I segretari comunali e provinciali sono “senza dubbio” equiparabili ai dirigenti

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A deciderlo è stata la prima sezione lavoro del Tribunale civile di Roma con sentenza depositata il 17 ottobre 2013 che, a più di tredici anni di distanza dalla promulgazione del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267 che li aveva «formalmente» esclusi dalla categoria della dirigenza, rappresenta il primo giudizio di merito in «assoluto» in cui si afferma che questi pubblici dipendenti sono, in ogni caso, «sostanzialmente» equiparati ai dirigenti.

Come si evince dallo svolgimento del giudizio, la vicenda trae origine da un ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato da uno dei sindacati di categoria, l’UNSCP (Unione nazionale dei segretari comunali e provinciali), volto ad accertare l’illegittimità della condotta dell’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) che lo aveva escluso dalla negoziazione per il rinnovo del CCNL dei segretari comunali e provinciali per il quadriennio normativo 2006-2009, per mancanza dei requisiti di rappresentatività richiesti dall’art. 43, del D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165 che, come è noto, considera separatamente la rappresentanza nel comparto del personale non dirigenziale da quella dell’area contrattuale dei dirigenti; quest’ultima non sussistente, secondo l’ARAN, per la categoria dei segretari comunali e provinciali che, pertanto, erano da ritenere confluiti all’interno del più generale comparto delle regioni ed autonomie locali unitamente al personale, non dirigenziale, c.d. dei «livelli», nella quale l’UNSCP difettava pertanto di rappresentatività. Respinto, quindi, il ricorso per difetto del requisito del periculum, in sede di reclamo, la seconda sezione lavoro, del medesimo Tribunale, con ordinanza del 18 febbraio 2011, dichiarava, invece, l’illegittimità della condotta denunciata dall’UNSCP e il diritto di quest’ultima a partecipare alle trattative contrattuali essendo la relativa pretesa, seppur «nel quadro di un’analisi compatibile con la sommarietà tipica del procedimento cautelare, in linea (oltre che con il senso di ragionevolezza, “vantando, notoriamente, i segretari una professionalità affine, per qualità e consistenza, a quella dei dirigenti”, dei quali ereditano, a riprova, il destino, in presenza di mobilità verso pubbliche amministrazioni) con la previsione di cui all’art. 43 del d.lg n. 165 del 2001» e altresì «confermando l’“inammissibilità logica” di un’assimilazione della categoria dei segretari e comunali a quella del personale non dirigenziale del comparto [c.d. dei livelli], accertando, la presenza (ovviamente a livello di fumus) di una vera e propria area “endocompartimentale” dei segretari».

Questa storica sentenza giunge, quindi, a conclusione del successivo giudizio di merito promosso dall’ARAN il 17 aprile 2012 con l’impugnazione dell’ordinanza or ora considerata. In quest’occasione, il Giudice, condividendo e richiamando integralmente le motivazioni della decisione impugnata, non solo ha rilevato come «la figura (e l’Area) propria del Segretario comunale o provinciale sia equiparabile (seppur distinta) a quella dei dirigenti e, per ciò stesso, pur nell’ambito del comparto regioni e autonomie locali, non riconducibile ai c.d. dipendenti “di livello”» ma anche che «in considerazione … [dei] “significativi elementi di fonte normativa e contrattuale”, non può, quindi, “dubitarsi” che, all’interno del comparto delle autonomie locali, oltre all’area dei dirigenti, sia individuabile “quella dei segretari comunali e provinciali”».

