantire l’esonero29.

 

8. La responsabilità dei sindaci e le azioni esperibili.

Con la riforma del diritto societario, il legislatore ha stabilito che la responsabilità dei sindaci non deve più considerarsi con il criterio della diligenza del mandatario, ma deve tenere conto della professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico. Il potere dei sindaci si ritiene, pertanto, derivare non dal mandato assembleare, ma dalla stessa legge e dallo statuto; e la loro diligenza, così come quella degli amministratori, va valutata con il criterio professionale.

L’art. 2407 c.c. precisa anche che i sindaci sono responsabili della verità delle loro attestazioni e che devono conservare il segreto su fatti, documenti o circostanze di cui sono venuti a conoscenza in conseguenza del loro ufficio.

I sindaci sono inoltre responsabili in solido con gli amministratori quando si dimostra che il danno non si sarebbe verificato se essi avessero vigilato (culpa in vigilando).

Le azioni di responsabilità nei confronti dei sindaci, per i danni derivanti dalle loro azioni od omissioni, sono regolate dalle stesse norme per gli amministratori ossia gli artt. 2393 c.c., 2393 bis c.c., 2394 c.c., 2394 bis c.c., e 2395 c.c.30

Ci si è chiesto se l’azione di responsabilità possa determinare una revoca immediata senza bisogno dell’approvazione da parte del Tribunale. La Giurisprudenza di merito è stata orientata in tal senso quando l’azione di responsabilità promossa sia stata deliberata con il voto favorevole di 1/5 dei soci che rappresentano il capitale sociale, in analogia con quanto previsto dagli artt. 2393 e 2394 per gli amministratori. I sindaci revocati potrebbero percorrere, in tal caso, la via dell’impugnazione della decisione con possibilità di chiederne la sospensione in via cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c.. Tuttavia, gran parte della dottrina ha rifiutato tale tesi affermando che la revoca non possa avvenire in nessun caso in modo automatico, ma necessita comunque del vaglio del Tribunale come richiesto dall’art. 2400 comma 2 c.c.. Secondo questa impostazione, infatti, non sarebbe possibile equiparare la posizione dei sindaci a quella degli amministratori in considerazione della diversa funzione e natura che differenzia le due figure. Le critiche della dottrina maggioritaria hanno trovato accoglimento presso la Giurisprudenza di legittimità che ha chiarito i dubbi in tal senso: la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27389/05 ha disposto che non può mai operare un automatismo di revoca dei sindaci, anche nel caso in cui l’azione di responsabilità promossa sia sostenuta dal voto favorevole dei soci che rappresentano 1/5 del capitale sociale.

Il Decreto legislativo n. 39/2010

 

  1. Premessa

Il Decreto legislativo n. 39 del 27 gennaio 2010 ha attuato la direttiva 2006/43/CE inerente la revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati. Un unico testo normativo contiene, da adesso, tutte le disposizioni riguardanti la revisione legale preoccupandosi di operare un necessario coordinamento delle disposizioni del Codice civile, del Testo unico dell’intermediazione finanziaria, del Testo unico bancario e del Codice delle assicurazioni private.

Il decreto legislativo n. 39/10 si preoccupa, pertanto, di abrogare:

  • il D. lgs. n. 88/92, attuativo della direttiva 84/253/CEE inerente l’abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili;

  • la legge n. 132/97 recante la nuova disciplina in materia di revisione contabile;

  • il DPR n. 99/98 recante la disciplina sulle modalità di esercizio della funzione di revisione contabile.

La normativa de qua riguarda, conseguentemente, anche il riordino delle società in materia di obbligatorietà del Collegio sindacale: per le S.p.a., infatti, si prevede che se esse non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato possono attribuire l’incarico di revisione al Collegio sindacale; nel caso contrario31 hanno l’obbligo di nominare un revisore esterno. Se la società adotta il sistema dualistico o monistico di amministrazione e controllo, la revisione è sempre effettuata da un revisore. È bene precisare che le nuove disposizioni investono anche gli Enti di interesse pubblico32 appena citati disponendosi per essi la previsione di un Comitato per il controllo e la revisione legale con la funzione di vigilare:

  • sull’efficacia dei sistemi di controllo interno, di revisione interna e di gestione del rischio;

  • sulla revisione legale dei conti annuali e consolidati;

  • sull’indipendenza del revisore legale.

Il Comitato si identifica diversamente a seconda del sistema di amministrazione e controllo adottato in queste società, ovvero:

  • nel Collegio sindacale;

  • nel Consiglio di sorveglianza o in un comitato costituito al suo interno;

  • nel Comitato per il controllo sulla gestione.

Il Decreto legislativo n. 39/10 incide sulle ipotesi dell’obbligatorietà del Collegio sindacale nelle S.r.l. cercando di risolvere un annoso problema sulla nomina o meno del Collegio sindacale della Srl in particolari situazioni legate alla redazione del bilancio consolidato o al controllo di una società obbligata alla revisione legale dei conti33.

 

  1. Le S.r.l. alla luce del D. lgs. n. 39 del 2010

Con l’entrata in vigore il decreto legislativo n. 39/1034, il legislatore detta la nuova disciplina della revisione legale dei conti. Il provvedimento, che si prefigge di rendere omogenei gli obblighi in materia di revisione legale dei conti, come peraltro disposto in sede europea, contiene interventi in materia di governace societaria che riorganizzano le norme in modo organico, imponendo l’osservanza di regole specifiche in tema di revisione, indipendenza, deontologia, formazione e controllo della qualità.

In particolare, il decreto ha sensibilmente modificato la normativa del collegio sindacale nelle società a responsabilità limitata.

Le ipotesi per le quali la S.r.l. aveva l’obbligo di dotarsi del Collegio sindacale erano:

  • se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le S.p.a., ossia 120.000,00 €;

  • se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati dal primo comma dell’art. 2435 bis comma 1 c.c. (ossia totale dell’attivo dello stato patrimoniale di 4.400.000 euro, ricavi delle vendite e delle prestazioni per 8.800.000 euro, dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari a 50 unità).

