Il certificato medico elettronico nel pubblico impiego: a pochi giorni dalla scadenza del mese di collaudo il punto della situazione

Puzzo Carmela 22/07/10
Scarica PDF Stampa

Il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150,  meglio noto come decreto Brunetta, ha introdotto importanti novità nel corpo del Testo Unico sul pubblico impiego (D.Lgs. n. 165/2001).

Significativa, in proposito, è l’introduzione ad opera dell’art. 69 del citato decreto delegato dell’art. 55-septies in tema di controlli sulle assenze per malattia nel pubblico impiego.

La disposizione, che al comma primo prevede le ipotesi in cui l’assenza per malattia deve essere giustificata mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale; al comma secondo prevede un’importante innovazione sul fronte dell’informatizzazione della pubblica amministrazione: in tutti i casi di assenza per malattia, infatti, la certificazione medica deve essere inviata per via telematica all’INPS dal medico o dalla struttura sanitaria deputata al rilascio.

Con l’indicata norma dunque il certificato medico elettronico, sinora previsto solo nel rapporto di lavoro privato, ha fatto ingresso anche nel pubblico impiego.

Orbene, oggetto del presente articolo sarà proprio l’analisi della disciplina del certificato medico elettronico nel rapporto di lavoro pubblico.

A tale proposito, deve essere sottolineato che all’introduzione nell’ordinamento del certificato medico elettronico nel pubblico impiego ad opera del D.Lgs. n.150 del 2009, ha fatto seguito un decreto attuativo del Ministero della Salute in data 26 febbraio 2010, con il quale il governo ha provveduto con la previsione di ben cinque articoli a dare attuazione al contenuto dell’art. 55-septies nella parte in cui sancisce l’obbligo della trasmissione telematica all’INPS del certificato medico.

Non solo, in data 19 marzo 2010 il Dipartimento per la Funzione Pubblica ha emanato la circolare n. 1 con la quale ha fornito i chiarimenti e le istruzioni operative necessarie in merito alla trasmissione telematica dei certificati di malattia dei dipendenti pubblici in attuazione delle nuove disposizioni.

Nella medesima circolare è stata posticipata, altresì, l’entrata in vigore della nuova disciplina.

Ed invero, in essa è dato leggere che per i 3 mesi successivi alla pubblicazione del decreto di attuazione è riconosciuta comunque la possibilità per il medico di procedere al rilascio cartaceo dei certificati secondo le modalità attualmente vigenti.

Prosegue affermando che al termine del suddetto periodo transitorio la trasmissione è effettuata esclusivamente per via telematica.

Tuttavia, al fine di verificare la corretta funzionalità del sistema ed eventualmente operare interventi di messa a punto dello stesso, la circolare ha previsto altresì allo scadere del termine su indicato un ulteriore mese in cui sarà attuato il collaudo generale del sistema secondo le modalità definite d’intesa con il Ministero della salute e con il Ministero dell’economia e delle Finanze, nonché con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti.

Dopo avere delineato il quadro normativo in cui si inserisce il nuovo istituto, pare ora il caso di passare all’analisi della disciplina del medesimo, proprio alla luce delle disposizioni contenute nei provvedimenti indicati.

 

La nozione di certificato medico elettronico

Quando si parla di certificato medico elettronico si fa riferimento ad una tipologia differente di certificato medico rispetto a quello cartaceo.

Anch’esso ha ad oggetto i dati attinenti le condizioni di salute del lavoratore, tuttavia, si distingue dal certificato medico cartaceo per le modalità di trasmissione di tali dati all’INPS che avviene per l’appunto in via telematica.

Giova precisare che il nuovo art. 55-septies del T.U. sul pubblico impiego ( D.Lgs. n. 165/2001) nel prevedere che in caso di assenza per malattia del pubblico dipendente la certificazione medica deve essere inviata all’INPS per via telematica, non fornisce alcuna definizione di certificato medico elettronico.

È stato l’art. 1 del decreto attuativo  del Ministero della Salute del 26 febbraio 2010 a stabilire che “Ai fini di quanto previsto dal presente decreto si applicano le definizioni contenute nel DPCM 26 marzo 2008”.

Si tratta, com’è noto, dell’intervento normativo che ha introdotto l’invio telematico del certificato medico nel settore privato.