I citati elementi di fonte normativa (indicati come «precisi ed inequivocabili») posti a fondamento della decisione del Tribunale sono in primis le disposizioni contenute nel D.L.vo n. 267/2000, tra cui l’art. 97, dal quale (in riferimento al segretario) si evincono i «compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa a favore degli organi dell’ente locale», unitamente poi alla circostanza che (il medesimo) «“sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività”, salvo quando (…) il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale» al quale però (art. 108) «rispondono (…) [solo] i dirigenti dell’ente, ad “eccezione del segretario del comune della provincia”», per poi citare anche l’art. 98 che prevede che l’iscrizione all’albo dei segretari, a cui si accede a seguito di pubblico concorso, «è subordinata al possesso dell’abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei “dirigenti” della pubblica amministrazione locale»; concludendo, infine, il panorama legale, con il richiamo della legge 6 novembre 2012, n. 190, in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, laddove, all’art. 1, si è previsto che «l’organo di indirizzo politico individua, di norma tra i “dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia” in servizio, il responsabile prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel “segretario”, salva diversa motivata determinazione». A bene vedere, a parere di chi scrive, sebbene pretermessa, rileverebbe anche un’ulteriore disposizione. Il riferimento è all’art. 49 del D.L.vo n. 267/2000, che, al comma 2, dispone testualmente che «nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere [sulle proposte di deliberazione della Giunta e del Consiglio] è espresso dal segretario dell’ente, in relazione alle sue competenze», costituendo chiaramente un caso speciale di fungibilità funzionale, verticale ed unilaterale.

Ancora, passando poi agli elementi di fonte contrattuale, la sentenza contempla invece la circostanza (definita «significativamente rilevante») di come «per, il passato, i segretari comunali e provinciali [siano] stati destinatari di un proprio apposito CCNL, distinto da quello degli altri dipendenti degli enti locali».

A riguardo, per comprendere al meglio l’intera questione (anche senza richiamare le norme che hanno a lungo disciplinato lo status dirigenziale – almeno per i segretari generali – di questa figura professionale come, ad es., il D.P.R. n. 749/1972 ovvero, sotto un altro aspetto, la legge n. 142/1990 che, lo ricordiamo, al comma 3, dell’art. 52, assegnava formalmente a «tutti» i segretari anche le competenze dei dirigenti degli enti locali) è sufficiente volgere lo sguardo all’ordinamento immediatamente previgente a quello attuale, quando era ancora in vigore il comma 67, art. 17, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. Bassanini-bis), nel quale si indicava testualmente che «il comune e la provincia hanno un segretario titolare “dirigente” o funzionario [quest’ultima categoria fino a comprendere i segretari comunali capi: enti al di sotto dei 10.000 abitanti] pubblico», per poi successivamente prendere le mosse dal parere consultivo del Consiglio di Stato reso sullo «schema di testo unico in materia di ordinamento degli enti locali ai sensi dell’art. 31 della legge 3 agosto 1999» nell’Adunanza Generale dell’8 giugno 2000. In tale circostanza, i giudici di palazzo Spada, ritenendo (forse troppo sbrigativamente) che la «qualificazione come “dirigente o funzionario”, [sarebbe] stata superflua e, in ogni caso, definitivamente superata da un atto impegnativo del Governo, cioè dall’atto di indirizzo per la disciplina contrattuale del rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali, rivolto all’ARAN e adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri», reputarono opportuno proporre la riformulazione (successivamente accolta dal Governo) del primo comma dell’art. 97, dell’allora emanando TUEL, eliminando le parole «dirigente o funzionario pubblico».

In conclusione, in una prospettiva di de iure condito, sempre a parere di chi scrive, la portata immediata ed innovativa di questa pronuncia (salvo eventuali future conclusioni in senso contrario di corti superiori) starebbe innanzitutto nel fatto di aver radicalmente mutato il tenore della responsabilità dell’ARAN, da questa, pur tuttavia, accettata in sede di «dichiarazione congiunta» a conclusione della stipula del CCNL dei segretari comunali e provinciali del 1° marzo 2011, da mero «impegno [programmatico] ad assumere tutte le iniziative di informazione e supporto nei confronti del Comitato di settore e del Governo per la citata [sezione autonoma nell’area dirigenziale] futura collocazione contrattuale dei segretari comunali e provinciali» ad obbligo, di fatto, precettivo in quanto senz’altro, da oggi, ancor di più giustiziabile.

Gioffre Giovanni

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