I Regolamenti parlamentari degli Stati pre-unitari. Profili storici.

Sgueo Gianluca 26/04/07
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1. Introduzione – 2.1 Il Regolamento sui comitati della Repubblica Partenopea – 2.2 Le regole generali del Regolamento: la Presidenza – 2.3 I Comitati e le loro funzioni – 3.1 Il Regolamento della Municipalità Padovana – 3.2 Il ruolo dei Comitati – 4.1 Il Regolamento della Municipalità di Venezia – 4.2 Il ruolo del Presidente – 4.3 Il ruolo e le funzioni dei Comitati – 5. Il Regolamento del circolo costituzionale bresciano: un vero Regolamento?
 
1. Introduzione
La presente ricerca, divisa in due parti, si propone l’ambizioso obiettivo di analizzare dettagliatamente i principali profili che hanno riguardato le istituzioni parlamentari italiane, sul finire del XIX secolo, al fine di trarne indicazione per confrontare i due principali modelli parlamentari vigenti in Europa e valutare le prospettive di sviluppo che questi ebbero lungo l’arco del secolo. In un primo punto la trattazione figura un quadro storico della materia. Analizza cioè dettagliatamente il contesto che precede l’epoca dei regolamenti, Stato per Stato, e giustifica, per il loro tramite, le differenze che verranno a rilettersi nei regolamenti medesimi durante l’ondata rivoluzionaria che interessò gli Stati preunitari nel corso degli ultimi anni del secolo XVIII.
La Repubblica Napoletana anzitutto, nella quale l’arrivo dei francesi viene considerato dalla popolazione come l’evento che libera il territorio dalla presenza di una corona, quella di Ferdinando II, che non era stata in grado di far fronte ai problemi , preferendo scappare. Dunque i francesi convoglieranno, con le loro politiche di governo, le istituzioni napoletane verso l’adozione di modelli di tipo democratico. Benchè infatti il regolamento analizzato costituisca un caso particolare, avendo riguardo soprattutto all’organizzazione dei Comitati, quale strumento basilare di organizzazione della pubblica amministrazione, va però evidenziato il fatto che esso mostri con evidenza, il rovescio della medaglia delle pulsioni democratiche e delle istituzioni nate sulla scorta di queste. Lo scopo ultimo dei francesi resterà infatti quello di esercitare un controllo completo sulle istituzioni, per non dover poi trovarsi a contrattare con Stati che, superata l’ebbrezza del momento, chiedessero ed anzi pretendessero l’indipendenza. Dunque l’analisi del regolamento della Repubblica Partenopea porta ad una logica conclusione: sebbene il tramite fosse quello di istituzioni democratiche, organizzate per settori di rilevanza, coinvoglianti in un organo centrale (nel caso specifico: il Comitato Centrale) e potenzialmente in grado di incidere notevolmente nei settori di pertinenza, in realtà il vero motore del sistema resta il Governo Francese che, per mezzo del Generale in capo presso la città, controlla e dirige l’attività istituzionale di questa, ne approva le leggi, pone, se lo ritiene necessario, il veto e dunque indirizza l’operato di tutta l’amministrazione alla realizzazione degli interessi economici e politici dei francesi, dando ad essa la veste di democrazia.
Più intricata è invece l’indagine che si svolge sul regolamento della Repubblica Veneziana e quello della Municipalità Padovana, che necessitano di una trattazione congiunta, poiché la seconda, assieme ad altre municipalità dello stesso territorio, abbandono l’egemonia veneziana all’arrivo dei francesi e si dotò di una propria configurazione democratica. Quindi, da una parte la trattazione si sofferma sulle peculiarità che il regolamento dell’una e dell’altra vengono ad avere, soprattutto per ciò che riguarda la strutturazione ed il funzionamento del dibattito, ma dall’altra parte essa evidenzia come i due documenti vadano letti congiuntamente. Quello veneziano cioè come un atto che testimonia il tentativo di una nobiltà fiacca e oramai priva del potere di una volta di approfittare dell’istituzione di un’organizzazione democratica che tuttavia garantisse la sua sopravvivenza. Mentre quello padovano che si erge a modello di efficienza, regolando la disciplina di una Municipalità centrale, quella cui vengono affidati i compiti di maggior rilievo, ed un sistema capillare, si direbbe: “devoluzionistico”, in cui ciascuna municipalità esercita in autonomia le prerogative che gli sono proprie, e si relaziona costantemente con l’organo centrale per legittimare il proprio operato. Tutto ciò attraverso l’adozione di un sistema sorprendentemente maturo ed efficiente di rappresentanze che vedono le singole municipalità in grado di perorare i propri interessi presso la municipalità centrale.
Sulla stessa lunghezza d’onda è poi il regolamento della municipalità bresciana, anche questo caratterizzato da una serie precisa e puntuale di disposizioni e, di fatto non particolarmente dissimile da quelli finora analizzati, se non per aspetti talora marginali di cui, comunque, la trattazione da conto.
Infine analizzando il regolamento del Regno delle Due Sicilie, con il proposito di operare un confronto tra le tecniche normative ed organizzatorie operanti nel biennio 1795-1797 (dalla storiografia politica definito appunto il biennio rivoluzionario) e quelle che invece si svilupperanno pochi anni più tardi, nel 1815. Benchè si tratti di un lasso di tempo oggettivamente breve, tali e tanti sono gli eventi verificatisi in quegli anni che tra i quei regolamenti e questo pare vi sia un abisso. Non solo infatti la tecnica normativa è giunta ad un grado di maturazione ben maggiore, disponendo le norme con maggiore ordine ed intervenendo nel delineare una disciplina dettagliata ed uniforme, ma anche la stessa struttura organizzativa pare fortemente rivisitata. Non vi è più un cieco affidarsi all’organizzazione per comitati (benchè si lasci libera la comunità stessa di crearne quanti e quali voglia), l’organo collegiale prende coscienza di sé e dei propri limiti, ma anche delle proprie potenzialità. Le sviluppa esattamente nell’attribuzione delle prerogative a se stesso, come può essere il caso della immunità parlamentare, che negli altri regolamenti viene appena abbozzata ed invece qui trova una sua prima, completa, organizzazione in quanto ai tempi e le modalità entro le quali la si potesse svolgere.
La trattazione tende ad uno specifico obiettivo, ovvero la dimostrazione di quale tipologia di modello sia stata maggiormente seguita nel corso dello sviluppo delle vicende politiche degli Stati preunitari. Tutti i regolamenti che si sono presentati mostrano un dato comune incontrovertibile, ovvero il riferimento al sistema francese legicentrico. Ciò per una serie di ragioni che la ricerca si premura di approfondire e che possono essere sinteticamente riassunte in motivazioni di tipo puramente georgafico (la vicinanza della Francia all’Italia favoriva lo scambio del pensiero tra le due realtà) ma anche motivazioni di tipo politico, giustificate sulla base delle considerazioni già svolte per la repubblica partenopea. Ossia dall’esigenza francese di dominare la scena politica italiana, pur senza privarla del diritto di adottare un modello istituzionale di tipo democratico. L’altro modello, quello anglosassone, presenta aspetti molto diversi, estranei alla maggior parte delle legislazioni europee del tempo. Esso si configura cioè come un modello di tipo oppositivo, che non cede il passo al Re, quale figura istituzionalmente superiore alle fonti, ma anzi lo contrasta, ed intrattiene con questo una dialettica serrata per garantire il rispetto della democrazia e dei suoi principi.
Il modello anglosassone è dunque un modello che non tenta di escludere la monarchia dalla naturale dialettica tra le istituzioni, ma mira senz’altro a ridimensionarne il ruolo: non più garante delle leggi e superiore ad esse ma soggetto di diritto e dunque, al tempo stesso, soggetto alla legislazione vigente.
Tra tutti i regolamenti parlamentari analizzati uno solo si presta a chiarire quale potesse essere il funzionamento di un organo collegiale che intendesse adottare il modello anglosassone quale parametro di riferimento. Si tratta appunto del regolamento del circolo costituzionale bresciano. Un modello tanto più particolare se si considera che in realtà esso non è un vero e proprio regolamento parlamentare, e tuttavia sulla forma di quelli realizza la propria struttura. Non gestisce l’organizzazione dei comitati, non delibera sulle questioni di pubblico interesse. Piuttosto, il regolamento del circolo prevede una struttura che ha un moderatore che concede la parola o svolge le altre attività connesse al dibattito dell’organo, ma non esercita nessuno dei poteri vincolanti che gli altri regolamenti invece affidano ai Presidenti delle assemblee. Oltre a ciò contiene una serie di previsioni estremamente particolari che lasciano intendere lo spirito democratico dello stesso, e, ancora una volta, il riferimento a modelli parlamentari di tipo anglosassone. Si tratta delle previsioni che attengono la possibilità di istituire “istruzioni famigliari”, ovvero destinare denaro in beneficenza, garantire la lettura e la spiegazione delle disposizioni costituzionali o di legge che necessitassero della maggiore attenzione, ed ancora intervenire al fine di garantire a qualsiasi cittadino, seppur privo di istruzione, la possibilità di partecipare alle sedute assembleari. Ciò non può che configurare un modello estremamente diversificato rispetto a quelli finora analizzati, e, pur non rovesciando le considerazioni fatte poc’anzi in merito ala prevalenza schiacciante del modello francese rispetto a quello inglese, tuttavia conferma come anche il modello anglosassone era conosciuto tra gli studiosi politici del tempo. Un modello che, come gli eventi storici hanno dimostrato, sarà destinato ad affermarsi lungo l’arco del XVIII e XIX secolo quale modello fondamentale delle istituzioni democratiche.
 