Ed invero, alla stregua del rinvio effettuato dal citato art. 1, per la definizione di certificato medico elettronico occorre fare riferimento agli articoli 6, 7 ed 8 del DPCM del 26 marzo 2008.

Deve considerarsi dunque  “certificato di malattia”, l’attestazione scritta di un fatto di natura tecnica destinata a provare la verità di fatti direttamente rilevabili dal medico curante nell’esercizio della professione, che attesti l’incapacità temporanea al lavoro, con indicazione della diagnosi e della prognosi.

Dal certificato medico va distinto il cosiddetto “attestato di malattia” che altro non è che un’attestazione medica senza l’esplicitazione della diagnosi.

Quanto al contenuto, ai sensi dell’art. 8 del DPCM del 26 marzo 2008 il certificato di malattia telematico deve indicare:

– i dati anagrafici del lavoratore ed il suo codice fiscale;

– la residenza o il domicilio abituale ed il domicilio di reperibilità durante la malattia;

– la diagnosi ed il codice nosologico;

– la data di dichiarato inizio della malattia, la data di rilascio del certificato, la data di presunta fine della malattia nonché nei casi di accertamento successivo al primo, di prosecuzione o ricaduta della malattia;

– la visita ambulatoriale o domiciliare.

Per quanto concerne invece le finalità del certificato medico elettronico, va sottolineato che esse sono identiche a quelle del medesimo documento emesso in forma cartacea.

Esso, infatti, da un lato garantisce il diritto del dipendente malato a non rendere la prestazione lavorativa oggetto del contratto di lavoro per tutta la durata della malattia e ciononostante di ricevere il trattamento economico secondo quanto previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva; dall’altro, assolve alla specifica funzione di giustificare l’assenza del lavoratore nei confronti del datore, consentendo a quest’ultimo di effettuare le visite di controllo per appurare la veridicità delle attestazioni in esso contenute.

 

I soggetti della procedura

È opportuno adesso passare in rassegna i soggetti protagonisti della procedura telematica contenuta nel più volte citato art. 55-septies

Essi sono: il medico, l’INPS, il datore di lavoro ed il lavoratore.

Ciascuno di tali soggetti ha degli obblighi ben precisi cui adempiere.

Procediamo con ordine.

“Medico curante” ai sensi dell’art. 7 del DPCM del 2008, espressamente richiamato dall’art. 1 del decreto del Ministero della salute del 26 febbraio 2010, è ogni medico dal quale può pervenire la certificazione di malattia.

Per  l’art. 55-septies sono tenuti alla trasmissione telematica del certificato medico sia i medici dipendenti del servizio sanitario nazionale sia i medici in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale.

Come ha specificato la circolare n. 1 del 2010, i medici effettueranno la predisposizione e l’invio telematico dei certificati di malattia all’INPS, nonché porranno in essere le operazioni di annullamento o rettifica dei certificati già inviati, tramite il cosiddetto SAC o sistema di accoglienza centrale reso disponibile dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Secondo il paragrafo 2 della stessa sono tre le modalità mediante cui il medico curante potrà usufruire dei servizi erogati dal SAC, fermo restando che per potere accedere a tali servizi, costui deve comunque disporre di apposite credenziali di accesso, vale a dire di un codice identificativo e da un PINCODE che devono essere rese disponibili secondo modalità che saranno comunicate sui siti internet del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’INPS.

Completata la procedura di compilazione e di invio telematico del certificato all’INPS, il medico deve alternativamente:

– stampare e consegnare al lavoratore la copia cartacea;

– inoltrare la copia in formato pdf alla casella di posta elettronica;

– inoltrare la copia in formato pdf alla casella di posta elettronica certificata;

Nel caso in cui non sia possibile utilizzare una delle esposte modalità, il medico dovrà comunque comunicare al lavoratore il numero di protocollo univoco del certificato emesso anche tramite sms contenente i dati essenziali dell’attestato di malattia.

Va, infine, segnalato che in caso di mancata disponibilità dei servizi erogati dal SAC il medico rilascia al lavoratore il certificato in forma cartacea, in tal caso non sarà soggetto alle sanzioni previste dal comma 4 dell’art. 55-septies di cui tratteremo a breve.

 

L’INPS a norma dell’art. 4, comma1, del decreto del 26 febbraio 2010 – ricevuto il certificato medico elettronico – deve rendere immediatamente disponibile al datore di lavoro l’attestazione della malattia rilasciata dal medico curante.