Nel novellato art. 2477 c.c35., sono state introdotte due nuove ipotesi in cui la S.r.l. deve obbligatoriamente dotarsi dell’organo di controllo interno: si introducono, infatti, i punti a) e b) nel terzo comma stabilendosi l’obbligatorietà del Collegio nei casi in cui la S.r.l.

  • sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato e

  • nel caso in cui controlli una società obbligata alla revisione legale dei conti.

Nei casi in cui l’art. 2477 c.c. prevede la nomina del Collegio sindacale sorge anche l’obbligo della revisione legale dei conti; è bene evidenziare che, ai sensi del comma 5, il Collegio esercita ordinariamente sia la funzione di vigilanza sull’amministrazione, ai sensi dell’art. 2403 c.c., sia le funzioni di revisione legale dei conti salvo che l’atto costitutivo non disponga diversamente. Così, anche nelle nuove ipotesi, per il legislatore è confermata la regola per la quale nelle S.r.l. il Collegio sindacale svolge tipicamente anche l’attività di revisore legale dei conti: resta escluso l’obbligo di affidamento all’esterno dell’incarico di revisione legale. Avendo l’obbligo di nomina dell’organo di controllo, i soci hanno comunque facoltà, mediante clausola nell’atto costitutivo, di affidare lo svolgimento di tale funzione di revisione ad un soggetto esterno.

Risulta in modo evidente che il legislatore, pur consentendo eventuali deroghe, detti in tema di revisione legale dei conti una disciplina differente per le S.r.l. e le S.p.a.: ai sensi dell’art. 2409 bis c.c., infatti, nelle S.p.a. la revisione legale dei conti è esercitata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione iscritti nell’apposito registro e lo Statuto delle S.p.a. non tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal Collegio sindacale36.

 

  1. Srl tenuta alla redazione del bilancio consolidato

Il novellato art. 2477 c.c. dispone nel comma 3 lett. a) l’obbligo di nomina del Collegio sindacale per le S.r.l. tenute alla redazione del bilancio consolidato, chiarendo una controversa questione che aveva portato a difficoltà sul piano pratico.

Il vecchio testo, infatti, non prevedendo come obbligatorio il Collegio sindacale nelle S.r.l. in presenza dell’obbligo di redazione del bilancio consolidato mal si raccordava con l’art. 41 commi 1 e 3 del D. lgs. 127/91 recante la disciplina del bilancio consolidato che prevedeva che esso deve essere assoggettato ad un controllo che ne accerti la regolarità e la corrispondenza alle scritture contabili dell’impresa controllante e alle informazioni trasmesse dalle imprese incluse nel consolidamento. Pur in presenza di un chiaro riferimento al Collegio sindacale mancava comunque un riscontro nell’art. 2477 c.c..

Risolta questa questione, però, se ne è presentata un’altra. Nonostante, infatti, la descrizione abbastanza chiara, alcune interpretazioni hanno letto nella disposizione normativa una sorta di obbligo alla nomina del revisore legale nelle S.r.l. tenute alla redazione del bilancio consolidato ritenendo che tale funzione non possa essere svolta dai Collegi sindacali e spogliando i sindaci di quella funzione che ancora oggi il D. lgs. n. 39/10 ordinariamente vi attribuisce. Tale impostazione non è condivisa dal Cndcec che ha precisato che l’obbligatorietà alla nomina del revisore legale introdurrebbe quasi una sovrapposizione con la normativa delle S.p.a. che sul piano pratico non farebbe altro che arrecare alle società più piccole un aumento dei costi e degli oneri relativi ai controlli societari37.

Inoltre, pur volendo seguire questo orientamento, vi sarebbe non solo un marcato contrasto con i contenuti dell’art. 2477 c.c. ma soprattutto una palese disarmonia con i principi cardine del diritto societario che dettano, invece, una semplificazione della disciplina della S.r.l. rispetto a quella della S.p.a.

E, il richiamo dell’art. 2477 comma 5 c.c. è da intendersi nel senso che al Collegio sindacale si applicano i principi che valgono per le S.p.a. salvo evidentemente la loro compatibilità con la disciplina propria delle S.r.l38.

 

  1. S.r.l. che controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti

La nuova ipotesi contenuta nell’art. 2477 comma 3 lett. b) c.c. prevede l’obbligo di nomina del Collegio sindacale se la S.r.l. controlla39 una società obbligata alla revisione legale dei conti.

In riferimento a ciò, occorre verificare alla luce della nuova normativa, se la S.r.l. controlla un ente di interesse pubblico: in tal caso, infatti, trova applicazione l’art. 16 comma 2 del D. lgs. n. 39/10 che prevede la nomina di un revisore esterno non potendosi attribuire tale funzione al controllo del Collegio sindacale.

 

Le norme di comportamento del Collegio sindacale

  1. Le norme deontologiche approvate dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili

Il 15 dicembre 2010 il Consiglio nazionale dei commercialisti ha varato le norme di comportamento del Collegio sindacale: si tratta di disposizioni di deontologia professionale che riguardano tutti i professionisti iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e dei revisori contabili che si trovano ad esercitare le funzioni di sindaco.

Le norme, entrate in vigore il 1° gennaio 2011, forniscono ai sindaci gli strumenti operativi di riferimento per lo svolgimento delle proprie mansioni, raccomandando e suggerendo il corretto comportamento da adottare.

Il documento tiene conto necessariamente della recente normativa in tema di revisione contabile dettata dal D. lgs. n. 39/10, ma di fatto si aggiorna anche alla riforma del diritto societario intervenuta con il D. lgs. n. 6/03: le norme deontologiche vanno, infatti, a colmare un lungo quanto persistente vuoto atteso che i precedenti principi risalivano al 1996 e che il documento del 2004 aggiornato alla riforma non ebbe mai un’approvazione definitiva40.

Ci si è interrogati lungamente sulla eventuale natura giuridica di queste norme e se il loro mancato rispetto possa avere una qualche rilevanza nell’ambito delle indicazioni dell’art. 2407 c.c. volte a valutare la professionalità e la diligenza dei sindaci. È bene precisare al riguardo che i principi deontologici hanno sicuramente una rilevanza interna nell’ambito dell’ordinamento professionale che le ha approvate vincolando sia l’iscritto che l’Ordine all’applicazione delle misure disciplinari previste in caso di mancato rispetto degli stessi.

Riguardo, invece, alla rilevanza esterna all’Ordine la dottrina prevalente è concorde nel ritenere che41:

  • le norme deontologiche avrebbero la funzione di un semplice criterio di carattere indicativo per la valutazione dei requisiti di professionalità e diligenza indicati dall’art. 2407 c.c., e la loro osservanza, di contro, non comporterebbe in automatico il rispetto di tale principio;

  • il mancato rispetto di per sé non andrebbe considerato come fonte di responsabilità diversa da quella disciplinare;

  • il mancato rispetto non fa venire meno, ovviamente, il libero apprezzamento del giudice in ordine al comportamento seguito dal sindaco nella violazione dei principi sanciti.

Le norme sono articolate in principi, riferimenti normativi, criteri applicativi e commenti. Si analizzano di seguito i punti più importanti del documento.

 

  1. Dichiarazione di trasparenza e cumulo degli incarichi

I principi, stabiliti nelle norme 1.2 e 1.3 sono stati oggetto di particolare attenzione se si considerano le modifiche e gli svariati suggerimenti provenienti dai diversi Ordini professionali.

Con la dichiarazione di trasparenza il sindaco ha l’obbligo di fornire all’assemblea dei soci adeguate informazioni sugli incarichi di amministrazione e controllo che riveste presso altre società se deve ancora accettare l’incarico (l’obbligo permane nel caso in cui altri incarichi pervengano in una fase successiva). Lo scopo della dichiarazione, che deve avere forma scritta ed essere verbalizzato, è quello di garantire all’assemblea societaria un’adeguata conoscenza dei candidati potenzialmente idonei alla carica di sindaco.

I sindaci, o i soggetti da nominare, hanno anche un ulteriore obbligo che è quello di valutare la propria capacità di svolgere il loro incarico.

Una vera e propria autovalutazione per la quale il Cndcec detta i parametri che devono necessariamente essere tenuti in considerazione42, ossia:

  • la complessità dell’incarico, tenuto conto delle caratteristiche della società e il settore in cui si trova ad operare;

  • la composizione e le funzioni del Collegio sindacale, tenuto conto, in particolare, se al Collegio sia affidata anche la revisione legale dei conti;

  • la struttura di cui si avvale l’organo di controllo, nonché le specializzazioni degli ausiliari e dei collaboratori.

Alla luce di quanto esposto, si pone una duplice considerazione che deve fare il sindaco in ordine alla sua autovalutazione: anzitutto, deve obiettivamente valutare se ritenga di essere in grado o meno di adempiere l’Ufficio, non accettando o rinunciando se non dovesse ritenere opportuno rivestire (o continuare a rivestire) l’incarico affidato; ma l’autovalutazione assume una specifica connotazione data dagli ulteriori incarichi che il sindaco può rivestire in altre società.

La norma 1.3, infatti, suggerisce che un numero di incarichi superiore a venti43 impone una ulteriore incombenza per il sindaco ovverosia di implementare la propria attività di autovalutazione periodica per accertare che il livello di impegno sia rispettato44.

D’altra parte è lo stesso art. 2400 c.c. a stabilire che i sindaci hanno l’obbligo si fornire all’assemblea dei soci adeguate informazioni sugli incarichi di amministrazione controllo ricoperti in altre società.

 

  1. L’indipendenza

Il criterio dell’indipendenza, stabilito nella norma 1.4, è posto a fondamento del ruolo e delle funzioni che i sindaci sono chiamati ad esercitare.

Ovviamente non è possibile individuare tutte le fattispecie che possono mettere a rischio un atteggiamento libero del sindaco, ma si ritiene che la condotta debba essere obiettiva ed integra e soprattutto scevra da qualunque forma di interesse personale, sia diretta che indiretta. Al riguardo il Consiglio nazionale individua due requisiti sui quali deve basarsi l’indipendenza, ovvero:

  • un corretto atteggiamento professionale che si concretizza nel fatto che il sindaco consideri solo gli elementi rilevanti per l’esercizio della sua funzione;

  • la condizione di non essere associato a situazioni o circostanze delle quali un terzo […] trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del sindaco sia compromessa.

Sono i sindaci stessi ad attuare la procedura di valutazione della loro indipendenza, rimuovendo quelle cause che eventualmente la fanno venire meno. Ciò viene comunicato al Collegio che provvede alla sostituzione solo nel momento in cui non siano, o non possano essere rimosse, le cause ostative al ripristino dell’indipendenza.

Per il Consiglio nazionale il venire meno dell’indipendenza di un sindaco non fa venir meno l’indipendenza dell’intero Collegio sindacale.

La minaccia che lede l’integrità deve avere delle connotazioni specifiche, ossia essere non solo concreta, ma manifestarsi in modo stabile, non eventuale, non occasionale e non temporanea. Essa può derivare da rischi derivanti da:

  • interessi personali, come per esempio interessi di carattere economico – finanziario;

  • prestazioni di attività di patrocinio o assistenza tecnica dinanzi le Commissioni tributarie o consulente tecnico di parte;

  • eccessiva confidenzialità o intimidazione: circostanze queste che possono influenzare il sindaco in conseguenza di pressioni esercitate nei suoi confronti dalla società o dalle altre società del gruppo;

  • dall’auto-riesame, ossia il sindaco deve vigilare sui risultati o su un giudizio espressi da lui stesso.

Le norme deontologiche non considerano solo l’aspetto soggettivo nella valutazione dell’indipendenza del sindaco, ma cercano di fornire anche i parametri per una valutazione di tipo oggettivo, ossia l’indipendenza che si manifesta agli occhi dei terzi. Il criterio usato è basato sull’analisi del rischio (risk approach), avuto riguardo alle raccomandazioni internazionali45, e valuta la sussistenza di rischi e pericoli che possono minacciare l’indipendenza del sindaco, tenendo conto delle misure di salvaguardia concretamente adottate nonché delle modalità generali con cui è stato assolto l’incarico.

 

  1. La retribuzione

La norma 1.5 attribuisce al sindaco all’atto della nomina, la competenza della valutazione del compenso proposto per remunerare la professionalità, l’esperienza e il suo impegno. Spetta all’Assemblea stabilire la retribuzione annuale per l’intero periodo di vigenza del Collegio, sempre che ciò non sia già fissato nello Statuto.

L’art. 2402 c.c. va coniugato con gli artt. 32 e 37 del D.M. n. 169/201046: è necessario distinguere se il Collegio sindacale eserciti solo i controlli inerenti l’osservanza della legge, dello statuto e dei principi di corretta amministrazione (nel qual caso per la determinazione del compenso si applica il 1° comma dell’art. 37 del D.M. n. 169/2010) oppure se eserciti anche la revisione legale dei conti (nel quale altro caso si applica l’art. 32).

Ma la disciplina dei compensi va letta anche in raffronto con l’art. 10 del D. lgs. n. 39/10 che prevede che il corrispettivo per la revisione legale si determina in modo da garantire la qualità e l’affidabilità dei lavori. I revisori devono stabilire le risorse professionali e le ore da impiegare nell’incarico tenendo conto:

  • della dimensione e della composizione dell’impresa, oltre che del livello di rischio che presenta il bilancio della società o i profili di rischio connessi al consolidamento;

  • della preparazione tecnica e dell’esperienza che il lavoro richiede;

  • della necessità di assicurare un’adeguata attività di revisione e di indirizzo47.

 

  1. Il funzionamento

Malgrado il legislatore non detti molte norme sul funzionamento del Collegio sindacale (già viste nel Capitolo I), consentendo ciò una grande flessibilità, il Cndcec ritiene opportuno che l’organo di controllo provveda ad una pianificazione dell’attività con una calendarizzazione delle riunioni, degli incontri e delle attività stabilendo un contenuto in linea di massima delle stesse.

 

  1. I doveri del Collegio sindacale

I controlli che il Collegio sindacale realizza sono effettuati sulla base della diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico; l’organo di controllo identifica e valuta i rischi inerenti l’osservanza della legge, dello statuto e dei principi di corretta amministrazione valutandone la consistenza e stabilendo o attuando le misure di salvaguardia che permettono di eliminare o ridurre il rischio a un livello accettabile. Anche qui il principio è basato sull’analisi del rischio (risk approach) che deve tenere conto dell’ambito di intervento del collegio, delle dimensioni e delle altre caratteristiche proprie dell’impresa soggetta a controllo.

Gli atti sociali e le deliberazioni devono, pertanto, essere conformi alle leggi e alle disposizioni statutarie. È cura dello stesso Collegio sindacale individuare e richiedere la documentazione e le informazioni necessarie; ciò può avvenire con la partecipazione alle riunioni degli organi sociali, con lo scambio di informazioni con gli amministratori, con l’acquisizione di informazioni dagli amministratori delegati, con l’espletamento di operazioni di ispezione e controllo, con la lettura dei verbali.

Se il Collegio sindacale ravvisa, dall’analisi delle informazioni in proprio possesso, il rischio di violazioni di legge, dello statuto e dei principi di buona amministrazione richiede agli amministratori l’attuazione di opportune misure che se ritenute non sufficienti fanno adottare al Collegio sindacale le azioni previste dalla legge, ossia la segnalazione all’Assemblea dell’operato dell’organo amministrativo e, in extrema ratio, se anche il ricorso all’Assemblea dovesse risultare infruttuoso e la violazione integra gli estremi dell’art. 2409 c.c., presentare denuncia al Tribunale. Sono previsti, quindi, interventi preventivi o sostitutivi solo nel caso in cui le conseguenze delle delibere appaiano pregiudizievoli per la società.

Il rispetto dei principi di corretta amministrazione si concretizzano, dunque, nella verifica della conformità delle scelte di gestione ai generali criteri di razionalità economica: il Collegio ha l’obbligo di verificare che gli amministratori osservino l’obbligo di diligenza nello svolgimento del loro mandato.

Questo, però, non si traduce in un controllo di merito sulle scelte di gestione, ma, come precedentemente accennato, nella verifica della correttezza del procedimento decisionale. Quello che dunque i sindaci sono chiamati a fare è una valutazione dell’attività propedeutica alla gestione aziendale48.

La valutazione della procedura seguita dagli amministratori consente, per contro, di individuare comportamenti inidonei ed inopportuni dei sindaci, come per esempio azioni estranee all’oggetto sociale, in conflitto di interessi con la società, palesemente azzardate e che possano compromettere il patrimonio sociale.

 

Adeguatezza e funzionamento dell’assetto organizzativo

Tra i doveri del Collegio sindacale rientra nello specifico la valutazione dell’assetto organizzativo, inteso come l’insieme delle direttive e delle procedure che affidano il potere decisionale ad un appropriato livello di competenze e responsabilità.

Per adempiere questo compito i sindaci devono tenere conto:

  • delle diverse responsabilità nei compiti e nelle funzioni affidate;

  • delle deleghe e dei poteri attribuiti a ciascuna funzione;

  • dell’attività di controllo che il responsabile esercita sui propri collaboratori.

Il tutto nel rispetto dei parametri necessari e sufficienti perché un sistema organizzativo possa definirsi adeguato, ossia tenendo conto:

  • della redazione dell’organigramma aziendale che identifica le funzioni, i compiti e le responsabilità;

  • dell’esercizio dell’attività decisionale posta in essere da parte degli appositi organi;

  • dell’esistenza delle procedure che garantiscono la presenza di personale qualificato;

  • delle procedure e direttive aziendali che devono essere portate a conoscenza.

Questo tipo di controllo consente di limitare la discrezionalità degli amministratori e mantenere la coerenza dei comportamenti aziendali.

 

Vigilanza sul sistema di controllo interno

Il legislatore non ha previsto un sistema di controllo interno in modo espresso tra i doveri del Collegi sindacale. Il Cndcec ritiene che esso rientri nel più ampio potere di vigilanza dell’assetto organizzativo; è bene precisare che l’adozione e il corretto funzionamento di un adeguato sistema di controllo interno è responsabilità degli amministratori, ma il Collegio sindacale è chiamato a vigilare esclusivamente su tale adeguatezza e sul suo concreto funzionamento. Esso può definirsi come un controllo dell’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative adottate dall’impresa. Attraverso un adeguato processo di identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei principali rischi permette di raggiungere i seguenti obiettivi:

  1. obiettivi strategici: verificano la conformità delle scelte del management alle direttive ricevute e all’oggetto che la società si propone di conseguire, oltre che salvaguardare il patrimonio aziendale;

  2. obiettivi operativi: assicurano l’efficacia e l’efficienza delle varie attività aziendali;

  3. obiettivi di reporting: assicurano l’attendibilità e l’affidabilità dei dati;

  4. obiettivi di conformità: permettono di verificare che le attività aziendali siano conformi alle leggi e ai regolamenti in vigore.

 

Vigilanza sul sistema amministrativo-contabile

Un adeguato quanto efficiente sistema amministrativo – contabile consente di garantire la completa ed attendibile rilevazione contabile dei fatti.

Il controllo esercitato dai sindaci fa si che si verifichi e monitori la regolarità di tale sistema. Ciò si concretizza in un giudizio professionale emesso sulla base delle analisi del sistema interessato da porre a confronto con un modello teorico di riferimento identificato come best practice tenuto conto delle dimensione e caratteristiche dell’impresa.

Il Collegio sindacale può effettuare analisi anche a campione al fine di controllare il sistema amministrativo – contabile.

Se si rilevano rischi, il Collegio richiede all’organo amministrativo l’attuazione delle opportune azioni di miglioramento o l’eliminazione del rischio. Il Collegio, inoltre, riassume le conclusioni di tale tipo di controllo in un apposito paragrafo della relazione da proporre all’Assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.

 

Vigilanza sul bilancio di esercizio

La norma 3.7 dispone che il Collegio sindacale vigila sull’osservanza da parte degli amministratori delle norme procedurali inerenti alla redazione, all’approvazione e alla pubblicazione del bilancio di esercizio.

L’attività del Collegio è volta a garantire l’osservanza della legge e dello statuto, verificando che il bilancio sia redatto correttamente: il controllo è volto a valutare l’osservanza delle norme procedurali seguite nella formazione del bilancio e non si concretizza in un controllo analitico né in un giudizio sull’attendibilità spettando al revisore legale dei conti una verifica analitica delle principali voci (a meno che la funzione della revisione legale dei conti non sia assolta dal Collegio sindacale).

Nello specifico il collegio sindacale verifica:

  1. la conformità agli artt. 2424, 2424 bis, 2425 e 2425 bis c.c. degli schemi di stato patrimoniale e del conto economico;

  2. i criteri di valutazione seguiti, essi devono essere indicati nella nota integrativa e devono essere conformi all’art. 2423 c.c. e ai principi contabili adottati;

  3. la conformità alla legge del contenuto della nota integrativa e della relazione sulla gestione ai sensi degli artt. 2427, 2427 bis e 2428 c.c.;

  4. la completezza e chiarezza informativa della nota integrativa;

  5. le adeguate informazioni della relazione sulla gestione sui principali rischi cui la società è esposta;

  6. la correttezza e la legittimità dell’eventuale deroga dell’art. 2423 comma 4 c.c. cui abbiano eventualmente fatto ricorso gli amministratori;

  7. la rispondenza del bilancio ai fatti e alle informazioni di cui il Collegio

sindacale è a conoscenza in conseguenza della sua attività. In tal caso può richiedere chiarimenti nel caso in cui disponga informazioni diverse rispetto a quelle riportate in bilancio, e se esse siano insufficienti o addirittura non fornite manifesta le proprie osservazioni nella relazione presentata all’assemblea in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio.

Nell’ambito di tale tipologia di controllo, il Collegio sindacale svolge le ulteriori funzioni, acquisendo se necessario le opportune informazioni dal revisore legale, ossia:

  1. esprime il consenso per l’iscrizione in bilancio dei costi di impianto, di ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale;

  2. esprime il consenso per l’iscrizione in bilancio dell’avviamento ai sensi dell’art. 2426 comma 1 n. 6 c.c.,

  3. formula osservazioni sulla situazione patrimoniale della società nel caso in cui il patrimonio sia diminuito di 1/3;

  4. formula il parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni in presenza di esclusione o di limitazione del diritto d’opzione ai sensi dell’art. 2441 comma 6 c.c.;

  5. redige una relazione di accompagnamento al rendiconto finale del patrimonio destinato ad uno specifico affare ai sensi dell’art. 2447 novies c.c..

 

Dovere di vigilanza sul bilancio consolidato

Il dovere di vigilare sulle norme procedurali inerenti la redazione del bilancio consolidato prende corpo quando al Collegio sindacale, per legge o per scelta effettuata nello statuto, non sia attribuita la revisione legale. L’organo di controllo nella fattispecie in esame può esprimere, in ambito assembleare o in altro ambito, proprie osservazioni e proposte sul bilancio consolidato. Il Collegio richiede agli amministratori informazioni scritte sulla composizione del gruppo e sui rapporti di partecipazione definiti ai sensi dell’art. 2359 c.c. e dell’art. 26 del D. lgs. n. 127/91; valuta l’efficienza e l’operatività dei rapporti con le società controllate e collegate, potendo acquisire la relazione di revisione predisposta dall’art. 14 del d. lgs. n. 39/10 nel caso in cui non gli sia stata affidata la revisione legale dei conti. Svolge inoltre sul bilancio consolidato e sulla relazione consolidata sulla gestione le medesime attività di vigilanza previste dalla norma 3.7 in tema di bilancio di esercizio.

 

  1. I poteri del collegio sindacale: i rapporti con l’organo amministrativo

La norma 5.2 dispone che, in qualunque momento, il Collegio sindacale può richiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari anche con riguardo alle società controllate.

Ciò riguarda in particolare:

  • l’assetto organizzativo e amministrativo-contabile delle società;

  • l’attività svolta e le operazioni di maggior rilievo economico – finanziario e particolari affari della società e delle società da essa controllate;

  • le operazioni in cui un amministratore abbia un interesse per conto proprio o di terzi.

Le informazioni possono essere rilasciate per iscritto o verbalmente: in tale ultimo caso sono verbalizzate dai sindaci che hanno l’obbligo di comunicarle agli amministratori.

  

Rapporti con il revisore legale dei conti o con la società di revisione

L’analisi del rapporto che lega il Collegio sindacale al revisore legale dei conti è di fondamentale importanza per avere il quadro completo della funzione di controllo nelle società.

Il Collegio sindacale, infatti, scambia periodicamente dati ed informazioni con il revisore che, sebbene siano tecnicamente differenti, completano il corredo delle notizie sullo stato della società.

L’attività di comunicazione tra i due organi, che hanno l’obbligo di incontrarsi almeno una volta l’anno, deve evidenziare i seguenti elementi scambiati:

  • dati inerenti l’osservanza della legge, dello statuto,

  • dati inerenti la struttura organizzativa e il sistema di controllo interno;

  • informazioni sulla continuità aziendale;

  • dati sul funzionamento del sistema amministrativo – contabile;

  • le comunicazioni, le richieste e i verbali inerenti gli scambi tra i revisori e gli amministratori o dirigenti;

  • informazioni sul piano di revisione applicato e sulle procedure svolte in occasione delle fasi conclusive di verifica del bilancio.

I rapporti sono, pertanto, autonomi e diretti con il revisore (o società di revisione) nello scambio reciproco di informazioni e dati.

Ai sensi dell’art. 13 del D. lgs. n. 39/10 il Collegio sindacale partecipa alla nomina/revoca del revisore.

 

  1. La denuncia ai sensi dell’art. 2408 c.c.

Il Collegio sindacale, oltre a riscontrare in maniera autonoma fatti censurabili per i quali chiede tempestivamente agli amministratori di intervenire al fine della loro rimozione, può ricevere una segnalazione in tal senso da parte dei soci.

In questo caso il collegio si adopera per verificare la fondatezza della denuncia: effettua le dovute indagini e informa gli amministratori affinché essi intervengano qualora si riscontri la fondatezza dei fatti denunciati. Se gli amministratori non intervengo, o non pongono in essere i dovuti correttivi ed accorgimenti, il Collegio sindacale convoca l’Assemblea a cui presenta la propria relazione49. Se vi sono inoltre i presupposti dell’art. 2409 c.c. può presentare denuncia innanzi il Tribunale.

Se, invece, i fatti censurabili vengano sanati (o risultino infondati) il Collegio ne dà notizia al socio ma non è richiesta in questo caso la convocazione ad hoc dell’Assemblea potendosi attendere la prossima in programma.

  1. La denuncia al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c.

Scatta la denuncia al Tribunale quando vi è il sospetto che gli amministratori in violazione dei loro doveri, dolosamente o colposamente, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione arrecando un potenziale danno alla società.

Le violazioni devono riguardare la legge, nei limiti indicati nella norma 3.1 del Codice deontologico, lo statuto e i principi di corretta amministrazione.

Secondo l’opinione prevalente nelle S.r.l. il Collegio sindacale non è legittimato a proporre il ricorso ai sensi dell’art. 2409 c.c. in quanto tale potere sarebbe stato “assorbito” dalla introduzione in capo ai singoli soci di poteri reattivi più penetranti dettati dall’art. 2476 c.c.

Sull’argomento si è pronunciata di recente anche la Corte di Cassazione che con la sentenza n. 403 del 2010 ha stabilito l’inammissibilità del controllo giudiziario ai sensi dell’art. 2409 c.c. nelle S.r.l. anche nel caso in cui il ricorso sia proposto dal Collegio sindacale obbligatoriamente costituito ai sensi dell’art. 2477 c.c.

Per il Cndcec tale posizione andrebbe rivista per le S.r.l. dove la nomina del Collegio sindacale sia obbligatoria in aderenza ad una parte della giurisprudenza che invece lo ritiene ammissibile in presenza di gravi irregolarità degli amministratori.

  1. Le ultime novità deontologiche

Il 16 marzo 2011 il CndCec ha varato in via preliminare le norme 9, 10 e 11 che vanno ad integrare le norme deontologiche del Collegio sindacale pubblicate il 15 dicembre 2010. Si tratta di sedici nuovi punti che al momento si trovano in fase di pubblica consultazione fino al 31 maggio p.v. per i relativi rilievi, per poi diventare definitive nel mese di giugno.

Tre sono gli ambiti in cui il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperiti contabili è intervenuto codificando la migliore prassi esistente50:

  • la norma 9 dà le indicazioni che i sindaci devono seguire nel caso di omissione degli amministratori. I sindaci sono chiamati a svolgere funzioni sostitutive dell’organo amministrativo nei casi previsti dalla legge, ovvero cessione per intero degli amministratori, per le cause di immediata efficacia come la revoca, per le cause di decadenza sopravvenuta ai sensi dell’art. 2382 c.c., per morte di tutti gli amministratori, rinuncia di un solo amministratore in presenza della clausola simul stabunt simul cadent. Se l’assemblea non delibera nelle circostanze indicate in un tempo ragionevole la nomina del nuovo organo amministrativo, il Collegio sindacale chiede al Tribunale l’emissione del provvedimento di scioglimento delle società.

La denuncia al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c. è prevista anche nel caso in cui il Cda non dia seguito alle indicazioni del collegio: se la convocazione dell’Assemblea non dovesse produrre i risultati sperati viene intrapreso il percorso giudiziario per gravi irregolarità degli amministratori51.