2.1 Il Regolamento sui comitati della Repubblica Partenopea
Il Regolamento analizzato, risalente al 1797, disciplina “la formazione dei Comitati del Governo, lo stabilimento delle loro facoltà, ed i limiti della loro giurisdizione”. Si tratta dunque di un regolamento che, a differenza di alcuni tra gli altri che verranno presi in considerazione, riveste particolare importanza con riferimento alle strutture di base degli istituendi Governi Provvisori in Italia, a seguito dell’arrivo dei francesi.
Si è visto infatti che il comune denominatore di questi governi fu quello di avere una struttura collegiale unitaria, preposta allo svolgimento delle funzioni decisionali di maggior rilievo, ed un numero più o meno ampio di Comitati, a loro volta organi collegiali composti da membri dell’Assemblea, esercenti funzioni specifiche in determinati settori di interesse pubblico.
Questa struttura, che costituisce il primo esempio di struttura burocratica amministrativa (quella che si trasformerà poi nell’apparato ministeriale così come oggi lo conosciamo), era ricalcata sul modello francese. Aveva lo scopo di agevolare lo svolgimento delle funzioni dell’Assemblea, impedendone la paralisi. Si basava sugli stretti rapporti che i singoli Comitati avevano tra loro, con le amministrazioni sottoposte al loro controllo e con l’Assemblea stessa.
L’esempio del regolamento della Repubblica Partenopea è dunque estremamente appropriato per ben comprendere questi tratti distintivi. Significativo a tal proposito è l’incipit del regolamento, ove, su dichiarazione del Generale in capo francese Championnet[1], si specifica che la legge (così infatti viene chiamato il documento dai redattori) fissava le facoltà ed i limiti della giurisdizione dei Comitati. In ciò si riassumendosi l’intero contenuto del documento.
Di estremo interesse è anche la dichiarazione di intenti[2] che precede il corpo regolamentare vero e proprio. In essa si specifica, indirettamente, quale sarebbe stato lo scopo della legge nell’organizzare i Comitati, ovvero: ristabilire l’ordine pubblico senza ritardo; rigenerare l’amministrazione generale in tutti i suoi rami; riorganizzare la comunicazione della capitale con le province; rendere profittevoli le rendite pubbliche; regolare e custodire adeguatamente le spese.
L’intento è dunque chiaro. Il regolamento interviene in una situazione politica evidentemente complessa ed estremamente caotica, dove si rende assolutamente necessario riorganizzare le strutture basilari dell’amministrazione. Bisognerà provvedere a rimettere in sesto le forze armate, ristabilire i contatti (presumibilmente interrotti dalle operazioni belliche), ma anche far tornare profittevoli le rendite pubbliche, riportando il bilancio pubblico in attivo. Per farlo si procederà all’istituzione dei Comitati, sulla falsariga del modello francese, che andava in quegli anni affermandosi in tutte le realtà politiche pre-unitarie filo-francesi.
 
2.2 Le regole generali del regolamento: la Presidenza
Prima di affrontare la disciplina di ogni singolo comitato il documento stabilisce una serie di interessanti regole generali. Anzitutto introducendo la figura del Presidente della Rappresentazione Nazionale, il quale esercita una serie di rilevanti funzioni. Ha non solo il diritto di partecipazione, ma anche quello di voto in tutti i Comitati[3]. Il potere di voto di questo svolge un’altra funzione essenziale: in caso di parità nelle votazioni infatti, al fine di superare l’impasse, si rende necessaria l’opinione del Presidente del Comitato centrale per la deliberazione o elezione dei membri del comitato stesso. Due sono quindi le considerazioni da svolgersi: anzitutto il fatto che il Presidente pare eserciti, nel primo caso, una facoltà di voto, mentre, in questo secondo caso, la disposizione pare configurare piuttosto un dovere, necessario al fine di sbloccare una situazione di momentanea paralisi decisionale, dovuta alla parità dei voti.
In secondo luogo sembra che in realtà questo potere-dovere comprenda a sua volta due ipotesi: ovvero la semplice deliberazione, oppure l’elezione, in concerto con gli altri membri del comitato stesso.
Da notarsi è infine il fatto che alla questione della parità di voti il regolamento dedica un altro articolo, il quattordicesimo. In esso stabilisce che, qualora si presenti una situazione simile, e sia impossibile comporre il Comitato in numero dispari, allora spetta al Comitato Centrale (si presume attraverso la figura del Presidente) di avvertire i rispettivi Comitati affinché prestino un membro al primo, consentendo di ottenere, con il suo voto, una soluzione decisiva al problema creatosi.
Altra menzione ai Presidenti, stavolta però dei singoli Comitati[4], la si ha nell’art. IV, indicandoli come i soggetti responsabili dello svolgimento delle attività dei Comitati durante la fase transitoria che precede l’instaurazione del Comitato Centrale.
La durata della Presidenza è menzionata dall’art. V, il quale specifica laconicamente che essa è fissata in un mese.
Infine, l’art. XV torna sulle funzioni del Presidente del comitato Centrale, specificando che i suoi poteri sono di fatto limitati alla sottoscrizione degli atti frutto delle deliberazioni collegiali del Comitato, nonché all’unione dei suffragi nelle sue deliberazioni. Va notato che la sottoscrizione non è autonoma, ma va fatta congiuntamente al Segretario, come delinea chiaramente l’art. XV.
Benché alcuni regolamenti contengano disposizioni specifiche su una nutrita serie di figure istituzionali, nel caso di specie, oltre al Presidente, si fa menzione del solo Segretario. Nell’art. XII infatti si stabilisce che la nomina di questo avviene per opera del Comitato Centrale, e che le sue funzioni consistono essenzialmente nella redazione scritta di tutte le deliberazioni, nonché nell’esercizio di un potere di firma congiunta (con l’organo Presidenziale) delle stesse.
L’art. XXIX specifica che ciascun Comitato ha un proprio segretario, che assiste alle deliberazioni e firma assieme al Presidente gli atti di questi.
Circa il funzionamento dei Comitati, la legge si sofferma anzitutto sui luoghi nei quali questi si riuniscono. L’art. IV, in via generica, dispone che ciascun Comitato, in attesa dello stabilimento e costituzione del Comitato Centrale, si riunisca nei luoghi in cui è predisposto eserciti le sue funzioni[5]. Anche in questo caso due sono le considerazioni che possono farsi. In primo luogo il fatto che il regolamento tralasci di indicare quali siano specificatamente questi luoghi, probabilmente perché già noti.
Dunque (questa la seconda considerazione sul merito) posticipando ad un successivo ed ulteriore riordino degli stessi la costituzione del Comitato Centrale. Certo è che anche questo elemento contribuisce a chiarire l’idea della estrema confusionarietà ed incertezza sulle sorti politiche della città e del territorio circostante che dovevano regnare in quei giorni tra i cittadini e le stesse istituzioni.
Successivamente, all’art. XIII, il regolamento dispone che ogni deliberazione si prende a maggioranza di voti. Il sistema adottato è dunque quello più semplice ed efficace: la maggioranza semplice dei votanti, senza introdurre alcuno sbarramento particolare per le votazioni nelle materie più delicate.
La deliberazione però richiede un’ulteriore requisito, ossia la sussistenza di un numero legale di partecipanti al voto affinché questo possa risultare valido. Servono pertanto almeno tre membri del Comitato perché la deliberazione possa considerarsi validamente assunta.
Ciascun membro dei comitati, conclude l’articolo, ha diritto di far registrare (presumibilmente ad opera del Segretario, benché il regolamento non si soffermi sul punto) le sue opposizioni alle decisioni prese.
Alcune norme che riguardano il funzionamento dell’intero apparato collegiale sono contenute tra le disposizioni che disciplinano il funzionamento del Comitato Centrale. In particolare gli artt. IX e XI, stabiliscono, rispettivamente, che spetta al Comitato Centrale stabilire la data e l’ora in cui dovranno presentarsi presso questo per relazionare della propria attività, e che le comunicazioni avvengano per il tramite di un rappresentante per ciascun Comitato, perlopiù in forma scritta e che in sede di deliberazione del Comitato Centrale il suddetto rappresentante possa esercitare diritto di parola.
 
2.3 I Comitati e le loro funzioni
La parte centrale e più importante di tutto il regolamento tratta dei singoli Comitati e delle loro funzioni. Anzitutto c’è il Comitato Centrale, le cui funzioni sono quelle più articolate ed, ovviamente, importanti. Risulta anzitutto incaricato della direzione e dell’impiego di tutte le forze di terra e di mare, evidentemente in concerto con il Comitato Militare, che esercita le medesime funzioni. Ma soprattutto è incaricato della negoziazione di tutti gli affari e di tutti gli interessi della Repubblica con le potenze straniere, nonché di ogni missione diplomatica, della gestisce la corrispondenza con il Direttorio esecutivo della Repubblica Francese, con il Generale in capo e con le altre Repubbliche alleate alla Francia. In pratica cioè è deputato alla gestione di ogni aspetto delle pubbliche relazioni, riferendo direttamente agli organi di comando francesi.
Tra le sue funzioni sono poi da annoverarsi anche quelle di tipo più specificatamente esecutivo. È infatti responsabile di ogni misura esecutiva delle leggi, di quelle concernenti la polizia generale e la pubblica amministrazione[6].
Poiché ciascuna di queste funzioni è affidati anche ad altri Comitati, risulta evidente che quella del Comitato Centrale è più un’azione di vigilanza e coordinamento, essendo presumibile che vengano lasciate le questioni di ordinaria amministrazione alla gestione dei Comitati competenti in materia. A conferma di ciò vi è l’art. VIII, nel quale si ribadisce che, in concerto con il corpo legislativo, il Comitato Centrale regola la distribuzione delle rendite dei ministeri, le entrate e le uscite, nonché vigila sull’impiego e ne approva il pagamento.
Ancora, è necessaria l’approvazione di questo, ex art. X per l’esecuzione o pagamento di qualsiasi contratto di somministrazione nei lavori pubblici.
Benché in apparenza le funzioni possano sembrare numerose, queste vanno lette alla luce della disposizione conclusiva del regolamento, l’art. XXXI, in cui si dispone che tutte le deliberazioni assunte da questo Comitato che non siano relative all’esecuzione letterale di una legge, dovranno essere approvate dal Generale in capo. In sostanza quindi il governo francese intende, con questa disposizione conclusiva, mantenere saldo il controllo sulla normazione dello Stato, garantendosi una sorta di potere di veto sulle deliberazioni che non ritenesse conformi alla propria volontà. Il che non fa che confermare le conclusioni raggiunte nel corso della prima parte di questa trattazione, ove si è posto in risalto il fatto che spesso le autorità francesi dimostrarono di avere maggiore interesse al controllo dei territori piuttosto che all’effettivo sviluppi dei principi democratici nelle istituzioni di questi.
Segue il Comitato di Legislazione: ad esso non spetta la gestione dell’amministrazione bensì la preparazione della Costituzione e delle leggi riguardanti l’abolizione di tutti quegli istituti giuridici che siano contrari ai principi di libertà.
Il Comitato di Polizia Generale è incaricato di tutte le misure relative alla sicurezza e l’incolumità pubblica. Ma soprattutto svolge funzioni di accusa (in termini moderni si direbbe di pubblico ministero), presso qualsiasi Tribunale, nei confronti di chi complotti contro la Repubblica e le sue istituzioni[7].
Il rapporto con i Tribunali però non si esaurisce all’esercizio della pubblica accusa. Esso, in concerto con il Corpo Legislativo, si occupa anche di relazionare in merito all’attività giudiziaria e predisporre un’adeguata legislazione civile e penale.
Di estrema importanza è infine la norma contenuta nell’art. XXI, nel quale si dispone che tutte le deliberazioni assunte dal Comitato in materia di sicurezza e tranquillità pubblica, non possono essere riformate se non a seguito di un decreto dei Rappresentanti che avvenga con scrutinio segreto.
Vi è poi Comitato Militare tra i suoi compiti vi sono ovviamente quelli di gestione delle truppe di mare e terra, del mantenimento delle caserme e dei porti. Gli sono invece espressamente precluse le funzioni di sottoscrizione di contratti e la nomina di ufficiali che sia avvenuta senza l’approvazione del Comitato Centrale.
Al Comitato delle Finanze spettano funzioni estremamente importanti, avendo il dovere di vigilare ed ispezionare tutti gli immobili e le proprietà nazionali, ma soprattutto vigilare e predisporre l’esazione fiscale, convogliando gli introiti nella Cassa Pubblica[8]. Inoltre ad esso è affidata la gestione del conio, con tutte le operazioni che a questo si legano (peso, esattezza, titolo legale, ecc.).
Infine, c’è Comitato Interno le sue funzioni sono strettamente legate all’amministrazione pubblica: ne cura l’organizzazione. La dirige nello svolgimento delle funzioni affidate. In sostanza ha il compito di vigilare sul corretto funzionamento di questa, mettendola, se necessario, nelle condizioni di operare.
Il documento specifica infatti all’art. XXVIII che sono sotto la sua giurisdizione gli ospedali, i monumenti pubblici, le sussistenze, nonché i teatri, il clero e la posta.
A conti fatti il regolamento in questione costituisce un ottimo esempio di come le istituzioni locali e quelle francesi, avvalendosi di questo prezioso (e, si vedrà, estremamente duttile) strumento normativo verranno a mettere ordine all’organizzazione del territorio ed agli interessi a questo collegati. Ciò in nome dei principi democratici ed egualitari.
 
3.1 Il regolamento della Municipalità Padovana
L’organizzazione della Municipalità Padovana è affidata ad un regolamento estremamente dettagliato e completo. A differenza di altri regolamenti simili, che non fanno cenno, se non sporadicamente, alle circostanze in cui sono stati emanati, in questo è presente un’ampia parte introduttiva nella quale si espongono dettagliatamente le ragioni per cui la Municipalità si dotava di un’organizzazione sistematica. E dunque al fine di evitare il rischio che i disordini politici di Venezia e l’avanzare delle truppe francesi potessero arrecare danno alla cosa pubblica, ed inoltre, allo scopo di superare le discordie e le scissioni, “è devenuto a stabilire un’Organizzazione sistematica provvisoria delle Municipalità diPadova, e di tutto il Dipartimento Padovano, la quale dovrà d’ora innanzi servire di sola norma alle autorità tutte”.
La parte introduttiva dunque contiene essa stessa un’importante previsione dispositiva, ovvero l’ordine per tutte le Municipalità sussistenti (ed ovviamente rientranti nel circondario della città di Padova) di conformarsi provvisoriamente a quanto stabilito in tutta una serie di importanti materie: la giustizia, la sanità, la riscossione fiscale e le forze armate. Ciò al fine ultimo di convincere il Generale francese della buona volontà di queste istituzioni, del rispetto per i principi rivoluzionari della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza, e preservare dunque intatte le proprie strutture[9].
Le dichiarazioni di principio inerenti l’esigenza di una strutturazione complessiva del Territorio vengono ribadite nella seconda parte del regolamento, dove se ne trattano però gli aspetti pratici. L’intero Dipartimento Padovano viene dunque diviso in nove Cantoni, ciascuno dei quali ha un Capo-luogo ed una Municipalità provvisoria ivi residente. Ciascuna di queste Municipalità Dipartimentali convogliano nella Municipalità Centrale di Padova per tutti gli aspetti di maggior rilievo, e mantengono, al tempo stesso, alcune prerogative esclusive. In particolare la gestione della polizia all’interno del distretto, l’esercizio della giurisdizione civile (secondo però l’assegnazione predisposta da un Piano della Municipalità Centrale) e criminale, l’istruzione e la direzione dell’annona.
Ciascuna di queste Municipalità dipartimentali sceglie un Deputato tra i Cittadini più probi e zelanti e lo destina a risiedere presso la Municipalità Centrale, di modo che possa farsi latore delle esigenze del proprio territorio.
Benché gli eventi storici di cui s’è dato conto impedirono di fatto a questo ed altri regolamenti di poter esplicare i propri effetti per un tempo sufficientemente lungo, può dirsi però che l’impianto da questo instaurato avesse tutte le prerogative per poter funzionare nel migliore dei modi, prevedendo una rete di contatti e di rapporti tra l’organo centrale e quelli periferici.
Appunto la prima parte è dedicata alla regolamentazione della Municipalità Generale di Padova. Questa si compone di trenta membri scelti tra i cittadini più noti per probità, civismo, virtù ed amore della libertà. Benché la struttura sia basata, anche in questo caso, sulla suddivisione in Comitati, il nucleo centrale è costituito dal Consiglio Generale.
Il quarto articolo ne regola, appunto, la composizione e le competenze. Vi entrano a far parte tutti i Membri della Municipalità (ed anzi è necessario un numero legale di almeno la metà dei Membri più uno perché possa regolarmente costituirsi), i quali si riuniscono regolarmente tutte le sere ed in via straordinaria ogni volta che il Presidente lo riterrà necessario. Tra le sue prerogative rientra anzitutto il coordinamento dei Comitati[10], e, più in generale, l’espressione degli alti valori Repubblicani, ad esempio accogliendo le segnalazioni che i singoli Comitati riportino per conto del Popolo. Dunque si è di fronte alla struttura di un organo centrale che pur non avendo specifici poteri di natura esecutiva esercita funzioni altrettanto importanti.
La funzione del Presidente viene disciplinata anch’essa nel quarto articolo. Quest’ultimo viene eletto tra i Membri dell’amministrazione generale[11] e durerà in carica dieci giorni. A turno tutti i membri del consesso occuperanno questa carica, seguendo l’ordine secondo il quale furono nominati nella loro elezione.
Rilevanti sono le funzioni da questo svolte: apre e chiude le sessioni. Inoltre regola il diritto di parola, accordandola il ordine di tempo. Sempre a tale proposito, si accerta che le discussioni non si allontanino dalla tesi proposta e che nessun Membro interrompa gli altri. Al termine della discussione riassumerà la questione, riducendo la tesi all’affirmativa, o alla negativa”, e aprirà le votazioni. Ha poi la facoltà di mutare il Consiglio Generale in Comitato segreto, su richiesta dei membri del collegio. Se un terzo della Municipalità ne fa richiesta e se ricorrono motivi urgenti, trasforma la seduta in “permanente”. Ciò significa che nessuno potrà allontanarsi dall’aula senza aver ottenuto il suo permesso. Vigila inoltre sul buon ordine di tutti i Comitati, rendendone poi conto alla Sessione Generale.
Le altre figure istituzionali cui fa brevemente cenno il provvedimento sono il Vice-Presidente, nominato dal Presidente stesso, e facente le sue veci ed il Segretario, nel numero di uno per ciascun Comitato. La principale funzione di questi è quella di redigere i verbali. Interessante però notare come il regolamento ponga una differenza tra i Segretari dei singoli Comitati e quello del Comitato Generale. I primi possono assistere alle sessioni della Municipalità Generale solamente se la discussione verta intorno alle materie di pertinenza del Comitato di riferimento. Invece il Segretario Generale, in virtù del disposto del quarto articolo, ultimo comma, ha l’obbligo di essere presente a tutte le Sessioni della Municipalità, anche quando questa è ridotta in Comitato segreto.
 
3.2 Il ruolo dei Comitati
Infine il regolamento disciplina i singoli Comitati in cui è divisa la Municipalità[12] Padovana. Comitato di Corrispondenza Generale – il quale è composto da tutti i Municipalisti che non siano già occupati in altri Comitati ed esercita funzioni generiche: prende cioè cognizione di tutti gli aspetti che riguardano l’amministrazione generale ed inoltre accoglie le petizioni per poi rimetterle ai singoli comitati competenti .
Il Comitato di Sicurezza Generale ha il compito di vegliare sulla pubblica tranquillità e sicurezza, avvalendosi a tal fine della polizia interna della Città. Al fine di promuovere i principi democratici può esercitare funzioni repressive contro qualsiasi nocumento agli interessi pubblici.
Il Comitato di Pubblica Istruzione, la cui principale attività è quella di promuovere le arti, le scienze e le lettere tra la popolazione. A tal fine gestisce il sistema scolastico ed universitario.
Anche nel caso del Comitato di Sanità le funzioni svolte sono indicate genericamente: compie cioè qualsiasi attività che sia volta a tutelare la sanità (soprintendendo dunque agli ospedali).
Il Comitato di Economia Pubblica e Finanze, infine, esercita funzioni riguardanti l’amministrazione e le fonti della pubblica rendita.
Gli altri Comitati sono quello di Agricoltura, Commercio, Arti, Mestieri ed Acque; Militare e di Sussistenze, Pesi e Misure.
 
4.1 – Il regolamento della Municipalità di Venezia
Se la struttura del regolamento appena analizzato appare piuttosto semplice, limitandosi alla regolamentazione dei diversi Comitati, ben più complessa ed articolata è la struttura del regolamento organizzativo dell’intera municipalità veneziana. Il documento infatti, oltre a disciplinare i singoli comitati, contiene una serie interessante di disposizioni in tema di rapporti istituzionali tra diverse cariche e sul funzionamento delle diverse sedute.
A sua volta anche la tecnica normativa appare più complessa: ciascun articolo si scompone in capi che riassumono le funzioni dei singoli organi e ne disciplinano le prerogative. Del resto l’intento risulta evidenziato anche dalle dichiarazioni iniziali, in cui si specifica che “per prima e necessaria cura intraprese di formar un riparto d’incombenze, affine di potere a tutto provvedere…di aprir l’adito a tutti i Cittadini…di essere intesi nelle loro esistenze, sostenuti ne’ loro diritti, presidiati, e difesi”. Ovvio dunque come, per realizzare questi obiettivi, si rendessero necessarie una serie di disposizioni che regolassero adeguatamente il funzionamento della municipalità nello svolgimento delle proprie funzioni.
L’articolazione e la struttura di questa municipalità è trattata dal primo articolo. Essa si compone di sessanta Membri, in funzione rappresentativa del Popolo. Di questi sessanta quarantaquattro compongono gli otto Comitati, i restanti sedici invece svolgono la funzione di accogliere le petizioni di tutti i Cittadini, al fine di trasmetterle successivamente agli stessi Comitati, che ne faranno successivamente rapporto alla Municipalità. Il procedimento attraverso il quale si consente ai Cittadini di far pervenire le proprie segnalazioni agli organi competenti è dunque articolato in tre fasi. Un procedimento sicuramente complesso ed articolato che però sembra poter contare su tutte le assicurazioni necessarie per poter portare le doglianze dei singoli presso la Municipalità, affinché questa intervenga.
Tale conclusione si conferma nella lettura del terzo articolo, dove, oltre a dettarsi alcune disposizioni in merito all’orario di riunione dei singoli Comitati, si specifica che se la petizione è urgente, allora il Comitato competente potrà darle la precedenza, dopo averlo annunciato nel Decreto che la esprime.
Le principali disposizioni inerenti la Municipalità possono essere così sintetizzate: richiede, ex art. 2, al fine della legalità della convocazione, la presenza di almeno metà dei membri che la compongono più uno. Vi sono poi una serie di disposizioni inerenti lo svolgimento delle sessioni. Ai sensi dell’articolo terzo ciascun membro della Municipalità deve sedere al proprio posto, senza potersi alzare, nè può discostarsi dalle materie messe all’ordine del giorno, salvo i casi di urgenza.
Affinché le mozioni possano essere discusse inoltre, è necessario che almeno quattro membri l’appoggino. Ciascuna votazione si svolge nel modo più semplice: per levata e seduta.
Infine, su istanza di almeno sedici membri, si può procedere a votazione con scrutinio segreto, che sarà svolta con bossoli o ballotte.
 
4.2 Il ruolo del Presidente
Molto dettagliato è poi l’insieme di disposizioni che riguardano il ruolo del Presidente (la cui L’elezione avviene per scrutinio segreto[13], ogni quindici giorni) perlopiù contenuti all’interno dell’art. 2. Molteplici sono le funzioni da questo svolte, assumendo però soprattutto il ruolo di moderatore delle singole sedute, dovendone garantire il corretto ed ordinato svolgimento. Più esattamente egli apre e chiude ogni singola Sessione. Ne mantiene l’ordine: ciò comporta un potere di richiamo all’ordine dei membri che se ne allontanino e di censura nei confronti quelli che “si permettessero delle personalità”. Qualora i suoi richiami non servano a riportare l’ordine all’interno della stessa, egli dispone di una estrema ratio: potrà cioè coprirsi con un cappello, e tutti i membri dovranno allora scoprirsi, essendo considerato cattivo Cittadino chi non si prestasse all’ordine.
Inoltre il Presidente accorda la parola a chi l’ha chiesta, ma può anche toglierla se costui si allontanasse dalla questione. Riassume ogni questione al termine del dibattito e la pone al voto. Interessante notare il fatto che lo stesso Presidente non dispone di un autonomo potere di parola, ma deve chiederlo previamente alle Camere.
A fare le veci del Presidente vi è, infine, un Vice Presidente che lo sostituisce in sua assenza, viene eletto ogni quindici giorni e, qualora sia esso stesso impossibilitato ad intervenire viene sostituito dal membro più anziano della Camera. La cura con cui il regolamento dispone sulla questione è dovuta alla rilevanza dei poteri spettanti all’organo presidenziale: essendo responsabile dell’intero svolgimento della seduta è evidente che non può mai mancare un soggetto che ne svolga le funzioni.
Il secondo articolo dispone in ordine al ruolo dei Segretari. Se ne prevedono quattro, dei quali uno viene cambiato a turno ogni quindici giorni con lo stesso metodo con cui si elegge il Presidente (scrutinio segreto dunque), mentre i restanti tre si avvicendano estraendosi a sorte. Tra le funzioni da questi svolte vi è la redazione del processo verbale della Sessione[14].
 
4.3 Il ruolo e le funzioni dei Comitati
Il regolamento infine contiene una serie di disposizioni inerenti il ruolo e le funzioni dei singoli Comitati. Questi sono il Comitato Militare che è composto da cinque membri e, tra i suoi compiti, annovera la presidenza dell’arruolamento ed il controllo delle forze armate terrestri e marittime, nonché delle fortificazioni.
Presenta poi alla Municipalità i nomi dei cittadini emeriti per le ricompense ed i soccorsi; organizza la Guardia Nazionale e gestisce la Polizia Militare.
C’è poi il Comitato delle Finanze e della Zecca che è composto da sette membri e le sue attività riguardano l’intero settore dell’economia pubblica (percezione dei dazi, delle imposte e delle dogane), la formazione del bilancio del bilancio per gli organi centrali e periferici, e il controllo delle attività della Zecca.
Ancora, il Comitato di Sanità, composto da cinque membri, che si vede delegare tutte le ispezioni che precedentemente esercitava l’omonimo Magistrato. La particolarità è però data dal fatto che interviene anche in materie connesse al commercio, facendo regolarmente relazioni alla Municipalità.
Ne Comitato di Salute Pubblica le funzioni svolte dai cinque membri che lo compongono sono perlopiù tese alla repressione nei confronti dei nemici della Libertà, potendo addirittura disporne l’arresto (purchè nelle successive ventiquattro ore vengano rimessi al Tribunale Criminale competente); al controllo sulla tranquillità interna (attraverso la polizia, la guardia nazionale e le forze armate), nonché nello svolgimento di attività diplomatiche con i paesi esteri. Sotto questo profilo è interessante notare come sia questo il Comitato preposto a tenere i rapporti con il comandante francese di stanza in città.
Gli ultimi tre Comitati sono il Comitato d’Arsenal e Marina – composto da cinque membri e preposto a vigilare sull’arsenale, disciplinandone l’amministrazione e presidiando al contempo l’organizzazione e la movimentazione delle forze armate navali. Il Comitato del Banco Giro, Commercio ed Arti. Anche qui vi sono cinque membri, con funzioni dirette alla presidenza dell’industria, delle arti, delle invenzioni e delle fabbriche. In pratica anima il commercio terrestre e marittimo, gestendone anche gli aspetti finanziari in concerto con il comitato delle Finanze. Infine, il Comitato dell’Istruzione Pubblica – Quest’ultimo comitato, composto da cinque membri, presiede a tutti quegli aspetti che riguardano la buona educazione repubblicana. Ciò al fine di eccitare sempre più nei Cittadini l’amore della libertà e delle virtù.
 
5 – Il regolamento del circolo costituzionale Bresciano, un vero regolamento?
Per poter rispondere correttamente alla domanda del titolo bisogna analizzare dettagliatamente la struttura del presente regolamento, e verificarne le similitudini con gli altri che si sono studiati.
La prima caratteristica che salta agli occhi è l’impostazione del documento. Pur contenendo un’ampia serie di disposizioni, strutturate per articoli, lo spazio dedicato alla dichiarazione di intenti è ben più ampio rispetto agli altri, mentre, in compenso, mancano del tutto disposizioni riguardanti l’organizzazione dell’amministrazione e la suddivisione in Comitati.
A tale proposito è di massima rilevanza la lettura dell’ottavo articolo, il quale recita così: Nel circolo però si discute, non si delibera; si progetta, non si fa legge; si propongono, non si stabiliscono massime di governo; i censura il delitto, non il delinquente, la massa, non l’individuo…si convalida, si diffonde, si sviluppa, non si emenda la Costituzione”.
A ciò si aggiunga che non esiste alcuna preclusione per l’ammissione al Circolo[15]: qualunque Cittadino, uomo o donna, istruito o privo di istruzione può accedervi. Non solo, l’art. VI aggiunge che ciascuno di loro avrà eguale diritto all’esercizio della parola, spiegandosi con i mezzi a propri disposizione.
Ancora, risultano estremamente particolari le funzioni attribuite al Circolo medesimo. Non vi è alcun riferimento ai settori della pubblica amministrazione, ma, piuttosto, sono presenti continui riferimenti ad attività connesse ai valori costituzionali del tempo. Dunque, ex art. XI, predicare il rispetto nei confronti delle Autorità Costituite (ma, aggiunge la disposizione, “senza adulazione e viltà”); predicare il rispetto per la Religione (“ma senza occuparsi di alcuna questione teologica”); trattare di poesia, canto e suoni patriottici[16]; spiegare le parti della Costituzione e delle leggi dello Stato (interpretandole e spiegandole ai più semplici); componendo delle istruzioni familiari da diramare ai contadini nelle campagne, al fine di affezionarli alla causa repubblicana, nonché proponendo delle vere e proprie “spedizioni patriottiche”. Ovvero delle spedizioni pacifiche da parte di alcuni volontari che diffondano i principi del catechismo, le massime della Democrazia ed i vantaggi del Governo Repubblicano.
Tutte queste funzioni possono comunque riassumersi e ricondurre all’art. VII, secondo il quale la funzione principale svolta dal Circolo è quella che ha per oggetto la pubblica istruzione. Qualunque oggetto che abbia attinenza a questa materia può dunque esservi discusso: argomenti riguardanti la politica, la morale, la letteratura, i diritti dell’uomo e del cittadino, gli obblighi cui sono tenuti i funzionari pubblici, le massime cardinali della Costituzione Cisalpina e tutto ciò che serva ad illuminare il Popolo “sopra i suoi veri interessi”.
Le uniche funzioni che possono avere una qualche attinenza con quelle affidate dagli altri regolamenti ai diversi comitati sono due: la possibilità che il Circolo, in virtù del disposto dell’art. X, possa svolgere funzione informativa nei confronti dei Magistrati al fine di reprimere gli abusi di cui venisse a conoscenza.
La medesima disposizione si affretta però a specificare che qualunque segnalazione di questo tipo dovrà essere sottoscritta individualmente, non potendo essere riferita a tutti i componenti. Inoltre dovranno avere l’aria di invito e mai di minaccia.
Inoltre, dispone l’art. XVII, i componenti del Circolo hanno la facoltà di dedicare qualche moneta alla beneficenza in occasione di ogni seduta. Da queste somme, detratto l’occorrente per il funzionamento del Circolo stesso, si realizzeranno una serie di attività disparate (ad esempio unendo in matrimonio due bisognosi o di due giovani virtuosi).
Significative sono, a tal proposito, le parole contenute nell’incipit del regolamento. In esso si fa richiamo ad una norma costituzionale, l’art. 363, il quale predispone una serie di limitazioni per quelle società che si occupano di questioni politiche (e questo è appunto il caso del Circolo Costituzionale). Non potranno cioè corrispondere con altre società analoghe, né aggiungersi ad esse. Non potranno poi tenere pubbliche sessioni alle quali intervengano associati o assistenti distinti gli uni dagli altri e, infine, non potranno né imporre alcuna condizione di ammissione o di eleggibilità, né tanto meno imporre ai propri membri di portare segni distintivi della loro associazione.
Alla luce di questo, il Circolo intanto inizierà a funzionare dal momento in cui le Autorità Costituite non vi si siano opposte e abbiano anzi fornito un locale adatto allo scopo. Nel frattempo si dota però di una serie di disposizioni che ne disciplinino l’attività. Ai sensi dell’articolo I terrà dunque due sessioni per decade, in quei giorni ed ore che possano risultare più comode al pubblico, e dunque garantire il maggior afflusso di persone. Inoltre nominando a maggioranza dei presenti un Moderatore (si badi, non un Presidente), ogni tre decadi, su proposta del Moderatore uscente (il quale però fa le veci del nuovo in caso di sua assenza).
Tra i doveri del Moderatore rientrano: il mantenimento del buon ordine nell’unione, potendo richiamare quei soggetti che si discostassero dall’argomento oggetto di discussione e vigilando sul buon ordine nello svolgimento della Sessione. In caso restasse inascoltato lo stesso ha la facoltà di dichiarare immediatamente interrotta la seduta. L’esercizio del diritto di parola ed intervento e la facoltà di spiegare, all’apertura di ciascuna seduta, un articolo specifico della costituzione ovvero alcune leggi specifiche. La proposizione di argomenti utili da trattarsi, o la ricezione di proposte da altri membri del consesso. Inoltre la regolazione dell’avvicendarsi della parola, secondo le regole stabilite[17].
Può dunque, a conti fatti, considerarsi questo un vero regolamento?
La risposta è duplice. Se lo si raffronta agli aspetti peculiari degli altri regolamenti analizzati, la risposta non potrà che essere negativa. Come si è visto infatti, e per espressa menzione del regolamento stesso, in esso non si persegue lo scopo di decidere o legiferare, né si predispone l’organizzazione amministrativa della collettività. Piuttosto si educa ai valori pubblici. In tal senso dunque manca qualsiasi riferimento normativo che un regolamento deve avere per poter essere considerato tale.
Se aggiungiamo a ciò il fatto che il documento legittima sé stesso sulla base di un articolo costituzionale e subordinatamente al placet che le Autorità di merito volessero dare alla sua costituzione, abbiamo conferma di quanto appena concluso: non si tratta cioè di un regolamento.
Dal lato opposto bisogna considerare anche altri aspetti rilevanti. Sicuramente infatti sono presenti in questo documento alcuni elementi che ritroviamo nella lettura degli altri regolamenti. In primo luogo l’inneggiare ai valori democratici e repubblicani, che si ripetono lungo l’intero testo ed anzi costituiscono la ragione ultima per cui il Circolo stesso è stato creato.
In secondo luogo la previsione, seppur minima, di alcune prerogative da esercitarsi in connessione ad altri organi istituzionali: la magistratura (per quanto attiene il potere di segnalare gli abusi a questa) e le altre Autorità che potessero essere indirettamente interessate dalla lettura ed esplicazione, all’interno del Circolo, degli atti e documenti da queste emanati.
Infine, ed in via più generale, attraverso un’attività strettamente connessa alla popolazione, che può essere accostata, seppure alla lontana, alle funzioni svolte da alcuni Comitati che, nelle altre Municipalità e Stati preunitari esercitano funzioni analoghe.
Queste considerazioni non sono, da sole, sufficienti a dare una risposta negativa alla domanda posta nel titolo. Gli elementi che avversano alla natura regolamentare del presente regolamento sono troppi e troppo importanti perché possano essere trascurati. Tuttavia, può notarsi che perlomeno dal punto di vista della tecnica compositivo e, in limitati casi, della predisposizione delle prerogative di propria spettanza, il regolamento del Circolo Costituzionale Bresciano si avvicini o imiti i regolamenti parlamentari dell’epoca.
 
 
 
 
 


[1]              Si ricordi infatti che, come si è visto nella prima parte della trattazione, il timore dei Francesi di delegare tutte le funzioni ai governi provvisori li spinse a subordinare qualunque attività amministrativa al controllo del Generale in capo presso i singoli territori. Nel caso della Repubblica Partenopea il nome del Generale era appunto quello di Championnet.
[2]              Il testo recita così: “…Desiderando che tutt’i Comitati del governo, stabiliti per la legge del 6 piovoso, agiscano prontamente, affinché l’ordine pubblico sia senza ritardo ristabilito, l’amministrazione generale riguardata in tutt’i suoi rami, riorganizzata la comunicazione della capitale colle province, le rendite pubbliche poste in profitto, le spese generali ben segnalate e custodite, ed affinché finalmente le forze nazionali, che debbono vegliare alla sicurezza dell’interno ed a proteggere le frontiere contro gli attacchi dei nemici, siano ordinate ed armate secondo il principio di un governo libero, ordina ciò che segue…”
[3]              Art. II: “Il Presidente della Rappresentazione nazionale ha il diritto di assistere a tutti i comitati e di deliberare con essi.
[4]              Dunque il regolamento dà per scontato che vi sia un Presidente Generale, che esercita le importanti funzioni di cui s’è detto, ed un Presidente per ciascun Comitato, con funzioni meno importanti, probabilmente di gestione dell’attività ordinaria degli stessi.
[5]              Art. IV: “Tutti i Comitati del Governo sono in permanenza ne’ luoghi destinati al travaglio de’ loro Burò, fino allo stabilimento della costituzione, cioè il Comitato Centrale nella sua totalità, e gli altri Comitati per mezzo del loro Presidente.
[6]              Art. VII: “Tutte le misure relative alla esecuzione delle leggi, tutte quelle che concernono la polizia generale, e la pubblica amministrazione sono sotto la giurisdizione del Comitato. Egli è investito del diritto di regolarle, di dirigerle, d’invigilarvi.
[7]              Tuttavia, aggiunge l’art. XX, non è possibile arrestare nessun Cittadino se almeno tre membri del Comitato non abbiano deliberato previamente in tal senso. Inoltre, entro i successivi tre giorni dall’arresto, è necessario dare notizia all’arrestato dei motivi per cui è stato privato della propria libertà personale.
[8]              Specifica però l’art. XXV che sulle spese il comitato non esercita nessun altro compito che vada oltre l’ispezione, in sostanza affidando la parte gestoria vera e propria al comitato Centrale, che di quei fondi fa utilizzo al fine di predisporre le diverse voci di spesa publica.
[9]              Più precisamente, l’incipit dispone così: “Persuaso il Generale che tutte queste Municipalità vorranno corrispondere di buona voglia a questa necessaria misura, si esibisce loro tutto ciò che potrà essere giovevole, e raccomanda tanto alla Municipalità di Padova, quanto a tutte le altre del Territorio, la buona fratellanza, l’amore e la libertà”.
[10]             Art. 4, comma 1, “…ad esso tutti i comitati rassegneranno il frutto delle loro zelanti occupazioni”
[11]             come stabilisce il primo articolo: “…Uno di essi fa le funzioni di Presidente…”
[12]             Specificando però all’ultimo comma dell’articolo 2 che il numero di questi potrà essere accresciuto o diminuito a seconda delle esigenze.
[13]             In questo caso dunque si ha una differenza rispetto alla facoltà di chiedere la votazione segreta ad opera di almeno sedici membri dell’Assemblea. In quel caso infatti è una pura e semplice facoltà, viceversa in questo caso si tratta di una necessità, non essendovi disposizioni che prevedano diverse modalità di elezione di questo organo.
[14]             Che, specifica la disposizione, “dev’esser precisa, o brevissima”.
[15]             Mentre negli altri regolamenti è frequente la presenza di disposizioni che richiedano determinati requisiti perché si possa accedere ai collegi o alle altre cariche.
[16]             I quali potranno aver luogo all’inizio ed alla fine di ogni seduta
[17]             Art. V: “…chi avesse però delle riflessioni da fare su un discorso precedente, ha il diritto di parlare prima degli altri, che avessero a ragionar di materie differenti, benchè posti in lista prima di lui. Non si passa da un argomento ad un altro, fino a tanto che v’abbia chi vuol parlare sul primo.

Sgueo Gianluca

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