Ciò può fare attraverso due modalità:

– permettendo al datore di lavoro pubblico l’accesso diretto al sistema INPS rendendo disponibili allo stesso apposite credenziali;

– mediante l’ invio alla casella di posta elettronica certificata indicata dal datore di lavoro pubblico, il quale deve comunicare tale indirizzo all’istituto che gestisce la posizione assicurativa dei propri dipendenti che a  seconda dei casi sarà l’INPS o l’INPDAP.

 

Il datore di lavoro, quale destinatario del certificato medico elettronico, in questo caso è la pubblica amministrazione.

Quest’ultima secondo il paragrafo 5 della circolare, previo assenso del lavoratore, deve inoltrare alla casella di posta elettronica nominativa ovvero alla casella di posta elettronica certificata – rilasciata dall’amministrazione stessa al lavoratore – gli attestati di malattia ad esso relativi entro 24 ore.

Il lavoratore, infine, è colui che è legato alla pubblica amministrazione da un rapporto di pubblico impiego disciplinato dal testo unico 165 del 2001.

La circolare n.1 del 2010 delinea in modo dettagliato quelli che sono gli oneri ed i vantaggi del lavoratore.

Per quanto attiene agli oneri, costui nel corso della visita è tenuto anzitutto a fornire al medico curante o alla struttura sanitaria pubblica la propria tessera sanitaria da cui si desume il codice fiscale.

Deve, altresì, dichiarare al medico di lavorare presso una delle pubbliche amministrazioni  di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 e deve fornire allo stesso l’indirizzo di reperibilità da inserire nel certificato qualora  sia diverso da quello di residenza precedentemente comunicato all’amministrazione.

Dopo avere indicato gli oneri posti dalla suddetta circolare, passiamo adesso in rassegna i vantaggi accordati da tale normativa al lavoratore.

Lo stesso può chiedere al medico copia cartacea del certificato e dell’attestato di malattia o in alternativa l’inoltro tramite posta elettronica o posta elettronica certificata in formato pdf .

Qualora non sia possibile per il medico di provvedere secondo le esposte modalità, il lavoratore deve richiedere allo stesso il numero di protocollo identificativo del certificato di malattia emesso.

 Il maggiore vantaggio per il lavoratore è senza dubbio rappresentato dall’esonero dell’obbligo  di recapitare all’amministrazione di appartenenza il certificato medico o di trasmetterlo tramite raccomandata A/R alla medesima entro due giorni lavorativi successivi alla malattia.

Secondo l’attuale normativa, tale obbligo è infatti assolto dall’invio telematico effettuato dal medico.

Resta fermo, comunque, il dovere del lavoratore di segnalare tempestivamente la propria assenza e l’indirizzo di reperibilità qualora sia differente rispetto a quello di residenza comunicato all’amministrazione per i successivi controlli medico fiscali.

Altra novità favorevole per il dipendente pubblico è costituita dal fatto che l’INPS mette immediatamente a disposizione dei lavoratori le attestazioni di malattia relative ai certificati ricevuti.

Ciò permette a questi ultimi di accedere direttamente al sistema INPS tramite l’inserimento del proprio codice fiscale e il numero del protocollo del certificato per visualizzare il relativo attestato.

 

Le sanzioni

Come è dato leggere nella più volte menzionata circolare, il legislatore del 2009 al fine di garantire l’effettivo adempimento della trasmissione per via telematica dei certificati di malattia – in considerazione anche dei notevoli vantaggi che derivano dall’applicazione del sistema in termini di economicità ed efficienza dell’amministrazione pubblica – ha previsto nell’alveo dell’art. 55-septies oltre che una nuova figura di illecito disciplinare, un conseguente apparato sanzionatorio.

In proposito, l’art. 55-septies, comma 4, D.Lgs. n.165/2001 sancisce espressamente che “L’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica come sopra descritti costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta il licenziamento o, per i medici convenzionati la decadenza dalla convenzione in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi”.

Procediamo, in primo luogo all’analisi della struttura dell’illecito per poi soffermarci sulle sanzioni per esso previste dall’ordinamento.

La norma ritiene integrato l’illecito allorquando il medico violi gli obblighi di trasmissione telematica previsti dallo stesso art. 55-septies.

Obblighi che secondo il paragrafo 6 della circolare n. 1/2010 possono essere violati  o attraverso la totale omissione degli adempimenti richiesti, come ad esempio il mancato invio del certificato per via telematica, o tramite una condotta attiva.