  • la norma 10 descrive l’attività del Collegio nelle operazioni straordinarie. Le ipotesi che il Consiglio nazionale prende in considerazione sono l’aumento/riduzione del capitale , la trasformazione/scissione/fusione, il conferimento d’azienda, i prestiti obbligazionari, gli strumenti finanziari partecipativi, i finanziamenti dei soci, lo scioglimento, la liquidazione e il recesso del socio. Il Collegio sindacale, pertanto, vigila sui principi di buona amministrazione e ovviamente della legge e dello statuto, ma si vede attribuito un potere sostitutivo nel caso di omissioni di atti ed adempimenti che la legge o lo statuto pongono a carico dell’organo amministrativo52. Nell’ambito della valutazione delle perdite, il Cndcec dispone che l’obbligo di convocazione dell’Assemblea dovrà essere effettuato solo nel caso in cui tale perdite non risultino irrecuperabili entro breve con ragionevole certezza, e, quindi, siano valutabili come irreversibili53.

con la norma 11 il Consiglio nazionale ha codificato quei comportamenti che finora sono stati seguiti dai sindaci come prassi nei casi di crisi aziendale. Il Collegio sindacale ha, pertanto, il compito di sollecitare gli opportuni provvedimenti suggerendo all’organo amministrativo di individuare ed adottare lo strumento più idoneo per la risoluzione. La vigilanza in tal senso copre tutte le fasi del periodo di crisi, ossia dalla fase iniziale, al tentativo di una soluzione negoziale, alla procedura negoziale vera e propria e comporta un monitoraggio permanente sulla continuità aziendale.

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DOCUMENTI

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1 CAMPOBASSO G., Diritto commerciale, Diritto delle società, Vol. 2, Utet, 2009

2 I revisori dei conti

3 Le attuali società di capitali

4 F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Volume IV, Cedam, 2010, Pagg. 201-202: Nel continente europeo la legislazione del XX secolo, a cominciare dalla Legge azionaria tedesca del 1937, ha formalmente ripudiato il principio ottocentesco della sovranità assembleare. L’assemblea degli azionisti è esautorata: la sua competenza, da illimitata che era, diventa una competenza «speciale», circoscritta a specifici oggetti, ai quali esula la gestione dell’impresa sociale. […] Sul terreno, in particolare, dell’interna organizzazione della società ne deriva questo corollario: l’esercizio dell’impresa sociale deve essere, quanto più possibile, sottratto ai soci, perché i soci sono, per naturale disposizione, dominati da intenti egoistici di guadagno e questi intenti egoistici possono compromettere l’efficienza dell’impresa, pregiudicare la realizzazione della sua «funzione sociale». L’esercizio dell’impresa deve essere affidato ad un organo amministrativo che sia il più possibile indipendente dai soci e, perciò, in grado di valutare autonomamente le esigenze dell’impresa: un organo al quale spetti – così si era espresso il § 70 della legge tedesca del 1937 – di “dirigere la società sotto la propria responsabilità”. Secondo questo modello – confermato dalla Legge azionaria del 1965 – l’assemblea nomina un Consiglio di sorveglianza (Aufsichtsrat) che a sua volta nomina l’organo amministrativo (Vorstand); onde gli amministratori ricevono la propria investitura attraverso una elezione di secondo grado.

5 COSTANZO P. – PRIORI M. – SANGUINETTI A., Governance e tutela del risparmio. Best Practice, regole e comunicazioni al mercato, ED. Vita e Pensiero Collana Economia – Trattati e Manuali, 2007, pag.. 265: «Inoltre, il Consiglio di sorveglianza è sostanzialmente equiparato al Collegio sindacale, con in aggiunta dei maggiori poteri amministrativi, creando in tal modo un organo sociale ibrido”,

6 CAMPOBASSO G., op. cit.

7 In questo senso Cass. n. 20515/09

8 La nomina dei sindaci, con l’indicazione dei loro dati anagrafici, così come la cessazione dall’ufficio devono essere iscritte, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese entro il termine di 30 giorni.

9 CAMPOBASSO G., op. cit.

10 AMBROSINI S., in AA.VV., Il nuovo diritto societario, Giappichelli, 2005

11 FRANZONI M., Le società. Gli amministratori e i sindaci, Utet, 2002: [….] Le modifiche statutarie che riguardano la struttura e l’organizzazione degli organi interni alla società producono effetti soltanto per il futuro e non possono modificare il rapporto pendente.

12 AMBROSINI S., op. cit.

13 Norme di comportamento del Collegio sindacale, Cndcec, 15 dicembre 2010

14 Tale disposizione per le società quotate nei mercati regolamentati ha subito una deroga dall’art. 148 del T.u. fin che ha attributo ad apposito regolamento la definizione dei requisiti professionali.

15 CAVALIERE A., La nuova revisione legale dei conti, Maggioli 2010, pag. 29-30

16 Per tutti si veda GALGANO F – GHENGHINI R., Il nuovo Diritto societario, in Trattato di Diritto Commerciale e Diritto pubblico dell’economia, Tomo I, CEDAM 2006, pag. 505.

17 CASS. 1/04/82 n. 2009, in Giurisprudenza Commerciale, 5, 1982, II, pag. 570

18 GHINI A., La decadenza dalla carica del sindaco assente o assenteista, Il controllo nelle società e negli enti, 4/5, 2005, pag. 520

19 DE ANGELIS L., Manuale del revisore contabile e del sindaco nelle società non quotate, Maggioli, 2006, pag. 208.

20 Ibidem

21 Si precisa che in realtà sarebbe possibile per uno o per tutti i sindaci in regime di prorogatio per scadenza del termine rinunciare alla carica, rendendo quindi immediatamente efficace la propria cessazione. Nota contenuta nell’ORIENTAMENTO DEL COMITATO TRIVENETO DEI NOTAI IN MATERIA DI ATTI SOCIETARI, SETTEMBRE 2010, pag. 70.

22 DE ANGELIS, op.cit.

23 Trib. Milano, Sez. Civ. VIII, sentenza n. 42/2010

24 GAVIOLI F., Società di capitali, la dimissione del sindaco ha effetto immediato, in http://www.ipsoa.it/News/Impresa/societa_di_capitali_la_dimissione_del_sindaco_ha_effetto_immediato_id1013924_art.aspx, IPSOA 2010.

25 Norme di comportamento del Collegio sindacale, op.cit.

26 MEGNANI P., Art. 2400 c.c., Nomina e cessazione dall’ufficio, in GHEZZI F., Collegio sindacale. Controllo contabile, Giuffrè, 2005, pag 54

27 Si veda fra tutti Tribunale di Napoli 16.3.89

28 DE ANGELIS L., op. cit

29 COLOMBO G.E., Il bilancio di esercizio nelle S.p.a. in trattato delle Società per azioni, VOL. 7, UTET, TORINO 1994.

30 La Cassazione con la sentenza n. 20515/09 ha chiarito la portata della responsabilità dei sindaci per reati commessi dagli amministratori della società in conseguenza della loro condotta omissiva. Il mancato esperimento dei controlli che costituiscono un dovere per il collegio sindacale e la consapevolezza in capo all’amministratore di beneficiare dell’omesso controllo sono presupposti per la configurazione del reato di concorso omissivo in peculato. La Suprema Corte stabilisce che in capo ai sindaci è applicabile l’art. 40 comma 2 c.p. in base a cui non impedire l’evento che si ha l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo.

31 La disposizione vale anche per le Società di interesse pubblico e le società appartenenti ai loro gruppi.

32 Rientrano nella categoria le società quotate, le società emittenti strumenti finanziari diffusi, le imprese di assicurazione, le banche, le società di gestione dei mercati regolamentati, le società che gestiscono i sistemi di compensazione e garanzia, le società di gestione accentrata degli strumenti finanziari, le società di intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, le società di investimento a capitale variabile, gli intermediari finanziari di cui all’art. 107 del Tub.

33 GAVIOLI F., Il Collegio sindacale nelle S.r.l.: la nomina dopo la riforma, op.cit.

34 Le norme sono entrate in vigore il 7 aprile 2010 ma è bene precisare che la completa operatività di molte delle disposizioni normative in esso contenute è stata subordinata all’emanazione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze e della Consob, di appositi regolamenti attuativi.

35 Le società cooperative che rientrano nel secondo e nel terzo comma dell’art. 2477 c.c. o che emettono strumenti finanziari non partecipativi, ai sensi dell’art. 2543, sono tenuti alla nomina obbligatoria del Collegio sindacale.

36, Le funzioni del Collegio sindacale nelle Società a responsabilità limitata alla luce del D. lgs. n. 39/10, NOTA INTERPRETATIVA CNDCEC, MAGGIO 2010

37 Ibidem

38 Ibidem

39 Dalla lettura dell’art. 2359 c.c. si desumo tre tipologie di controlli: controllo interno di diritto (la società controllante dispone della maggioranza dei voti esercitabile nell’Assemblea ordinaria), controllo interno di fatto (la società controllante dispone di un notevole numero di voti sufficiente a influenzare la società controllata), controllo esterno (la società controllata è legata alla società dominante in conseguenza di vincoli contrattuali, per esempio con un contratto di agenzia).

40 BERNARDI D., Un’analisi comparativa delle norme di comportamento del Collegio sindacale approvate dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili il 15 dicembre 2010 rispetto al documento di consultazione diffuso il 6 agosto 2010, in Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, 2010.

41 BERNARDI D., op. cit.: […] l’interpretazione prevalente è stata quella di considerare le regole deontologiche, in linea generale, quali criteri indicativi rispetto ai quali il loro mancato rispetto non può essere considerato in via autonoma fonte di responsabilità diversa da quella disciplinare, mentre il loro rispetto non comporta necessariamente la verifica dell’osservanza del requisito di diligenza previsto dall’art. 2407 c.c.

42 Norme di comportamento del Collegio sindacale , op. cit.

43 È bene precisare che il limite di venti incarichi non è assoluto ma ordinatorio, imponendo un onere di spiegazione e documentazione che può essere superato con la procedura di autovalutazione del sindaco.

44 ROSCINI VITALI F., Rigore sui Consigli sindacali: soglia critica a venti incarichi, Il Sole 24 Ore, 3 Gennaio 2011

45 Le norme deontologiche del Collegio sindacale, op. cit: si vedano IFAC, Code of Etichs for Professional Accountants, nonché la raccomandazione della Commissione europea del 16 maggio 2002, nonché la raccomandazione della FEE, Federation des Experts des Comptables Europeens del luglio del 1998

46 Regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri di rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili

47 È bene sottolineare che per il Cndcec il mancato compenso per un periodo significativo potrebbe considerarsi una minaccia all’indipendenza del sindaco.

48 Cassazione n. 20515/09: la Suprema Corte precisa che il controllo sindacale deve comprendere, nonostante l’estraneità del Collegio alle scelte imprenditoriali degli amministratori il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione non riducendosi ad una verifica contabile nell’ambito della sola documentazione messa a disposizione dei sindaci e abilita gli stessi a chiedere notizie sull’andamento delle operazioni, a ricevere denunce da parte dei soci su fatti censurabili nell’esercizio dell’impresa obbligandoli a riferire nella relazione al bilancio sui concreti ed effettivi risultati dell’esercizio sociale.

49 Se la denuncia è fatta da tanti soci che rappresentano 1/20 del capitale sociale o 1/50 nelle società che fanno ricorso al marcato del capitale di rischio, il Collegio deve presentare comunque all’Assemblea le proprie conclusioni e proposte

50 ROSCINI VITALI F. – CAVESTRI L., Continuità al test dei sindaci, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 17 Marzo 2011

51 DE ANGELIS L., Collegio sindacale: sedici nuove norme dal Cndcec, in http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_330654.aspx, 17 marzo 2011

52 ROSCINI VITALI F. – CAVESTRI L., op. cit.

53 DE ANGELIS L., op. cit.

Abate Giuseppe Massimo

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