A quest’ultimo proposito, la circolare fornisce un elenco dei possibili casi in cui il medico compie l’illecito quali l’invio a soggetto diverso, l’invio in forma cartacea, l’invio di informazioni incomplete o errate, l’invio della certificazione con ingiustificato ritardo.

Quanto all’elemento soggettivo dell’illecito oggetto di disamina, esso va individuato nella colpa intesa secondo i tradizionali canoni dell’imperizia, della negligenza e dell’imprudenza.

A dire della circolare la colpa va verificata anche in relazione alla disponibilità e al funzionamento dei mezzi telematici richiesti.

Non a caso, costituisce ipotesi di inesigibilità  e quindi insussistenza dell’illecito disciplinare, l’invio non tempestivo della certificazione medica per temporanea interruzione della connessione internet.

Come sopra anticipato, l’art. 55-septies, a garanzia dell’osservanza delle prescrizioni in esso contenute, prevede anche un apparato sanzionatorio.

Segnatamente, le sanzioni previste dal comma 4 di detta disposizione sono due: il licenziamento per il medico dipendente del servizio sanitario nazionale e la decadenza dalla convenzione per i medici convenzionati.

Tuttavia, affinché scatti l’obbligo sanzionatorio, il legislatore richiede la reiterazione dell’illecito da parte del medico.

A ben vedere, dunque, l’applicazione a seconda dei casi della sanzione del licenziamento o della revoca della convenzione verranno comminate  esclusivamente in caso di reiterazione della condotta d’inosservanza dell’obbligo di trasmissione telematica del certificato.

Ciò vuol dire che la singola condotta di inosservanza degli obblighi di trasmissione previsti dalla norma, pur costituendo illecito disciplinare, non comporta l’applicazione della sanzione.

In ordine all’applicazione delle sanzioni de quibus qualche perplessità, ad avviso di chi scrive, desta la previsione contenuta nell’ultimo capoverso del paragrafo 6 della circolare, ove si stabilisce che le sanzioni più gravi del licenziamento e della decadenza possono essere comminate solo in caso di recidiva ovvero in sede di irrogazione di una nuova sanzione a carico di soggetto già sanzionato perla violazione dell’obbligo di trasmissione telematica dei certificati.

In altri termini, non si comprende quali siano le altre sanzioni differenti da quelle espressamente previste dal comma 4 dell’art. 55-septies.

Da ultimo va rammentato che gli organi competenti all’ irrogazione delle sanzioni sono le ASL da cui dipendono i medici o con le quali i medici sono in rapporto di convenzione, in quest’ultimo caso però  su proposta del collegio arbitrale.

A conclusione di questa breve disamina sul certificato medico elettronico ci si deve soffermare sulla tempistica di attuazione  della normativa che lo disciplina.

Come anticipato in precedenza, il paragrafo 6 della circolare n.1 del 2010 ha previsto una posticipazione di tre mesi dell’entrata in vigore della nuova normativa.

Non solo, ha previsto che il mese successivo allo scadere di tale periodo sia dedicato al collaudo del sistema, ciò vuol dire che l’illecito disciplinare e la relativa sanzione per l’ipotesi di reiterazione scatteranno solo al decorrere del mese di collaudo.

Considerato che il termine di collaudo scade il 19 luglio 2010, in teoria dal giorno successivo a quello indicato nel pubblico impiego dovrebbe definitivamente sparire il certificato medico cartaceo.

Tuttavia, ad oggi nelle regioni regna la totale incertezza sul da farsi a causa delle concrete difficoltà applicative cui dà luogo la nuova normativa.

Ed invero, quasi certamente i medici per quella data non saranno in grado di adeguarsi alla medesima, atteso che – secondo quanto si apprende dalle notizie giornalistiche- non hanno ad oggi a loro a loro disposizione né il canale telematico né il software per utilizzarlo.

Conseguentemente, qualora il medico continui ad utilizzare il certificato cartaceo non si potrà procedere all’applicazione delle suddette sanzioni proprio a causa dell’inesigibilità cui si è detto prima, e di fatto si avrà la ulteriore posticipazione dell’entrata in vigore dell’obbligo di trasmettere in via telematica il certificato medico.

 

Avv. Carmela Puzzo

Puzzo Carmela

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento